Appellativi di etimologia incompleta
Nei vocabolari etimologici relativi alle grandi lingue di cultura ed
anche in quelli comuni migliori, la indicazione della origine o della
etimologia dei vari ‘lessemi’ o ‘vocaboli’ è quasi sempre limitata alla
sola unica base, ad esempio, quella latina: it. uomo deriva dal lat. homo (in nominativo); oppure it. rosa deriva dal lat. rosa(m)
(in accusativo, il caso morfologico più frequente nelle lingue
flessive). Spesso si cita pure la base greca dalla quale è derivata
quella latina: it. agone «contesa, gara», deriva dal lat. ago,- ōnis, a sua volta dal greco agón,-õnos. E ci si ferma qui.
I ‘lessemi’ o ‘vocaboli’ àbaco «scacchiera, tavoletta, tavolino, mensola», deriva dal lat. abacus, lettura vocalizzata delle prime tre lettere dell'alfabeto latino ABC (LTL, s. v.), proprio come è avvenuto per il lat. abecedarium, l'ital. abbiccì, il franc. abécé, ecc. (l'àbaco infatti era una tavoletta su cui si facevano i conti coi numeri, i quali - come è noto - erano indicati con le lettere dell'alfabeto). Respingo l'etimologia vulgata della derivazione del vocabolo latino da quello greco ábax, anche perché questo finora è praticamente privo di etimologia; GEW, Nachträge, DELG). Il vocabolo latino è entrato nell'etrusco dando luogo al corrispondente APCAR «abachista», cioè ‘contabile’ (propriamente < *abacarius), che compare inciso in una gemma accanto alla figura di un giovane che fa i conti su una tavoletta (ThLE 62, LELN 33, DETR). àcaro «animale parassita di animali e piante», è da confrontare col gentilizio etrusco, masch. e femm., ACARI, ACARIA, ACARUI e inoltre col = greco ákari «àcaro» (finora di origine incerta; DELI²), ma probabilmente etrusca. acca lettera dell'alfabeto latino, finora di origine oscura (DELI²). Siccome l'alfabeto latino è derivato – come è noto – da quello etrusco, è probabile che pure il relativo vocabolo sia derivato dall'etrusco. Di fatto esiste un vocabolo isolato etr. ACA (ThLE² 6). acervo «mucchio», deriva dal lat. acervus, finora di origine ignota (DELL, DEI, AEI, DELI², EDL, Etim), ma già prospettato come etrusca in virtù dell’uscita in -l/rvu- come negli etr.-lat. calvus, curvus, fulvus, milvus, servus, torvus, ecc. (LICE norma 15). acre deriva dal lat. acer,-is,-e «acre, acuto, pungente, penetrante», acrimonia «acutezza, asprezza, acidità» (di probabile origine etrusca; Ernout, EPhil, 43) (suff. -on-; LICE norma 7), da confrontare coi gentilizi etr. ACRI(E), ACRIENA, ACRIINA (DETR). Vedi toponimo Acerra (due: Campania, Lombardia). agone «contesa, gara», deriva dal lat. ago,- ōnis, a sua volta dal greco agón,-õnos, probabilmente da confrontare col gentilizio etr. AXUNAS, AXUNI(E) (corrispondenza etrusco/latina X/g; LICE norma 4). agrippa «nato per i piedi» (ossia con parto podalico) (antica voce dotta; DEI, GDLI), deriva dal lat. agrippa (Plinio, nat. hist. 7, 45: in pedes procidere nascentem contra naturam est, quo argumento eos appellavere agrippas; Stazio, Theb. 2, 617). La sua etimologia corrente richiama il sanscrito ágram «punta» e il lat. pes, pedis (DELL, DEI, AEI); senonché la spiegazione vulgata che si tenta della parte finale dell’appellativo è veramente lambiccata. Io invece in primo luogo richiamo i greci ákron «punta» e akropódion «punta del piede», in secondo luogo segnalo e sottolineo la eccessiva differenza o distanza fonetica dalla supposta base latina o da quella greca (cfr. Paestum/Poseidonía), ragion per cui prospetto che siamo di fronte a un vocabolo etrusco (ovviamente anch’esso di matrice indeuropea). Una conferma dell’origine etrusca di agrippa viene data dalla vocale finale –a per un appellativo maschile, proprio come nei lat./etr. lanista «carnefice», lixa «cuoco», praecia «banditore», rabula «ciarlone», sculna «mediatore», scurra «buffone», spia «delatore», verna «servo nato in casa» (LICE norma 13). Cfr. acre. alaterno, alterno, linterno (Rhamnus alaternus L.), deriva dal lat. alaternus, alternus, alater, che è da connettere coi tosc. ìlatro, ìletro «linterno», còrso igliatru, protosardo arridili «fillirea», cretese moderno eláitrinos «linterno» (fitonimo sinora di origine ignota, ma quasi certamente ‘mediterranea’; DELL, DEI, EPhIL 134, NPRA) e inoltre da confrontare col gentilizio etr. ALΘRA e col cognomen etr. ALΘRNAS (suff. -RN-; LICE norma 9) (LELN 37; LEGL 91; DETR; TIOE 79-80; DICLE 26). Vedi toponimo Alatri (Lazio). Cfr. ruta. albo «bianco» (aggettivo), albo «quaderno bianco» (sostantivo), deriva dal lat. albus, che è da confrontare col sabino alpus «bianco», umbro alfu «alba», greco alphós «macchia bianca della pelle» e coi gentilizi etr. ALFA, ALFI, ALPU, ALPIU (= lat. Alfius, Alpius; RNG). Vedi toponimo Albegna (Toscana), oronimo Alpi. alea «rischio» (voce dotta), deriva dal lat. alĕa «gioco dei dadi», aleo,-onis «giocatore, biscazziere» (finora di origine ignota, ma già prospettato come etrusca; DELI², Etim, Ernout 42, 45; ESL 35, 510), il quale probabilmente è da confrontare col gentilizio etr. ALIAŚ (ThLE) (uscita -ea/ia, suff. -on-; LICE norme 1,7). Sono molto noti i due dadi d’avorio di Tuscania, perché riportano i primi sei numerali etruschi scritti in lettere (TLE 197; TCL cap. 5). alga ‘pianta formata di una o più cellule, fornita di clorofilla, vivente in genere nell'acqua’, deriva dal lat. alga (finora di origine ignota; DELL, DEI, AEI, DELI², EDL, NPRA, Etim), che probabilmente è da confrontare col gentilizio etr. ALXA (corrispondenza lat./etr. g/X; LICE norma 3) (TLE 768; DETR; DICLE 27). Vedi antico toponimo laziale Algae. alloro vedi lauro. alno «ontano», deriva dal lat. alnus «alno od ontano», fitonimo sinora di origine incerta (LEI II 203, DELI², EDL), il quale è da confrontare col gentilizio etr. ALNIAL (DETR) e con quello lat. Alnius (RNG) e inoltre col protosardo àlinu, àllinu, àrinu, àbiu, ãbiu «alno, ontano» (Alnus glutinosa (L.) Gartner), probabilmente relitto prenuragico e quindi quasi certamente ‘fitonimo mediterraneo’. Cfr. toponimi protosardi Alinòe (Irgoli), Tàlinos (Orani). Cfr. alaterno, ruta. alone «corona luminosa che talvolta circonda il sole e la luna» (lat. parlato *halone(m), per il classico halo, probabilmente dal greco hálos ‘aia’, che era normalmente rotonda; DELI², Etim), il quale è da confrontare con i gentilizi etruschi ALU, ALUNI (ThLE) e con quello lat. Alonius (RNG). altaleno/a «mazzacavallo» (attingitoio d’acqua a bilanciere), altalena (gioco infantile), deriva dal lat. tolenno, tollenno,-onis «mazzacavallo», «macchina bellica d’assedio» (già prospettato come di origine etrusca; LEW, AEI, DELL, ESL 400) (suffissi -nn-, -on-; LICE norme 6,7) ed è da confrontare col gentilizio etr. TELMU (suff. -ů; LICE norma 7). Vedi toponimo Tollegno. altea (Althaea officinalis L.), deriva dal lat. althaea, a sua volta dal greco altháia, di origine preindeuropea (LEI II 331-332; NPRA 12) e cioè ‘mediterranea’. Trova riscontro nel nome dell'etr. ALΘAIA, figura mitica, madre di Deianira e Meleagro (ThLE; su specchio). alterno ‘Rhamnus alaternus’ vedi alaterno. alunno deriva dal lat. alumnus «alunno, discepolo, servo» (indeur.; DELL, EDL), che è da confrontare con gli etr. ALUMNAΘ(E) «nel servizio, nella funzione, nell'ufficio» (in locativo), ALUMNAΘURA «collegio degli discepoli» e col gentilizio ALMNI (nesso -mn-; LICE norma 25) (TLE 131; DETR; DICLE 28). amare, amico, amore, ameno derivano dai lat. amare, amicus, amor, amoenus (finora di origine ignota; DELL, DEI, AEI, DELI²) (suffissi -ic-, -en-; LICE norma 5), i quali sono da confrontare con gli etr. AMINΘ «Amore, Eros, Cupido» (fanciullo alato, su specchio) e AMAMTUNIA (figura femm. su specchio, probabilmente compagna di AMINΘ) e inoltre col frigio-anatolico adamnẽin «amare» (Esichio). amniotico, aggettivo «relativo all'amnio» (‘nome di un acido che è stato ottenuto dalle acque dell'amnio della vacca’) (voce dotta), deriva dal tardo lat. amniu(m) e dal greco amníon (finora di origine incerta; DELI²) e da confrontare col gentilizio masch. e femm. etr. AMNI «Amnio-a» (lat. Amnius (RNG) ed inoltre col lat. amnis «fiume» (ThLE). ampolla «boccetta», deriva dal lat. ampulla, a sua volta da una forma *amphurula (realmente documentata amphorula), a sua volta dal greco amphorhéa (DELL), ma attraverso l'etrusco, come dimostra la diversità della vocale tonica /u/ rispetto alla /o/ del vocabolo greco (LELN 40, 41). Cfr. morchia. àncora, deriva dal lat. ancŏra, anchŏra, a sua volta dal greco ánkyrha (indeur.; DELG), ma attraverso l'etrusco per via della differenza o#y (alternanza c/ch; LICE norma 3) (DELL). angheria deriva dal tardo lat. angarĭa «prestazione servile», «obbligo di fornire prestazioni», «obbligo di fornire allo Stato mezzi di trasporto», «imposizione», a sua volta dal greco angarhéia. Nel latino è documentato ancarius «corriere» (Lucilio, 200; VI 20; Nigidio in Gellio, 19, 14, 7), il quale, pur riportato da tutti i codici in questa precisa forma, è stato emendato sia dagli editori dei citati autori sia da tutti i lessici, escluso il LTL, come angarius, perché si è ritenuto che esso sia derivato direttamente dal greco ángarhos «corriere» (LEW, DELL, ThLL). Però questo emendamento non è necessario, se si accetta che il vocabolo latino sia derivato da quello greco attraverso l'etrusco, come dimostrano chiaramente i gentilizi etr. ANCARE, ANCARI(E), ANΧARI(E) (= lat. Ancaria, Ancarius; RNG). angina «infiammazione della tonsilla palatina e di una parte della faringe», deriva dal lat. angīna, a sua volta dal verbo angĕre «stringere» (indeur.), ma con influsso etr. sul suff. –ina; LICE norma 5) da confrontare col cognomen lat. Angina (RNG) e col gentilizio etr. ANCINIEŚ, ANCNEI (ThLE²). anice «pianta erbacea e suo frutto aromatico», è da confrontare col gentilizio etr. ANICISA (ANICI-SA) (lat. Anicius; RNG). Il greco ánneson, ánison è parola e cosa originaria dall'Egitto o dall'Asia Minore (forse variante di ánethon ‘aneto’), è passato nel lat. anesum, anisum: esso designa varie ombrellifere aromatiche, tra cui in particolare la ‘pimpinella’, scambiandosi tuttavia spesso con anethum ed annisum (LEI II 1388). antenna «asta verticale o diagonale della nave», deriva dal lat. antemna, antenna, finora di origine incerta, ma già prospettato come etrusca per via del nesso -mn-; Ernout, EPhil, 33-34; LICE norme 6,25), che probabilmente è da confrontare coi gentilizi etr. AMΘNE, ANTAINE (DETR; DICLE 32). Vedi l’antico toponimo laziale Antemna(e). Antonio nome personale masch. che deriva dal lat. Antonius, da confrontare col gentilizio masch. etr. ANΘUŚ «di Antonio» (= lat. Antonius) e inoltre col greco ánthos «fiore» (sinora di origine incerta; DELG, DELI²; ThLE). antro «grotta», deriva dal lat. antrum, che è da confrontare col greco ántron (finora di origine incerta; DELI²) e probabilmente col gentilizio etr. ANTRU (= lat. Antronius) (DETR). ape deriva lat. apis «ape» (finora di origine ignota per i LEW, DELL, AEI, DELI², Etim; “probabile relitto mediterraneo di forma tirrenica” per il DEI) ed è da confrontare con la glossa lat.-etr. apiana «camomilla», pianta gradita alle api (ThLE¹ 415; TLE 808) e inoltre con i gentilizi etr. API, APIE (LELN 48, 49). Vedi apice, apiastro, appio, appiolina. apiastro «gruccione, merope», uccello mangiatore di api, deriva sicuramente dal lat. apis, nel quale è da sottolineare il suff. etrusco-latino -st(r)- (LICE norma 5). apice «punta, cima, sommità», deriva dal lat. apex,-icis «àpice» e «pileo sacerdotale» (già prospettato come di origine etrusca; DELL; Ernout, EPhil, 39), che è da connettere col gentilizio lat. Apicius (RNG) e da confrontare con quello etr. APICE (suff. -IC-; LICE norma 5) (LELN 46; TETC pg. 18; DETR; DICLE 33) e probabilmente anche col lat./etr. apis «ape» (insetto con ‘pungiglione’). appio «sedano selvatico», propriamente ‘erba delle api’, deriva dal lat. apium ed è da confrontare con la glossa greco/etr./lat. ápioum rhanínoum (= «appio delle rane o ranuncolo») (ThLE¹ 417; NPRA 20) e inoltre col gentilizio etr. APIE (LELN 50; OPSE; DETR; DICLE 34). Vedi ape. appiolina «camomilla» (tosc.) è da confrontare con la glossa lat./etr. apiana «camomilla» (ThLE¹ 415), propriamente «erba gradita alle api» e inoltre col gentilizio etr. APIANA (LELN 48-49; TLE 808; NPRA 19; DETR). Vedi ape, appio. aprico «soleggiato, caldo», deriva dal lat. apricus (finora di origine ignota; DELL, DEI, DELI²), da connettere con l’etnico lat. Afer, Afra, Afrum «Africano-a» e con i gentilizi lat. Apric(i)us, Afric(i)us (RNG) e probabilmente da confrontare con quelli etr. APRECEN(, AFRCE (alternanze I/E, P/F, suff. -ic-; LICE norme 1,4,5). Vedi aprile, macrotoponimo Africa. aprile (quarto mese dell’anno), deriva dal lat. aprilis (finora di origine incerta, ma probabilmente etrusca; DELL, AEI, DELI², Etim), il quale forse è da connettere con l’aggettivo apricus «aprico, soleggiato, caldo» (?). aquila (uccello rapace) deriva dal lat. aquila (finora praticamente di origine ignota; DELL, ThLL, DEI, AEI, DELI²), aggettivo aquilinus; ital. aquilone vento di Nord-Nord-Est e giocattolo dei ragazzi, che deriva dal lat. aquilo,-onis; tosc. aquilastro «falco pescatore» (suffissi -in-, -on-, str-; LICE norme 5,7). Vedi la denominazione dei personaggi storici Aquilius Tuscus (magistrato) e Iulius Aquila (autore di un'opera sulla disciplina etrusca). Vedi pure i gentilizi lat. Aquilin(i)us, Aquilonius (RNG) da confrontare con quello etr. ACVILNA (LELN 51; DETR; DICLE 35). arbitro «mediatore, giudice conciliatore», deriva dal lat. arbiter (finora di origine incerta; DELL, DELI²), che è da confrontare con l'umbro arputrati = lat. arbitratu (DELL, Etim), col gentilizio lat. Arbitius e probabilmente con quello etr. HARPITE (alternanza ǿ-/h-; LICE norma 3), il quale sembra derivato dal participio fenicio `arb «garante nelle compravendite» (LELN 55; DETR; DICLE 35). arca «cassa, cassone, sarcofago», deriva dal lat. arca, che è da connettere col verbo lat. arcēre «tener lontano, allontanare, difendere, proteggere», da confrontare col greco arkẽin «tener lontano, allontanare» (indeur.?) e col verbo etr. ARCE (ARC-E) «se ne andò, morì» (DETR), in preterito forte (TLE 169). Sicuramente arca è da connettere con arco, ma non si intravede la connessione semantica fra i due. arco (arma ed elemento architettonico) deriva dal lat. arcus (finora di origine incerta; DELL, DELI², Etim) ed è da connettere col lat. arcumen,-inis «specie di Iris», letteralmente “arcobaleno” (Plinio, nat. hist., 21, 41), da confrontare coi gentilizi etr. ARCMNAL, ARCU[M]N(-AL), ARCUNA e inoltre coi protosardi arcone «cervo o muflone di un anno» (a causa delle corna a forma d'arco; DILS, NVLS), toponimi Arceli, Arceneici, Arceni, Arceri, Mura Arkéi, Arkènnere, Arkennui, Arkil(l)ái, Alkène, Alkènnero (antico Arkennor) [suffissi -en(n)-, -u(n)-/-on-; LICE norme 6,7]. È da ricordare che i Romani appresero dagli Etruschi sia l’uso e il nome di alcune armi, sia l'’arco’ come elemento architettonico. Sicuramente arco è da connettere con arca, ma non si intravede la connessione semantica tra i due. Vedi toponimo tosc. Argomenna. area vedi aia. arena «sabbia», deriva dal lat. arena, asena, harena, hasena «arena, sabbia, cenere» (già prospettato come di origine etr.; DELI²), il quale è da confrontare col sabino fasena (Varrone, L.L., 7,27) e inoltre con l’appellativo etr. FAŚENA «cenere funeraria» (alternanze Ǿ-/H-, H-/F-; LICE norma 3) (ESL 259; DETR; DICLE 36). Vedi farina. argento (metallo), deriva dal lat. argentum (finora di origine incerta ma probabilmente etrusca; DELL, GEW, DELG, IEW) (LELN 56), il quale è da confrontare col gentilizio etr. ARCNTI(S) (= lat. Argentius; RNG), in origine cognomen = ‘orefice e commerciante di oggetti di argento’ (ThLE). arista, deriva dal lat. arĭsta «resta di spiga, spiga», «spina del pesce» (REW 648); àrista, arìsta «lombata di maiale con le costole» (Etim) (finora di origine ignota; LEW, DELL, DEI, AEI, DELI², Etim), che è da confrontare con l’etr. ARISTA (appellativo o gentilizio ed inoltre da connettere col gentilizio lat. Aristius (RNG) oppure col teonimo Aristaeus (?) (DICLE 37; ThLE² 40). Vedi resta. arma deriva dal tardo lat. arma,-orum (indeur.), il quale è da confrontare col gentilizio etr. ARMAS, ARMI. arnia «alveare», è da riportare al lat. mediev. arna ‘vas apium’ (sec. VIII Glosse di Reichenau), appellativo istriano arno «insenatura rocciosa in cui entra il mare» (AEI 27, 482) (voce prelatina; AEI, DELI², Etim), da connettere col lat. Arnus «Arno» (fiume tosc.), col gentilizio lat. Arnius e da confrontare con quello etr. ARNA (ThLE) e infine con l’appellativo etr. ARNA (ThLE) forse «cavità (sepolcrale)» (DETR; DICLE 37, 38). arpa (strumento musicale a corde), deriva dal tardo lat. harpa (Venanzio Fortunato), che comunemente si fa derivare da un vocabolo germanico *harpa, non documentato, mentre è molto più ovvio farlo derivare dall'etr. ARPA(-Ś) (gentilizio femm. in genitivo) (È da ricordare che in origine gli ‘antropnimi’ erano semplici ‘appellativi’). arpone «fiocina», comunemente lo si fa derivare dal franc. harpon (fine sec. XV), mentre è molto più ovvio farlo derivare dal gentilizio masch. (in genitivo) etr. ARPUŚ. (suff. ů/-one; LICE norma 7) arra «caparra, garanzia della compravendita, pegno», deriva dal lat. arra (prestito forestiero; DELI², Etim) a sua volta forse deriva dall'etr. ARA² «(cap)arra, pegno» (da pronunziarsi arra). MI ARA MA TUTINAS «io sono pegno di/a Tutinio»; RAMAΘAS ARA «pegno di/a Ramta» (genitivo soggettivo di donazione); ARA MLAΧ «pegno votivo» (sul fondo di altrettanti vasi) (DETR; DICLE 38). arsenale «impianto di un porto per costruire o riparare le grandi navi», è da confrontare coi gentilizi masch. e femm. etr. ARZNA, ARZNAL, ARZNEAL, ARZNEI, ARZNI, ARZNIAL, ARZNIŚ «(di) Arsnio-a» (lat. Arsnius; RNG) e inoltre da confrontare con l’appellativo arzanà di Venezia, da cui sarà entrato nella lingua italiana. dàrsena «parte interna del porto, che comprende un bacino con specchio d'acqua tranquillo, circondato da banchine e da officine e serve per il ricovero delle navi in avaria e in disarmo»; darsena nel lat. mediev. di Pisa del 1162: Pellegrini, Arab. 424; ital. darsina: av. 1540, F. Guicciardini; darsena: av. 1647, E. Torricelli), che è da confrontare col gentilizio femm. etr. ΘARSNAI «Tarsinia» (lat. Tarsiniu; RNG) (propriamente *Θ’ARSNAI con l’articolo determinativo ΘA agglutinato). Il lessema poi sarà entrato in epoca medioevale ed inoltre da Pisa nell’arabo orientale, dando luogo a dar as-sina’a «casa del lavoro, fabbrica», poi «fabbrica di armi», «arsenale» (DELI²) (Per la corrispondenza Θ/D e Z/S vedi LICE norma 4). arsenico (metalloide) (voce dotta), deriva dal tardo lat. arsenĭcu(m), a sua volta dal greco arsenikón (di origine orientale per i DELI², Etim) e probabilmente da confrontare col gentilizio masch. etr. ARZNA «Arsnio» (= lat. Arsnius; RNG) (finora di origine incerta (ThLE). artena, artina, ardenna, artera, riddena, ridenna (ornitonimi dial.), greco moderno arténa, portogh. artenna «puffino (cinereo), specie di anatra selvatica, uccello acquatico palmipede» (probabilmente voce ‘mediterranea’ per il DEI 307) è da confrontare coi gentilizi etr. ARTINA, ARTNEI [suffissi -EN(N)-/-IN-; LICE norma 5]. asino-a deriva dal lat. asinus-a, prestito forestiero (DELL, DELI²) (mancato passaggio -s->-r-; LICE norma 18) (già prospettato come di origine etrusca da Ceci, Alessio, Ernout, EPhIL 138), diminutivo asellus; asellio,-onis «asinaio»; aggettivo asininus, ficus asinastra, vitis asinusca, sorta di fico e di vite (probabilmente “del colore dell'asino”; (suffissi -ell-, -on-, -in-, -str-, -sc-; LICE norma 5), probabilmente da confrontare col gentilizio etr. AZNIE (ThLE² 14) (= lat. Asinius; RNG). La base originaria sumerica anšu «asino» (Benveniste) sarà arrivata nell’etrusco per il tramite del lidio; e infatti in una iscrizione trovata a Sardeis compare il vocabolo asinas, che molto probabilmente è un antroponimo; Gusmani, LW 252 num. 4 (LELN 60; DICLE 39). asse deriva dal lat. axis, assis, as «asse, tavola», «unità di misura monetaria e ponderale» (finora di origine ignota, ma già prospettato come etrusca; ThLL, DELL, DEI, AEI, DELI², Etim) (accusativo in -im, come negli etr.-lat. amussis, cratis, curis, glanis, ravis, rumis, Tiberis, turris, tussis, ecc. (LICE norma 19); l’asse romano rientrava nel sistema duodecimale, di probabile origine etrusca), da connettere col gentilizio lat. Axius e probabilmente da confrontare con quello etr. ACSI (DETR; DICLE 44). assillo deriva lat. asilus, asylus «assillo, tafano», prestito forestiero (AEI, DELL, Etim) (mancato passaggio -s->-r-; LICE norma 18), già prospettato da Ernout, EPhil, 41, 42, come di origine etrusca in virtù del fatto che Servio (ad Aen. XII 127) definisce Asilas etruscum nomen e Silio Italico (XIV 149) parla di un miles Tyrrhenus, Asilo nomen erat. A ciò si aggiunge che Virgilio (Aen. IX 571, X 175, XI 620, XII 127, 550) presenta Asilas come un capo etrusco alleato di Enea e lo definisce hominum divumque interpres, ossia con le caratteristiche proprie dei vati etruschi. Inoltre la variante lat. asilo,-onis presenta il suff. etr.-lat. -un-/-on- (LICE norma 7); infine il tosc. assillo probabilmente è un relitto diretto etrusco, dato che mostra di essere derivato da una forma parzialmente differente da quella latina (REW 702; DEI) (LELN 59; DICLE 39). atrio (voce dotta) deriva dal lat. atrium, adrium «atrio, casa, tempio», glossa lat.-etr. (atrium appellatum ab Atriatibus Tuscis; Varrone, L.L., V, 161) (ThLE¹ 415), che è da connettere con l’etr. AΘRE (Liber, XII 11) col significato quasi certo di «atrio, tempio». È possibile che atrium sia da collegare col lat. ater, atra, atrum «atro, nero, annerito dal fumo» e con l'umbro atru (finora di origine incerta; DELL, AEI) col significato originario di «stanza annerita dal fumo del focolare» (Servio, ad Aen. I 726; DELL). I gentilizi lat. Atranius, Atranus (RNG) sono da confrontare con quello etr. ATRANE (DETR; DICLE 42). Vedi atro e toponimo Adria. atro-a «scuro, nero-a» (voce dotta), deriva dal lat. ater, atra-um «nero-a, annerito dal fumo» (finora di origine incerta; AEI), da confrontare con l’umbro atru. Gentilizi lat. Atranius, Atranus, Atronius, che sono da confrontare con quelli etr. ATRANE, ATRU, ATRUNIA (suff. –ů-/-on-/-un-; LICE norma 7) (DICLE 40). Vedi atrio. aurora «sorgere del sole» [da *ausosa (AEI); indeur.; DELL, DELI²] che è da confrontare col sabino ausel- «sole» (Paolo-Festo, 22 L = 23 M; LEN 468) e inoltre con l'etr. ausélos «aurora» (ThLE¹ 417; glossa greco-etrusca di Esichio aukélos, emendata dal Kretschmer, Glotta XIV 310) (DETR). Vedi sol, solis, Usen(i)us, Usilla, Usulen(i)us. autunno (voce dotta) deriva dal lat. autumnus ed è da connettere coi cognomina lat. Autuma, Autumna (RNG), i quali sono da confrontare col gentilizio etr. ATUxxNE (TCap 15) forse da ricostruire in *ATU[M]NE «autunno» e coi gentilizi AΘUNUNAL, AUTAMENE (ThLE² 16) (già prospettato come di origine etrusca per via del nesso -mn-; LICE norma 25); DELL; DELI²) (DICLE, LIOE). avallo «garanzia di pagamento di un titolo cambiario altrui», appellativo finora di etimologia incerta (DELI², Etim), che probabilmente deriva dall’etrusco AVALE (ThLE² 10) ed inoltre è da connettere col toponimo toscano Avaglio (TVA 365). Per l/ll cfr. questi altri esempi etruschi: APULU, *APULLU «Apollo», AVALE, *AVALLE «avallo», CELA (*KELLA) «cella mortuaria», RAPALE/Rapallo, TULAR, *TULLAR «dollaro, tallero» (cfr. APULU/Apollo; RAPALE/Rapallo]: CELATI CESU «nella cella (mortuaria) deposto»] (ESL 341); che è da connettere col gentilizio lat. Cellius (RNG) e probabilmente da confrontare con quello etr. CELE (DETR; DICLE 63)). avena (graminacea) deriva dal lat. avena (finora di origine incerta; Ernout, EPhil, 29, DELL, AEI, DELI², Etim), che è da connettere coi gentilizi lat. Avena, Aven(n)ius, Avenus (RNG) e da confrontare con quelli etr. AVENAL(-C) (suff. -EN-; LICE norma 5) (DETR; DICLE 44). avolo-a «avo-a», deriva dal lat. avŭlus-a ed è da confrontare con gli etr. AVULE(S), AVULA probabilmente «nonno-a» (ThLE). avvoltoio deriva dal lat. voltur(us), vultur (già prospettato come di origine etrusca; Ernout, EPhIL, 5; DELL; AEI; DETR; ESL 86), aggettivo volturinus (suff. -in-; LICE norma 5) forse da connettere – su suggerimento di Marco Pittau – col lat. vol(u)tus «volto, voltato, girato» (col significato di “rapace che gira attorno alla preda”, prevedendone o ‘profetizzandone’ la morte prossima), tutti da confrontare col prenome e gentilizio etr. VELΘUR e coi gentilizi VELΘURA, VELΘURIU (= lat. Volturius, Voltorius, Vulturius; RNG) (LISNE 275; TLE 38; DICLE 199). Vedi volturno, toponimi Volterena, Volturena, Volturno. baccanale deriva dal lat. bacchanal,-alis «baccanale», festa in onore di Bacco e luogo consacrato a Bacco, a sua volta dall'etr. PAXANA (ThLE) «bacchico» (aggettivo), «baccanale» (sost.), che deriva dall’etr. PAXIE «Bacco» (LEGL 89, 143; TCL capo IV). È appena il caso di ricordare che i Baccanali passarono appunto dall’Etruria a Roma, dove però furono proibiti da un noto senatoconsulto del 186 a. C. (TLE 131, 137; LELN 66-70; DETR; DICLE 45). Vedi baccano. baccano «strepito provocato da persone», deriva da baccanale, a sua volta dall’etr. PAXANA «bacchico», «baccanale», etr. PAXIE «Bacco» (DETR). A nord di Roma, sulla via Cassia, esisteva un antico villaggio di nome Baccano, famigerato per i ladrocini e assassini che vi si facevano (DELI²), citato come Baccanae oppidum Etruriae, dall’Itinerarium Antonimi (286, 4) e da riportare anch’esso all’etr. PAΧANA. balbuziente «che parla balbettando», deriva dal lat. balbus «balbuziente», gentilizio Balb(i)us (RNG), probabilmente da confrontare con quello etr. PALPE (= lat. Palpius; RNG). Vedi però palpare. balena «grosso cetaceo», deriva dal lat. ballaena, ballena, che è da confrontare col greco phállaina «balena» (sinora di origine ignota; DELG), ma probabilmente attraverso l'etr. ΦLENA (gentilizio; ThLE²) (corrispondenza Φ/b; alternanza AE/E; suff. -EN-; LICE norme 1,3,4,5). Vedi falena (Etim). balteo «cintura della spada, «cintura» (voce dotta), deriva dal lat. balteus/m, presentato come etrusco da Varrone (Charis. I, 77, 5): Varro in Scauro baltea dixit et Tuscum vocabulum ait esse (ThLE¹ 415) (DELL; DEPr, 173; Carnoy, AGI XLI 101) (uscita -eu- come in calceus, caseus, clipeus, culleus, cuneus, erneum, laqueus, pilleus, pluteus, puteus, runculeum, urceus; LICE norma 14). ++++ baro «truffatore», «chi truffa al gioco, specialmente delle carte» (1764, G. Baretti: baro da carte), esteso «imbroglione», probabilmente deriva dal lat. baro,-aronis «balordo» (nella forma originaria del nominativo o del vocativo) (finora di origine ignota; DELI², Etim) ma che probabilmente deriva dall’etr. VARUNI (ThLE). belva «animale feroce», deriva dal lat. belva, belua, bellua, bilua, velua (finora di origine ignota; DELL, AEI, DELI², Etim), aggettivo belluino dal lat. beluinus (uscita -lva, -lua, suff. -in-; LICE norme 5,15), che sono da confrontare coi gentilizi etr. VELUA, VELVAE, VELVINIE. Per l’uscita in -l/rva cfr. caterva, larva, malva, Minerva, saliva, selva, acervo, ecc.; LICE norma 15) (DETR; DICLE 46). bestia «grande animale», biscia «serpe non velenoso», derivano dal lat. bestia, bestea, bistea, bistia «bestia, animale» (finora di origine ignota; DELL, IEW, AEI, DELI², Etim), che è da connettere con l’umbro moderno biscerna «biscia» e coi gentilizi lat. Bestia, Bestius, Pistius (RNG) e probabilmente da confrontare con quelli etr. PESTIU, PESTU, PISTIA (alternanze b/p, e/i, uscita -ea/-ia, suff. -rn-; LICE norme 1,9,14) (DETR; DICLE 46). Vedi però peste. bettonica (Stachys officinalis L.) (fitonimo), deriva dal lat. betonica, vettonica, vetonia (finora praticamente di origine ignota; NPRA 271), gentilizi lat. Bet(t)onius, Vettonius (RNG), che sono da confrontare con quello etr. VETUNI, VETUNIA (suffissi -ic-, -on-/-un-; LICE norma 7) (TLE 509; DETR; TIOE 81; DICLE 193). Vedi toponimo Bettona. bile «fiele», deriva dal lat. bilis, che è del tutto privo di connessioni (DELI², Etim) e che, a mio giudizio, è semplicemente un allotropo di ‘fiele’ (vedi). biscia, biscerna «biscia» vedi bestia. blatta, piàttola «scarafaggio», derivano dal lat. blatta, platta «blatta, piàttola, scarafaggio» (finora di origine incerta; DELL, DEI, AEI, DELI², Etim); sono da connettere coi gentilizi lat. Blattius, Plat(t)ius (RNG) e da confrontare col protosardo pletta, pretta «blatta, piàttola» e probabilmente col gentilizio femm. etr. PLATIA (OPSE 224; DILS; LISPR 173; DETR; DICLE 47). Vedi però piazza. bleso «che pronunzia male alcune consonanti» (voce dotta), deriva dal lat. blaesus, il quale è da connettere coi gentilizi lat. Blaesius, Blaesienus, Blaesinus, Blesenus (RNG) e da confrontare col greco blaisós/plaisós «storto, sbilenco» (finora di origine ignota; DELG, LET 273) e inoltre con i gentilizi etr. PLAISA, PLAISENA, PLAISINA, VLESI, VLESIA (suff. -en-/-in-; LICE norma 5) (DETR; DICLE 47). bocca deriva dal lat. bucca «bocca» (finora di origine incerta; DELL, Etim), bucco,-onis «chiacchierone, scioccone», i quali sono da connettere coi gentilizi lat. Bucco,-onis, Bucconius (RNG) e probabilmente da confrontare con quello etr. VUΧUNEI (suff. -on-/-un-; LICE norma 7) (DETR; DICLE 47). boccia «capo, testa» (scherzoso) (1962, Batt., ma più diffuso il diminutivo boccino nella locuzione girare il boccino, rompere il boccino: 1941, Voc. Acc.; «vaso tondeggiante» (1499, Ricettario Fiorentino; frequenti ed antecedenti le attestazioni in lat. mediev.: boza, buza a Venezia dal 1270, buzia in Istria nel 1371, bucia ad Aquileia nel XIV sec., bocia a Maniago nel 1380: Sella Ven.), «palla di legno duro o di materiale sintetico usata in alcuni giochi» (1709, Somavera: “boccia di giuocare al maglio”); diminutivo boccetta; bocciare «colpire con la boccia», «respingere una proposta amorosa», «essere respinto a scuola»; finora di etimologia discussa (DELI², Etim). Sono da richiamare i toponimi tosc. Bócina (TVA 23), Boccena, Bucéna, Buchena, Bucina. bosso, bòssolo (Buxus sempervirens L.) (fitonimo), deriva dal lat. buxus/m, a sua volta dal greco pýxos, ma attraverso l’etrusco (De Simone I 133; NPRA 42) (b#p). botte «recipiente di legno di forma bombata», deriva dal tardo lat. buttis «vaso», il quale è da confrontare col greco boũt(t)is «vaso di forma tronco-conica» (finora di origine ignota; DELG) e inoltre con l’etr. PUΘS, PUTS probabilmente «bacile, bicchiere, calice, vaso, urna, sarcofago». breccia «apertura fatta sul muro», è da confrontare col protosardo perca, pèrcia, precca, brecca «rupe fessurata, fessura nella roccia, fenditura, buco nei muri ed infine col gentilizio etr. PERCIUŚ «di/a Percio», gentilizio masch. in genitivo, (lat. Percius; RNG) (ThLE). Inutilmente dato come “di origine germanica” DELI², Etim). bréntine, imbréntine «cisto» (Cistus Monspeliensis e salviifolius) (fitonimo toscano, “mediterraneo” per il DEI), è da confrontare col gentilizio etr. FRENTINATE/I. Vedi toponimo Ferentino. brocca «recipiente con due anse per attingere e conservare l’acqua», deriva dal lat. broccus, a sua volta dal greco próchoun (in accusativo, cioè nel caso più frequente) ma per il tramite dell’etr. PRUXUM «brocca». bùccina «tromba ricurva, corno» (voce dotta), in uso fra gli Etruschi, deriva dal lat. bucĭna, che è da confrontare con l’appellativo etr. VUVCNICŚ «della tromba» (Liber, X 19) e inoltre col gentilizio VUCINAS. bufalo «bovino selvatico allo stato originario», deriva dal tardo lat. bufălus, il quale probabilmente è da confrontare col gentilizio etr. FUFLE (ThLE). busto «tronco del corpo umano» (finora privo di etimologia; Etim), che è da confrontare col gentilizio masch. etr. PUSTA (ET, Cl 1.2201-2203) ed inoltre con quello lat. Pustius (RNG). cacchione «piuma nascente dei gallinacei» (tosc.), che è da confrontare col protosardo caccaone «picciolo, peduncolo di frutti o di foglie, raspo d'uva» (LISPR 100) ed inoltre col gentilizio masch. etr. CACIU (suff. –ů/-on-/-u(n); LICE norma 7). cachinno «risata sguaiata e strepitosa», deriva dal lat. cachinnus, il quale è da confrontare col gentilizio etr. CACNI, CACNEI [alternanza c/ch; suff. –IN(N)-; LICE norma 2). cacio, cascio «formaggio», deriva dal lat. caseus (con mancato passaggio -s->-r-; LICE norma 18) (di probabile origine etrusca per Ernout, EPhil, 44) (uscita in -eu come i lat. balteus, calceus, clipeus, culleus, cuneus, erneum, laqueus, pilleus, pluteus, puteus, runculeum, urceus; LICE norma 14); derivati cascino, cascina «forma di legno per fare il formaggio» e cascina «casa colonica» (in origine ‘capanna per fare il cascio e il burro’; DEI) (suff. -in-; LICE norma 5) (DETR; DICLE 59). Vedi toponimo tosc. Càscina. caduceo «bastone alato del dio Mercurio» (voce dotta), deriva dal lat. caduceu(m), a sua volta dal greco karýkeion, derivato di kãryx «araldo» (indeur.), ma attraverso l’etrusco per via della differenza d#rh (Ernout, EPhil, 45; DELL). cala «buca, fossa, nascondiglio», «tana di insetti, rettili e pesci», «cala di mare, insenatura»; relitto probabilmente preindoeuropeo da confrontare – non derivare - col tosc. e ital. dial. cala «insenatura di mare», «fondo della stiva» e con l’astur. cala «nascondiglio» (finora di etimo ignoto o presentato come preindoeuropeo e dunque ‘mediterraneo’) (LISPR). Vedi protosardi calanca, calavoju, calavossu, calone, accalare, incalare. calabrosa, calaverna, galaverna «brina o nebbia che cristallizza sugli alberi formando aghi di ghiaccio» (suff. -rn-; LICE norma 9); a Pistoia «aculei di ghiaccio o ghiaccioli pendenti dagli alberi e dai tetti» (finora di origine molto discussa; DEI, DELI², Etim), che probabilmente sono da confrontare coi lat. calabrix,-icis «spina silvestre», calabrina «lonchite» o ‘felce maschio’ (Ps.-Diosc. 3, 145) (finora di origine ignota; LEW, DELL, ThLL, NPRA) [la connessione semantica tra le due piante, molto differenti fra loro, sarà da ritrovarsi nel concetto di «punta» o di «appuntito»; e infatti lonchite deriva dal greco lónchē «punta di lancia»] e inoltre sono da confrontare coi toponimi tosc. Calabrina, Calibrino, Calabrunaia (TTM 14, 329), Calubrina (Lucca) e probabilmente col gentilizio etr. KALAPRENA. calappio «laccio per selvaggina» (finora di origine incerta; DELI², Etim) può derivare dall’etr. CALAPI (ThLE²). calaverna, galaverna, calabrosa «brina o nebbia che cristallizza sugli alberi formando aghi di ghiaccio» (suff. -rn-; LICE norma 9), a Pistoia «aculei di ghiaccio o ghiaccioli pendenti dagli alberi e dai tetti» (finora di origine molto discussa; DEI, DELI², Etim), che probabilmente sono da confrontare coi lat. calabrix,-icis «spina silvestre», calabrina «lonchite» o ‘felce maschio’ (Ps.-Diosc. 3, 145) (finora di origine ignota; LEW, DELL, ThLL, NPRA) [la connessione semantica tra le due piante, molto differenti fra loro, sarà da ritrovarsi nel concetto di «punta» o di «appuntito»; e infatti lonchite deriva dal greco lónkhē «punta di lancia»] e inoltre sono da confrontare coi toponimi tosc. Calabrina, Calibrino, Calabrunaia (TTM 14, 329), Calubrina (Lucca) e probabilmente col gentilizio etr. KALAPRENA. calende «primo giorno del mese», deriva dal lat. kalendae, calendae (che a Roma venivano annunziate solennemente dai pontefici), da connettere coi lat. calare, kalare «chiamare, proclamare, annunziare, convocare» (di ambito e uso religioso) e kalator, calator,-oris «banditore, araldo», «inserviente» del pontefice e del flamine (CIL VI 32445) e da confrontare con gli etr. KALATURUS (ET, Cr 2.31) e CAL (Liber, III 14; X 14) probabilmente «chiama!, proclama!» (DICLE 51; GTLE cap. 1), infine da confrontare con l'inglese to call «chiamare» (indeur.). calestro, galestro ‘specie di terreno magro, sassoso’ (XVI sec.) tosc., calestri «schisti argillosi» pisano (‘relitto mediterraneo’ per i DEI, AEI, DELI², GDLI), toponimo Calestrone (TTM 344), che sono da confrontare coi gentilizi lat. Calesterna, Calestrius, Calestro,-onis (RNG) (suffissi -rn-, -str-, -on-; LICE norme 5,7,9) e probabilmente con quello etr. HALISTREA (alternanza C/H; LICE norma 3) (LET 66; LELN 89; DETR; DICLE 51). caligine «fumo, vapore, nebbia, tenebra», deriva dai lat. caligo,-inis «calìgine, fumo, vapore, nebbia, tenebra, offuscamento, vertigine» (finora di origine incerta; DELL, DEI, AEI, DELI²), lat. *calus «oscuro» (DELL), gentilizio Calinius (RNG), probabilmente da confrontare con l’etr. CALUS «dio del mondo sotterraneo e tenebroso dei morti», col gentilizio etr. CALINAI (in alfabeto latino; ThLE¹ 381) e con gli appellativi tosc. calena, calina «caligine, nebbia secca dei mesi estivi», toponimo Caléno (TTM 14) (suff. -en-/-in-; LICE norma 5). calle «strada», deriva dal lat. callis (finora di origine incerta; DELL, DELI²) da confrontare coi gentilizi etr. CALE, CALIE, CALIA, CALLIA (lat. Calius, Callius; RNG) caloscia, galoscia «zoccolo dalla spessa suola di legno» (finora di etimologia incerta; DELI², Etim) probabilmente è da confrontare col gentilizio etr. CALUŚN(-AL) (ThLE² 72) e pure coi toponimi tosc. Calósina (TVA 25), Calosina/e (TTM 14). Erano famosi i sandália tyrrheniká «sandali tirreni (o etruschi)» (di lusso) (Esichio, G. Polluce, Fozio). calta, cota «antemide, maggiorana» (tosc.) da confrontare con la glossa greco-etr. kautá «antemide, maggiorana» (spiegato da Dioscoride, III 143 RV, come solastrum, oculum solis, per la forma e il colore del suo fiore) e da confrontare con l’etr. CAUΘA dea del sole (ThLE¹ 418; DEI 1136; ESL 307; DETR). calunnia «accusa falsa», deriva dal lat. calumnia, di probabile origine etrusca in virtù del suff. –MN-) (Ernout, EPhil, 34; ESL 67) forse da intendersi come «azione degna di CALUS «etr. dio del mondo sotterraneo e tenebroso dei morti» (?). Vedi caligine. calvo-a «privo di capelli», deriva dal lat. calvus «calvo», da cui calvaster «alquanto calvo» (suffissi -vu-, -str-; LICE norme 5,15) (già prospettato come di origine etrusca), è da confrontare con l’etr. CALVE (ThLE²) (DICLE 53). Per l’uscita in -l/rvu- cfr. etr.-lat. acervus, curvus, flavus, fulvus, milvus, servus, torvus, ecc. (LICE norma 15). calza, calzino, calzare (sost.) «indumento a maglia che riveste il piede e parte della gamba», derivano dai lat. calcea (mediev.), calceus «calzare, scarpa», probabilmente di origine etrusca (DELL 89; ESL 429), da confrontare col gentilzio etr. CALZNIS (suff. –IN-; uscita in –EU, -EA; LICE norme 5,14). I Greci citavano i sandália tyrrheniká «sandali tirreni od etruschi». camera «stanza», deriva dal lat. camĕra, cam(m)ăra «volta, soffitto a volta, camera a volta»; gentilizi lat. Camarius, Camarenus, Camarinus, Camerenus, Camerinus, da confrontare col greco kamárha «volta, soffitto a volta, camera a volta, abside» (finora di origine incerta; GEW, DELG) ed inoltre con Camars (antico nome di Chiusi; Livio, X 25,11; Cicerone, Pro Sulla 19), con Cameria/ium (antica città del Lazio) e coi gentilizi etr. CAMARINE, KAMARNI (LELN 93; DETR; DICLE 53; TIOE 82). Vedi toponimo Camerino. Camillo (nome pers. masch.) deriva dal lat. camillus «chierichetto di buona famiglia, assistente del sacerdote nei sacrifici» (glossa lat./etr.; ThLE¹ 414) da confrontare con l’altra glossa greco/etr. kádmiloi (ThLE¹ 418) e inoltre con l’etr. CATMITE, CATMIΘE (lat. Catamitus) «Ganimede» (DELL 90; DETR; DICLE 53). camino, cammino «canale di tiraggio del fuoco» e «strada, via» - Fra i relitti della lingua etrusca è abbastanza frequente il gentilizio masch. (in genitivo patronimico fossilizzato) CAMNAS, femm. CAMNAI, CAMNEI, suo genitivo CAMNAL (ThLE²), al quale corrisponde il gentilizio lat. Camnius (RNG). Come capita per altri numerosi vocaboli etruschi, è facile ipotizzare una forma originaria *CAMINA, la quale corrisponderebbe all'altro gentilizio lat. Caminius (RNG) e inoltre all'appellativo lat. camīnus «camino, focolare, forno, fornace, fucina». Questo viene comunemente riportato al greco káminos «forno, fucina», il quale però è sinora di origine ignota (DEI, DELL, DELG, DELI²). Sembrerà strano, ma è proprio così: l'appellativo camino «focolare, forno, fucina» è stato fino ad ora ritenuto del tutto estraneo all'altro appellativo ital. cammino «strada, via» (e al relativo verbo camminare), per il quale invece è stata finora prospettata una origine celtica o gallica, senza però alcuna motivazione plausibile (DEI, DELI², AEI, Etim). Eppure è un fatto che da una parte nella conservativa lingua sarda caminu, camminu significa «strada» e dall'altra nella lingua italiana è attestata anche la forma cammino «focolare, forno, fucina». Si deve tenere presente che nei forni o fornaci il camino come pertugio o foro per il tiraggio del fuoco è un accorgimento essenziale, che va interpretato anche come ‘pertugio o foro dove passa il fumo’. E ne consegue che in origine caminare significava propriamente ‘passare del fuoco e del fumo nel camino’ e dopo come ‘passare, camminare in genere. La forma più antica (priva dell'aferesi) dell'appellativo etrusco che stiamo studiando è KAMUNEIS (sec. VI a. C.; TLE 478; ThLE²), alla quale io connetto con probabilità il toponimo alpino Val Camònica, che interpreterei e spiegerei come «valle dei forni o delle fornaci». camorro «acciacco, malanno», «animale od oggetto vecchio, malandato, inutile», «individuo brutto, sconcio, malaticcio, uggioso» (tosc.), che è da connettere col lat. camur(us), camer(us), camirus «curvo, arcuato, ricurvo all'interno» (di corna bovine) (per il DELL pag. 828, imparentato col greco kamárha «camera, volta») (gentilizio lat. Camurius; RNG), coi protosardi camurru «individuo rozzo e antipatico», incamurrí(t)u «accigliato», «accaldato, febbricitante», «fuoco che sta per spegnersi» e inoltre con l'etr. CAMURIŚ gentilizio masch. in genitivo (ThLE²). campo deriva dal lat. campus «campo, luogo piano, pianura» (finora di origine ignota, ma già prospettato come etrusca; DELL, DEI, AEI, DELI²), aggettivo campester, gentilizio Campius, cognomen Campinus (RNG) ed è da confrontare con l’appellativo etr. HAMΦE «campo, campagna» (Liber, VI 3; X 6), gentilizi CAMPE, CANPINEI, HAMΦNA, HANPNA (alternanza c/h, suffissi -ST-, -IN-; LICE norme 3,5) (DETR; DICLE 54). Vedi toponimo Campania. camuso «che ha il viso o il naso schiacciato» (finora di origine incerta; DEI, DELI², Etim) è da confrontare col gentilizio lat. Camusius (LEN 588) e probabilmente con quello etr. CAMUSA (ThLE²). Che il vocabolo fosse entrato nel lessico latino è dimostrato dall’esistenza dei catal. prov. franc. camús «camuso» e spagn. camueso «sciocco» (finora di origine ignota; DECH) (LELN 96; DETR; DICLE 54). cancro deriva dal lat. cancer, cancrus, crancus, crancrus «granchio» e «cancro», a sua volta dal greco karkínos, ma attraverso l’etrusco (LET; ESL 183-184; DICLE 54). cantina «locale interrato o seminterrato, fresco, adibito alla conservazione del vino o di derrate alimentari» è da connettere col gentilizio lat. Cantinius (RNG) e da confrontare con quello etr. CANΘINI, CANTINI (DETR) (suff. -IN-; LICE norma 5). In effetti si tratta di un diminutivo di canto «angolo appartato» (vedi). canto «angolo esterno o interno formato da due muri che s'incontrano», cantone «angolo», «suddivisione amministrativa» (in particolare ogni unità politico-amministrativa, di cui è formata la Svizzera), derivano dal lat. canthus «angolo, margine, bordo, cerchione di ferro» (‘preromano’ per il REW 1616; “celtico” per il DELI²), mentre probabilmente sono da confrontare con l’appellativo etr. CANΘE e col gentilizio CANΘU (ThLE) (vedi quello lat. Cantonius; suff. –ů, u(n)/-on; LICE norma 7). (DETR; DICLE 55). canuto-a «bianco-a di capelli», deriva dal lat. canus, canutus (di origine indeur.; DELI², Etim), gentilizi lat. Canius, Canonius, Canutius (RNG), che sono da confrontare con quelli etr. CANU, CANUTNAL (DETR; DICLE 55). capra ‘ruminante domestico’, deriva dal lat. capra (finora di origine incerta; DELL), che è da confrontare con la glossa greco-etrusca kápra «capra» (ThLE¹ 418); caprone «becco, maschio della capra», da confrontare col gentilizio etr. CAPRU, CAPRUNA (DETR) (suff. –ů, -on-/-u(n); LICE norma 7). In etrusco capra significa anche «ossario, urna»; la connessione semantica fra l'idea di «capra» e quello di «ossario» sarà dipesa dal fatto che molti ossari avevano ai quattro angoli altrettanti "piedi" di appoggio, foggiati proprio come i "piedi di capra". Vedi lat. caprinus, Caprius, *capro,-onis; gentilizio etr. CAPRINA. cardellino (uccellino dal piumaggio variopinto e dal canto grazioso), deriva dal lat. carduelis, diminutivo del tardo lat. cardellu(m), per il classico carduele(m), da carduus ‘cardo’, pianta frequentata da quest'uccello, che probabilmente è da confrontare coi gentilizi etr. CARTILIA, CARTLUŚ «Cartlia, (di) *Cartulone», da confrontare con quello lat. Cartlius (RNG) (ET, Cl 1.1472; in alfabeto latino). Vedi cardo. cardo ‘pianta spinosa ma buona da mangiare’, deriva dal lat. carduus (finora di origine ignota per i DELL, AEI, DELI², Etim; ‘fitonimo mediterraneo’ per il DEI) (uscita -uu-; LICE norma 15), il quale probabilmente è da confrontare col gentilizio etr. CARTA, KARTE (= lat. Cardius, Cardus; RNG). Vedi cardellino. carena «chiglia di imbarcazione», deriva dal lat. carina «carena, chiglia, naviglio, valva del guscio della noce» (finora di origine incerta; DELL, AEI, DELI²) è da confrontare col greco kárhyon «noce» (Etim) e inoltre coi gentilizi etr. CARINEI, KARINA (= lat. Carinius, Carinus) (suffissi -en-, -in-; LICE norma 5) (DETR; DICLE 57). carme (voce dotta) ‘componimento poetico e musicale’, deriva dal lat. carmen,-inis «carme, inno religioso, formula magica» (a mio giudizio finora di origine oscura) è da connettere coi gentilizi lat. Carmin(n)ius, Carmius (RNG) e da confrontare con quelli etr. KARMU, KARMUNI (DETR; DICLE 57). carne deriva dal lat. caro, carnis «carne d’uomo e d’animale» (a mio giudizio di origine ignota) è da connettere coi gentilizi lat. Carnenus (suff. -EN-; LICE norma 5), Carnius e da confrontare con quelli etr. CARNA, CARNEI, CARNI(A). Vedi lat. Carna, dea degli organi vitali, probabilmente etrusca (DELL s. v. caro) (LISNE 182; DETR; DICLE 57). Vedi carogna, toponimo Carnia. carogna è il dispregiativo del lat. caro «carne», da connettere col gentilizio lat. Caronius (RNG) e da confrontare con quello etr. CARV (suff. -on-/- ů/u(n)-; LICE norma 7) (DETR; DICLE 57). Vedi carne. carpa, carpio(ne) (pesce d’acqua dolce) deriva dal tardo lat. carpa, che è da connettere col tedesco Karpfen; i gentilizi lat. Carpius, Carpianus, Carponius (RNG) sono da confrontare con quelli etr. CARPE, CARPIANE, CARPUNIE (suff. -on-/-un-; LICE norma 7) (DETR; DICLE 57, 58). Vedi toponimi Carpi, Carpiano. carpento «carro da guerra a due ruote o per donne» (voce dotta), dato erroneamente come di origine gallica (DELL), da confrontare col cognomen lat. Carpentius (RNG) e col gentilizio femm. etr. CARPNTI (ThLE² 77). Gli Etruschi adoperavano il carpento nella cerimonia del trionfo militare e di qualcuno sono stati conservati i resti. carpine/o (Carpinus betulus L.), deriva dal lat. carpĭnus (finora di origine incerta, ma probabilmente ‘fitonimo mediterraneo’; DELI², NPRA, Etim), che è da connettere col gentilizio lat. Carpinatius e da confrontare con quello etr. CARPNATE (suff. -atis; LICE norma 11) (DETR; DICLE 58). Vedi toponimo Carpegna. carta deriva dal lat. carta, charta, a sua volta dal greco chártēs (DELL), ma probabilmente attraverso l’etrusco per via della differenza c#ch (alternanza c/ch; LICE norma 3). Vedi gentilizi lat. Cartius, Cartilius (RNG) da confrontare con quelli etr. CARTA, KARTE (DETR; DICLE 58). Vedi però cardo. casa «abitazione», deriva dal lat. casa «capanna, baracca»; derivato casalis, diminutivo casulla (suff. –ull-; LICE norma 5) (finora di origine ignota; DELL, DELI²) (mancato passaggio -s->-r-; LICE norma 18), che è da confrontare coi gentilizi etr. KASA, KASALIENNAIA (DETR; DICLE 59). cassa «grande recipiente di legno», deriva dal lat. capsa (finora privo di etimologia; DELL, DELI²), gentilizio lat. Capsius (RNG), probabilmente da confrontare con quello etr. CAPSNA, CAPŚNA, CAPZNA. casto-a «puro, continente, sobrio-a», specialmente in senso sessuale. È dato come di origine indeuropea, ma con connessioni poco convincenti (DELI², Etim). Esiste anche in etrusco con significati del tutto chiari: CASΘI(-AL-Θ) «in castità, in purezza, castamente, puramente» (ThLE² 77) Inoltre è da confrontare col toponimo tosc. Cástica (TVSL 200). castoro «roditore che vive lungo i fiumi», deriva dal lat. castor,-oris, da confrontare col greco kástōr (forse preindeur.; DELI²) e inoltre col gentilizio etr. CASTURU(-SA), KASTUR (= lat. Castorius) (che indica anche uno dei gemelli Dioscuri; ThLE). castrare «tagliare ed asportare i testicoli a un animale maschio», deriva dal lat. castrare; castrone «agnello o puledro castrato», corrisponde al gentilizio lat. Castronius; RNG) e a quello etr. CASTRU( (suff. -on-/-ů/u(n); LICE norma 7). castro «luogo fortificato, castello» (voce dotta), deriva dal lat. castrum (la sua vulgata etimologia da una radice indeur. *kes- «tagliare» è giustamente messa in dubbio dai ThLL, DEI 801) (diminutivo castellum; suff. -ell-; LICE norma 5), il quale è da connettere coi gentilizi lat. Castricius, Castricus (RNG) e da confrontare con quelli etr. CASTRECE, (alternanza e/i; LICE norma 1) (LEGL 78, DETR; DICLE 60). Ed inoltre è da confrontare col protosardo castru, crastu «sasso, ciottolo, macigno, roccia, roccione»; toponimi nuraghe Castrachesu (Cuglieri), Crastadulesu e Crastorra (Orotelli); antico gentilizio Castricius (CIL X 7808, 7885, Sardinia): probabilmente relitto protosardo da confrontare col lat. castrum «luogo fortificato, castello» (finora di “origine dubbia” per il ThLL e ‘probabilmente mediterraneo’ per il DEI 801) ed inoltre col gentilizio etr. CASTRECE (DETR). La derivazione, sostenuta dal DES I 316, dell’appellativo sardo da quello latino è da respingersi per una grossa difficoltà: lo sviluppo semantico «sasso, macigno > roccia > rocca > roccaforte > castello > luogo fortificato» è concepibile, quello inverso no (LELN 102, DILS, LISPR). catena «legame formato da una serie anelli metallici passati l'uno dentro l'altro», anche figurato «legame», deriva dal lat. catena (già prospettato come di origine etrusca; Ernout, EPhil, 28; DELL; DEI; DELI²) è da connettere col gentilizio lat. Catenius (RNG) (suff. -en-; LICE norma 5) e da confrontare con l’appellativo etr. CAΘNA (Liber, X 13,16) e col gentilizio etr. CATNI (LEN 76; DETR; DICLE 60), forse da connettere con caterva (Etim). Vedi però anche catino. caterva «banda, folla, gruppo, massa mucchio», deriva dal lat. caterva [finora di origine incerta (DELL, DELI²), ma quasi certamente etrusca in virtù dell’uscita in -l/rva (cfr. gli etr.-lat. belva, larva, malva, Menerva, silva, ecc.; LICE norma 15)], che è da confrontare con l’appellativo etr. CATRUA (Liber, XI 34), forse da connettere con CAΘNA «catena» (Etim) (?). catino «bacile di terracotta o metallo», deriva dal lat. catinus/m «piatto, scodella» (finora di origine ignota; DELL, DELI²), che è da connettere col gentilizio lat. Catinius (RNG) (suff. -in-; LICE norma 5) e probabilmente da confrontare con l’appellativo etr. CAΘNI, CATNI, CATNE(-TI) «(nel) catino» e forse con quelli greco kádos, káthos (Esichio), ebraico kad «vaso» (DETR; DICLE 60) (?). Vedi però catena. causa «motivo, occasione, scusa» (voce dotta), deriva dal lat. causa, caussa, kaussa («essendo l'etimologia sconosciuta, il significato originario non è determinabile»; così il DELL. Cfr. ThLL, AEI, DELI²) (mancato passaggio -s->-r-; LICE norma 18) ed è da connettere coi gentilizi lat. Causius, Causinius (RNG) e da confrontare con quelli etr. CAVSNA, CAUŚINE e inoltre con CAVSA, KAVZAŚ (appellativo o antroponimo ?; DETR). Indizia l’origine etrusca dell’appellativo latino anche la grafia kaussa, col k- di fronte alla vocale a, secondo una nota antica usanza degli Etruschi (LELN 105; ESL 24). cauto-a «guardingo, avveduto-a, prudente», deriva dai lat. cautus, cavēre «guardarsi, badare» (di origine indeur. DELI², Etim), che è da connettere col gentilizio lat. Cautius e probabilmente da confrontare col gentilizio etr. CAUΘIAL (CAUΘ-IAL) (DETR). cavea «cavità del teatro riservata agli spettatori» (voce dotta), deriva dal lat. cavĕa, a sua volta dal lat. cavus «cavo, vuoto» ed è da confrontare col gentilizio femm. etr. CAVIA(-L), CAVIA(-S) «(di) Cavia». Vedi cavo, caverna, gabbia. caverna «grotta, antro», deriva dal lat. caverna, a sua volta da cavus «cavo, vuoto», che quasi certamente è di origine etrusca (ESL 459). Per il suff. -ern- cfr. i lat.-etr. basterna, cisterna, fusterna, giberna, lacerna, lanterna, lucerna, nassiterna, santerna, taverna (LICE norma 9). Vedi cavo, toponimo tosc. Gavorrano. cavillo «argomento sottile e capzioso» (voce dotta), deriva dal lat. cavillum/a «motteggio, scherzo pungente» (finora di origine incerta; DELL, DELI²) (suff. -ill-; LICE norma 5) che è da connettere col gentilizio lat. Cavilius (RNG) e da confrontare con quello etr. CAVILI (DETR). cavo-a «vuoto-a», deriva dal lat. cavus, che è da connettere coi gentilizi lat. Cavius, Cavenius, Cavinius (RNG) e da confrontare con quelli etr. CAVESI, CAVIE, KAVI(E) e infine con l’appellativo CAVEΘ (CAVE-Θ) (Liber, III 4; VIII 13) probabilmente «nel cavo» (in locativo). Vedi cavea, caverna, covo, gabbia, gabbiano. cavolo «pianta erbacea alimentare», deriva dal lat. caulis, colis «cavolo» (indeur. DELL); gentilizio lat. Caulius (RNG) da confrontare con quelli etr. CAVLA, CAULE, CAULIA (DETR). Per l’alternanza au/o cfr. lat. cauda/coda, caupo/copo, caurus/corus, plaustrum/plostrum, plautus/plotus (LICE norma 2) (DICLE 61). cederno «cedro» (antico) è da connettere col gentilizio lat. Ceternius (RNG) e probabilmente con quello etr. CEΘURNA, CETURNA (DICLE 64) ed inoltre col toponimo-antroponimo protosardo Chiterru (DICS). Vedi toponimo Citerna. cedro ‘agrume’ (Citrus medica L.) ed ‘albero’ (Thuia articulata L.), deriva dal lat. citrus, che è da confrontare col greco kédros, ma probabilmente attraverso l’etrusco; ‘fitonimo mediterraneo’ (NPRA 68; ESL 188). Vedi cederno. celia «burla, scherzo» (finora di origine incerta; DEI, GDLI) è da confrontare col gentilizio femm. etr. CELIA (= lat. Gellius-a; RNG) (deriva dalla locuzione “far la Celia”, personaggio comico femminile del teatro popolare del Seicento; Etim) ed inoltre da confrontare col protosardo ghèlia, ghelèa «burla, celia, scherzo» e infine col greco gelãn «ridere, deridere». cella «cantina, piccolo locale, ripostiglio», deriva dal lat. cella, già prospettato come derivato dall'etr. CELA «cella» [evidentemente pronunziato kella (TLE, TETC 105); cfr. APULU]: CELATI CESU «nella cella (mortuaria) deposto»] (ESL 341); è da connettere col gentilizio lat. Cellius (RNG) e probabilmente da confrontare con quello etr. CELE (DETR; DICLE 63). cempenna «persona lenta e inetta», cimpenna «donna magra e vivace» (appellativo tosc.) (suff. -enna; LICE norma 10) (DEI 848), probabilmente da confrontare col gentilizio femm. etr. CENEPNAL (ThLE² 85). cèntina «impalcatura provvisoria di legno o di ferro per la costruzione di archi o volte o cupole». L'etimologia della parola è oscura e non è nemmeno sicuro che centinare sia un derivato di centina, e non viceversa quest'ultimo un deverbale del primo; si pensa ad un derivato dal lat. cinctu(m) ‘cinghia, cintura’ (vedi ‘cinto’), ma il DEI non esclude la possibilità che la voce sia un relitto del ‘sostrato mediterraneo’. Quello che invece pare certo è che la voce si sia diffusa dal settentrione, come indicherebbe anche l'attestazione di ‘centenare’ nel latino mediev. di Venezia; si vedano anche il Voc. Acc. e la voce zentena in Prati Ven. (DEI, DELI²). Per me voce etrusca per i seguenti motivi: 1°) È noto che gli Etruschi hanno insegnato ai Romani il modo di costruire gli archi, compresi quelli dei ponti sui fiumi; 2°) L'appellativo cèntina presenta una tipica struttura fonetica etrusca e precisamente la struttura ternaria con accento sulla prima sillaba e la terminazione -ina (LICE norma 5). ceppo «parte inferiore di una pianta legnosa da cui si diramano le radici e si alza il tronco’, ‘grosso pezzo di legno da ardere’, ‘massiccio blocco di legno adatto a vari usi, in specie quello su cui si decapitavano i condannati a morte’, ‘grossi arnesi di legno in cui si serravano i piedi dei prigionieri’, ‘capostipite di una famiglia o di una popolazione’, deriva dal lat. cipus, cippus «cippo» (finora di origine ignota; DELL, AEI, DELI²), il quale è da connettere coi gentilizi lat. Cipeius, Cip(p)ius (RNG) e da confrontare con quelli etr. CIPIE, CIPI (ThLE²) (DETR). Probabilmente cippo «ceppo» è una variante dotta. cera «sostanza grassa prodotta dalle api», deriva dal lat. cera, che è da confrontare col greco kērhós «cera» (finora di origine ignota, DELL, DELI²) e probabilmente col gentilizio etr. CERIIE (= lat. Cerius) (ThLE). cerimonia «azione sacra, rito sacro», deriva dal lat. caerimonia, caeremonia. Già gli antichi riportavano questo appellativo latino alla città di Caere (Cerveteri). Paolo-Festo 38, 19 dice: caerimoniarum causam alii ab oppido Caere dictam existimant; Valerio Massimo 1,1,10: sacra caerimoniae vocari quia Caeretani ea ... coluerunt. Questo accostamento fatto dagli autori antichi non viene accettato da alcuni linguisti, anche se essi accettano la tesi dell’origine etrusca dell’appellativo (DELL, DEI, DELI²). La mancata accettazione della derivazione di caerimonia da Caere è conseguente – a mio giudizio – al fatto che nessuno ha esposto una plausibile trafila semantica di quella derivazione. Che a me sembra possa essere stata la seguente: premesso che i Romani sapevano di avere subìto numerosi influssi da parte della religione degli Etruschi, sia sufficiente ricordare che della triade capitolina Giove, Giunone e Minerva, le due divinità femminili erano etrusche. Ebbene, a mio avviso, in origine si diceva Sacra Caerimonia col significato di «Riti Sacri Ceretani» al posto di «Riti Sacri Etruschi». Il privilegiamento di Caere era conseguente al fatto che questa era la più grande città etrusca ed inoltre era a poche miglia da Roma. Inoltre i Romani erano molto riconoscenti ai Ceretani per il fatto che durante la famosa presa di Roma da parte dei Galli – nel 390 a. C. – i segni sacri (signa sacra) della religione romana erano stati trasportati e salvati a Caere. Ebbene, nella locuzione Sacra Caerimonia «Riti Sacri Ceretani» avrà finito col cadere l’aggettivo e sarà rimasta soltanto Caerimonia, ma sempre col significato di «Riti Sacri Ceretani od Etruschi» e alla fine col significato di «Riti Sacri» in generale. Il suff. -mon- di caerimonia è quello stesso che ritroviamo negli appellativi lat. Lucumones «re etruschi» (ThLE¹ 418) e Telamones «Cariatidi maschili». cerussa «biacca di piombo» (voce dotta), deriva dal lat. cerus(s)a, finora di etimologia incerta (DELL, DELI², Etim) ma di probabile origine etrusca (Ernout, EPhil, 36; ESL 416). Per il suff -s(s)a cfr. gli etr.-lat. carissa, cimussa, favissa, mantissa, obrussa (DICLE 64). Cesare «Imperatore Romano», deriva dal lat. Caesar,-aris e precisamente dal cognomen o ‘soprannome’ del notissimo personaggio romano Caius Iulius Caesar, il quale fu adoperato da Ottaviano Augusto per indicare l’Imperatore. Di questo cognomen Caesar gli antichi autori latini hanno dato due differenti spiegazioni: Plinio il Vecchio (nat. hist., 7.4.7) e Nonio (566.25) hanno scritto che significava «nato con taglio cesareo» (a caeso matris utero); Paolo-Festo (50.7) ha scritto che significava «neonato con capigliatura abbondante» (caesar quod est cognomen Iuliorum a caesarie dictus est, quia scilicet cum caesarie natus est). Nonostante il fatto che nelle moderne lingue neolatine abbia finito col prevalere il primo significato, nell’espressione «taglio cesareo» in un parto, a mio giudizio si deve preferire di gran lunga la spiegazione di Paolo-Festo «neonato con capigliatura abbondante» per la ragione che è di tutta evidenza la connessione del lat. caesar col lat. caesaries «capigliatura, chioma» (e pure «cimiero») (finora di origine incerta; DELL) (mancato passaggio -s->-r-; LICE norma 18). Ovviamente il soprannome fu imposto a Giulio Cesare alla sua nascita e non da adulto, quando divenne calvo.- Il lat. Caesar ha avuto una storia assai lunga e gloriosa, dato che ha indicato non soltanto tutti gli Imperatori Romani e pure quelli Bizantini, ma in seguito ha indicato anche gli Imperatori del Sacro Romano Impero, quelli dell’Impero Germanico come Kaiser e perfino i sovrani della Russia come Czar. cesena, cesessa, cegessa, segena «uccello simile al tordo con piumaggio grigio-bluastro sul capo e sul collo» (Turdus pilaris), finora non spiegato in maniera soddisfacente (DEI, DELI², Etim), il quale è da connettere coi gentilizi lat. Caesenna(s), Caesen(ni)us, Caesinius (RNG) e da confrontare con quelli etr. CEISINA, CEISINI, KEISNA [suff. -EN(N)-/-IN-; LICE norma 5], tutti da connettere con l’aggettivo lat. caesius «che ha gli occhi azzurri o verdastri» (finora di origine ignota; DELL) e da confrontare coi gentilizi etr. CAESA, CAIS(I)E, CEISE, CESI, KAISIE (alternanze AE/AI/EI/E; LICE norma 1) (TLE 193; DETR; DICLE 49; TIOE 51-52). Vedi cesio, Cesena. cesio-a «azzurro-a, celeste» (voce dotta) deriva dal lat. caesius «che ha gli occhi azzurri o verdastri» (finora di origine ignota; DELL) (mancato passaggio -s->-r-; LICE norma 18); gentilizi lat. Caesius, Caesonius (RNG) da confrontare con quelli etr. CAESA, CAIS(I)E, CEISE, CESI, CEISU, CESU, KAISIE, KAISU (alternanze AE/AI/EI/E; suff. -on-/-ů/u(n); LICE norme 1,7) (TLE 193; DETR; DICLE 49; TIOE 52). Vedi cesena. cèspite «gleba, zolla erbosa», deriva dal lat. caespes, cespes,-itis, finora di origine ignota (Etim), ma già prospettato come etrusca per il suo suff. es,-itis, come nei lat./etr. miles, poples, satelles,-ĭtis; Velĭtes; (Ernout, EPhil, 46-47; ESL 102) (alternanza AE/E; LICE norma 1) (DICLE 50). cesta, cesto, cestino «canestro o paniere a sponde alte, intessuto di vimini, canne, salici e simili» (variante e diminutivo), derivano dal lat. cista, greco kístē (di origine preindoeuropea per il DELI²) che sono da confrontare coi gentilizi etr. XESTES, XESTNAS, CESTNA, CISTNA (= lat. Cestius; RNG). ciberna vedi giberna. cicogna «uccello trampoliere migratore», deriva dal lat. ciconia, ciconea, che è un vocabolo a raddoppiamento, come dimostra il prenestino conea = ciconea (Plauto, Truc., 691) e per il DELI² di etimologia incerta, ma a mio giudizio è da confrontare col gentilizio femm. etr. CICUNIA, CECUNIA (suff. -on-/-un-, uscita -ia/-ea; LICE norme 7,14). Vedi cigno. cicutrenna «zampogna fatta col gambo della cicuta», che è da confrontare col lat. cicuta (per il DEI ‘fitonimo mediterraneo’, per me deriva dall’etrusco: suff. -enna; LICE norma 6) ed inoltre è da confrontare coi protosardi cucusa, cugusa, turgusa, thrugusa, thurgusa,-one, tzurgusa, tzrugusa, tzeligusa, aussa, atzigrusa, atzirgusa «cicuta, appio acquatico, crescione selvatico, sedanino d'acqua» (Apium graveolens L. var. dulce Mill.); toponimi protosardi Cugussì (Nurri), Cuccuseli (Talana), Gurgusa (CSPS 292), Gurgusènnore (Lula) [suff. egeo-anatolico -s(s)a come in Ichnoũssa, alaussa, aussa, burvusa, pupusa; LICE norma 10] (OPSE 209; LIPSR). cieco-a «che non vede per nulla», deriva dal lat. caecus (finora di origine incerta; DELI²) (uscita aggettivale -c-, come in luscus, mancus, parcus, Tuscus; LICE norma 16), gentilizio lat. Caecius (RNG) da confrontare con quello etr. CEICE(-SA) (DETR; DICLE 48; TIOE 56). Vedi idronimo e toponimo tosc. Cécina. cielo deriva dal lat. caelum, celum «cielo/Cielo» (anche divinità = Urano) (finora di origine incerta; DELL, DELI²) è da confrontare con la glossa lat.-etr. Caelius, Celius «settembre» = ‘mese dedicato al Cielo o Urano’, col gentilizio lat. Caelius (RNG) e con quello etr. CAILE, KAILE (ThLE¹ 415) (TETC 368, 719; DETR; DICLE 48). Vedi toponimo Celio. cigno «uccello acquatico dal collo lungo e dal piumaggio bianco», deriva dal lat. cignus, cycnus, cygnus, cicnuscus, cicinus; cico, ciquo,-onis «cigno» (ThLL III 1050-1051), aggettivo cycninus (suffissi -in-, -on-; LICE norme 5,7) ed è da confrontare col greco kýknos «cigno» (DELL, DELI²) ed inoltre coi gentilizi etr. CICU, KUKNE (DETR). Probabilmente l’appellativo greco, finora di origine ignota, è connesso con l'etr. CICUNIA (LELN 109). Vedi cicogna. cimosa «margine laterale di un tessuto in pezza», deriva dal lat. cimussa, finora di origine ignota (DELL, DELI²) ma probabilmente etrusca (ESL 405). Per il suffisso -s(s)a cfr. i lat.-etr. carissa, cerussa, favissa, mantissa, obrussa (LICE norma 10) (DICLE 64). cimpenna vedi cempenna. ciòttolo «piccolo sasso tondeggiante, liscio per l'azione levigatrice dell'acqua fluente di fiumi o torrenti» (ciotto: 1305-06, Giordano Quar.; ciottolo: 1353, G. Boccaccio) (probabilmente di origine preindeur.» per il DELI²) potrebbe derivare dal gentilizio femm. etr. CUTLISNEI «*Cutulesinia», da confrontare con quello lat. Cutulenius (RNG). Probabilmente connesso con còtano. cirro ‘ricciolo’, ‘viticcio’ ‘nube isolata a forma di filamenti, bianca, d'aspetto fibroso’, ‘nube stratificata composta di piccoli fiocchi bianchi disposti in gruppi’, ‘nube stratificata costituita di cristalli di ghiaccio, simile a un velo sottile’ (voce dotta), deriva dal lat. cirrus ‘cirro, ciocca di capelli, ricciolo’ (finora di etimologia ignota; DELL, DELI²). Alcune iscrizioni etrusche dimostrano chiaramente – a mio giudizio – che l’appellativo è di origine etrusca. In qualità di gentilizio il vocabolo è conservato dalle seguenti tre iscrizioni etrusche: CIRE probabilmente «Cirrio», gentilizio masch., da confrontare con quello lat. Cirrius (RNG); CIREŚ «di Cirrio», genitivo di CIRE (ET, Pe 1.94, 97, 105, 106); CIRI «Cirrio-a», femm. e variante di CIRE (ET, Pe 1.96, 100) ed inoltre col lat. cirrus «cirro, ricciolo, ciocca di capelli» (finora di origine ignota) (ET, Pe 1.93, 95, 101-107, 985). Ciò premesso, se si considera che nel lunghissimo elenco dell’opera di Solin H. et Salomies O., Repertorium nominum gentilium et cognominum Latinorum (Hildesheim-Zürich-New York 1988, nuova edizione 1994) compare il gentilizio Cirrius, mentre manca quello *Cirius, se ne deve trarre la conclusione che l’etr. CIRE, CIRI va interpretato come «Cirrio», il quale deriva ovviamente dall’appellativo cirrus «cirro, ciocca di capelli, ricciolo» ed anche «ricciuto-a». cisterna «costruzione in muratura per la raccoltà dell’acqua piovana», deriva dal lat. cista «cesta» e greco kístē (già prospettato come di origine etrusca; Ernout, EPhil, 29; ESL 162). Per il suffisso etr./lat. –rn- cfr. basterna, caverna, fusterna, lacerna, lanterna, lucerna, nassiterna, santerna, taberna (LICE norma 9). classe deriva dal lat. classis «gruppo, rango, flotta, esercito». La sua spiegazione etimologica era stata già intravista e indicata da Quintiliano (1.6.33): classis a calando. Il verbo lat. kalare, calare «chiamare, proclamare, annunziare, convocare» (Varr., L.L. 6.27; Gell. 15.27.1) all’inizio era di ambito ed uso religioso e così pure il derivato appellativo kalator, calator,-oris «banditore, araldo», «inserviente» del pontefice e del flamine (CIL VI 32445). In seguito l’appellativo derivato classis passò a indicare: 1ª) una delle 5 ripartizioni dei cittadini per censo istituite a Roma da Servio Tullio; 2ª) la flotta; 3ª) l’equipaggio della flotta: Paolo-Festo (251, 20) dice: Vetustius enim fuit multitudinem hominum quam navium classem appellant; 4ª) le truppe dell’esercito (Verg. Aen 7.716): 5ª) l’esercito: classes cipleatas [= truppe armate di scudo] antiqui dixerunt, quas nunc exercitus vocamus (....) classis procincta exercitus instructus [= esercito schierato] (Paolo-Festo, 48, 22¸49, 10; 6ª) la classe, il gruppo, il rango.- Ma a me sembra evidente che in origine classis significava propriamente «chiamata», «chiamata militare per servire la flotta o l’esercito», significava cioè «leva militare».- L’origine etrusca del verbo lat. kalare, calare e del derivato classis è indiziata sia dal fondatore delle ripartizioni dei cittadini per censo, il re etrusco di Roma Servio Tullio, sia dalla alternanza delle lettere K/C (la prima più antica). Ma soprattutto è dimostrata dai seguenti relitti della lingua etrusca: CAL (Liber, III 14; X 14) probabilmente «chiama!, invoca!, proclama!, convoca!», imperativo forte al sing., da connettere con gli etr. KALATURUS, CALATURUS «banditore, araldo» (ThLE). claudicare, claudicante «zoppicare, zoppicante», deriva dal lat. claudus, clodus, cludus «zoppo, zoppicante, claudicante» (alternanza au/o/u; LICE norma 2) (finora di origine ignota; DELL, ThLL, DEI 976, AEI, DELI², Etim), claudaster (suff. -st-; LICE norma 5) è da connettere coi gentilizi lat. Claudius, Claudus (RNG) e da confrontare con quello etr. CLAVTIE, KLAVTIE (LELN 111; DETR; DICLE 66). È noto che la Gens Claudia era di origine etrusca e che l’imperatore Claudio è stato un etruscologo, dato che scrisse un’opera – purtroppo perduta – dedicata alle “antichità etrusche”. clivo, declivio «piccolo colle, pendio, china», deriva dal lat. clivus «pendio, altura, colle», probabilmente da confrontare col gentilizio femm. etr. CLIVINIA (cfr. lat. Clivanus; RNG), da una radice indeur. che significa «inclinare»; DELI², Etim). coda « prolungamento posteriore della colonna vertebrale di molti animali», che deriva dal lat. cauda, coda «coda» (finora di origine ignota; DELL, DELI², Etim), ed è da connettere col gentilizio lat. Caudius (RNG) e probabilmente da confrontare con quello etr. CAUΘ(-IAL). Per l’alternanza au/o cfr. caulis/colis, caupo/copo, caurus/corus, plaustrum/plostrum, plautus/plotus (LICE norma 2) (DICLE 61). collina «piccolo colle», deriva dal tardo lat. collina, a sua volta da collinus, aggettivo di collis «colle» (DELI², Etim) (di origine indeur.) ed è da confrontare coi gentilizi etr. CULNAIAL, CULNI, coi toponimi tosc. Colléna, Collénne, Culléna, Cullénne (TTM) (suffissi -in-, -enn-; LICE norma 5). colmo, culmine «cima, sommità, vertice», derivano dal lat. columen, culmen,-inis «cima, vertice, fastigio, trave maestra, tetto, colmo» (di origine indeur. DELI², Etim). Vedi comignolo. colonna «elemento portante verticale, di sezione circolare destinato a reggere il peso di strutture gravanti sulla cima», deriva dal lat. columna (già prospettato di origine etrusca) (alternanza o/u; nesso -mn-; LICE norme 1,25) e sono da connettere coi gentilizi lat. Colminius, Culmilius (RNG) e da confrontare con quello femm. etr. CELMNEI (DETR; DICLE 68). colpa «fallo, mancanza, azione che offende la morale e le leggi» (finora di origine ignota; DELI², Etim), deriva dal lat. culpa, che probabilmente è da confrontare col gentilizio etr. CULPIU (ThLE² 102; DETR; DICLE 73). colubro «rettile, serpente» (voce dotta), deriva dal lat. colŭber, colŭbra (finora di origine sconosciuta; DELL, DELI²), aggettivo colubrinus (suff. -in-; LICE norma 5), che probabilmente corrisponde al greco chélydros «serpente anfibio velenoso, tartaruga acquatica» (di origine indeur.; DELG), ma attraverso l’etrusco per via della differenza b#d (OPSE; DICLE 68). comignolo «linea più alta del tetto, spiovente da due o più parti», «parte della canna fumaria che esce dallo spiovente del tetto», deriva dal lat. parlato *culmineu(m), a sua volta da culmen «sommità del tetto» (DELI², Etim), da confrontare col toponimo tosc. Comignòla (TVSL 202). Vedi colmo, cùlmine. console «massimo magistrato binario dello stato romano», consigliare, consolare, consultare, derivano dal lat. consul da intendersi come cum + sul, cioè cum + solium, da cum + sedēre, cioè «compagno di soglio o seggio» e quindi «collega». I due consoli infatti “sedevano” insieme nel consilium (e sulla sella curulis) (ancora da cum + sedēre) e ‘consultavano’ il Senato (Senatum consulĕre). Ed ovviamente anche consilium «consiglio va interpretato come cum + solium e quindi come «consesso». L’altro verbo che ne è derivato lat. consulari «consolare, confortare» va spiegato come «stare vicino al collega o all’amico che soffre». Da confrontare gli arcaici lat. consol, cosol (CIL I², 7, 8; ThLL III 562, 27 segg.; DELL 138) e inoltre con l’etr. CUSUL (ThLE²). consueto-a «solito-a», deriva dal lat. suetus, participio di suescĕre «essere solito» (di origine indeur.; DELI², Etim) ed è da connettere col gentilizio lat. Suetonius, Svetonius e da confrontare con quello etr. SVETU, SVETUI «Suetonio, Svetonia». Propriamente in origine Suetonius, Svetonius era un cognomen = «(individuo) abitudinario» oppure «(individuo) frequenatore (di casa)». coppa «tazza a calice», deriva dal lat. cupa, cuppa «coppa», che è da confrontare con l’etr. CUPE «coppa, botte, barile» e col greco kýpē (di origine indeur; DELI², Etim) (TLE, 7, DETR, ESL 197). corona «cerchio, anello, corona di fiori o di metallo», deriva dal lat. corona, chorona, che è da confrontare col greco korhōnē «oggetto ricurvo, anello, corona» (di origine indeur.; DELI², Etim) [semplicemente omofono col greco korhōnē «cornacchia»!], gentilizi lat. Corona, Coronius, da confrontare con quelli etr. CURUNA, XURUNAL (alternanza C/CH, C/X; suffissi -on-/-un-; LICE norme 3,7), col toponimo tosc. Coronna (TTM) e inoltre coi toponimi protosardi Coruna, Corunèle (Cu-), Coronèa, Goronèa, Goronna (alternanza c/g, accento e suffissi protosardi) (LELN 106; TLE 732; LIPSR; DICLE 69). corte, cortile «spazio scoperto circondato totalmente da un edificio», deriva dal tardo lat. curs, curtis «corte» [che per me non ha nulla a che fare col lat. cohors, cohortis «unità costitutiva della legione romana»], che è da connettere col gentilizio lat. Curtius (RNG) e da confrontare con quello etr. KURTE e inoltre col toponimo etr. CURTUN «Cortona» (città etrusca) (DETR; DICLE 75). Vedi cortina e inoltre corto. cortina «tenda destinata a chiudere, proteggere un ambiente, recinto, rete da pesca», «nelle antiche fortificazioni, tratto d'una cinta muraria compreso fra le torri o i bastioni», «tutto ciò che si frappone tra due elementi, impedendo la vista e la comunicazione», deriva dal lat. cortina, curtina (alternanza o/u), poi «caldaia, bacinella, tripode oracolare» (finora di origine ignota per il DELL; per me diminutivo di curs, curtis «corte, cortile»), da connettere col gentilizio lat. Curtinius (CIL V 1780; RNG) e da confrontare con quelli etr. CURTINE, KURTINA, QURTINIIE (alternanza o/u; suff. -IN-; LICE norme 1,5) (LELN 115; DETR; DICLE 69; ESL 252). Vedi corte, toponimi tosc. Cortennano, Cortina. cota vedi calta. còtano «ciòttolo» (Lucca), milan. códen, è da confrontare col gentilizio etr. CUTNA, CUΘNA. Probabilmente connesso con ciòttolo (vedi). cotenna «pelle del maiale o del cinghiale», da connettere col lat. cutis (accusativo cutim; LICE norma 19) (di origine indeur.), coi gentilizi lat. Cotena, Cotinius, Cotinus, Cottinas, Cut(t)inus (RNG) e da confrontare con quelli etr. CUTNA, CUΘNA (DETR). Per il suff. -enna (LICE norma 10) cfr. cicutrenna, tra(n)senna, gentilizio Velcenna, toponimi Argomenna, Caprenna, Chiavenna, Pantenna, Percenna, Porsenna, Ravenna, antico Rhasénna. cotogno «albero da frutto simile al melo», cotogna (frutto), deriva dal lat. cotoneum/ium, quidonium (NPRA), a sua volta dalla città dell’Asia Minore Kytónion (Etim), ma probabilmente attraverso l’etr. CUTUNIAL, CUTUNU, QUTUNAS (ThLE). covo «nascondiglio di animale», deriva dal lat. cavus, *covus «cavo, vuoto», finora di origine ignota (DELL, DELI², DICLE) e di probabile origine etrusca, da confrontare infatti con l'etr. CUVEIS «cavo» (TCap 9; significato compatibile col contesto (per l'alternanza lat. a/o vedi LICE norma 2) e da confrontare coi gentilizi etr. CUVIE, KUVEI (= lat. Covius; RNG). Vedi cavo. crampo «contrazione dolorosa di un muscolo», da connettere col gentilizio lat. Cramponius (RNG) e probabilmente da confrontare col gentilizio etr. CRAMPA, CRAMPE(-SA) (ThLE² 98). La derivazione corrente dal germanico *kramp- «curvo, ricurvo» lascia molto a desiderare sul piano semantico (DEI, AEI, DELI², Etim). cranio «teschio», è da confrontare col tardo lat. craneum (Oribasio) (uscita –eu; LICE norma 14), col gentilizio masch. lat. Cranius (RNG), con quello etr. CRANES e inoltre col greco kraníon «teschio, testa», la cui etimologia corrente è assai dubbia (DEI, DELI², Etim). crapula deriva dal lat. crapŭla «colofonia» (‘resina di conifera da sciogliere nel vino per conservarlo meglio’), inoltre «ebrietà, ubriachezza, sbornia» (significato successivo e conseguente al fatto che la colofonia provoca vertigini e mal di testa), che è da confrontare coi gentilizi etr. CRAPILU, CRAPILUN, CRAPILUNIA. È tesi corrente che l’appellativo latino sia derivato dal greco kraipálē «ebrietà, cràpula», sia pure attraverso l'etrusco (DELL, DEI); senonché, considerato che da un lato l’appellativo greco è di origine ignota (GEW, DELG) dall'altro non conserva il significato di «colofonia», è molto più ovvio ritenere che l’appellativo latino sia derivato da quello etrusco e che questo o sia entrato anche nel greco oppure che i due appellativi, etrusco e greco, siano prestiti paralleli dal sostrato ‘mediterraneo’ (è infatti un vocabolo della viticoltura) (ESL 189) (LELN 116; DETR; DICLE 70). crasso, grasso deriva dal lat. crassus «grasso, grosso, consistente, denso» (finora di origine incerta; DELL, DEI, DELI², Etim), che è da connettere coi gentilizi lat. Crassius, Crassinius (RNG) e probabilmente da confrontare con quelli etr. CRASNI(-SA) (ET, Cl 1.1722; in alfabeto lat.), CRAUPZNAL (suff. -in-; LICE norma 5) (DETR; DICLE 71). crepuscolo «penombra, luminosità incerta del cielo prima del tramonto», deriva dal lat. crepusculum connesso con creper «oscuro»; è da connettere col gentilizio lat. Crepius (RNG) e da confrontare con quelli etr. CREPNI, CREPUS e infine col greco knéphas, knéphos «oscurità, crepuscolo», ma probabilmente attraverso l’etrusco per via della differenza cr#kn (ESL 194; DICLE 71). crespino «berberi, ossicanto, spina santa» (Berberis vulgaris L.), deriva dal lat. crispus «mosso, agitato, ondulato, crespo, ricciuto, irsuto» (di origine indeur.; DELL, AEI, DELI²); da connettere coi gentilizi lat. Crespinius, Crispin(i)us, Crispius, Crispus (RNG) e da confrontare con quelli etr. CRESPE, CRESPIA, CRESPNIE (alternanza E/I; suff. -IN-; LICE norme 1,5). crespo-a «mosso, agitato, ondulato, ricciuto-a», deriva dal lat. crispus (di origine indeur.; DELL, AEI, DELI²); è da connettre coi gentilizi lat. Crespinius, Crispin(i)us, Crispius, Crispus (RNG) e da confrontare con quelli etr. CRESPE, CRESPIA, CRESPNIE (alternanza E/I; suff. -IN-; LICE norme 1,5) e infine con gli appellativi protosardi crispesu «frullino rustico», crespisone «individuo rozzo», antroponimo mediev. Crispache (LELN 117; TLE 137; OPSE 213; DETR). Vedi toponimo tosc. Créspina (TVA 30). creta «argilla», deriva dal lat. creta (finora di origine incerta; DELL, DEI, DELI², Etim) è da connettere coi gentilizi lat. Cretarius, Cretius, Cretonius, Cretorius, Cretula (RNG) e da confrontare con quello etr. CRETLU (DETR). culmine vedi colmo. cumino «cumino» (NPRA 81; pianta aromatica usata in cucina e in medicina Etim) (voce dotta), deriva dal fitonimo lat. cyminu(m), a sua volta da quello greco kýminon (sembra d'origine semitica; DELI²), il quale è da connettere col gentilizio lat. Cuminius (RNG) ed inoltre è da confrontare con quello etr. CUMNI (ThLE). cuneo «zeppa appuntita usata per spaccare», deriva dal lat. cuneus (già prospettato come di origine etrusca; Ernout, EPhil, 45, DELL, ESL 197), il quale è da confrontare coi gentilizi etr. CUNUI, KUNA (= lat. Cunius) (DETR); uscita in –eu, come in negli etr.-lat. balteus, calceus, caseus, clipeus, culleus, erneum, horreum, laqueus, pilleus, pluteus, puteus, runculeum, urceus (LICE norma 14). Vedi toponimo Cuneo. cura «diligenza, assistenza, terapia», curare, derivano dal lat. cura, curare, courare, coirare, coerare «curare, procurare, (far) costruire» (sinora di origine ignota; DELL; DETR; ESL 472; DELI² Etim), i quali sono da confrontare con gli etr. CURE «cura», CARESI «a/per cura»; CARESRI «da curare, da fare», CEREN «che tu (pro)curi!, che tu faccia!», CERENE «cura!», CERINE «fece, ha fatto», CERIΧU «curato, fatto, costruito», CERIXUNCE «costruì, ha costruito, fatto», CERUR «manufatti» e infine con l’ingl. to care «curare» (indeur.) (TLE 51, LEGL 115; DETR; DICLE 74). curia (voce dotta), deriva dal lat. curia «ripartizione politica e religiosa del popolo; luogo di raduno della stessa e inoltre del senato; senato» (finora di origine incerta, ma già prospettata come etrusca; DELL, DEI, DELI²) (uscita -ia; LICE norma 14), è da connettere con l’appellativo lat. curo,-onis, curonius «sarcedote della curia» (già prospettato come di origine etrusca; DELL), che è da connettere col gentilizio lat. Curius (RNG) e inoltre da confrontare con l’etr. CURIA, CURIEAS e KURU (ThLE²) (suff. -on-/-ů/u(n); LICE norma 7) (LELN 119; DETR; DICLE 74). Probabilmente è da connettere col lat. Quirite (vedi). curvo-a «arcuato, semicircolare, storto», deriva dal lat. curvus (a mio giudizio finora di origine incerta), che è da connettere coi gentilizi lat. Curvius, Curvinus (RNG) e da confrontare con quelli etr. CURVE, KURVE, KURVENA e soprattutto con gli appellativi XURVAR «circolari, globali, complessivi» (plur.) (Pyrgi I), XURVE «in cerchio, in giro, attorno» (Liber, X 6) (GTLE cap 1). Per l’uscita –l/rvu- cfr. i lat.-etr. acervus, calvus, flavus, fulvus, milvus, servus, torvus (LICE norma 15) (DICLE 75). cuspide «punta di lancia, cima di roccia», deriva dal lat. cuspis,-ĭdis (finora di origine ignota; DELL, DEI, DELI², Etim); è da connettere coi gentilizi lat. Cuspedius, Cuspidius, Cuspianus, Cuspius (RNG) che sono da confrontare con quello etr. CVSPI (CIE 2064). Anche il nome di altre armi romane deriva dall’etrusco: cfr. cassida, clipĕus, galĕa, gladĭus, lancĕa, parma (ESL 168). Da confrontare pure coi toponimi protosardi Guspene (cima, Orgosolo, Fonni), Gúspini (Comune di G.), Gospon(n)orvo (Orani), Gosponi (Irgoli), Gospanìo (Sarule) (TSSO). danza, danzare. Il sostantivo ital. danza ed il verbo danzare finora sono praticamente privi di etimologia. Di solito viene richiamato il francese medioevale danser, ma nessun linguista è riuscito ad andare oltre con qualche proposta esaustiva e convincente (DELI², Etim). A mio giudizio gli ital. danza e danzare derivano dalla lingua etrusca per due diverse ragioni: in primo luogo perché possediamo le raffigurazioni pittoriche di danzatori dipinti soprattutto nella famosa “tomba del triclinio” di Tarquinia, in secondo luogo perché abbiamo conferme linguistiche dateci da numerosi vocaboli etruschi. Che sono i seguenti: TAMSNI «Tamsinia», gentilizio femm. di TAMSNIE(-S). TAMSNIES «(di) Tamsin(i)o», gentilizio masch. (in genitivo) da confrontare con quello lat. Tamsin(i)us (RNG) che richiama chiaramente la radice *tams- *tans- = «danza,-are» (è ben conosciuta l’alternanza etrusco-latina T/d; LLE norma 4). TANASAR «danzatori, istrioni, pantomimi, attori» = lat. histr(i)ones, significato assicurato dall’iscrizione bilingue TLE 541; -R è la desinenza del plur.- APAS TANASAR / TANASAR «attori di Babbo / attori» (iscrizioni dipinte accanto alle figure di due uomini piangenti nella ‘Tomba degli Auguri’) (TLE 82, 83). Gli histriones venivano assoldati sia per compiangere il morto, sia per dar luogo a mimi funerari. TANŚINA «Tansin(i)o», gentilizio masch., variante di TAMSNIE(-S). TANSINEI «Tansinia», femm. di TANŚINA. ΘANASA «danzatore, istrione, pantomimo, attore». (ThLE 416; bilingue su tegola) AΘ TREPI ΘANASA \ AR TREBI histrio (glossa latino-etrusca) «Ar(runte) Trebio istrione» (dunque etr. ΘANASA = lat. histrio,-onis, che deriva anch'esso dall'etrusco) (in etrusco l’alternanza T/Θ è cosa ben conosciuta (LLE norma 3). ΘANS (Liber, III 22; IV 16; IX 4, 20) «danzatore, istrione, attore», sing. di ΘANSUR. ΘANSE (su fronte di sepolcro) «Tansio», nome individuale masch. di liberti, da confrontare col gentilizio lat. Thansius (RNG), col significato originario di «danzatore, istrione, attore» (cognomen). ΘANSEI «Tansia», femm. di ΘANSE. ΘANSES «di Tansio», genitivo di ΘANSE «Tansio». ΘANSESCA (ΘANSES-CA) «quello di Tansio». (TLE 215; marchio di fabbrica su askos) ΘANSESCA NUMNAL ACIL «opera quella di Tansio (figlio o servo) di Numenia». ΘANSI «Tansio», variante di ΘANSE. (Su ossario) ΘANSI PETRUS LAVTNI «Tansio liberto di Petrone»; (su tegola funeraria) ΘANSI ZUXNIS «Tansio (liberto) di Succonio». ΘANSIAL «di Tansia», genitivo di *ΘANSEI «Tansia». ΘANSINAL «di Tansinia», genitivo di ΘANSINEI. ΘANSINAS «(di) Tansin(i)o», gentilizio masch. (in genitivo), da confrontare con quello lat. Thamsin(i)us (RNG). (Su fronte di sepolcro) TA SUΘI AVLES ΘANSINAS «questa tomba (è) di Aulo Tansin(i)o». ΘANSINEI «Tansinia», femm. del gentilizio ΘANSINA(-S) ΘANSIS «di Tansio», genitivo di ΘANSE. ΘANSISA «quello-a (figlio-a) di Tansia», matronimico pronominale del femm. del gentilizio ΘANSE. ΘANSUR (Liber, II 3, 16; IV 3; V 5, 12) «danzanti, istrioni, attori», plur. di ΘANS. ΘANZINAL «di Tansinia», genitivo di ΘANZINEI. ΘANZINEI «Tansinia», gentilizio femm., variante di ΘANSINEI. È da osservare il nesso -NZ-, che si ritrova nell’ital. danza/danzare, diversamente che nell’antico francese danser. dàrsena vedi arsenale. declivio vedi clivo. dilaniare «fare a pezzi, sbranare, smembrare» (voce dotta), deriva dal lat. laniare, dilaniare, che è da connettere con gli appellativi lat. laniena «macelleria», «mutilazione, tortura»; lanio,-onis, lanius «macellaio, carnefice»; lanista, lanistra, lanesta «macellaio, carnefice, gladiatore, capo dei gladiatori» (presentato come etr. da Isidoro, Orig., X,159: lanista, gladiator, id est carnifex, Tusca lingua appellatus, a laniando scilicet corpora [uscita masch. -a, alternanza I/E, suffissi -en-, -on-, -st(r)-; LICE norme 1,5,7,13] (ThLE¹ 416; LEW; DELL; Ernout, EPhil, 26,27,41; ThLL; ESL 238). Cfr. pure gentilizio lat. Lanius (RNG) da confrontare con quello etr. LANI (LELN 175; DETR; DICLE 100, 101). Vedi lana. dimora vedi mora. dinasta «principe della dinastia, con diritto di successione al trono» (voce dotta), deriva dal lat. dynasta, greco dynástes (coi derivati dynastéia e dynastikós), dynastẽin «essere abile, potente» ed è da confrontare con l’etr. ΘINASTE MI (ThLE² 198) probabilmente «io sono il/un dinasta». dollaro, tallero - Il nome delle monete ‘dollaro’ e ‘tallero’, diffuse in tutto il mondo, è finora privo di etimologia, dato che quelle correnti sono del tutto prive di valore scientifico e sembrano uscite dalle mani di semplici dilettanti. Eccone due spiegazioni o, meglio, pseudo-spiegazioni: «Grossa moneta d'argento che ebbe corso, con valori variabili, in alcuni stati della Germania e in gran parte dell'Europa, dalla fine del sec. XV al XIX. - s. m. ‘grossa moneta d'argento coniata per la prima volta da Sigismondo d'Austria nel 1484, poi diffusa in tutta l'Europa e in Italia con diverso valore’ (per l'epoca antica: talero, 1565, Olao Magno, cit. da O' Connor 211 n. 3, e tallari, tallerini nei Gridari milanesi del 1646-47, riportati da Zacc. Ra. 147, 148; per i tempi più recenti: tallero, 1801, Stampa milan.)». «Ted. T(h)aler, perché orig. (1519) riferito a Joachimst(h)al, la ‘valle di S. Gioacchino’, in Boemia, dove furono coniati i primi joachimstaler, sfruttando le miniere argentifere locali.- A mio avviso invece ‘dollaro’ e ‘tallero’ derivano dall’appellativo etrusco TULAR (ThLE), il quale significa «terra, terreno, cippo di terreno o confinario». Nella terminologia della numismatica TULAR «cippo» avrà preso il significato di “moneta prima, moneta di base, moneta principale”.- Sul piano fonetico io ritengo che in realtà TULAR si pronunziasse *TULLAR, in ciò autorizzato da questi altri esempi etruschi: APULU, *APULLU «Apollo», avale, *avalle «avallo», CELA (*KELLA) «cella mortuaria», RAPALE/«Rapallo».- Ma a questo proposito la prova migliore è data dalla stretta connessione e derivazione dei lat. tellus,-ūris «terra, Madre Terra» e suo marito Tellūrus appunto dall’etr. TULAR.- Ciò detto, considerato che la corrispondenza delle vocali etrusche tra loro e inoltre con quelle latine è – come noto - molto libera e varia (LICE norme 1,2), si può concludere con tranquillità che pure la corrispondenza fra TULAR/*TULLAR con ‘dollaro’ e ‘tallero’ è del tutto verosimile e plausibile.- Venendo al piano storico pure l’entrata e la presenza dell’appellativo etr. TULAR/*TULLAR nell’area geografica ‘germanica’ è del tutto giustificabile. È noto che quando nel secolo VI a. C. gli Etruschi dilagarono nella pianura padana, si infilarono anche nelle vallate alpine sia per la ricerca di nuovi giacimenti di minerali, sia per la conquista di nuove vie per i loro commerci. Essi pertanto arrivarono nel cuore dell’area germanica, cioè a Bolzano e Vipiteno nell’Alto Adige, a Belluno, Chiavenna, Marcheno, Ginevra, nel Cantone di Uri, e probabilmente anche a Berna, (cfr. Verna TTM), Carena, Locarno, Lugano (etr. LUCANE, LAUCANE).- Lo stesso nome antico della Svizzera, Helvetia, deriva dall’etr. HELVE, gentilizio masch. da confrontare con quello lat. Helvius (RNG) e inoltre con l’aggettivo lat. helvus «giallastro, di colore isabellino», e infine col lat. Helvetia (da cui ‘Schveiz’, ‘Svizzera’) come “terra degli abitanti dal colore biondo dei capelli”.- Dunque è del tutto fondata la tesi della presenza degli Etruschi nella parte centrale dell’‘area germanica’ e quindi dell‘entrata del loro vocabolo TULAR/*TULLAR “moneta di base” nelle odierne lingue germaniche.- E tutto ciò è una prova abbastanza chiara della valenza della civiltà degli Etruschi: molto probabilmente essi hanno anche dato il nome alle due più importanti monete che attualmente dominano tutta l’economia del nostro pianeta. duello «combattimento a due», deriva dal lat. duellum, bellum «combattimento, guerra» (finora di origine ignota; DELI²), che è da connettere col gentilizio masch. lat. Duellius (RNG 70) e da confrontare con quello etr. ΘVEΘLIES, ΘVETLIES, ΘVETELIES, TVEΘELIES «(di) Duellio», gentilizio masch. in genitivo (LEGL 78); nel lat. duellum è intervenuta la paretimologia col numerale duo «due». ebano «albero delle ebenali che fornisce un legno pregiato, di solito nero e durissimo», deriva dal lat. hebĕnus, ebĕnus, il quale è da confrontare col greco ébenos, che probabilmente deriva dall’egiziano hbnj (Etim), da connettere coi gentilizi lat. Hebenus, Hepenius; RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. HEPENI, HEPNI (suff. –EN-; LICE norma 2). Ebbene il Pieri fa esplicito riferimento a toponimi toscani che sono di probabile origine etrusca e che spesso corrispondono ad altrettanti appellativi dialettali toscani, ma invece il LEI ha sorvolato su tutto questo. Ecco dunque spiegate le ragioni del mio giudizio critico dell’opera di Max Pfister. Sicuramente a lui è successo di aver pagato un pesante tributo alle ridicole affermazioni, correnti a livello popolare e anche più su, secondo cui “La lingua etrusca è tutta un mistero”, “La Lingua etrusca non è comparabile con nessun’altra”! egro-a «malato, infermo-a, sofferente», deriva dal lat. aeger, aegra-um; aegrimonia «afflizione» (finora di origine incerta per i DELL, DEI, DETR; indeur. tocario ekro, aikre per Etim) [per il suffisso cfr. lat. caerimonia, Lucumones «re etruschi» (ThLE¹ 418) e Telamones «cariatidi maschili»]; è da confrontare con l’etr. EICRECE forse «si ammalò» oppure «morì per malattia» (?) (CIE 5350; ET, Ta 7.26; su sepolcro) (DETR; DICLE 23; ESL 68). elvella (genere di fungo), deriva dal lat. helvella (ortaggio non identificato), a sua volta da helvus «giallastro, di colore isabellino», gentilizio Helvius (RNG), che è da confrontare con quello etr. HELVE; helvacea genus ornamenti Lydii, dictum a colore boum, qui est inter rufum et album appellaturque helvus (Paolo-Festo 99) rimanda esplicitamente alla Lidia, madrepatria degli Etruschi (LELN 166; DETR; DICLE 94). Vedi etnico Elvetico. emulo-a «contendente, rivale», deriva dal lat. aemulus (finora di origine ignota; DELL, DEI, DELI²), che è da connettere coi gentilizi lat. Aemulus, Aemilius, Aemilianus, Aemilianius, Aemilienus (RNG) e probabilmente da confrontare col gentilizio etr. EIMLNEI (DETR; DICLE 23). epulone «gozzovigliatore, crapulone, mangione», deriva dal lat. epulo,-onis (suff. -on-; LICE norma 7) «membro di un collegio sacerdotale che curava i solenni conviti in onore degli dèi», a sua volta da epulum, epulae «banchetto sacro, convito» (finora di origine ignota, dato che non convince affatto quella proposta dai DELL, DEI, DELI², Etim), da connettere col gentilizio lat. Epuleius (RNG) e probabilmente da confrontare con quello etr. EPLE, EPLE(-SA) (DICLE 78). equo-a «uguale, giusto-a, imparziale», deriva dal lat. aequus (finora di origine incerta; DELL, DELI²) (nesso grafo-fonetico QU-, suff. –uu-; LICE norme 15,24), cognomen Aequus (RNG), etnico italico Aequi, probabilmente da confrontare col gentilizio etr. AVEQUS. Il lat. aequus non conserva il significato originario di ‘uguale, uniforme, piano’, bensì quello figurato di ‘giusto, conveniente, secondo equità’, già presente nel lat. classico (LEI I 1055). ermeneutica «arte dell’interprete», da confrontare col greco hermenéutes «interprete», col derivato hermeneutikḗ (téchnē) «ermenèutica», da hermenéuein «interpretare», a sua volta da hermenéus «interprete» (finora di origine ignota; DELI²), che sono da confrontare col gentilizio etr. HERMNA(-S), HERMNI, HERMNEI, HIRMINAIA «Herminio-a», (LEGL), da confrontare con quello lat. Herminius (RNG) (ET, CL 1.760; in alfabeto latino). È appena il caso di accennare al grande uso che facevano gli Etruschi di ‘interpreti’ e di interpretazioni’. ernia «fuoruscita d'un viscere o d'una sua parte dalla cavità dove normalmente risiede» (voce dotta), deriva dal lat. hernia, hirnia, hirnea «ernia» (finora di origine incerta, ma già prospettata come etrusca; DELI², ESL 37) (alternanza e/i; uscita -ea/-ia; LICE norme 1,14), che è da connettere col gentilizio lat. Hernius (RNG) e da confrontare con quello etr. HERNE(-SA) (DETR; DICLE 95). eruca «bruco», deriva dal lat. eruca, uruca «bruco», col significato basilare di ‘verme peloso’ (finora di origine ignota; DELL, AEI, DELI², Etim), che è da connettere col gentilizio lat. Erucius (RNG) e da confrontare con quello etr. ERUCAL (ERUC-AL in genitivo). Vedi ruca ’erba mangereccia’. esca ‘cibo utilizzato per catturare animali selvatici, pesce, uccelli e simili’, ‘sostanza vegetale, ricavata dai funghi, usata un tempo per accendere il fuoco con l'acciarino’, figurato ‘inganno, lusinga’, ‘incitamento, alimento’ (voce dotta), deriva dal lat. esca, (probabilmente dal verbo edĕre «mangiare» DELI²); era data anche ai polli nei sacrifici per motivi divinatori. È da confrontare con gli etr. ESXAΘ(, ESXAΘCE (TCap 13, 18, 21, 22, 23, 24, 25, 27, 31, 33, 57/58) probabilmente ESXA-Θ(-CE) «(e) in esca, in nutrimento, in alimento» (in locativo figurato e con la congiunzione enclitica). espiazione, deriva dal lat. expiare (composto di ex- rafforzativo e piare ‘render puro’, da pius ‘puro, pio’), che è da confrontare con l’etr. ESPIAL (REE 59,26) «di/per espiazione» (in genitivo). Vedi EZPUS. Etrusco - I Tusci od Etrusci hanno derivato il loro nome da týrsis, týrris «torre», secondo questa trafila fonetica: Tuscus < *Turs-c-us < *Tuss-c-us; ed infine Etruscus < Et-trus-c-us < *Turs-c-us < *Tuss-c-us (col pronome-articolo ET agglutinato o amalgamato o concresciuto perché atono e proclitico, come in altre lingue). Pertanto a mio avviso Etruscus significa letteralmente «ilTosco o ilToscano». evo deriva dal lat. aevum «età, (lungo) tempo, (lunga) durata, secolo», da confrontare col greco aión «età, vita, (lungo) tempo, (lunga) durata», col gotico aiws «durata, tempo» (indeur.) e inoltre con l'appellativo etr. AVIL «anno», «età», probabilmente in genitivo «di anni, di età» (LEGL 98). fabbro «artigiano del ferro», deriva dal lat. faber, fabri «fabbro, artigiano» (finora di origine incerta; DEI, DELL, AEI), il quale è da connettere coi gentilizi lat. Faber, Fabrinius (RNG) e da confrontare con quelli etr. HAPRE, HA[P]IRNA, HAPRNA (alternanza F/H, suff. -IN-; LICE norme 3,5) e inoltre col lidio fabi- «fabbricare, costruire» (Gusmani, LW 252 num. 113) (LELN 129; DETR; DICLE 80). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). face «fiaccola, torcia» (voce dotta), deriva dal lat. fax, facis «fiaccola, torcia» (finora di origine incerta; DELL, DEI, Etim) probabilmente da confrontare con gli etr. FACE, FACI (Liber, VI 3; X 13) «(alla) face, fiaccola, torcia» (GTLE cap. 1). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). falena «piccola farfalla notturna», deriva dal greco phállaina «falena» e «balena» (finora di origine ignota; DELG), ma probabilmente attraverso l'etr. ΦLENA (gentilizio; ThLE²) (corrispondenza Φ/P/B; alternanza AE/E; suff. -EN-; LICE norme 1,3,4,5). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Vedi balena (Etim). falerno «vitigno e vino pregiato della Campania», deriva dal lat. Falernus, Falernus ager (territorio della Campania) (suff. -RN-; LICE norma 9) forse è da connettere con la glossa lat.-etr. fala «palo di legno» (quello usato per sostenere la vite ?) (ThLE¹ 416). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Vedi toponimo antico Falerii. falesia «costa con ripide pareti rocciose a strapiombo sul mare», è da confrontare col gentilizio femm. etr. FALASIA(-AL) e inoltre con Falesia (antica città dell'Etruria presso Piombino; Itin. Marit. 501) (TTM 68) (alternanza a/e; LICE norma 1) (TLE 922; DETR; TIOE 85; DICLE 81). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). La spiegazione prospettata dai DELI² ed Etim, col solito inutile rimando a supposte basi “germaniche”, non sembra da accettarsi. fanatico «chi, mosso da esagerato entusiasmo per una dottrina religiosa, politica e simili, si mostra intollerante nei confronti d'ogni posizione che non sia la sua»; profano «che non è sacro, ma mondano, terreno», derivano dal lat. fanum «tempio, cappella, sacrario» (finora di origine incerta), diminutivo fanulum e hanulum (Paolo-Festo 103,8), aggettivo fanister, Fanestris (da Fanum Fortunae o Colonia Iulia Fanestris = odierno Fano delle Marche), che sono da confrontare con l'appellativo etr. FANU, HANU, ΦANU «tempietto, cappella, sacrario» [alternanza F/H/Φ, suff. -ST(R)-; LICE norme 4,5] (TLE 619; LELN 132; DETR; DICLE 81). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Vedi finestra, toponimo Fano. fascio «mazzo», fascia «benda», fascina «fascio di legna», derivano dai lat. fascis, fascia, fascina (suff. -īn-; LICE norma 5) (sinora di origine incerta; DELI², Etim), che probabilmente sono da confontare con l’etr. FASCI (il “fascio littorio” era di origine etrusca) (DETR; DICLE 82). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). fasti «imprese gloriose» (voce dotta plur.), deriva dal lat. fastus, dies fastus «giorno in cui era lecito espletare affari pubblici», «giorno favorevole» (finora di origine incerta; DELI²) è da connettere coi cognomina lat. Fastina, Fastinianus (RNG 329) (suff. -in-; LICE norma 5) e da confrontare coi gentilizi etr. FASTI, FASTIA, FASTNAL (DETR; DICLE 82). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Vedi fausto, favore. fastigio «parte terminale e più elevata d'un edificio» (voce dotta), deriva dal lat. fastigium «punta, pinnacolo, culmine, sommità» (sinora di origine incerta; DELI²), probabilmente da confrontare con l’etr. HASTICIU (ET, Pe 1.1103; ThLE²), ancora probabilmente «coperchio». Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). fatuo-a «stupido, sciocco, frivolo» (voce dotta), deriva dal lat. fatuus (sinora di origine incerta; DELL, DELI²) declassamento del nome del lat. Fatuus, divinità oracolare identificata con Faunus (Varrone, Lat. 6.55) (Etim) e da confrontare con quello etr. FATUVS (ET, Vs S.15; su specchio) (ThLE²) (uscita -UU-; LICE norma 15). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). fauci «orifizio di passaggio dalla cavità orale alla faringe», «apertura, sbocco» (voce dotta; femm. plur.), deriva dal lat. fauces ed è da confrontare col gentilizio femm. etr. ΦAUXANIA (ThLE²) «*Faucania». L'allotropo popolare è foce, che anticamente aveva anche un significato anatomico, ma poi si è specializzato in altre accezioni. Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21) (finora di origine incerta; DELI²). fausto-a «favorevole, propizio-a, di buon auspicio» (voce dotta), deriva dal lat. faustus (sinora di origine incerta; DELI²), probabilmente da confrontare con l’etr. HAUSTI «fausto, favorevole, propizio» (Liber, X 23) (alternanza F/H; LICE norma 3). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Vedi fasti, favore. fava ‘pianta erbacea leguminosa contenente semi verdastri; seme commestibile di tale pianta’, deriva dal lat. faba, haba (indeur.; ThLL, LEW, DELL, IEW, DELI²), faberrae «fave» (alternanza F/H, suff. -rr-; LICE norma 5), da confrontare con la glossa greco-etrusca phaboulónia «giusquiamo» o «fava porcina» (ThLE¹ 418) (per il suffisso cfr. Populonia, Vetulonia; LELN 127). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Vedi gentilizi lat. Fabius, Fabullius. favissa «cella, cripta, sotterraneo, pozzo, cisterna dei templi» (voce dotta), deriva dal lat. favissa, favisa (quasi unanimemente ritenuto prestito dall’etrusco; DELL, DEI, ThLL, ESL 416, ecc.), probabilmente connesso con favus «favo» (LELN 137) e fovea «fossa». Per il suff. -s(s)a cfr. lat.-etr. carissa, cerussa, cimussa, mantissa, obrussa. Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Vedi favo. favo «celletta d'alveare o insieme delle cellette», deriva dal lat. favus (sinora di origine ignota; DELL, DEI, AEI, DELI², Etim), il quale è da connettere con l’appellativo lat. fovea «fossa, buca» (sinora di origine ignota, ma già connesso ipoteticamente con favissa; Ernout, EPhil, 35,45; DELL; LET; Palmer 265; ESL 257; DICLE 83), è da connettere col gentilizio lat. Favius (RNG) e da confrontare con l’appellativo etr. FAVITIC (FAVI-TI-C) (Liber, V 21) probabilmente «e nel favo di miele» (in locativo con la congiunzione enclitica) e da confrontare col gentilizio etr. FAVE. Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Vedi favissa. favore «benevolenza, preferenza, simpatia», favorire, derivano dal lat. favor,-oris «favore», favēre «favorire» (sinora di origine incerta; DELL, AEI, DELI²), che è da connettere con Favonius vento tiepido che “favorisce la crescita dei germogli” e coi gentilizi lat. Favonius, Favorius (RNG) (suff. -on-; LICE norma 7) e probabilmente da confrontare col verbo etr. FAVIN (Liber, XI 10) «che tu appoggi o favorisca!» (esortativo 2ª pers. sing.), oppure «che tu taccia!», da confrontare col lat. favete linguis «tacete!, silenzio!» (durante un rito sacro) (LELN 136; DICLE 83). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Vedi fasti, fausto. feccia «deposito di vino o d'olio», ‘feci’ «escrementi» (plur.), derivano dal lat. faex, fex,-cis «feccia di vino o d'olio, tartaro, sedimento, residuo» (‘appellativo mediterraneo’ per i DELL, DEI, AEI, DELI², Etim; vocabolo della viticoltura), che è da connettere col lat. faecenia, faecinia (vitis) «vite che produce più feccia delle altre» (di probabile origine etrusca; ESL 137), che è da connettere coi gentilizi lat. Faecius, Faecenius, Fecenius, Fecinius (RNG) e da confrontare con quelli etr. HECIA (Liber, HEKI (ThLE²), HEKUNA (alternanza AE/E, F/H; suff. -en-, -in-; LICE norme 1,3,5) (LELN 130; DETR; DICLE 80). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). felice «contento, giulivo», deriva dal lat. felix,-ice «fertile, ferace, felice» (sinora praticamente di origine ignota; DELL) da confrontare con l’etr. FELIC (Cippus 11) probabilmente = «terreno fertile, produttivo», «frutteto» (DETR; DICLE; GTLE cap. 4). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). felino ‘ogni animale carnivoro, simile al gatto, che ha raggiunto un alto grado di specializzazione come animale da preda’, deriva da un lat. *felinus (cognomen Felinus; RNG), a sua volta da feles, faeles «gatto, felino, martora» (sinora di origine ignota; DELL, DEI, AEI, DELI², Etim), il quale probabilmente è da connettere col gentilizio lat. Felius (RNG) e da confrontare con quello etr. FELNA (DETR; DICLE 83). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). feltro «lana e peli agglutinati e pressati» e «cappello di feltro» (la cui “origine germanica” corrente è da respingersi perché urta con gravi difficoltà fonetiche e cronologiche), che io invece prospetto derivare dall’etrusco col significato di «cappello di feltro, pileo sacerdotale» (che era appunto di ‘feltro’) (Liber, VII 2). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Vedi toponimo Feltre. ferino-a «di fiera, feroce», deriva dal lat. ferinus (indeur.), che è da connettere coi gentilizi lat. Ferennius, Ferinna e da confrontare col gentilizio etr. FERINI(-SA) (DETR) (suff. –in-: LICE norma 5). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). fermo-a «fisso-a, immobile, stabile», fermare, derivano dal lat. firmus, firmare «fermare, confermare, fissare» (sinora di origine incerta; DELL, Etim), che sono da confrontare con gli etr. HERMU «confermato», HERMERI «da fissare o confermare»; è da connettere coi gentilizi lat. Firman(i)us, Firm(i)us, Hirmius (RNG) e da confrontare con quelli etr. FERME, HERME, HERMANA (alternanze I/E, F/H; LICE norme 1,3) (TLE 131, 539; DETR; DICLE 85; GTLE cap. 7). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). ferro (‘metallo’), deriva dal lat. ferrum (sinora di origine ignota; DELL, DELI², Etim), che è da confrontare coi gentilizi lat. Ferramius, Ferranius, Ferrandus, Ferrarius, Ferrasius, Ferrenus, Ferreolus, Ferridius, Ferrinus, Ferriolus, Ferrius, Ferronius, Ferrucio, Ferruntianus, Ferruntius, Herranius, Herredius, Herrenius, Herrennius, Herrenus, Herrianus, Herrius (RNG), e da confrontare con quelli etr. FERU, FERINISA, HERENE/I, HERIA, HERINA/E/I, HERINISA. L'alternanza F/H è ampiamente conosciuta nella lingua etrusca (LICE norma 3) e così pure quella rr/r (infatti, quasi tutti i citati antroponimi latini compaiono anche con la /r/ debole o scempia: Ferronius/Feronius). È cosa abbastanza nota che la prima spinta per la quale gli Etruschi sbarcarono in Italia fu la notizia della scoperta dei ricchi giacimenti di ferro nell'Isola d'Elba e nella Tolfa del Lazio e che inoltre la loro prosperità e ricchezza fu determinata proprio dalla esportazione del ferro, grezzo o lavorato. Di tutto ciò è prova anche il grande numero di antroponimi etruschi e latini aventi la radice fer-/her- su elencati. Pure la onsonante iniziale F- è un indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Vedi «Haerina, Haerinna», gentilizio lat. femm., da confrontare con quello masch. Haerin(n)ius (RNG) (ET, Cl 1.775; in alfabeto latino) ed inoltre con l’appellativo ital. ferro (sinora di origine ignota; DELI², Etim) ed ancora con l’aggettivo ital. ferrigno. ferula (‘pianta erbacea con foglie grandi e fiori gialli’), deriva dal lat. ferŭla, *fesola, *fisola (NPRA; ‘fitonimo mediterraneo’ per il DEI) è da confrontare col toponimo lat. Faesulae, Fesulae «Fiesole» (Toscana, FI), etr. VIPSL, VISL (alternanza AE/E, E/I; LICE norma 1). (LEGL 92; DETR; DICLE 85; TIOE 85). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). fico ‘albero e frutto’, deriva dal lat. ficus ed è da confrontare con gli etr. FICANI «*Ficania», gentilizio femm., probabilmente da confrontare con quello masch. lat. Ficarius (RNG) (ET, Pe 1.151); FICLIAL probabilmente «di Ficilia», gentilizio femm. in genitivo, da confrontare con quello masch. lat. Ficilius (RNG), ed inoltre col fitonimo ‘mediterraneo’ ficus ‘albero e frutto’ (ET, At 1.74; Vc 1.7); in origine probabilmente cognomen = ‘golosa mangiatrice di fichi’. fiele «bile», deriva dal lat. fel, fellis, il quale probabilmente è da connettere col gentilizio lat. Felius (RNG) e da confrontare con quello etr. FELEŚ (ThLE²). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Vedi bile. fimbria «frangia», deriva dal lat. fimbrae,-arum «frange della tunica» (sinora di origine incerta; DELL 235; Etim), a sua volta dall'etr. HIMRAE (ThLE² 181). Per la corrispondenza latino-etrusca F/H vedi LICE norma 3). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). finestra «apertura nella parete esterna di una casa», deriva dal lat. fenestra «finestra, porticina», festra «finestrella di sacrario, porticina» (già prospettato come di origine etrusca; DELL, DELI², ESL 346), che, a mio avviso, probabilmente deriva dall’etr. FANU «tempietto, cappella, sacrario», col probabile significato originario di «nicchia o edicola sacra, larario»; cfr. aggettivo lat. fanister, Fanestris (vedi Fanum Fortunae o Colonia Iulia Fanestris = odierno Fano delle Marche); [suff. -st(r)-; LICE norme 3,4,5) (DICLE 84)]. Probabilmente la porta Fenestella delle mura di Roma era chiamata in questo modo per una edicola sacra di cui sarà stata fornita, secondo un’usanza che dopo avrà larghissimo seguito nelle porte delle città murate di tutta Europa. Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Vedi fanatico. flanella ‘stoffa di lana o cotone a trama piuttosto rada, non rasata dal diritto’, da confrontare col franc. flanelle, che deriva dall'ingl. flannel, a sua volta dal gallese gwlanen e da gwlân «lana» ed inoltre da confrontare con l’aggettivo etr. FLANAC, FLANAX «vestito di flanella»; (Liber, X 3; XI 28) CEPEN FLANAC forse «sacerdote vestito di flanella» (che sarà stato un pregiato abito rituale) (?). flavo-a «giallo, biondo, rossiccio-a» (voce dotta), deriva dal lat. flavus (indeur.; IEW 160); è da connettere coi gentilizi lat. Flav(i)us, Flaven(ni)us (RNG) e da confrontare con quelli etr. FLAVE, FLAVIIE, HVLAVE, F[L]AVE, FLAVIENA [suff. -en(n)-; LICE norma 5]. È una forma allotropica di fulvo (vedi) (LELN 142; DETR; DICLE 86). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). foce vedi fauci. follare ‘sottoporre a follatura i tessuti di lana’, follatore ‘operaio addetto alle operazioni di follatura’, follatura ‘operazione con la quale si fanno restringere e feltrare i panni di lana sottoponendoli a pressione, previa imbibizione di liquido adatto’, derivano dal lat. parl. *fullare, a sua volta dal lat. fullo,-onis (già prospettato come di origine etrusca; Ernout, EPhil, 42; DEI), il quale è da connettere coi gentilizi lat. Fullo, Fulo,-onis, Ful(l)onius, Hollonius (RNG) e da confrontare con l'appellativo etr. FULU, HVULU, HULU «follone» e i gentlizi etr. FULU, FULUNA, VHULUNIE, HVULUNA, HULU, HULUNI [alternanza F/H, suff. -on-/-/ů/u(n); LICE norme 3,7] (LELN 146; TLE 13, 389, 415, 638; DETR; DICLE 88). Vedi toponimo Follonica. follone «follatore, lavandaio, tintore», deriva dal lat. fullo,-onis (già prospettato come di origine etrusca; Ernout, EPhil, 42; DEI), che è da connettere coi gentilizi lat. Fullo, Fulo,-onis, Ful(l)onius, Hollonius (RNG) e da confrontare con l'appellativo etr. FULU, HVULU, HULU «follone» e i gentlizi etr. FULU, FULUNA, VHULUNIE, HVULUNA, HULU, HULUNI [alternanza F/H, suff. -on-/- ů/u(n); LICE norme 3,7] (LELN 146; TLE, TETC 13, 389, 415, 638; DETR; DICLE 88). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Vedi toponimo Follonica. forca «attrezzo per rimuovere foraggi, paglia, letame ecc.»; forcina «filo di ferro od osso o tartaruga ripiegato a molla, che si appunta nei capelli delle donne», derivano dal lat. furca (sinora di origine ignota; DELL, DEI, AEI, DELI², Etim), che sono da confrontare col gentilizio etr. FURCINA e inoltre coi toponimi protosardi (F)Irqidduri (Mamoiada), Urchiddotto (Dorgali), Urchinele, Orchinele (Anela) e appellativo furchiddàdula «forbicina, forfecchia». Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). forma «figura, aspetto esteriore di qualcosa, bellezza», deriva dal lat. forma, che è da connettere col greco morphḗ (sinora di origine incerta; DELI²), ma probabilmente attraverso la mediazione dell’etrusco per via della notevole differenza fonetica (DELL; DEI; ESL 202; DICLE 86; Etim). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). forno «costruzione in muratura a volta che si riscalda per cuocervi il pane o altri cibi»; fornace «opera in muratura per la cottura di calcari, argille, gesso e metalli», derivano dal lat. furnum, fornum; fornace(m), furnace(m) (di origine indeur.; DELI², Etim), (alternanza lat. u/o; suff. etrusco-latino -ac, -ak (LICE norme 5,21). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). fuliggine «deposito nerastro che aderisce specialmente ai camini e alle caldaie», deriva dal lat. fuligo,-inis (di origine indeur.; DELL, DELI²), che probabilmente è da connettere e col toponimo lat. Fulginium/a «Foligno» e da confrontare coi gentilizi etr. HULΧENA, HULΧNIE, VHULΧENA (alternanza F/H; corrispondenza etr./lat. X/G; LICE norma 3) (DETR; DICLE 88). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Vedi toponimo Foligno. fulvo-a «giallo, biondo, rossiccio» (voce dotta), deriva dal lat. fulvus (finora di origine dubbia; ThLL), aggettivo fulvaster (suff. -ST-; LICE norma 5); è da connettere coi gentilizi lat. Fulvius, Fulvenius, Fulvinius (RNG) e da confrontare con quelli etr. VHULVE, HVULUVE, FULVENA, VHULVENA (suff. -EN-/–IN-; LICE norma 5). È un allotropo di flavo (vedi) (LELN 142; DETR; DICLE 88). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). fune «corda», deriva dal lat. funis (di probabile origine etrusca; ESL 350); è da connettere col gentilizio masch. lat. Funius (RNG) e da confrontare con quello femm. etr. FUNEI (ThLE 372). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). furone «ladro», furare «rubare» (antico) derivano dal lat. fur, furis «ladro», furare/i «rubare», furax,-acis «dedito al furto», che sono da confrontare col greco phōr «ladro» e inoltre coi gentilizi etr. FURACE, HURACE, FURARNIU (DELL; ESL 206) (alternanza F/H; suff. -AK-, -RN-; LICE norme 3,5,9) (DETR; DICLE 89). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). fustagno «panno per lo più di cotone, con una faccia vellutata e l'altra no», deriva dal lat. mediev. fustaneum (sinora di origine incerta; DELI²), che probabilmente deriva dall’etr. HUSTANEI, HUSTNAL (gentilizi femm.) (alternanza F/H; LICE norma 5). Consonante iniziale F- indizio dell’origine etrusca (LICE norma 21). Cfr. feltro. gabbia «cassetta costituita da un telaio e da regoletti disposti come sbarre per rinchiudervi animali, specialmente uccelli» deriva dal lat. cavĕa «gabbia, recinto», a sua volta dal lat. cavus «cavo, vuoto» ed è da confrontare col gentilizio etr. CAVIA, KAVIAS.. Vedi cavĕa, cavo, caverna, toponimo Gabii. gabbiano ‘uccello marino’, dialett. gavina «gabbiano», (Siena, GDLI) gavina «fogna, condotto sotterraneo», sono da riportare al lat. cavus «cavo, vuoto», cavea «cavea», «cavità», «gabbia», gavia «gabbiano» (Plinio) (le ali dell’uccello danno l'immagine di una “cavea” di teatro) (di probabile origine etrusca anche per via dell’uscita in -IA/-EA; LICE norma 14) (ESL 439); è da connettere coi gentilizi lat. Cavenius, Cavinius (RNG) e da confrontare con quelli etr. CAVENA, CAVINA, KAVINI (suff. -en-/-in-; LICE norma 5) (DETR; DICLE 62). Vedi cavo, cavea, toponimo Gabii. gaio-a «allegro, giulivo-a», corrisponde al prenome lat. Caius, Gaius-a (finora di origine ignota; AEI, DELI²) (alternanza c/g; LICE norma 3), che è da confrontare con quello etr. CAE, CAI(E), KAE, KAI. È tesi corrente che sia stato il prenome etrusco a derivare da quello latino; io sono per la tesi opposta, già sostenuta da U. Coli (StEtr XIX 280) e da V. Pisani 284). [Pure io ritengo che il lat. gaius, gaia «gazza, pica», dato che è documentato piuttosto tardi, tragga la sua denominazione dal prenome Gaius, Gaia e non viceversa (ThLL, DELL) (cfr. lat. titus)] (LELN 83; DETR; DICLE 90). galaverna vedi calaverna. gàlea «elmo di cuoio o di metallo» (voce dotta), deriva dal lat. galĕa, in origine ‘casco di cuoio’ (cassis de lamina est, galea de corio, Isidoro di Siviglia), poi ‘casco in generale’, derivato dal greco galéē ‘(pelle di) donnola’, con la quale si ricopriva l'elmo, perché avrebbe trasmesso al soldato le virtù combattive e l'avidità di preda dell'animale; è da confrontare coi gentilizi etr. CALIE, CALI(A), GALIA (ThLE¹ 381, 382 in alfabeto lat.) (uscita -EA/-IA; LICE norma 14). Testimonianze antiche parlano di armi e usanze militari passate dagli Etruschi ai Romani: cfr. lat. cassida, calo,-onis, clipĕus, cuspis,-idis, gladius, lancĕa, metellus, parma, sagitta (LELN 150; ESL 35). Vedi galero. galena «solfuro di piombo», deriva dal lat. galena ‘minerale di piombo’ (Plinio), da tutti ritenuto un prestito forestiero (DELL, DELI², Etim), a mio giudizio di origine etrusca, sia per il suo suff. -EN- (LICE norma 5) sia perché si tratta di un minerale e gli Etruschi erano maestri nella lavorazione anche del piombo. galero «copricapo a larghe falde» (voce dotta) deriva dal lat. galerus/m «berretto di pelle o pelo, pètaso, berretto dei sacerdoti», a sua volta da galĕa «elmo di cuoio» (con difficoltà per la derivazione; DELL, AEI, LET, DETR; ESL 36); è da connettere col gentilizio lat. Galerius (RNG) e da confrontare con quelli etr. CALERIAL (corrispondenza c/g; LICE norma 3), KALAIRU (ThLE² 209) (LELN 150; DETR; DICLE 90). Vedi gàlea, toponimo Galeria. galestro vedi calestro. galoscia vedi caloscia. Ganimede vedi Camillo. gavina vedi gabbiano. gazza vedi gaio. gemino, gemello-a derivano dai rispettivi lat. gemĭnus e gemellus, i quali risultano di non chiara origine indeuropea (DELL, DELI²). Io sono dell'avviso che essi siano da confrontare coi gentilizi etr. CEMNA, KEMNE. Il primo vocabolo compare nel Liber nel nesso AIS od EIS CEMNAC, CEMNAX, che ho interpretato e tradotto «e Dio Gemello», con riferimento al dio Apollo, gemello di Artemide. Per questa interpretazione sono confortato dal fatto che, nel lungo elenco di divinità etrusche che compaiono nel Liber (Tin(i)a, Giunone, Nettuno, Saturno, Cerere, Lucifera, Lusa, Lustra, Maris, Tarconte, Tecum, Terra, Tuchulcha, Veiove, Volta 14) non compare affatto Apollo, cioè APLU, APULU, che dunque va inserito nella dizione di AIS/EIS CEMNA «Dio Gemello». La corrispondenza CEMNA/gemĭnus è perfetta sul piano della fonetica etrusco/latina sia per la consonante iniziale C/g (LICE norma 4) sia per la sincope della vocale breve latina. L'etr. KEMNE compare inciso su un'anfora di Adria (ThLE² 211) e sarà il gentilizio del suo proprietario, corrispondente a quello lat. Gemin(i)us (RNG). gennaio ‘primo mese dell’anno’, deriva dal lat. Ianuarius, Ienuarius, mese dedicato a Ianus «Giano» (dio delle porte e dell’entrate) è da connettere con gli appellativi ianua «porta, passaggio, ingresso», ianus «archivolto, passaggio coperto» (finora di origine incerta; DELL) e da confrontare con l’etr. IANE (DETR; DICLE 97). genziana ‘pianta erbacea delle Genzianali con fiori e corolla a campana’ (voce dotta), deriva dal lat. gentiana (Gentiana lutea, Centaurea centaurium, Glycyrriza glabra. G. echinata L.; NPRA), che è da confrontare con la glossa greco-etr. kikénda «genziana» (ThLE¹ 418), di probabile matrice illirica (LELN 153; DETR; DICLE 90). ghiaia «roccia sedimentaria formata da piccoli ciottoli arrotondati», tosc. ghiara, iara, appellativo da confrontare col lat. glarĕa, che è di origine molto discussa (DELI², Etim), ma già prospettato come di origine etrusca; LET 92) e come fa intendere già la sua uscita in –ea; LICE norma 14). Inoltre è da confrontare col protosardo jara «ghiaia» e pure coi toponimi sardi Giara «altipiano sassoso» (Giara di Gesturi, di Serri e di Simala o Siddi), sa Giara (pianura di Marrubiu caratterizzata da abbondante materiale sedimentario di antica era geologica), sa Giarra (Villasor); Gerrèi (subregione), su Giorrè (specie di altipiano pietroso; Cargeghe/Florinas). giberna, ciberna «astuccio a tasca di cuoio o tela, per custodirvi cartucce»; franc. giberne (anno 1752), che alcuni ritengono derivare dall'italiano, ma nell'uno, come nell'altro caso si risale poi ad un'antica forma del tardo latino (sec. IV) zaberna(m) «sacca, tasca», che compare nell'editto di Diocleziano e però è privo di sicuri confronti (DELI², Etim), a mio avviso è da confrontare col toponimo toscano Cibirna (TTM 415), che forse a sua volta è da confrontare col gentilizio etrusco CIPIRU (ThLE² 91) (?). gigaro deriva dal lat. gigarus «gigaro, aro» (Arum italicum, A. maculatum L.; NPRA), presentato come etrusco dallo Pseudo-Dioscoride (II, 167 RV: gigárhoum) (ThLE¹ 417; ESL 431; DETR; DICLE 91) (i continuatori di questo fitonimo sono limitati alla sola Toscana; NPS 341). La glossa greco-lat.-etr. presuppone una forma *XIXARU con uno scambio delle consonanti spiranti uguale a quello di ZILAΘ/ZILAX- «pretore» (LEGL § 31). giugno ‘sesto mese dell’anno’, deriva dal lat. (mensis) Iunius «giugno» (mese di Giunone) e gentilizio (RNG), che è da confrontare con quello etr. IUNA (ThLE²; DETR; DICLE 98). giunco ‘pianta erbacea delle Liliflore, che cresce nei siti acquitrinosi, con foglie cilindriche e infiorescenza verdastra’, deriva dal lat. iuncus «giunco», finora di origine ignota (NPRA, DELI², Etim) e quindi probabilmente ‘fitonimo mediterraneo’, che probabilmente è da confrontare col gentilizio etr. IUNICI e con quello lat. Iuncius (RNG). gladio «spada corta a doppio taglio con lama larga e appuntita, tipica dei legionari romani» (voce dotta), deriva dal lat. gladius/m (finora di origine oscura; DELI²): è da connettere coi gentilizi lat. Cladius, Clatius, Gladius (RNG) (uscita -iu-; LICE norma 14), che probabilmente sono da confrontare con quello etr. CLATE, CLATIA. È noto che i “giochi gladiatori” sono di origine etrusca e che altri nomi di armi e di usanze militari romane sono anch’essi etruschi: cfr. lat. cassida, calo,-onis, clipeus, cuspis,-idis, galea, metellus, parma, sagitta. glauco-a «azzurro, celeste, grigio-a, verde» (riferito soprattutto agli occhi) (voce dotta), deriva dal lat. glaucus, claucus (ThLL) (corrispondenza g/c; LICE norma 3), il quale corrisponde al greco glaukós (finora di origine ignota; DELG, DELI²) ed inoltre al gentilizio etr. CLAUCE (= lat. Glaucius; RNG). gleba «terra, zolla di terra» (voce dotta), deriva dal lat. gleba, gleva (vi si versavano liquidi sacrificali, sangue, vino, acqua), «zolletta o granello» (di minerali sacrificali, sale, incenso, mirra; ThLL), che probabilmente è da confrontare con l’etr. CLEVA (TCap 4) (Pyrgi II) e probabilmente «offerta» (LELN 159-60; GTLE cap. 2). Gneo deriva dal prenome lat. Gnaeus, Cnaeus, Gneus, Cneus, che è da connettere col lat. arcaico gnaivos «neo» (DEI, DELI²) e da confrontare col prenome etr. CNAIVE, CNEIVE, CNEVE, evidentemente imposto come antroponimo. Vedi neo. gora «fossato, canale» (tosc., prospettato come “mediterraneo” dai DEI, AEI, GDLI, DELI²), è da confrontare col protosardo gora, gori, cora, qora «canale, grande solco, scolatoio, cunetta, rigagnolo, ruscello» (DETR; LIPSR) e probabilmente col toponimo Cori (città del Lazio, LT), che deriva dal lat. Cora e inoltre col greco Kórinthos «Corinto» per il suo canale naturale (non per quello artificiale recente!) (suff. pelasgico-tirreno -inth- di labýrinthos, plínthos ed etr. AMINΘ «Amante, Cupido, Eros» (ThLE). gorgoglione «afide, punteruolo del grano», deriva dal lat. curculio, gurgulio,-onis (di probabile origine etrusca; ESL 513), che è da connettere col gentilizio lat. Curculio,-onis (RNG) e da da confrontare con quello etr. XURCLE, XURXLE (corrispondenza lat./etr. g/X; suff. -on-; LICE norme 3,7) (DETR; DICLE 74). gotto «boccale», deriva dal lat. guttus, gutus, il quale deriva dal greco kóthōn, ma attraverso l’etr. KUTUN, QUTUM, QUTUN per via della differenza u#o (TLE 28; DICLE 92; ESL 209). grasso vedi crasso. grata «graticcio», deriva dal lat. cratis (finora di origine ignota; DELL; DELI²) (accusativo in -im, come negli etr.-lat. amussis, axis, curis, glanis, rumis, Tiberis, turris, tussis, ecc.; LICE norma 19), che è da connettere col gentilizio lat. Cratilius (RNG) e probabilmente da confrontare con quello etr. KRAITILE (DETR; DICLE 71). Greco-a deriva dal lat. Graecus, che è da connettere coi gentilizi lat. Graecius, Craecius (RNG) e da confrontare con quelli etr. CRAICA, CREICE (DETR); deriva dal greco Graikós «Greco, Elleno», cognomen = "nativo od originario della Grecia", ma probabilmente attraverso l'etrusco. groma «asta graduata di misurazione» (strumento degli agrimensori) (voce dotta), deriva dal lat. groma, gruma (alternanza o/u; LICE norma 1), deriva dal greco gnōma, gnōmōn, ma attraverso l’etrusco per via della differenza gr#gn (LEW, DELL, DEI, Etim). idi (voce dotta, plur.), deriva dal lat. Idus, Edus, Eidus, nel calendario romano quindicesimo giorno dei mesi di marzo, maggio, luglio, ottobre e tredicesimo negli altri), che a sua volta deriva dall’etrusco, dato che è da confrontare con la glossa lat.-etr. Itus «idi» (ThLE¹ 416; DETR; DICLE 97). Vedi lat. iduare «dividere a metà». igliatru, ílatro, íletro vedi alaterno. igneo-a (voce dotta), deriva dal lat. ignis, igneus «fuoco», «igneo, ardente, infuocato-a» (indeur. DELI², Etim) ed è da confrontare coi gentilizi etr. ECNAS, ECNIA «igneo, infuocato». (ET, Cr 8.1; su lapide) HALUS ECNAS «a Calus l’Infuocato»; (ET, Av 4.1; sul “piombo o cuore” di Magliano) ECNIA CALUS(-C) «(e) Calus l’Infuocato» (dio dei morti che vive nel fuoco); gentilizi ECNATIE, ICNI (TCap 22, 23, 24, [61]), che corrispondono a quelli lat. Egnatius, Ignatius, Ignius (LEN 191; RNG) (alternanze E/I, H/C, C/G; LICE norme 1,3) (DICLE 97). imbréntine vedi bréntine. imo-a «basso, (pro)fondo-a» (voce dotta), deriva dal lat. imus, che finora è di origine incerta (DELL; DEI; DETR; DELI², Etim) e probabilmente è da confrontare con l’etr. IME(-C) (Liber, X 13) «(e) in basso, in fondo». Vedi toponimo Imola. inquinare «lordare, sporcare» (voce dotta), deriva dal lat. inquinare, finora di origine sconosciuta, anche se Paolo-Festo lo sentiva vicino a cunire: est stercus facere, unde et inquinare, che io invece connetto con caenum «fango, melma, pantano» e che è da confrontare con l’etr. CAINE (ThLE). Vedi toponimo altoatesino Caines «acquitrino, pantano». isola deriva dal lat. insula, i(n)sula «isola» (REW), che finora è di origine incerta (DELL; DELI²) oppure è ritenuto di origine ‘mediterranea’ (DEI, AEI); per me si tratta di un relitto del sostrato linguistico “tirrenico”, cioè etrusco e protosardo assieme. Tra i relitti della lingua etrusca purtroppo troviamo soltanto il gruppo consonantico INŚ( , il quale però quasi certamente ha perduto la parte finale (ThLE²). Siamo molto più fortunati col sostrato protosardo, nel quale abbiamo i seguenti relitti, documentati in tutta la Sardegna: iscra, isca, íscia, isqra, iscla (mediev.) «isola fluviale», «zona coltivabile presso corsi d’acqua, zona di orti, aiola, zona di aiole»; (Nùoro) bentu 'e Iscra Ruja «greco, grecale» (vento di Nord-Est), letteralmente «vento dell'Isola Rossa» (quella a Sud di Capo Coda Cavallo, che risulta proprio a Nord-Est del Nuorese); la quale voce corrisponde al lat. ins(u)la «terra alluvionale circondata da un fiume, isola». E si può pertanto concludere con buona probabilità che gli ital. isola, ischia, Ischia (nel golfo di Napoli) e inoltre i protosardi iscra sono relitti del sostrato “tirrenico”, cioè protosardo ed etrusco assieme. Non c’è alcunché di strano nella conservazione di questo relitto nell’Etruria, terra infatti circondata dalla vistosa e importante Isola d’Elba e dalle isolette dell’Arcipelago Toscano. istrione «danzatore, pantomimo, attore» (voce dotta), deriva dal lat. histrio,-onis, (h)ister, glossa lat.-etr. (ThLE¹ 416; TLE, 82, 83; DETR; DICLE 95), che, a mio avviso, è da confrontare col greco hysterikós «uterino», «isterico, soggetto ad isterismo, cioè ad eccitazione nervosa od emotiva incontrollata», da hystéra «utero». Nonostante il parere di Paolo-Festo (89,25) l’Histria non c’entra nulla. Itali, Italia, derivano dai lat. Itali, Italia, che sono da confrontare con la glossa greco-etr. italós «toro» (ThLE¹ 418) e col lat. vitŭlus «vitello», col significato originario di ‘popolo che ha il toro come animale totemico’ e di «terra abitata da questo popolo» (DETR; DICLE 98; trattazione più ampia in TIOE 21-27). Vedi vitello. labirinto deriva dal lat. labyrinthus, a sua volta dal greco labýrhinthos, che finora risulta di origine ignota. Alcuni etimologi lo hanno definito “egeo”, altri “preellenico”, altri “preindoeuropeo”, altri “mediterraneo”, altri infine “di origine ignota”. A mio giudizio il vocabolo è di origine pelasgico-tirrena e precisamente deriva da leberhís,-ídos «coniglio» (greco di Marsiglia), il quale è chiaramente lo stesso vocabolo che léporhis «lepre» (Eolide e Sicilia) e lat. lepus,-oris «lepre» (GEW, DELG, DELL). Lo sviluppo semantico fra l’idea di “labirinto” e quella di “coniglio” si chiarisce bene col fatto che questo animale si scava una tana a forma di “cunicolo”, cioè di “labirinto”. Questo sviluppo semantico trova un esatto riscontro nel vocabolo lat. cuniculus, il quale appunto significava ugualmente «cunicolo» e «coniglio». L’origine pelasgico-tirrena - dei greci leberhís «coniglio» e léporhis «lepre» e anche di quello lat. lepus,-oris è confermata da vocaboli di due popoli che erano imparentati fra loro e che proprio da quell’area geografica, e precisamente dalla Lidia, traevano la loro comune origine, gli Etruschi d’Italia e i Tirreni Nuragici della Sardegna (OPSE, StSN). Nel lessico etrusco conservatoci abbiamo la corrispondenza con l'epitaffio di LARIS PULENAS (ET, Ta 1.17): CULSL LEPRNAL «di Culsona Leporina» («Culsona», dea custode della porta dell'oltretomba), chiamata in questo modo probabilmente perché la lepre era considerata un animale di cattivo augurio, tanto che si evitava di nominarla (DELL), quasi certamente perché vivendo in tane come cunicoli si riteneva che fosse in comunicazione col mondo degli Inferi. Nella odierna lingua sarda esiste un relitto prelatino e quindi “nuragico” o “protosardo”, lèppore, lèppere, lèpporo, lèp(p)uri, lèppiri «lepre», il quale per consistenti difficoltà fonetiche [vocali differenti e continua conservazione della esplosiva sorda –p(p)-] non può derivare dal latino (DES, DILS, NVLS). D'altronde questo appellativo trova riscontro nei seguenti toponimi, anch’essi protosardi: Leperiò (Orgosolo), Leporeni (Orgosolo), Leporetè (Torpè), Leporitè (Siniscola, stesso toponimo), Lepporithái (Mamoiada, Nùoro), Tilèppere (Mara/Pozzomaggiore) (LISNE 216; OPSE 197; LISPR)], tutti caratterizzati da elementi fonetici e formativi di sicura matrice protosarda. Come ulteriore notazione c’è da segnalare che sempre all’area geografica dell’Asia Minore ci riporta il nome della città di Lábranda, nella Caria (Erodoto, Strabone), che mostra abbastanza chiaramente di essere corradicale con l’appellativo greco labýrhinthos. Vedi lepre, toponimi Leprignano, Lipari. laburno, deriva dal lat. laburnum (Cytisus laburnum L.) (di probabile origine etrusca; DELL; ESL 405) (suff. -rn-; LICE norma 9) (DICLE 99). Per il suffisso etr./lat. –rn- cfr. basterna, caverna, fusterna, lacerna, lanterna, lucerna, nassiterna, santerna, taberna, viburno. laccio deriva dal lat. laqueus (di probabile origine etrusca; DELL) in virtù dell’uscita in –eu come balteus, calceus, caseus, clipeus, culleus, cuneus, erneum, pilleus, pluteus, puteus, runculeum, urceus (LICE norma 12). lacuna (voce dotta), laguna, derivano dal lat. lucuna «cavità, fossa, pozza d'acqua», che è da confrontare coi toponimi tosc. Lacona (Isola d'Elba), Làcona (TTM) (gentilizio lat. Laconius), e inoltre con gli appellativi protosardi làcuna, làcona «truogolo», laccòne «pozzanghera», laccuna «truogolo» ed «acquitrino», laccuìna «pozza d'acqua», làhana «pozza d'acqua piovana formatasi su una roccia»; làccana, làccara «fossato di confine, confine, segno di confine» e coi toponimi Làconi (villaggio), Laconéi (Tonara), Laconitzi (Villagrande Strisàili) (suffissi protosardi) (OPSE 214, LISPR 140; DETR). Vedi toponimi Lacona, Làcona, Laguna. ladro, ladrone, deriva dal lat. latro,-onis «soldato mercenario», che è da connettere col gentilizio lat. Latronius (RNG) e da confrontare con quello etr. LAΘR[UNE], LAΘRUNI (DETR; ESL 211) (suff. –un-/-on-) (LICE norma 7). lamina «sottile lastra di metallo», deriva dal lat. lamĭna, lammĭna, lamna (di probabile origine etrusca; Ernout, EPhil, 33, 45; Bonfante 206; ESL 420) (suffissi –in-; -mn-; LICE norma 2). lana deriva dal lat. lana (che in origine veniva “strappata”, non tosata) ed è da confrontare col lat.-etr. laniare «dilaniare, sbranare», che è da connettere col gentilizio lat. Lanius e da confrontare con quello etr. LANI, LANIE, (DETR; DICLE 101). La tesi corrente della derivazione dell’appellativo latino da una radice indeur. *wel- «strappare» non regge affatto, per cui va respinta. Vedi dilaniare. lancia «giavellotto» deriva dal lat. lancĕa, che è da confrontare, attraverso l’etrusco per via della differenza a#o, col greco lónchē «punta di lancia» (Ernout, EPhil, 46; ESL 210) (uscita -ea/-ia; LICE norma 14). Testimonianze antiche parlano di armi e usanze militari passate dagli Etruschi ai Romani: cfr. lat. cassida, calo,-onis, clipeus, cuspis,-idis, galea, gladius, metellus, parma, sagitta. lanterna deriva dal lat. lanterna, a sua volta dal greco lamptḗr, ma attraverso l’etrusco (DELL, DEI, DELI², ESL 164). Per il suff. -rn- cfr. lat. basterna, caverna, cisterna, fusterna, lacerna, lucerna, nassiterna, santerna, taverna (LICE norma 9). largo-a, deriva dal lat. largus «largo, abbondante», «liberale, generoso» (finora di origine ignota; LEW, ThLL, DEI, AEI, DELI², Etim); è da connettere coi gentilizi lat. Larcius, Largius, Largenna, Largen(n)ius, Largin(i)us (RNG) e da confrontare con quelli etr. LARCE, LARGE (ThLE¹ 205, 384; in alfabeto latino), LARCNA [suff. -en(n)-, -in(n)-; LICE norma 5] (LEN 83; DELL 821; DETR) (LELN 176; TLE 127; LEGL 55; DETR; DICLE 101). Vedi làrice. Lari (voce dotta, plur.), deriva dal lat. Lar, Laris; Lares «anima/e dei parenti morti», che probabilmente deriva dall’etrusco, in cui i vocaboli con la radice *lar sono numerosi (DELL, AEI, ESL 212, 260, 356). Vedi larva. làrice (Larix decidua Mill) è una conifera diffusa nell’intero arco alpino. Il suo nome viene ritenuto o di origine incerta (DELL) o prelatino (NPRA). A mio avviso è di origine etrusca, dato che corrisponde esattamente al nome pers. o prenome etr. LARICE, LARECE, LAREKE, LARCE. Siccome l’ultima forma sincopata LARCE compare nella variante latinizzata LARGE (ET, Cl 1.1604; in alfabeto latino) è ovviamente da connettere con l'aggettivo lat. largus «largo, abbondante», «liberale, generoso» (finora di origine ignota; LEW, ThLL, DEI, AEI, DELI², Etim). Riferito alla pianta ne consegue che làrice significa propriamente “albero dalla chioma larga o ampia”, che è appunto la sua caratteristica più vistosa. Il fatto che per l’accento làrice corrisponda alla forma arcaica non sincopata del prenome LARICE, ci assicura che anch’esso è arcaico, risalente alla metà del VI secolo a. C. È poi appena il caso di ricordare che gli Etruschi sono entrati in tutte le valli alpine, alla ricerca di giacimenti di minerali e di nuove vie per il loro commercio. Vedi largo (LIOE). larva, deriva dal lat. larva «fantasma, spettro», che probabilmente è di origine etrusca (Ernout, EPhil, 37; ESL 260) (uscita in -l/rva come gli etr.-lat. belva, caterva, malva, Menerva, silva, ecc.; LICE norma 15) (DICLE 102). Vedi Lari. laterale «situato ad un lato», deriva dal lat. latus,-ĕris «lato, fianco» (indeur. Etim); è da connettere col gentilizio lat. Laterius (RNG) e da confrontare con quelli etr. LAΘERI(-AL), LAΘERNA (DETR; DICLE 102). lato-a «ampio, largo-a», deriva dal lat. latus-a-um (finora di origine incerta; DELL, DELI²), probabilmente da confrontare coi gentilizi etr. LATI(-AL), LATIU (DETR; DICLE 102). Vedi toponimo Lazio. latomie (voce dotta, plur.), deriva dal lat. lautumiae «latomie» (cave di pietra, prigione), a sua volta dal greco latomíai, ma attraverso l’etrusco LAΘIUMIAI per via della differenza u#o (DETR; DICLE 104). latrina, deriva dal lat. lavatrina «latrina» e poi «bagno», un derivato dal verbo lat. ‘lavare’, il quale è da connettere col gentilizio lat. Latrinius (RNG) e da confrontare con quelli etr. LACTRINE, LATRNEI (DETR) (suff. –IN-; LICE norma 5). lauro, alloro, deriva dal lat. laurus, lorus «alloro» (DELL), il quale probabilmente è da confrontare con l’etr. LURI (Liber, V 22), LUR[I] (ET, Vs 1.179 – 4/3:) «alloro, corona di alloro o di fiori» (conosciute e usate dagli Etruschi), inoltre per metafora «gloria, lustro, onore»; fitonimo che è di origine ‘mediterranea’, come altri: alnus, alaternus, ecc. (ET, AT 1.107; Vs 1.179) LURI, LUR[I] MLACE «donò gloria». Vedi LURAMΘI, LURMICLA. lauto-a «abbondante, splendido, sontuoso-a» (voce dotta), deriva dal lat. lautu(m), aggettivo verbale di ‘lavare’, quindi propriamente ‘lavato, pulito’, poi ‘elegante, distinto’ e infine ‘ricco’, ‘quia apud antiquos hae elegantiae, quae nunc sunt, non erant, et raro aliquis lavabat’ (Paolo-Festo), il quale è da confrontare col gentilizio etr. LAVTI, LAUTI (ThLE² 217, 236). lenone «mezzano, ruffiano» (voce dotta) deriva dal lat. leno,-onis «mezzano, ruffiano, mercante di schiavi»; lena «mezzana» (già prospettato come di origine etrusca; EPhIL 42; ESL 262); è da connettere col gentilizio lat. Lenonius (RNG) e da confrontare con quello femm. etr. LENUI (suff. -on-/-ů/u(n); LICE norma 7) (TLE, 394; DETR; DICLE 104). lente ‘vetro o altra sostanza solida trasparente limitata da due superfici curve o da una superficie piana e una curva’, deriva dal lat. lens, lentis (finora di origine oscura; DELL, NPRA, Etim) ed è da connettere coi gentilizi lat. Lentius, Lentinius (RNG) e da confrontare con quelli etr. LENTI, LENTENA, LENTNAI (suffissi -EN-/-IN-, -IC-; LICE norma 5) (DETR; DICLE 104). Oppure vedi lento. lenticchia ‘pianta annuale delle Rosali con fusto eretto, foglie terminanti in un viticcio, frutto a baccello romboidale con due semi schiacciati, commestibili’ (C. Landino, dove si alternano lenti e lenticchie, ‘seme di tale pianta, usato nell'alimentazione’, che deriva dal lat. lenticula, diminutivo di lens, lentis (finora di origine oscura; DELL, NPRA, Etim). lento-a «calmo-a, che si muove adagio», deriva dal lat. lentus «soffice, agile, flessibile, resistente, paziente, calmo, lento» (finora di origine incerta; DELL, DELI², Etim); è da connettere coi gentilizi lat. Lentius, Lentinius (RNG) e da confrontare con quelli etr. LENTI, LENTENA, LENTNAI (suff. -EN-/-IN-; LICE norma 5) (DETR; DICLE 104). Oppure vedi lente. leone, deriva dal lat. leo,-onis «leone», a sua volta dal greco léōn, léontos, ma attraverso l’etr. LEU (la derivazione diretta dell’appellativo latino da quello greco è da escludersi, altrimenti avremmo avuto lat. leo, *leontis); è da connettere col gentilizio lat. Leonius (RNG) e da confrontare con quello etr. LEUNA (TLE 782; DETR; DICLE 105). lepre ‘mammifero dei Roditori con lunghe orecchie, pelliccia in genere grigio scura, corta coda e zampe posteriori atte al salto’, deriva dal lat. lepus,-oris (già prospettato come ‘mediterraneo’; DELL, DEI, AEI, DELI², Etim) ed è da confrontare coi greci léporhis «lepre» (Eolide e Sicilia), leberhís,-ídos «coniglio» (Marsiglia) (GEW, DELG) ed inoltre col protosardo lèppore, lèppere, lèpporo, lèp(p)uri, lèppiri «lepre»; toponimi protosardi Leperiò (Orgosolo), Leporetè (Torpè), Leporithài (Mamoiada), Lepuriddài (Oliena) (accento ossitono, suffissi e suffissoide) (OPSE 197; LISPR). Vedi labirinto, toponimi Leprignano, Lìpari. lesto-a «svelto, abile, destro-a» (finora praticamente di origine ignota; DEI, DELI²), il quale probabilmente deriva dal gentilizio etr. LESTI (DETR). letame vedi lieto. Lete «fiume infernale dell’oblio» e quindi «regno dei morti» (voce dotta), deriva dal lat. letum, lethum «morte» (finora di origine incerta; DELL), a sua volta probabilmente dal greco Lḗthēn (in accusativo, il caso più frequente), ma attraverso l’etr. LETEM (TLE 719; DETR; DICLE 105). lettera, deriva dal lat. littera «lettera», a sua volta dal greco diphthérha «pelle conciata, pergamena», ma attraverso l’etrusco per via della notevole differenza fonetica (DELL 363; DEI; DETR; ESL 263; DICLE 106). lieto-a «allegro, cotento-a, felice», deriva dal lat. laetus «grasso, fertile, fecondo, propizio, favorevole, lieto» (finora di origine ignota ma probabilmente etrusca; DEI, DELI², ESL 355, Etim), che è da connettere col gentilizio lat. Laetinius, Laetinus (RNG) e da confrontare con l’aggettivo etr. LAETI «propizio, favorevole» (Liber, III 5; VI 5) e inoltre col gentilizio etr. LAETNE (CIE 1833; ThLE¹ 202) (suff. -in-; LICE norma 5) (DICLE 100). Vocabolo derivato letame «concime organico naturale». lieve «leggero», deriva dal lat. levis «lieve, leggero» (finora di origine confusa; AEI, DELI²), lat. levenna «leggerone» (di origine etrusca; Ernout, EPhil, 25; ESL 461) (suff. -ENN-, uscita masch. -a; LICE norme 6,12), che sono da connettere col gentilizio lat. Levius (RNG) e da confrontare con quello etr. LEVE, LEVEI (DETR; DICLE 105). linterno vedi alaterno. lituo (bastone augurale, curvo sulla cima e senza nodi) (voce dotta), deriva dal lat. litŭus, a sua volta quasi certamente dall’etrusco (DELL; Pfiffig Religio 99; ESL 139) (uscita -uu-; LICE norma 15) (DICLE 106). loglio «graminacea infestante dei campi di grano», deriva dal lat. lolium (finora di origine ignota; DELI², Etim), che è da connettere col gentilizio lat. Lollius (RNG) ed inoltre da confrontare con quello etr. LULE, LULIA, LULESA (uscita lat. –iu-; LICE norma 14). lombrico «lungo verme di terra», deriva dal lat. lumbricus (finora di origine ignota; LEW, DEI, DELI², Etim), il quale è da connettere col gentilizio lat. Limbricius (RNG) e da confrontare con quello etr. LEMRECNA, LEMRCNA, col celtico gallese indeur. llyngyr «vermi intestinali» (DELL) e inoltre coi protosardi lembrékinu, limbríkinu «lombrico o verme di terra» (alternanza E/I e suffissi -IC-, -IN-; LICE norme 1,5) [Una omofonia casuale fra il protosardo lembrékinu e l’etr. LEMRECNA è una eventualità estremamente improbabile perché riguarda ben sette fonemi] (LELN 179; OPSE; DETR; DICLE 108). Vedi toponimo tosc. Limbrìccioli (TVA 378). losco-a deriva dal lat. luscus, luscĭnus «bieco, cieco d'un occhio, miope, strabico»; luscin(i)a/us «usignolo» (‘così nominato perché canta nell'oscurità della notte’; DELL) (finora di origine ignota; LEW, DELL, ThLL, DEI, AEI, DELI², Etim); è da connettere coi gentilizi lat. Luscus, Luscius, Luscinus (RNG) (uscita aggettivale -c-, come in caecus, mancus, parcus, Tuscus; suff. -in-; LICE norma 16) ed inoltre da confrontare con quelli etr. LUSCE, LUSCNI (LELN 182; DETR; DICLE 109). Cfr. caecus, mancus. lucro «guadagno, profitto» (voce dotta), deriva dal lat. lucrum (finora di origine incerta; DELL); è da connettere col gentilizio lat. Lucrius (RNG) e da confrontare con quelli etr. LUXRE(-SA), LUXRIA (DETR; DICLE 108). lucumone (voce dotta) deriva da lucumones «re» (plur.) glossa lat.-etr. (suff. -on-; LICE norma 7), e da confrontare con gli etr. LUCUMU (ET, AH 1.11); LAUXUMNE(-TI) (Liber, IX 33) probabilmente «nella reggia lucumònia» (in locativo), oppure in subordine «nella (durante la) lucumonìa»; LUVXUMESAL, LUVXMSAL (ThLE² 247) probabilmente «della lucumonia» (LEGL 143; TLE, 843; DETR; DICLE 108). ludo «gioco, festa» (voce dotta), deriva dal lat. ludus «gioco, festa, esercizio, occupazione»; plur. «giochi religiosi»; ludius, ludio,-onis «attore, ballerino» (suff. -on-; LICE norma 7) (già prospettati come di origine etrusca; DELL, DELI², ESL 169); è da connettere con l’etnico lat. Ludius, Lydius «Lidio», «Etrusco» (nativo della Lydia, originaria patria degli Etruschi in Asia Minore; Vergilio, aen. 2.781; Plinio, n.h. 35.171) e probabilmente da confrontare con gli etr. LUΘ «ludo» (Liber, VI 18; ET, Ar 0.7), LUΘCVA «i ludi religiosi» (ET, Ta 1.17), LUΘTI «nella festa religiosa» (DETR; DICLE 108). lungo-a deriva dal lat. longus (indeur.; DELL, AEI, DELI², Etim), è da connettere coi gentilizi lat. Longius, Longanius, Longanus (RNG), e da confrontare con quelli etr. LVNCE, LUNCE, LUNXE, LUNCANE (corrispondenza lat./etr. G/X; LICE norma 3). Probabilmente il tosc. lungo, con la irregolare /u/, continua direttamente l’etr. LUNCE, LUNXE, LVNCE (DETR; DICLE 107). luogo «posto, sito», deriva dal lat. locus (finora di origine ignota; DELL, AEI, DELI², Etim), che probabilmente è da confrontare con l’etr. LUVCTI (LUVC-TI) «nel luogo, posto, sito» (in locativo) (ThLE); LUVCTI VELA Ś(EΘRES) L(UPU) A(VILS) IIII «in (questo) posto (c’è) Velia (figlia di) S(ethre) morta a 4 anni». lurco (voce dotta), deriva dal lat. lurc(h)o,-onis «mangione, ingordo», lurc(h)are «mangiare con voracità» (finora di origine ignota; AEI, ThLL, DELI²) (alternanza c/ch, suff. -on-; LICE norma 7); è da connettere coi gentilizi lat. Lurcius, Lurc(i)o,-onis (RNG) e da confrontare con quello etr. LURCNI (ThLE²) (LELN 181; DICLE 108, 109). macchia deriva dal lat. macŭla «macchia» (finora di origine ignota; DELL, DELI², Etim); è da connettere col gentilizio lat. Macula (RNG) e probabilmente da confrontare coi gentilizi etr. MACLA, MACLAE, MACLAI (DETR; DICLE 110) e infine col protosardo macra «macchia». maestro deriva dal lat. magister «reggitore, magistrato, maestro», che è da connettere anche col gentilizio masch. lat. Magister (RNG) e da confrontare con quelli etr. MACST, MACSTREV(-C) «e magistrato», MACSTRNA Mastarna = «reggitore» (che era Servio Tullio). magno-a «grande» (voce dotta), deriva dal lat. magnus, che è da connettere col gentilizio masch. lat. Magn(i)us (RNG) e da confrontare con quelli etr. MACNI (ThLE²) e NACNA (APA NACNA «nonno» letteralmente «padre grande», ATI NACNA «nonna», «madre grande». magro-a deriva dal lat. macer, macra,-um «magro» (a mio giudizio di origine incerta); è da connettere anche col gentilizio lat. Macrius (RNG) e probabilmente da confrontare con quelli etr. MACRE, MACRI (DETR; DICLE 110). malva deriva dal lat. malva, che è da confrontare col greco maláchē, entrambi ritenuti unico ‘fitonimo mediterraneo’ (NPRA 152), a mio giudizio anche etrusco in virtù dell’uscita in -l/rva come gli etr.-lat. belva, caterva, larva, Menerva, silva, ecc. (LICE norma 15) (DICLE 111). manco-a deriva dal lat. mancus-a-um «monco, mutilato-a, manchevole»; mancaster «mancino» (uscita aggettivale -c-, come in caecus, luscus, parcus; suff. -st-; LICE norme 5,16); è da connettere coi gentilizi lat. Manca, Mancius, Mancus (RNG) (da manus manca «mano sinistra») e da confrontare con quello etr. MANCAS (da respingersi, perché veramente lambiccata, la derivazione corrente da manus) (LELN 186; DETR; DICLE 111). Vedi monco; cfr. cieco, losco. mannaggia! L’esclamazione impropria ital. mannaggia! ha un valore negativo e attualmente indica “stizza” e “dispetto” dell’interlocutore, mentre in origine costituiva una imprecazione, come fa intendere chiaramente la spiegazione che ne danno tutti i dizionari italiani: «Che male ne aggia! o abbia!». Questa spiegazione, anche se universalmente accettata dai linguisti, va respinta, per il motivo che non è altro che una paretimologia o ‘etimologia popolare’. Invece la spiegazione che ne prospetto oggi è molto più semplice e lineare e si fonda sul fatto che nei dialetti siciliano e calabrese essa compare come mannaja. A mio avviso, pertanto, mannaggia! deriva dall’appellativo ital. mannaia, che era la grande scure adoperata dal boia per la decapitazione dei condannati a morte e che deriva dal lat. manuaria (REW 5332) «scure alla mano». In origine pertanto l’esclamazione significava “che tu vada alla mannaia, alla decapitazione”. Ed infatti essere sotto la mannaia significava “essere in una situazione molto pericolosa” (DELI²). D’altra parte non è improbabile che manuaria significasse propriamente «scure che taglia la mano» per la legge del taglione, che era prevista dalla VIII delle XII Tavole dei Romani antichi. Nel modo similare dell’aggettivo sostantivato lat. dextrale, che è passato in alcune lingue neolatine col significato di «ascia, scure» (REW) e cioè col significato originario di «scure» che taglia la mano destra». Esiste anche un’altra variante della esclamazione: malannaggia, malannaggio, la quale è chiaramente derivata dall’incrocio di malanno + mannaggia. mantissa (voce dotta) deriva dal lat. mantissa, mantisa «aggiunta, supplemento», glossa lat.-etr.; mantisa additamentum dicitur lingua Tusca, quod ponderi adicitur, sed deterius et quod sine ullo usu est (Paolo-Festo, 119.9). Forse è da connettere coi lat. mantus, mantellus «manto, mantello» (finora di origine ignota; DELL, AEI); considerata poi la notazione finale di Festo, si può supporre che l’effettivo significato originario del vocabolo fosse quello di ‘straccetto’. Per il suffisso cfr. carissa, cerussa, cimussa, favissa, obrussa (LICE norma 10) (TLE, 844; DETR; DICLE 111). mappa deriva dal lat. mappa, nappa «salvietta, tovagliolo, fazzoletto, drappo», che è da confrontare con l’etr. NAPER (Cippus 5,15,16,24) (ET, Pe 8.10; Vt 8.1) «mappe, misure terriere di superficie» (plur.). marca, marchio, marc(hi)are sono presentati dagli etimologi come connessi con altrettanti vocaboli di matrice ‘germanica’ (Etim). Non contesto questa connessione, ma voglio aggiungere che i medesimi vocaboli sono connessi anche con analoghi vocaboli etruschi. Che sono i seguenti: MARCA (ET, AV 4.1; sul “cuore” plumbeo di Magliano) probabilmente «marchio», «impegno fermo»; MARΧARS probabilmente «del marchiatore», in genitivo. (ET, Cr O.11; su stele) MA MI MARΧARS SENTIES XESTES «io sono (il cippo) del marchiatore Sentio Cestio» (2 gentilizi) (ET, Ta 1.199 – 6f5i; su cippo funerario). marito - Già nell'Ottocento il linguista tedesco Wilhelm Deecke aveva prospettato l'ipotesi che il nome del semidio etrusco MARIS, MARIŚ (genitivo MARISL, MARIŚL) (ThLE²), potesse corrispondere a quello greco Érhōs «Amore, Cupido». Ed infatti anch'esso compare in alcuni specchi etruschi come un “bambino” o “adolescente”. La qual cosa viene confermata da due aggettivi da cui è seguito (ET, Cl S.8; Vs S.14) MARIŚ HUSRNANA «Maris bambino» (da confrontare con HUSIUR, HUŚUR «bambini, ragazzi»); MARIŚ HALNA «Maris poppante ?» (forse da confrontare col lat. alumnus ?). In qualche specchio la figura di MARIS si ripete, proprio come quella dei greci Érhōtes «Amorini». Tutto ciò premesso, a mio avviso MARIS è da confrontare coi lat. mas, maris «maschio» e maritus «marito», finora entrambi di origine ignota (DELL, DELI²) e quindi – come capita spesso – probabilmente etrusca. E con ciò abbiamo finalmente trovato l'etimologia dei lat. mas, maris e maritus, cioè dall'etrusco MAR. La qual cosa è confermata dalle tre seguenti iscrizioni etrusche: (ET, Cl 1.338 - rec; su coperchio di ossario) VL VILIA VL MAR PUR/Θ «Velia Vilia (figlia) di Vel, il marito vate (pose)»; (ET, Cl 1. 1235 - rec; su coperchio di ossario) LΘ ANIU ARNΘAL MAR «Lart Anione marito di Arruntia»; (ThLE² 256) V MAR LEΘAL «V(el) marito di Letia». E adesso è lecito invertire la direzione della ricerca etimologica, affermando che dunque con grande probabilità MARIS in origine significava «maschio». marna «roccia calcarea e argillosa» (finora erroneamente derivata dal francese), probabilmente è da confrontare con gli etr. MARNE, MARNI «marna, terra marnosa, terramara, terra cimiteriale»; (ET, Vs 4.2 – 6:; su lapide) CEXA MARNE «per/come terra cimiteriale» (TVA 93, 161 toponimi Màrnia, Marniano; TTM 302 marna, Marneto; DELI² 938). Marte (voce dotta) deriva dal lat. Mars, Martis «Marte» (dio della guerra) (finora di origine ignota; DELL, DELI², Etim) ma probabilmente = «dio del martello», il quale è da connettere con Martius (mese di marzo» ed inoltre da confrontare con l’etr. MARTI(-Θ) (Liber, VI 20) «in marzo», oppure «il martedì», o infine «nella festività di Marte» (in locativo temporale; LEGL 143)” (DETR; DICLE 112). Vedi martello. martello – Il martello ha avuto fin dai tempi più remoti un importante valore simbolico fra gli uomini e – appare incredibile - lo mantiene, sia pure in misura rudimentale, anche nel presente. L’appellativo deriva dal lat. martellus (anche martŭlus), che è documentato soltanto in epoca tardo-latina, il che non esclude affatto che esso fosse conosciuto e adoperato anche molto prima. Connesso come risultava essere coi vocaboli Marte, dio della guerra e nome di un satellite solare, ‘martedì’ nome di un giorno della settimana, ‘marzo’ nome di un mese, esso era quasi di certo di origine etrusca, come dimostra il vocabolo citato dal Liber (VI 20) MARTIΘ (MARTI-Θ) «in marzo», oppure in subordine «il martedì» oppure «nella festività di Marte» o infine «sotto l’influsso astrale del pianeta Marte». (A mio avviso, la connessione vulgata col lat. malleus è da respingersi perché è stiracchiata sul piano fonetico). Di certo l’uomo primitivo ha conosciuto e sperimentato molto presto il valore di difesa costituito da un sasso, sia lanciato contro un nemico o contro un animale per allontanarlo o per catturarlo, sia per difesa personale stretto nel pugno, sia come arma di offesa quando la pietra o il sasso era legato alla cima di una clava, formando un’ascia o una doppia ascia o ‘bipenne’, alla maniera del “fascio littorio” di sicura origine etrusca e alla maniera di quella impugnata da demoni infernali, come strumento e simbolo di morte. E in questo caso esso assomiglia proprio a un martello con una doppia testata. E a proposito è almeno da accennare al martello impugnato da Odino, dio supremo dei popoli germanici. maschio deriva dal lat. mascŭlus, a sua volta da mas, maris «maschio» (finora di origine ignota; DELL, DELI²) ed è da confrontare col semidio etr. MARIS, MARIŚ (ThLE²), probabilmente uguale al greco Érhōs «Amore, Cupido, Eros» e con gli appellativi lat. mas, maris «maschio» e maritus (finora entrambi di origine ignota; DELL, DELI²) (Liber, X 3). (ET, Cl S.8; Vs S.14 su specchi) MARIŚ HALNA «Maris poppante (?)» (cfr. etr.-lat. alumnus ?); MARIŚ HUSRNANA «Maris bambino»; (ET, OI S.63; su specchi in figura di bambino) MARIS TINSTA «Maris quello (figlio) di Tinia». Vedi gentilizio lat. Masculin(i)us (RNG). mattone (finora di origine ignota; DEI, AEI, DELI²) [suff. -on-/-ů/u(n); LICE norma 7]; è da connettere col gentilizio lat. Matonius, Mattonius (RNG) e da confrontare con quello etr. MATU, MATUNA (DETR; DICLE 115). mefite (voce dotta) deriva dal lat. mefitis, mephitis «esalazione o puzza di acqua sulfurea o corrotta» (finora di origine incerta; DELL, DEI, DELI², Etim), che è da connettere col lat. Mefanus pagus (Sannio) e coi gentilizi lat. Mefanas, Meffius, Mefitanus (RNG) ed inoltre da confrontare con quello etr. MEFANATE, MEFANATIA, MEHNATE, MEHNATIA cognomen = ‘nativo od originario del Mefanus pagus’ (alternanza F/PH/H; suff. -ATE; LICE norme 4,11) (DICLE 114; TIOE 87). Cfr. sulfur. melacchino «dolce, dolciastro», «color miele» (antico ital.), è da confrontare con l’etr. MELACINASI (MELACINA-SI) «a/da *Melacinio», gentilizio masch. in dativo sigmatico (ET, Vc 3.2 – 7f6i; su vaso) MI LARΘIALE MELACINASI MULU «io donato a/da Larth *Melacinio». menta, deriva dal lat. menta (= greco míntha) fitonimo di probabile origine ‘mediterranea’; mentastro «menta selvatica (Menta silvestris L.), deriva dal lat. mentastrum (suff. -str-; LICE norma 5) Vedi toponimo Minturno. merce, deriva dal lat. merx, mercis; mercator «mercante», mercimonium «mercimonio», mercen(n)arius «mercenario» [suff. -on-, -en(n)-; LICE norme 5,7] (già prospettato come di origine etrusca; ESL 92). Vedi pure Mercurius (dio del commercio) (pur esso già prospettato come di origine etrusca; DELL; ESL 92) (TLE 113; DICLE 114). metallo «elemento chimico con carica elettrica positiva», deriva dal lat. metallum, che è da connettere col greco métallon (finora di origine incerta; GEW, DELG; DELL, DELI²) ma quasi certamente etrusca e inoltre è da confrontare con l’etr. METL( abbreviazione di *METLA «moneta» (ET, NU N.12; su moneta). È inoltre da confrontare col lat. metellus «soldato mercenario», cioè pagato con metallo o moneta (vedi etr. METELIS); è noto che gli Etruschi erano famosi come lavoratori dei metalli]. Forse è anche da confrontare con l’etr. METLVM(-Θ) (ThLE; sul Fegato di Piacenza), MEΘLUM(-T) = «(nella) lega o (con)federazione», forse col significato originario dunque di «lega metallica» (?) (TLE 99, 131; LELN 192). metro deriva dal greco métrōn «misura» ed è da connettere coi gentilizi masch. lat. Metrius, Metronius (RNG) e da confrontare con quelli etr. METRIE «Metrio» e METRU «Metronio». milite «soldato» (voce dotta), deriva dal lat. miles,-itis, già prospettato come di origine etrusca anche per il suo suff. es,-itis, come nei lat.-etr. caespes, poples, satelles,-itis; Velites (Ernout, EPhil, 46-7; DELL; DEI; ESL 103) (LICE norma 5); è da connettere col gentilizio lat. Militonius (RNG) e da confrontare con l’appellativo etr. MLIΘUN (ET, Vs 7.3) probabilmente = «inserviente, servetta» e inoltre col gentilizio masch. etr. MILIΘUNA (suff. -on-/-un-; LICE norma 7) (DETR; DICLE 115). minio «cinabro, ossido salino di piombo, rosso vivo» (voce dotta), deriva dal lat. minium (‘iberico’ secondo testimonianze antiche; DELL, DELI², Etim); che è da connettere col gentilizio masch. lat. Minius e da confrontare con quello etr. MINIE «Minio». moccio, deriva dal lat. muc(c)us, che è da connettere col gentilizio masch. lat. Mucius (RNG) ed inoltre da confrontare con l’etr. MUCUM (MUCU-M) probabilmente «moccio, sudiciume» (Liber, X 29; XI 6, 33) e inoltre coi gentilizi etr. MUCA, MUKA, MUKAI, MUKIS. Vedi MUKAN, MUX, muco. mole «edificio grandioso», «dimensione, taglia», «entità» (voce dotta), deriva dal lat. moles (finora di origine incerta; DELL, DELI²), che è da connettere coi gentilizi lat. Molius, Mulius, e probabilmente da confrontare con l’etr. MULEΘ (MULE-Θ) «nella mole, nel mausoleo» (in locativo) (ET, AT 1.109 – rec.; su sarcofago). monco-a «mutilo, mozzato-a» probabilmente deriva da una coppia *mancus/moncus, da inserire nella serie latino-etrusca cauda/coda, caulis/colis, caupo/copo,-onis, caurus/corus, plaustrum/plostrum, plautus/plotus (LICE norma 2). Cfr. caecus, luscus, mancus. mondo-a «netto, pulito, puro» (aggettivo), deriva dal lat. mundus-a; «cosmo, universo» (sost.) deriva da mundus «corredo, strumentario, acconciatura, ornamento, ordinamento, ordine cosmico, universo», il quale deriva dall’etr. MUNΘ «corredo, acconciatura, ornamento, mondo» (ET, Ta 1.182) (DELL; ESL 364). Cfr. MUNΘUX, MUNΘX «Ornatrice, Adornatrice» (una delle accompagnatrici di TURAN) (ET, AT S.1, 3, 6; OI S.38, 45, 51; su specchi) (TLE 135; LEGL 73, 84, 89; DICLE 117). monumento, deriva dal lat. monumentum, a sua volta da monēre «ammonire, avvisare, (far) ricordare» ed è da confrontare con l’etr. MUNI (ET, Cr 0.30; su sepolcro, 34 su cippo) «monumento, monumento sepolcrale, sepolcro». Vedi MUNICLAT, MUNIS, MUNISTAS, MVNATA. mora «indugio, ritardo», dimora «abitazione» (voci dotte), derivano dal lat. mora «indugio, ritardo», morari «attardarsi, trattenersi, dimorare» (finora di origine incerta; DELL, DELI², DEI s. v. mora²), che è da connettere col gentilizio lat. Murius (RNG) e probabilmente da confrontare con l’etr. MURCE «dimorò, abitò» (DETR; DICLE 117). morchia deriva dal lat. amurca, amurga «morchia delle olive», a sua volta dal greco amórgē, *amórga, ma per il tramite dell'etrusco (DELL; Palmer 63; De Simone I 132; Bonfante 89), come dimostra la diversità della vocale tonica /u/ rispetto alla /o/ del greco. Cfr. ampolla. mòro, mòra, derivano dal lat. morum (bacca del rovo e del gelso) (già prospettato come ‘mediterraneo’; DELL, DEI, AEI, DELI²) che è da connettere col gentilizio lat. Murius (RNG) e da confrontare con i gentilizi etr. MURA, MVRAS, MURI e inoltre col fitonimo protosardo mura «mòra» e col cognome Mura (OPSE 218, LISPR 156). mozzicone «pezzo, resto, rimasuglio», deriva dal lat. mutĭcus «mozz(at)o, mutilato, tronco-a» (finora di origine ignota; DELL, AEI, DELI²), il quale è da confrontare col gentilizio etr. MUΘIKU [suff. -on-/- - ů/u(n)-; LICE norma 7]. Vedi mutico. muco vedi moccio. murena (pesce vorace), deriva dal lat. muraena, murena, che è da confrontare col greco mýrhaina (finora di origine incerta; DELI²), ma probabilmente attraverso l’etrusco (DELL; ESL 217) (suff. -en-; LICE norma 5). muschio, musco, deriva dal lat. muscus, *muscŭlus «muschio, odore, profumo», che è da confrontare col greco móschos e con l’etr. MUSCE (Liber, XII 1) e infine col protosardo nuscu (OPSE 105, NVLS, LISPR 164). muscolo «organo di movimento degli animali», deriva dal lat. muscŭlus «muscolo» oppure «topolino» o infine «arsella», che è da connettere col gentilizio masch. lat. Musculeius e da confrontare quello etr. etr. MUSCLENA. muso, musone, derivano dal tardo lat. musus «muso», «grosso muso» e «ammusonito-a» (REW 5784; DELI²), che è da connettere coi gentilizi masch. lat. Musius, Musonius (RNG) ed inoltre da confrontare coi gentilizi masch. etr. MUSES, MUŚU, MUSU, femm. MUŚUNIA (suff. –ů/u(n)/-on; LICE norma 7). mutare «cambiare, variare», deriva dal lat. mutare, che è da confrontare con gli etr. MUTIN (Liber, III 13) (ET, Po 4.4; su defixio) probabilmente «che (tu) muti!, che (tu) adorni!» (esortativo in 2ª pers. sing. e plur.). Vedi MUΘ, MUTINCE, MUTINUM, MUTTI. mutico «mozz(at)o, mutilato, tronco-a», deriva dal lat. mutĭcus (finora di origine ignota; DELL, AEI, DELI²), il quale è da confrontare col gentilizio etr. MUΘIKU [suff. -ů/u(n)-; LICE norma 7]. Vedi mozzicone. mùtilo, mutilato-a «mozz(at)o, tronco-a», derivano dal lat. mutĭlus (finora di origine ignota; DELL, AEI, DELI²) che è da connettere col gentilizio lat. Mutilatus e da confrontare con quelli etr. MUTLI, MUTILATES (DETR). muto-a «che non parla», deriva dal lat. mutus, che è da connettere coi gentilizi lat. Mutius, Muttenus, Muttienus, Muttin(i)us (RNG) e inoltre con quelli etr. MUTIE, MUTIA, MUTENI, MUTENIA, MUINAL (suff. –EN-, -IN-; LICE norma 2). mutria «broncio, musoneria, malumore, silenzio» (finora di origine ignota; DEI, DELI²), che è da connettere col gentilizio lat. Mutronius (RNG) (suff. -on-; LICE norma 7) e da confrontare con quello etr. MUTRE (ET, AS 1.496). nano-a «di statura molto inferiore alla media», deriva dal lat. nanus ed è da confrontare col greco nãnos «nano» (finora di origine incerta; DELI²) ed inoltre da confrontare col gentilizio lat. Nanius (RNG) e con gli etr. NANA (TLE 478; ThLE²; su lamina di bronzo) probabilmente «nana» (femm.) (inteso con disprezzo), gentilizio masch. in genitivo NANES «di Nanio». nappa «mazzetto per ornamento, fiocco, ciuffo di peli, barbetta, pannocchia», «tovaglia dell’altare» (antico e dial.; DEI 2546), deriva dal lat. mappa, nappa «salvietta, tovagliolo, fazzoletto, drappo», che è da confrontare con l’etr. NAPER «mappe, misure terriere di superficie» (plur.) (Cippus 5, 15, 16, 24) (ET, Pe 8.10; Vt 8.1). Vedi mappa. narice, deriva dal lat. naricae (plur. interpretato come sing.; Etim), a sua volta dal lat. nares «narici» (DELL, indeur.), da connettere col gentilizio lat. Narius (RNG) ed inoltre da confrontare con quelli etr. NAREI, NARESA, NARIA, NARIES. naso, nasone, deriva dal lat. nasum ed è da confrontare col gentilizio lat. Naso,-onis (RNG), nonché col cognomen masch. etr. NASU «Nasone» (suff. -on-/-ů/u(n) (ThLE). neo deriva dal lat. naevus «neo», naevius «che ha nei» (finora di origine ignota; DELL, DELI²), che è da connettere col gentilizio Nevius (RNG) e da confrontare col gentilizio femm. etr. NEVIA (alternanza AE/E; LICE norma 1) (DICLE 120). Vedi Gneo. nepitella deriva dal lat. nepeta, nepita (Calamintha Nepeta Savi oppure Mentha silvestris L.), che è di probabile origine etrusca dato che corrisponde al nome della città etr. Nepet, Nepeta, Nepita «Nepi» (NPRA 171; ESL 267-268). Vedi teonimo Nettuno, toponimo Nepi. Nettuno (dio dell’acqua), deriva dal lat. Neptunus, che è da confrontare con l’etr. NEΘUNAŚ, NEΘUNS, NEΘUNUS (ThLE²) e forse anche con la divinità vedica Apám Nápāt, avestica Apam Napå (DELL; ESL 267-68) (suff. -un-; LICE norma 7) (DICLE 121). Probabilmente è da collegare col fitonimo nepitella, ma non se ne intravede la connessione semantica. nibbio, deriva dal lat. milvus «nibbio», tardo lat. nibŭlus (a sua volta da *milvŭlus), già prospettato come di origine etrusca (ESL 142), aggettivo milvinus; è da connettere coi gentilizi lat. Milvius, Mulvius e probabilmente da confrontare con quello etr. MULVENA (alternanza I/U; suff. -en-/-in-; uscita in -l/rvu- come negli etr.-lat. acervus, calvus, flavus, fulvus, servus, torvus; LICE norma 15) (DETR; DICLE 116). nipote, deriva dal lat. nepos,-tis (indeur.) (anche glossa lat.-etr.; ThLE¹ 416) ed è da confrontare con l’etr. NEFTS «nipote (di zio)» (ThLE, LEGL 86; TCL capo IV; DETR). Vedi pronipote. nolo, noleggio «prezzo per il trasporto su una nave», deriva dal tardo lat. naulum «nol(eggi)o», che è da confrontare col greco nãulon e col gentilizio etr. NAVLIS (lat. Navalis; RNG). noria «meccanismo rotante con recipienti per trarre l’acqua dal pozzo» deriva dall’etrusco NURIA(-L), invece sinora fatto derivare assurdamente da un vocabolo arabo «strepitare, grugnire»! norma, deriva dal lat. norma «squadra, regolo», «regola, norma, legge», a sua volta dal greco gnōmona (in accusativo, il caso morfologico più frequente), ma attraverso l’etrusco per via della notevole differenza fonetica tra i due (DELL; De Simone I 138; ESL 218; DICLE 122). notare «segnare, osservare», deriva dal lat. notare (finora di origine incerta; DELL, DELI², Etim), che probabilmente è da confrontare con gli etr. NUΘE «osserva(no)» (TCort 23), NUΘIN probabilmente «che tu noti! osservi!» (esortativo 2ª pers. sing. (Liber, X 15), NUΘANATUR (TCort 8) «osservatori, esperti, periti» (DETR; DICLE 122; GTLE cap. 3). nucleo deriva dal lat. nucleus «picola noce» ed è da confrontare col gentilizio femm. etr. NUIXLNEI «Nuclia», che corrisponde a quello masch. lat. Nuclius (RNG) (suff. -eu-; LICE norma 14). nume «dio, divinità» (voce dotta), deriva dal lat. numen,-ĭnis «cenno del capo, comando, volontà, volontà divina, divinità», il quale è da connettere col gentilizio lat. Numenius e inoltre da confrontare con quelli etr. NUMENA, NUMNA (DETR). nunzio «annunziatore, messaggero» (voce dotta), deriva dal lat. nuntius (finora di origine incerta; DELL; ESL 368, EDL), che è da confrontare con gli etr. NUNΘEN(A), NUNΘENE, NUNΘENΘ, NUNΘERI «nunzio, celebrante, orante, annunziare, pronunziare, recitare, pregare» (LEGL 120; DETR; DICLE 123). nuora «moglie del figlio», deriva dal lat. nura, nurus ed è da confrontare coi gentilizi etr. NURIA(-L), NURUS. nuovo-a, deriva dall’aggettivo lat. novus-a (indeur.; Etim), che è da connettere col gentilizio Novius, Novus (RNG) e da confrontare con quello etr. NUVE. offa (voce dotta) deriva dal lat. offa, of(f)ella, ofilla, offŭla «offa, polpetta, boccone, bocconcino» (finora di origine ignota; LEW, DELL, ThLL, DEI, DELI², Etim), che è da connettere coi gentilizi lat. Ofalius, Ofelius, Ofius, Ufelius (RNG) e da confrontare con quelli etr. UFA, UFLE, UFLE e infine con l’etr. UFLI (Liber, XI 10) probabilmente «boccone, pezzo,-etto» (di carne, che gli àuguri gettavano ai polli per trarne auspici) oppure «granello» (di sale, incenso o profumo) o infine «pasta» (suff. -ell-/-ill-; LICE norma 5) (LELN 204; DETR; DICLE 125). olio, olivo/a, derivano dai lat. olĕa, oliva «olivo, oliva», che sono da confrontare col greco eláiFa ed inoltre con l’etr. ALAIVA (ThLE² 18) «olivo-a», aggettivo sostantivato ELAIVANA, ELEIVANA «oleario, balsamario, unguentario». Vedi toponimo Olevano. ombra «oscurità prodotta da un corpo opaco», deriva dal lat. umbra (finora di incerta origine indeur.; DELL, DEI, AEI, DELI²), che è da connettere coi gentilizi lat. Umbrius, Umbrianus, Umbricius, Umbrinus (RNG) ed inoltre da confrontare con quelli etr. UMRE, UMRIA, UMRANA, UMRCIAL, UMRKE, UMRINAL (suff. -ic-, -in-; LICE norma 5) (LEGL 93; DETR; DICLE 182; TIOE 90). Vedi coronimo Umbria. orbo, orfano, derivano dai lat. orbus «orbo, privo», orphanus «orfano» (indeur.), che è da connettere col gentilizio lat. Orfius, e da confrontare con quello etr. URFA (DETR). orca (voce dotta), deriva dal lat. orca «balena», a sua volta dal greco órhyx,-ygos (óryga in accusativo, il caso morfologico più frequente) ma attraverso l’etrusco per via della notevole differenza fonetica (DELL; DEI; ESL 219; DICLE 125). orcio, deriva dal lat. urceus/m «orcio, boccale» [finora di spiegazione non chiara (DELI², Etim), ma già prospettato come di origine etrusca; Ernout, EPhil, 31, 45; ESL 276], che è da confrontare col greco hýrchē, ma attraverso l’etrusco per via della differenza fonetica. Uscita in -eu come nei lat.-etr. balteus, calceus, caseus, clipeus, culleus, cuneus, erneum, laqueus, pilleus, pluteus, puteus, runculeum (DETR; LICE norma 14) (DICLE 183). ordire, ordinare, derivano dai lat. ordiri, ordinare (finora di origine incerta; DELL, AEI, DELI²), i quali probabilmente sono da confrontare con gli etr. URΘRI (ET, Cr 8.1) forse «da ordire» (in gerundivo) (?), URΘANIKE (ET, Cr 3.21) probabilmente «eseguì, compose, plasmò» (in preterito debole) [(ET, OB 2.3; su skyphos di bucchero) MINI URΘANIKE ARANΘUR «mi ha plasmato Arrunturio»] (TLE 764; DETR; DICLE 126). orma - L’appellativo ital. ‘orma, traccia’ finora risulta di origine ignota (DELI², Etim). Esso è da confrontare col sardo ormina, olmina, omrina, urmina, irmina, immina «orma, vestigio, traccia di selvaggina», il quale quasi certamente è un relitto protosardo. Ed entrambi sono da confrontare con l’omoradicale toponimo tosc. Ormenano (TVA 35). La terminazione -ina, presente in altri relitti protosardi (esempi: cutina «pietra, roccia piatta e lunga, macigno, ammasso di rocce»; macarina, maccherina, magarina «nicchiola per ripostiglio sul muro di una capanna o d'una casa»; rusina, rosina «pioggerella, acquerugiola», ecc.) è l’elemento che si oppone decisamente a Max Leopold Wagner (DES II 194) secondo cui l’appellativo sardo deriverebbe dal corrispondente ital. ‘orma’ (che d’altronde in Sardegna esiste pure).- Dall’appellativo sardo sono derivati i verbi orminare, ormizare, urminare «seguire le orme, rintracciare», e inoltre addromare «seguire le orme, fiutare la selvaggina, cercare insidiosamente» (Dorgali, Oliena, Orgosolo in Barbagia), da ad + orma,-ina dal quale a sua volta è derivato il deverbale masch. addromu «orma, traccia, odore che lascia la selvaggina» (NVLS). orso, deriva dal lat. ursus (di parte del dominio indeur.), il quale è da connettere col gentilizio masch. lat. Ursius (RNG) e da confrontare con quelli etr. URSUS, VRZI. orzo, deriva dal lat. hordĕum (finora di etimologia confusa) (uscita in -ĕu, LICE norma 14), che è da confrontare con l’etr. HURSI(-C) probabilmente «(e) ordeaceo, (e) d'orzo». MULA HURSI «farina d'orzo» (Liber, III 2; VIII 15; XII 7) (GTLE). osceno «ripugnante, impudico, che secondo il comune sentimento offende il pudore» (voce dotta), deriva dal lat. obscenus (finora di etimologia ignota; di certo si sapeva che in origine era un termine della lingua augurale, che significava ‘di cattivo augurio’; DELI²), il quale è da connettere con l’etr. CAINE = lat. coenum «fango, melma, acquitrino, pantano» (ThLE) ed inoltre col toponimo protosardo Oschene (Bitti), Óschini/e/a «acquitrino, pantano» (suff. -en-/-in-; LICE norma 5) (Comune di Paulilàtino «palude lattiginosa», che nella prima parte traduce il toponimo protosardo), da confrontare col lat. oscen,-ĭnis «uccello di cattivo augurio». Vedi Raeti, Raetia. ostia «vittima», deriva dal lat. hostia/fostia, sinora di origine incerta (DELL), ma probabilmente etrusca (alternanza h/f, LICE norma 3). DELI²: voce dotta, lat. hostia «vittima», che fin dall'antichità si fa dipendere dal verbo hostire ‘colpire’ e anche ‘uccidere’, ma questo rapporto non è ben chiaro, per cui è preferibile ricorrere all'antica equivalenza hostire = aequare «rendere eguale» e hostia indicherebbe, quindi, propriamente ‘la vittima che serve a compensare l'ira degli dei’; un'offerta di riscatto, che cioè distingue hostia da victima nel rituale romano” (E. Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, I, Torino, 1976, pag. 69). Dal sec. IV d. C. il concetto di «vittima sacrificale» passò al «pane offerto durante la messa». L'uso imprecativo di ostia probabilmente deriva dalla consuetudine di giurare sull'ostia (Petr.): C.- T. Gossen, in RLiR XX (1956) 297 n. V. Zürcher 161 e Rheinfelder 257-270. ostile, deriva dal lat. hostilis-e (aggettivo di hostis «nemico»), che è da connettere col gentilizio lat. Hostilius; RNG) e da confrontare coi gentilizi etr. HUSTILEIA, HUSTLE (ThLE). (Con l'antiquato oste «nemico» non ha nulla da fare l'omofono oste «padrone di osteria», che invece deriva dal lat. hospes,-itis «ospite»). otre, deriva dal lat. uter, utris, che è da confrontare col greco hydrhía «vaso per acqua» e inoltre col gentilizio etr. UTRE (Cfr. DEI, AEI, DELI², Etim) (DETR; DICLE 184). palato, deriva dal lat. palatum «palato della bocca», palatum caeli «volta celeste», che è da confrontare con la glossa lat.-etr. faladum «cielo» (ThLE¹ 416; alternanza f/p; LICE norma 4) (TLE 831; DETR; ESL 292; DICLE 127). pallio «mantello di lana quadrato o rettangolare» (voce dotta), deriva dal lat. palliu(m) (finora di origine ignota; DELL, DELI²) (suff. -eu-, -iu-; LICE norma 14), che è da connettere col gentilizio lat. Pal(l)ius (RNG) e probabilmente è da confrontare col gentilizio etr PALE. palpare vedi balbuziente. pàmpino «ramo e foglia della vite», deriva dal lat. pampĭnus (suff. –in-; LICE norma 5), che è da confrontare col greco ámpelos «vite, vigna» (già prospettati come ‘mediterranei’ o ‘anatolici’; DELL; EPhIL 132; GEW; DELG) e inoltre con la glossa lat.-etr. Ampiles, Amphiles, Anpilie «maggio»: Ampiles, Amphiles Tuscorum lingua Maius mensis dicitur (ThLE¹ 415) (probabilmente = “mese di pampini”; in maggio i Lidi festeggiavano l'avvento di Bacco, dio del vino e pure della vegetazione) (LELN 205; TLE 805; LEGL 99; LIPSR 82; DETR; DICLE 128). Vedi toponimo Empoli. pancia, panza (finora di origine incerta; DELI², Etim) potrebbe derivare dall’etr. PAN(, PANCI, PANZA (ThLE²). pantano «pozza d’acqua», deriva dal lat. *pantanus [Pantanus lacus «lago di Lésina» (Puglia) (Plinio, nat. hist. III 11)], lat. mediev. pantanum, che è da connettere col tosc. pantàme, pantenna, panténnina, paltenna «pantano, fanghiglia, palude» (suff. -en(n)-; LICE norma 5) (prelatino per i DEI, AEI, DELI², Etim) e da confrontare col gentilizio etr. PANTNA, PANTNEI e inoltre col protosardo pántamu, pantámu «pantano» (LISNE 229; LELN 207; NVLS; DETR; DICLE 128). Vedi toponimo tosc. Pantenna. parco-a «parsimonioso, moderato, sobrio-a», deriva dal lat. parcus (uscita aggettivale -c- come in caecus, luscus, mancus, Tuscus, ecc.; LICE norma 16), parcēre «risparmiare, fare economia» (finora di origine ignota; DELL, AEI, DELI²), parsimonia «capacità di risparmio» (suff. -monia come nei lat.-etr. aegrimonia, cerimonia); che è da connettere coi gentilizi lat. Parcus, Parconius (RNG) (suff. -on-; LICE norma 7) e probabilmente da confrontare con l’appellativo etr. PARXIS (ThLE) «economia, amministrazione economica» (TLE 165; DETR; DICLE 129). pari deriva dal lat. par, paris «pari, paritario, uguale, patrizio-a», «compagno-a», «marito, moglie» (finora di origine ignota, ma già prospettata come etrusca; DELL; ESL 371; DELI²). (ET, Vc 1.5) [EC]A SUΘI CREICI Θ HATREN[C]U PAR PRILI «questa tomba contiene (?) Th(ania) Craecia dama, patrizia»; (Liber, VII 21) AR PAR «fa’, rendi pari!, pareggia!, equipara!». partorire «generare», deriva dal lat. parturire, parĕre (indeur.) ed è da confrontare col gentilizio masch. etr. PARΘANA (CIE 2509) (= lat. Parthanius) col greco parthénos «vergine, ragazza nubile», finora privo di etimologia (GEW, DELG, LELN 208) e infine con FARΘNAXE «fu, è stato generato», preterito passivo (TLE 278), da riportare a FARΘANA «ragazza, vergine, nubile» (TLE 583). patacca «macchia di sporco» (tosc.) (finora praticamente di origine ignota; DEI, DELI²), probabilmente da confrontare coi gentilizi etr. PATACS, PATACSNAL (ThLE). patena «piccolo disco d'oro o d'argento col quale il sacerdote copre il calice e sul quale deposita le particole dell'ostia consacrata» (voce dotta), deriva dal lat. patena «piatto, scodella», a sua volta dal greco patánē (finora di origine incerta; DELG) ed è da confrontare con l’etr. PATNA «piatto, scodella, padella». pàtera (voce dotta), deriva dal lat. patĕra, patăra «coppa, tazza», a sua volta dal greco potḗrha «coppa vinaria», ma attraverso l’etr. PATARA «patera, coppa, tazza» (alternanza a/e; LICE norma 1). (ET, OA 2.20; su patera) ICA<I> PATARA VINUMAIA «questa (è una) coppa vinaria» (LEGL 46) (DETR; DICLE 130). pàtina «strato verdastro o d'altro colore prodottosi per ossidazione su oggetti metallici» (voce dotta), deriva dal lat. patĭna «piatto, padella, scodella», a sua volta dal greco patánē, ma probabilmente attraverso l’etr. PATNA «piatto, padella, scodella» (ET, VS 6.19) e il gentilizio PATINEAL (CIE, Per. 4487) (suff. -en-/-in-; LICE norma 5) (DETR; DICLE 130). patrono «protettore, difensore», deriva dal lat. patro,-onis, che è da connettere col gentilizio lat. Patronius (RNG) e da confrontare con quello masch. etr. PATRUNI. pavimento (voce dotta), deriva dal lat. pavimentum, pavire «livellare», finora di origine oscura (DELL; DELI² s. v. pavé), che probabilmente è da confrontare con l’etr. PAVA «livellamento, conguaglio, compensazione» (TCort 5-6). pena deriva dal lat. poena «pena», che è da connettere col gentilizio lat. Poenius; RNG) ed probabilmente è da confrontare con quello masch. e femm. etr. PUINA, PUINEI «Poenio-a». pendìo «terreno ripido» (finora di origine incerta; DELI²); penta/e «pendìo ripido» (Blera, Elba), còrso penta, pentone «macigno» (suff. -on-; LICE norma 7), ital. dial. pèntima, pèndima, pèntuma, pèntoma, pèntema, pèntama «sasso, macigno, scoglio», «pendio roccioso, terreno in pendio, dirupo»; protosardo péntuma, péntumu «rupe, dirupo, anfratto, precipizio, voragine» (LELN 209, OPSE 223, LISPR), che sono da connettere coi gentilizi masch. lat. Pendius, Pentius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. PENΘE e infine con gli appellativi etr. PENΘUNA, PENΘNA «pietra sepolcrale, cippo, stele» (ThLE). penna, deriva dal lat. penna, pesna «penna, ala», «auspicio, presagio» (finora di origine oscura; DELL). (TLE 298; nella “Tomba François”), PESNA probabilmente «pittura, dipinto» (fatto col ‘pennello’), che è da connettere col gentilizio masch. lat. Pennius (RNG) ed inoltre da confrontare col gentilizio etr. PESNA; PESNA ARCMSNAS SVEAMAX «dipinto di Arcumenna Sovanese» (ThLE). pepone, popone deriva dal lat. pepo,-onis «popone, cetriolo», che è da connettere col gentilizio lat. Peponius; RNG) e inoltre da confrontare col greco pépōn,-onos e infine coi gentilizi etr. PEPUNAS, PEPNAS «di Peponio». pergola deriva dal lat. pergŭla «tettoia, capanna, loggetta, torretta, balcone, ballatoio, poggiolo, sporto» (finora di origine ignota; DELL, AEI, DELI²), che probabilmente è da confrontare col gentilizio femm. etr. PERCALINAI (DETR; DICLE 131). pernacchia/o - Il lat. perna «coscia o gamba dell’uomo», «prosciutto del maiale» ha avuto una larghissima diffusione nelle lingue neolatine, tanto è vero che è entrato e rimasto in tutte (REW 6418). Particolarmente notevole è l’ampiezza del suo sviluppo semantico nella lingua sarda, nella sua caratteristica propria di lingua popolare, importata e diffusa nell’Isola da militari romani, in genere ex-contadini. Ecco alcuni dei numerosi e vari significati che ha assunto in sardo: perra «coscia, gamba, chiappa, natica», «metà», «mezzaporta»; perra ‘e culu «chiappa, natica» (plur.) perras «cosce»; perra-perra «per metà»; frades de perra «gemelli»; una perra ‘e janna «un battente di porta»; isperrare, sperrai «spacare in due», isperrache «(frutto) spiccace»; imperriare, imperriài «stare a cavallo di un filare o di una riga», «scavalcare», «inciampare»; perricare «riuscire a giungere, arrampicarsi», «contendere, contrastare» (log., camp.) (NVLS). Il lat. perna viene accostato al greco ptérna «coscia» e viene considerato come probabilmente indeuropeo; DELL, DELG). Ed esiste pure fra i relitti della lingua etrusca, ma come gentilizio: PERNA, PERNAL, PERNEI (ThLE² pag. 305.). Ciò premesso dico che l’appellativo italiano, di forte significato volgare e triviale, pernacchia, pernacchio deriva per l’appunto dal lat. perna «coscia». Il significato comunemente attribuito dai vocabolari a questo appellativo è suppergiù questo: «Suono volgare che si produce emettendo un forte soffio d’aria tra le labbra serrate, talvolta con la lingua interposta, più spesso premendo la bocca col dorso o col palmo della mano, in segno di disprezzo o di derisione» (Vocabolario Treccani). E il Grande Dizionario della Lingua Italiana di S. Battaglia aggiunge «in modo da produrre un rumore simile a quello della scorreggia». Orbene - osservo e concludo - la scorreggia si fa con la stretta delle “cosce” o delle “chiappe” e dunque possiamo concludere che la pernacchia si fa con la stretta delle labbra in maniera simile a come si fa la scorreggia con la stretta delle “cosce” o delle “chiappe”. E non è finita: tutti i suonatori di trombe suonano il loro strumento producendo con le labbra una serie di ‘pernacchiette’ .... Risulta pertanto dimostrato che il triviale appellativo pernacchia/o deriva dal lat. perna «coscia» o, meglio, da un suo derivato *pernacŭla/um. Invece tutti gli odierni vocabolari italiani fanno derivare il nostro appellativo dal lat. verna «schiavo nato in casa» e precisamente da vernacŭlus «casalingo, domestico-a». Senonché questa derivazione implica parecchie difficoltà, sia di carattere fonetico sia di carattere semantico, per cui va eliminata dai nostri vocabolari. persillo «paletta rituale di bronzo» (voce dotta), deriva dal lat. persillum (finora di origine ignota; DELL) che è da confrontare con l’etr. PERSIE «persillo» (ET, Pe 3.1; su paletta rituale bronzea) e inoltre col gentilizio etr. PERZILE (TLE 622; LEGL 146; DETR; ESL 372) (suff. –ill-; LICE norma 5). persona, deriva dal lat. persona «maschera, attore, personaggio», a sua volta dall’appellativo etr. ΦERSU (ET, Ta 7.4, 11) «attore, personaggio» (alternanza P/Φ; LICE norma 4), che è da confrontare col gentilizio femm. etr. PERISNEI probabilmente «Personia» (= lat. Personius; RNG). Per spiegare esattamente l’esito fonetico dell’appellativo latino si deve supporre che quello etrusco venisse pronunziato con la vocale -U nasalizzata -ů (LEGL § 11). C’è inoltre da precisare che non è vero che l’appellativo etrusco derivi da quello greco prósōpon «faccia, viso, aspetto», come molti sono soliti sostenere; è infatti possibile una influenza tra i due appellativi per una semplice associazione di idee (DELL). D’altronde non mancano discrepanze tra i due, sia fonetiche sia semantiche (ThLE). peste deriva dal lat. pestis «peste» (finora di origine ignota; DELL, DELI², Etim), che probabilmente è da confrontare col gentilizio etr. PESTIU, PESTU (DETR; DICLE 132). Vedi però bestia. peto «scorreggia», deriva dal lat. paetus (finora di origine incerta; DELL, DELI², Etim) che è da connettere col gentilizio lat. Paetius (RNG) e inoltre da confrontare col gentilizio masch. etr. PAIΘE «Paetio». Vedi inoltre PAITES, PEΘES, PETAS, PEIΘE (ThLE). piatto-a (aggettivo), deriva dal lat. plautus, plotus «piatto, largo», «dai piedi piatti» (di probabile origine etrusca; ESL 143); è da connettere coi gentilizi lat. Plautius, Plautus, Plautianus, Plotius, Plotus (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. PLAUTE, PLAVTE, PLAVTANA. Per l’alternanza au/o cfr. lat. cauda/coda, caulis/colis, caupo/copo,-onis, caurus/corus, plaustrum/plostrum (LICE norma 2) (LELN 216; TLE 585; DETR; DICLE 135). piàttola vedi blatta. piazza deriva dal lat. platĕa ed è da connettere col gentilizio lat. Plat(t)ius (RNG) e inoltre da confrontare con quello femm. etr. PLATIA (suff. -ea/-ia; LLE norma 14) e infine col greco platẽia. Vedi però blatta. pietra, deriva dal lat. petra «pietra, rupe, roccia, scoglio», che è da connettere col gentilizio lat. Petreius (RNG) e inoltre da confrontare col greco pétra (finora di origine ignota; GEW, DELG, DELI², Etim) e col gentilizio, masch. e femm., etr. PETRA (ET, Ad 2.23; su vaso) «*Petrio-a» e infine coi protosardi pedrìssa «sedile di pietra», pedràghe «pietraia», predàqe, pradèra, pràdike «pietraccola» (trappola costituita da una lastra di pietra messa in bilico per scattare) (suff. –ake, -ike; LICE norma 5). Toponimo Petruncas (Bitti). (LELN 212, OPSE 117, LISPR 173). Vedi PETRU. pileo (voce dotta), deriva dal lat. pilĕus, pillĕus/m «pileo, berretto frigio», «copricapo rituale dei sacerdoti etruschi», di origine etrusca per motivi sacro-culturali e per l’uscita -eu- come nei lat.-etr. balteus, calceus, caseus, clipeus, culleus, cuneus, erneum, laqueus, puteus, runculeum, urceus (ESL 39; LICE norma 14) (DICLE 134). pino, deriva dal lat. pinus «pino», pinaster «pino silvestre» [suff. -st(r)-; LICE norma 5] (secondo me finora di origine incerta); che è da connettere col gentilizio lat. Pinius (RNG) e inoltre da confrontare coi gentilizi etr. PINAIAL, PINI, PINIE (DICLE 134). pio-a, deriva da lat. pius-a-um «pio, pietoso, devoto» (finora di origine incerta; DELL, DELI², Etim), che è da connettere col gentilizio lat. Pius (RNG) e inoltre da confrontare col nesso funerario etr. PIA ME-[-] probabilmente «di pia memoria». piolo, pirolo, pirone «pezzo di legno appuntito, cavicchio, perno», (finora di origine incerta; DEI, AEI, DELI², Etim), che sono da confrontare col greco pẽirhos «cavicchio», peirhá «punta di spada o lancia» (Eschilo, Ch. 860) e inoltre col protosardo piru «chiodo di legno, cavicchio, piolo, perno», accrescitivo pirone, diminutivo pireddu, piroddu, pirottu; toponimi Pirillu/o (CSPS 348, CSMS 209, 250, 272), Piriddi, Piriddu (Sennariolo), Piriddolu (Arzachena), Biriddi (Orgosolo), Biriddo (Dorgali), Iriddo (Bottidda), Birilà (Nughedu San Nicolò), Birilài (Bitti), Bìrori (localmente Bìroli, antico Birole; Comune di B.), Birolò (Siniscola); Bìrolo e Biralò (Buddusò), Biriolè (Anela) (ossitonia, suffisso, suffissoide probabilmente relitti protosardi (OPSE 224, LISPR). plancia «ponte di comando delle navi», deriva dal tardo lat. planca «tavola, asse» (finora di origine incerta; DELL, DELI², Etim), il quale è da connettere col gentilizio lat. Plancius; (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. PLANCE «Plancio». platano ‘albero delle amamelidali con foglie palmate e infruttescenze globose avvolte da peluria’ (voce dotta), deriva dal lat. platanu(m), greco plátanos (finora di origine incerta; DELI²) che forse è da connettere col gentilizio lat. Plautianus (RNG) e inoltre da confrontare col gentilizio masch. etr. PLAVTANA(-S) «(di) Plautianio» (?). plauso «applauso, consenso», deriva dal lat. plausus (di probabile origine etrusca; ESL 142), che è da connettere col gentilizio lat. Plausurnius (RNG) (suff. -rn-; LICE norma 9) e inoltre da confrontare con quello etr. PLAUSA (DICLE 135). plaustro «carro da locomozione a due ruote» (voce dotta), deriva dal lat. plaustrum, plostrum (di probabile origine etrusca; ESL 81), il quale è da confrontare col gentilizio etr. PLAUTRI, PLAUTRIA (per la caduta della S impura cfr. CRUTMUS, KALATRU, ŚELVAΘRE; per l’alternanza au/o cfr. cauda/coda, caulis/colis, caupo/copo,-onis, caurus/corus, plautus/plotus (LICE norma 7) (TLE 122; DICLE 135). plebe (voce dotta) deriva dal lat. plebs, plebes, pleps (finora di origine incerta, ma già prospettata come etrusca; DEI s. v. pieve; AEI; DETR; ESL 143), che è da connettere con l’appellativo etr.-lat. populus, poplus «popolo» e aggettivo publicus «pubblico» e inoltre da confrontare col gentilizio etr. PUPLA, PUPLI, PUPLIE. Per l’alternanza e/u cfr. le coppie lat.-etr. Cuperius/CUPURE, Leucander/LUVCATRU, Mamercus/MAMURCE, Plexin(n)a/PLUΧSALU, Sentilius/SUNTLNA, Siternius/SIΘURNA, Subulnius/ŚUPELNA, Tecumen(i)us/TECUMUNI, Usulen(i)us/USELNA, Vulca/VELCA, Vulcanus/VELX(ANS), Vulcasius/VELKASNA, Vulcius/VELXIE, Vulturius/VELΘURIU (DETR; DICLE 135). pleura deriva dal lat. mediev. pleura e dal greco pleurhá «costa, fianco» (sinora di origine incerta; DELI²), che è da confrontare col gentilizio etr. PLEURA e col nome dell'antica città etr. Bl(a)era, nel Viterbese. plinto (voce dotta) «parte inferiore della base della colonna o del pilastro», in araldica, «piccolo quadrilatero di metallo o colorato», deriva dal lat. plinthu(m), greco plínthos «mattone», finora d'etimologia incerta (DELI²) forse è da confrontare col gentilizio etr. PLI[N]TINE (ThLE² 312) (?) e inoltre coi toponimi Blentina (TVA 23), Biéntina. pluteo (voce dotta), deriva dal lat. plutĕus/m «riparo, schermo, pannello, barriera, balaustra», «macchina di difesa a forma di paravento», «leggio» (finora di origine ignota, ma già prospettato come etrusca; DEI; AEI; Etim; DELL; ESL 39), il quale probabilmente deriva dall’appellativo etr. PLUTI(-M) (Liber, X 19) «(e) alla barriera o balaustra» oppure «(e) al leggio» (in dativo). Vedi il gentilizio lat. Plutius (RNG) e quello etr. PLUTE, PLUTIA. Per l’uscita in -eu- cfr. i lat.-etr. balteus, calceus, caseus, clipeus, culleus, cuneus, erneum, laqueus, pilleus, puteus, runculeum, urceus (LICE norma 14) (DETR; DICLE 136). polmone deriva dal lat. pulmo,-onis, a sua volta dal greco pléumon,-onos, ma probabilmente attraverso l’etrusco per via della differenza fonetica (DEI 3005); cfr. infatti il gentilizio etr. FELMV, FELMUI = lat. Fulmonius, Pulmonius (RNG) (alternanza P/F; suff. -on-/-ů/-u(n)-; LICE norme 1,7) (DETR). polpa, polpaccio derivano dal lat. pulpa (anche quella di un frutto e del legno) (finora di origine ignota; DELL, DEI, DELI²), che è da connettere coi gentilizi lat. Pulpatius, Pulpidius (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. PULPAE, PULPANEI, e infine col tosc. polpastrello [suff. -st(r)-; LICE norma 5] (LELN 222; DETR; DICLE 141). Vedi pòplite. polta «farinata, polenta, minestra», deriva dal lat. puls, pultis, pultes, a sua volta dal greco póltos (indeur.; VWIS, IEW) ma attraverso l'etrusco, come dimostra la diversità delle rispettive vocali toniche (DELL; DELG; De Simone I 140; ESL 223). Cfr. Clusinae pultes «farinata di Chiusi» (città etrusca) (Marziale, XIII, 8; Columella, RR., II, 6, 3); poltiglia, deriva dal lat. pulticŭla; che è da connettere col gentilizio lat. Pulto,-onis, e inoltre da confrontare con quello etr. PULTU (suffissi -ic-; -on-/-ů/-u(n)-; LICE norme 5,7) (LELN 223; DICLE 141). pomo «mela e in generale ogni frutto tondo», deriva dal lat. pumum, pomus «albero da frutto e ogni frutto tondo» (alternanza o/u; LICE norma 1), che è da connettere col gentilizio Pomius (RNG) e inoltre da confrontare con quello masch. etr. PUMA (PU/MA) probabilmente «Pomio» (ThLE). pompa (di Genova) (agrume) (tosc., finora di origine incerta; GDLI XIII), che è da confrontare col protosardo pumpìa, pompìa «cedro, pomo d'Adamo» (Citrus medica, Citrus paradisi L.) e inoltre coi gentilizi lat. Pompius, Pompilius, Pomplius, Pomponius (RNG) e infine da confrontare con quelli etr. PUMPIAL, PUMPLIAL(-Χ), PUMPU, PUMPUNI [suff. -on-/- ů/-u(n)-; LICE norma 7]. Il lat. Pomponius è stato riportato all'osco-umbro pomp-, pump- «cinque», col significato di Quintus (filius); senonché l’antichità e l’alta frequenza di questo gentilizio e dei suoi derivati nelle iscrizioni etrusche ci spingono invece a richiamare sia il tosc. pompa di Genova, sia il protosardo pumpìa, pompìa (OPSE 225; LIPSR 174; DETR; DICLE 136, 137; TIOE 88). Vedi toponimo Pompei. ponte deriva dal lat. pons, pontis «ponte, passerella», diminutivo ponticulus; che sono da connettere coi gentilizi lat. Pontius, Ponten(n)ius, Pontin(n)ius, Pontulenus (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. PONTIA (in alfabeto lat.; ThLE¹ 386), PUNTNA, PUNTLNAI e infine con gli appellativi protosardi pontìca, póntighe, pontìddu, pontìnu, pontalìnu, pontrìcca «passerella costituita da un tronco oppure da una fila di pietre fra le rive di un ruscello» (dal lat. ponticula), toponimi Póntidda, Puntagu, riu Pontissi (riu «rivo») (accento e suffissi protosardi) (OPSE; LIPSR) [suffissi -en(n)-/-in(n)-; -ic-; LICE norma 5]. Rifiuto la connessione vulgata del lat. pons con vocaboli indeur. indicanti «via» e «mare» perché essa lascia moltissimo a desiderare sul piano semantico (DETR; DICLE 137). Vedi toponimo Paludi Pontine. poplite «parte posteriore del ginocchio» (voce dotta), deriva dal lat. poples,-ĭtis «garretto, polpaccio», finora di origine ignota, ma già prospettata come etrusca per il suo suff. es,-ĭtis, come nei lat.-etr. caespes, miles, satelles,-ĭtis; Velĭtes (Ernout, EPhil, 46-47; LICE norma 5). A mio avviso è corradicale con l’appellativo polpa, polpaccio (vedi). popolo, deriva dal lat. popŭlus, poplus «popolo, gioventù in armi» (finora di origine incerta, ma già prospettata come etrusca; DEI; ESL 314-318); il quale è da connettere coi gentilizi lat. Popellius, Popil(l)ius, Popleius, Poplilius, Popilianus, Populenus (RNG 474) e inoltre da confrontare con quelli etr. PUPLA, PUPLI, PUPLIE, PUPLIANA, PUPLINA/E, PUPLNA (suff. -EN-/-IN-; LICE norma 5). Tito Livio usa l’appellativo populi per indicare le dodici città confederate dell’Etruria (DETR; DICLE 138). Vedi plebe, pubblico, toponimo Populonia. popone vedi pepone. poppa¹, deriva dal lat pupa, *puppa «poppa, mammella, capezzolo» (di origine imitativa; Etim), che è da confrontare col gentilizio femm. etr. PUPAIAS «di Poppea». (ET, Cr 2.34, 35 - 7:3; su vasi) [MI] PUPAIAS KARKANAS ΘINA, MI PUPAI[A]S ΘINA KAR[K]ANAS «io (sono l') olla di Poppea (figlia) di *Carcanio». Vedi poppa². poppa² «parte posteriore di una imbarcazione» (che assomiglia a una mammella femminile), deriva dal lat. puppis (accusativo -em/-im, ablativo –e/-i; LICE norma 19). Vedi poppa¹. porco, deriva dal lat. porcus «porco, maiale» (indeur.), che è da connettere coi gentilizi lat. Purcius, Porcius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. PURCIUŚ, PURCE(-SA) (ThLE²). pornografo «autore di scritti o disegni di contenuto osceno, relativi alle meretrici o prostitute», deriva dall’appellativo greco composto di pórnē «meretrice» [dal verbo difettivo pérnemi «(io) vendo», d'origine indeur.)] e -gráphos «-grafo», il quale è da confrontare col gentilizio, masch. e femm, etr. PURNI, PURNEI, PVRNEI. posca «acqua temperata con aceto» (tosc.), deriva dal lat. posca, pusca «bevanda composta di acqua, aceto e uova» (finora di origine oscura; DELL, DEI), che è da confrontare col gentilizio masch. etr. PUSCA (alternanza u/o; LICE norma 1) (DETR; DICLE 142). pozzo, deriva dal lat. putĕus «pozzo», putĕal «puteale, parapetto di un pozzo», «palizzata per recingere un luogo ritenuto sacro» (già prospettati come di origine etrusca; DELL; Ernout, EPhil, 26, 29, 43; DEI; LET; ESL 378), che sono da confrontare col tosc. pozzànchera, pozzànghera (finora non spiegato), toponimo Pozzàcchera (TTM 355); uscita in -eu, come nei lat.-etr. balteus, calceus, caseus, clipeus, culleus, cuneus, erneum, laqueus, pilleus, pluteus, runculeum, urceus (LICE norma 14). preconizzare «predire» (voce dotta), deriva dal lat. (mediev.) praeconizare «vaticinare», a sua volta dal lat. praeco, proecho,-onis, praecia «araldo, banditore» (finora praticamente di origine ignota; DELL, DEI 3054), che sono da connettere coi gentilizi lat. Praecius, Prec(c)ius (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. PRECU, PREXU, PRECUNIA (alternanza ae/e, suff. -on-/-ů/-u(n)-, uscita masch. -A; LICE norme 1,7,13) (TLE 619; LELN 220; DETR; DICLE 139). prisco-a «antico, primitivo-a», deriva dal lat. priscus-a-um, che è da connettere col gentilizio masch. lat. Priscius, Priscus (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. PRISCE «Prisc(i)o» (ThLE). prodigio «portento, evento miracoloso», deriva dal lat. prodigium (finora di origine ignota; DELI²), il quale è da confrontare con l’etr. PURΘNE «presago, interprete, indovino, profeta, addetto ai vaticini». profano-a vedi fanatico. pronipote deriva dal lat. pronepos,-otis «pronipote» ed è da confrontare con gli etr. PRUMAΘNE, PRUMAΘŚ, PRUMS «pronipote». Proserpina, deriva dal lat. Proserpina, a sua volta dal greco Persephónē, ma attraverso l’etr. FERSIPNAI/EI (De Simone I 139) (alternanza p/F; suff. -in-; LICE norme 4,5) (DETR; DICLE 140). pruno, prugna «prùgnolo, susino-a» (pianta e frutto), deriva dal fitonimo lat. prunum «pruno» (probabilmente ‘fitonimo mediterraneo’; NPRA; DELI²), che è da confrontare col gentilizio etr. PRUNINI (ThLE). pubblico-a, deriva dal lat. publicus-a, antico poplicus, che è da connettere coi gentilizi lat. Publius, Publianus, Publienius, Publienus (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. PUPLA, PUPLI, PUPLIE, PUPLIANA, PUPLINA/E, PUPLNA (suff. -IC-, -EN-/-IN-; LICE norma 5) (TLE 605; DETR; ESL 314; DICLE 140). Vedi plebe, populo. pugno «le dita della mano strette e suo ceffone», deriva dal lat. pugnus, che è da connettere col lat. pugna «battaglia» e pugnare «combattere» (indeur.) e da confrontare col gentilizio etr. PUCNA, PVCNA (ThLE²). puro-a «lindo, mondo, pulito-a», deriva dal lat. purus-a (indeur.; DELL, DELI², Etim), che è da connettere col gentilizio lat. Purius (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. PURE, PURAL, PURIIAS, ΦURIS «Purio-a», PURATU(-M «(e) purificato» (participio). Quirite (voce dotta), deriva dal lat. quiris, curis «asta, lancia» (finora di origine ignota; LEW, DELL, ThLL, ESL 122), Iuno Quiritis vel Curitis = «Giunone Astata», cioè ‘armata di lancia’ [StEtr VII 390; EPhIL 34; ThLL, Nomina Propria s. v. Cur(r)itis; da cui Quirites «armati di asta», cittadini cioè che si presentavano all'assemblea muniti di asta come segno del loro essere liberi e in possesso di tutti i diritti (cfr. Tacito, Germ., 11)], il quale è da confrontare col gentilizio etr. KURITIANA (sec. VII), probabilmente teoforico in onore della dea etrusca. La probabile derivazione del lat. quiris, curis da un vocabolo etrusco è confermata dai suoi irregolari accusativo curim e Iunonem Curitim (Paolo-Festo 43 L, 49 M) e ablativo curi (LELN 121, TLE 482; DETR; DICLE 74; LICE norma 19). Probabilmente è da connettere con curia (vedi). radio, raggio, derivano dal lat. radius, radia «spina, saetta, punteruolo, raggio» (finora di origine ignota; LEW, DELL, AEI, DELI²), che sono da confrontare con gli etr. RAΘLΘ «Radiante, Saettante» (epiteto di Apollo; M. Pittau, SCIE 1607) e RAΘIU, da confrontare col lat. ratio,-onis «conto, bilancio, inventario, ragione»; glossa lat.-etr. radia «smilace aspra» (= ‘rovo canino’) (suff. –ů(-on; uscita -iu, ia; LICE norme 3,14) (ThLE¹ 418) (LELN 224; TLE 849; LIPSR 176; DICLE 144). rantolo, rantolare - L’appellativo ital. ràntolo «respiro ansimante proprio degli agonizzanti», «rumore polmonare prodotto dal passaggio dell'aria nelle vie respiratorie quando in esse è presente un essudato», non è stato fortunato per nulla nella storia delle ricerche, quelle che compaiono nei vocabolari etimologici. Qualcuno di questi infatti lo rimanda al “fondo germanico” (si fa spesso così, quando non si riesce a trovare una etimologia almeno “probabile”); qualcuno lo presenta come “onomatopeico” (ma è troppo poco dato che in moltissimi altri vocaboli di tutte le lingue è di certo presente anche una generica componente onomatopeica); qualcun altro si limita ad affermare che è di “area toscana e settentrionale” (ancora troppo poco!); ed altri due vocabolari etimologici non lo citano neppure. Due soli vocabolari italiani, Il nuovo etimologico di M. Cortelazzo e M. A. Cortelazzo, e l’Etimologico di Alberto Nocentini affrontano veramente il problema. Il primo scrive testualmente «voce. onomatopeica della famiglia di rant- (C. Merlo in RIL LXXXVI [1953] 417 con numerosi riscontri nei più vari dial. italiani.; che l'antico ital. ranto sia deverbale di *rantare è meno plausibile di una falsa riduzione da rantolo sentito come diminutivo). Per Alessio, Nuove Post. “presuppone un rant- che sembra ben continuare il lat. ramites ‘bronchi’ (Plaut. Mer. 138, Poen. 540) ... La voce è di fonetica settentrionale (per la sincope) e sarà giunta in Toscana dall'Emilia (rant är, rántul)”. L'ipotesi del Regula (Om. Rosetti 742) di un incrocio fra brontolare e la base onomatopeica ra(n)k- è ancora più discutibile», ma restando gli autori sostanzialmente scettici. Il secondo rifacendosi al settentrionale maràntola «incubo notturno», ma sostenendo la sua tesi con una lunga e complicatissima spiegazione. Secondo il mio parere l’appellativo ràntolo (dal quale io faccio derivare il verbo rantolare e non il contrario) è di origine etrusca. Lo dimostra in maniera chiara il gentilizio femm. RANΘULA, RANΘVLA «Ràntula», il quale evidentemente significava «rantolona, russatrice». Per questa tesi abbiamo una conferma nel gentilizio latino Rantulanus (RNG), che evidentemente significava anch’esso «rantolone, russatore». E ne deriva anche una importante conseguenza: l’usatissimo prenome o nome personale femm. etr. RAMΘA, RANΘA in effetti era l’’ipocoristico’ o il diminutivo-vezzeggiativo di RANΘULA, RANΘVLA, significando pertanto «rantoloncina, piccola russatrice». rapa (ortaggio), deriva dal lat. rapa (finora di incerta origine indeur.; DELL, AEI, DELI², Etim), che è da confrontare con l’etr. RAPA «rapa» (TCap 24, 31) (che entrava in ampia misura nell’alimentazione degli antichi e che aveva qualche nota di sacralità o di magia, dato che in cielo continuava a mangiare le rape lo stesso Romolo) (LELN 226; DETR; DICLE 145). Vedi toponimi tosc. Ràpale, ligure Rapallo. rauco-a, raucedine, derivano da lat. raŭcus, raucedo,-ĭnis, ravis «raucedine» (accusativo in –im; LICE norma 19), che è da connettere con l'antroponimo etr. RACVENTU, RAQUVENΘUS, RAQ[U]NΘIA «*Racuventonia»; tutti di lontana origine onomatopeica. Vedi toponimo Ravenna. raviolo «pezzetto di pasta all'uovo con ripieno di verdura, ricotta, carne o altro» (in specie al plur.) (finora di origine oscura; DELI²), che è da connettere col gentilizio lat. Ravius (RNG) e inoltre da confrontare coi gentilizi etr. RAUE, RAVE, RAVIA. rene (organo del corpo umano), deriva dal lat. renes «reni, fianchi, lombi, costato» (plur.) (finora di origine oscura; DELI², Etim), da confrontare con l’etr. RENEΘI probabilmente «nel fianco o a lato» (in locativo). (ET, Pe 8.4; Cippus b 7) ŚPELANEΘI ... ŚPELΘI RENEΘI «nella cripta sepolcrale (posta) a fianco». RENS probabilmente «del rene, costato, fianco, lato, lombo» (in genitivo) (ET, Ta 8.1) e che pertanto sarà entrato nel latino attraverso la lingua degli aruspici etruschi. resina ‘materia plasticante’, è probabile che derivi direttamente dall’etrusco, dato che corrisponde ai gentilizi etr. RESNA, REISNA. Per la diversità dell’accento tonico rèsina non può derivare dal lat. resīna (che è ritenuto di origine preindoeuropea dai DELL, DELI², Etim) (DICLE 146). resta vedi arista. rete, deriva dal lat. rete, retis (finora di origine oscura; DELL, DELI², Etim) da confrontare con l'etr. RETEE (ThLE²) e inoltre col protosardo ret(t)i, rethi, tet(t)i (masch.) «clematide cirrosa», «fiammola», «vitalba» (Clematis cirrosa, C. flammula, C. vitalba L.) (la pianta costituisce veramente una “rete” stesa fra le altre piante che intralcia il passaggio). Difficoltà fonetiche impediscono la sua derivazione dal vocabolo latino. rìcino, fitonimo deriva da quello lat. ricinu(m) (pianta arbustiva o erbacea delle Euforbiali, frutto a capsula spinosa, grossi semi da cui si estrae un olio purgativo e un lubrificante industriale’, ma propriamente = ‘zecca’ «sorta d'insetto, che molesta spesso le capre» e talvolta anche l’uomo), nome dato alla pianta per la forma dei suoi semi (finora di origine ignota; DELI², Etim), probabilmente è da confrontare col gentilizio etr. REICNA (ThLE² 344) ed inoltre col toponimo tosc. Riècine (TTM 33). riddena, ridenna vedi artena. roncola, deriva dal lat. runculĕum «roncola, falce» (sinora di origine incerta; DELL), che è da connettere col gentilizio lat. Runculanius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. RUNXLVIS. Uscita in -eu come nei lat.-etr. balteus, calceus, caseus, clipeus, culleus, cuneus, erneum, laqueus, pilleus, pluteus, puteus, urceus (LICE norma 14) (DETR; DICLE 148). Vedi toponimo tosc. Roncólla (TVA 45). ruca (ruchetta, rùcola) (erba mangereccia), deriva dal lat. eruca, uruca «ruca», col significato basilare di ‘erba pelosa’ (finora di origine ignota; DELL, AEI, DELI², Etim), che è da connettere col gentilizio lat. Erucius (RNG) e da confrontare con quello etr. ERUCAL (ERUCA-L in genitivo). Vedi eruca «bruco». rufo-a, deriva dal lat. rufus-a «rosso, rossiccio-a» (specialmente dei capelli, con una forte connotazione negativa constatabile nell’ital. ruffiano-a «mezzano-a» (sinora di origine ignota; Etim), che è da connettere col gentilizio lat. Rufius, Rufus (RNG) ed inoltre da confrontare con quelli etr. RUFE, RUVFE, RAUFE, RAUHE (ThLE). rupe «roccia, roccia scoscesa», deriva dal lat. rupes, rupex,-ĭcis, rupico,-onis «roccia, roccione», rupina «pietraia», *rupestris-e «rupestre»; che sono da connettere col gentilizio lat. Rupius (RNG) (a mio giudizio la connessione col lat. rumpere «rompere» è da respingersi) e inoltre da confrontare coi gentilizi etr. RUPENIAL, RUPŚTNAS [suff. -IC-, -ON-, -IN-/-EN-, -ST(R)-; LICE norma 5] (DETR; DICLE 148). rurale «campestre», deriva dal lat. rus, ruris «campagna» (forse di origine indeur.; Etim), ruralis-e «campestre, campagnolo-a», che è da connettere col gentilizio lat. Rurius e inoltre da confrontare con quelli etr. RUS, RUSTICE (ThLE²). rusco «pungitopo», deriva dal tardo lat. ruscus/m (‘fitonimo mediterraneo’ per il DEI); che è da connettere coi gentilizi lat. Ruscius, Roscius (RNG) ed inoltre è da confrontare col gentilizio etr. RUSCI (DETR; DICLE 148). Cfr. alaterno, alno cedro, ruta, ecc. rustico-a «campagnolo-a, campestre», deriva dal lat. rustĭcus, che è da connettere coi gentilizi lat. Rusticanius, Rusticeius, Rusticelius, Rusticellus (?), Rusticilius, Rusticinius, Rusticius, Rusticus, Rustius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. RUSTICE (ThLE). ruta (pianta perenne delle Terebintali), deriva dal lat. ruta, che è da connettere col gentilizio lat. Rutius (RNG) e inoltre è da confrontare con l’etr. RUTA (ThLE) e col greco rhytḗ, quasi certamente di matrice ‘mediterranea’, come molti altri fitonimi. Cfr. alaterno, alno, cedro. rutilo-a, rutilante «rosso fulvo» (voce dotta), deriva dal lat. rutĭlus «rosso, rossiccio» (finora di spiegazione incerta; DELL); che è da connettere coi gentilizi lat. Rutilus, Rutilenus (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. RUTILE, RUTELNA, RUTLNI (suff. -EN-; LICE norma 5) (TLE 155; DETR; DICLE 149). salamoia, deriva dal lat. sal, salis «sale» + muria/es (quest’ultimo finora di origine ignota; DELL, DELI², Etim), che è da connettere col sardo mùria, murja, mùrgia, murza «salamoia» (cfr. cognome sardo Muria, Murgia, Muglia; DICS) e inoltre col gentilizio lat. Murius (RNG) e infine da confrontare con quello femm. etr. MURIA, MURIIA (DICLE 11). Salii, Sacerdoti Salii della città etrusca di Veio (voce dotta), i quali effettuavano le loro processioni con saltelli (forse come i figuranti del carnevale di Mamoiada, in Sardegna), vocabolo da confrontare coi gentilizi etr. ŚALI, ŚALIE, SALE e inoltre col lat. salire «saltare» (di dubbia formazione indeur.; DEI, AEI, DELI², Etim). Vedi saltare. salina «sito di estrazione del sale», deriva dal lat. salīna, che è da connettere coi gentilizi lat. Salinius, Salinator e inoltre da confrontare col gentilizio etr. SALINA( (suff. –IN-; LICE norma 5). salistio «specie di carice» (Carex pendula L.) (tosc.) (fitonimo ‘mediterraneo’ per il DEI 3313, 3319), probabilmente è da connettere col gentilizio lat. Sallustius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. SALUSTI (suff. -ST-; LICE norma 5) (DETR; DICLE 151). Cfr. ruta. saliva ‘liquido incolore, filante, prodotto dalle ghiandole salivari e riversato nella bocca’, finora di origine incerta (DELI², Etim), ma probabilmente etrusca in virtù dell’uscita -ua -va, come gli etr.-lat. belva, caterva, larva, malva, silva, Capua, Ilva, Mantua, Menerva, Padua (LICE norma 15). saltare, deriva dal lat. saltare (frequentativo del lat. salire), che è da connettere coi gentilizi lat. Salt(i)us, Saltinius, Saltorius, Saltuinus (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. SALTU (ThLE). Vedi Salii. salvia (erba aromatica usata in cucina e nella medicina popolare (indeur.) è da connettere col lat. salvus-a «salvo, sano-a» (indeur.) e col gentilizio Salvius e inoltre da confrontare con quello etr. ŚALVIA, SALVIES. sangue, deriva dal lat. sanguen, sanguis,-ĭnis (finora di origine ignota; LEW, DELL, DELI², Etim), che è da confrontare con l’etr. SANXUNETA (SANXUNE-TA) probabilmente «il Sanguinario», con l'articolo determinativo enclitico (LEGL 107). (ET, Vs 4.8 – 3/2; su cippo votivo) SELVANS / SANΧUNETA / CVERA «Silvano / il Sanguinario / ex voto» (Silvano era ritenuto "avido di sangue"). sansa (polpa delle olive torchiate), deriva dal lat. sansa, sampsa (finora di origine ignota; AEI, DELI², Etim), da confrontare coi gentilizi etr. SANSINA, SANSNA (DETR; DICLE 152). santerna «crisocolla» (lega metallica) (voce dotta), deriva dal lat. santerna (già prospettato come di origine etrusca; ESL 273), che forse è da confrontare con gli etr. ZAMAΘI «oro», ZAMΘIC, ZAMTIC «aureo». Per il suff. -rn- cfr. lat.-etr. basterna, caverna, cisterna, fusterna, lacerna, lucerna, nassiterna, taverna (LICE norma 9) (DETR; DICLE 152; GTLE cap. 1). sapone ‘detergente di sale alcalino di acidi grassi con elevata quantità di carbonio», deriva dal lat. sapo,-onis «sapone», a sua volta derivato non da un ipotetico gallico *saipōn, bensì dagli etr. SAPU, SAVPUNIAS (suff. -on-/-ů/ u(n); LICE norma 7) (TLE 504; ET, Cl 1.2358, 3.3). sarda, sardina (pesce abbondante nelle coste della Sardegna), deriva dal lat. sarda, sardīna ed è da connettere col gentilizio lat. Sardius e col cognomen Sardus (RNG) e inoltre è da confrontare con l’etr. ZARTA probabilmente «Sard(i)o», gentilizio masch., in origine cognomen = «Sardo», ‘nativo della Sardegna’ (ET, Cl 1.1763). satellite, deriva dal lat. satelles,-ĭtis «accompagnatore, guardia del corpo», già prospettato come di origine etrusca anche per il suo suff. es,-ĭtis, come nei lat.-etr. caespes, miles, poples,-ĭtis; Vel ĭtes (Ernout, EPhil, 46-47; ESL 299; Etim) (LICE norma 5) (il re di Roma di etnia etrusca Tarquinio il Superbo aveva i suoi satellites), che è da confrontare con l’etr. ZATLAΘ (DETR; DICLE 153). Saturno (divinità) deriva dal lat. Saturnus (forse etrusco per il DELL; suff. -rn-; LICE norma 9), a sua volta dall'etr. SATRES (ET, Pa 4.2.; Fegato di Piacenza), probabilmente abbreviazione di *SATRNES «(casella) di Saturno» (in genitivo); SATRS (Liber, XI 32) di significato quasi certo. È probabile che Saturnus sia da connettere con l'aggettivo lat. satur «saturo, sazio», avendo pertanto il significato di «dio che sazia o nutre». Vedi etr. SATURE «Saturio», gentilizio masch., da confrontare con quello lat. Saturius (RNG), nonché col lat. satur «sazio» (ThLE). saturo-a «colmo, pieno, sazio-a», deriva dal lat. satur (indeur.) ed è da connettere col gentilizio lat. Saturius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. SATURE (ThLE). È corradicale con sazio, saziare (vedi). sauro (voce dotta), deriva dal greco saũrhos, saũrha «lucertola (finora di origine ignota), che è da connettere col lat. saura «lucertola» e col gentilizio lat. Saurius (RNG) e inoltre con quello etr. SAVRA (ThLE). sazio-a, saziare, derivano dai lat. satius-a, satiare (indeur; Etim) ed è da confrontare col gentilizio etr. SATIES, SATIA. È corradicale con saturo (vedi). scabbia (malattia pruriginosa della pelle), deriva dal tardo lat. scabia, per il classico scabies «asperità, rugosità», da scabere «grattare» (indeur; DELI², Etim) e inoltre da confrontare col gentilizio femm. etr. SCAPIA (ThLE²) (uscita -IA; LICE norma 14). scanno «sedile, seggio, trono», deriva dal lat. scamnum, che è di probabile origine indeuropea (DELI², Etim) ed è da confrontare con l’etr. ŚCANIN (Liber, X 8, 12) probabilmente «che (tu) sieda o posi sullo scanno!» (esortativo 2ª pers. sing.) da confrontare col lat. scamnum «scanno, seggio» («trono», Ennio, Ann. 96) (nesso -mn-; LICE norma 25). scansare «evitare, allontanare, rimuovere, trarre da parte», deriva dal lat. campsare «doppiare», voce marinaresca, dal greco kámptein «piegare» (d'origine indeur.; DELI²) ed è da confrontare col gentilizio masch. etr. SCANSNA «*Scansinio», da confrontare con quello lat. Scansa (RNG). Vedi pure SKANASNAS, SKANESNAS, SCANΘSNAS. scarpa, scarpino/a, scarpone, scarpata (finora di origine ignota; un’origine germanica è il solito ripiego, infondato e non accettabile; DELI², Etim) che sono da connettere coi gentilizi lat. Scarpius, Scarpus (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. SCARPE, SCARPINI, SCARPUNIES (TLE 19) (i Greci giudicavano famosi i sandália tyrrheniká «sandali tirreni od etruschi») ed inoltre coi toponimi tosc. Scarpernata (TTM 37), da confrontare col gentilizio etr. SCARPINI (ThLE² 356), probabilmente = «scarpata sul terreno» (a mio avviso questo significato “strano” deriva dal dislivello che esiste fra la pianta di una scarpa ed il suo tacco) ed infine Scarpulla (TVA 46) probabilmente = «scarpaccia», che è da confrontare col gentilizio etr. SCARPUNIE(-S) (ThLE² 77, errato *CARPUNIES). scena, deriva dal lat. scena, scaena «scena», a sua volta dal greco skēnḗ, ma attraverso l’etrusco (DELL; Ernout, EPhil, 50; Palmer 64; LELN 220; De Simone I 140; ESL 223) (alternanza e/ae; LICE norma 1) (DICLE 154). scettro, deriva dal lat. sceptrum, scaeptrum, a sua volta dal greco skḗptron, ma attraverso l’etrusco (DELL; Ernout, EPhil, 50; De Simone I 140; ESL 224) (alternanza e/ae; LICE norma 1) (DICLE 155). Cfr. scena/scaena. scilla «cipolla marina» (Urginea maritima Back), squilla «gamberetto», derivano dal lat. squilla, scilla, scylla (finora di origine ignota; NPRA 229), che sono da connettere col gentilizio lat. Squillius (RNG), da confrontare col greco skílla (Etim) e probabilmente col gentilizio femm. etr. SQULIA (DETR; DICLE 163). scorpione, deriva dal lat. scorpio, scorofio,-onis; che è da connettere col cognomen lat. Scorpio,-onis (RNG) e inoltre da confrontare coi gentilizi etr. SCURFIU, SCURFU e infine col greco skorpíos (finora di origine ignota; GEW, DELG) (alternanza p/f e suff. -on-/ ů/-u(n)-; LICE norme 3,7) (LELN 231; TLE 520; DICLE 155). scrofa «femmina del porco», deriva dal lat. scrofa (sinora di origine ignota, ma probabilmente imitativa; DELI²), che è da connettere col gentilizio lat. Scrofa (RNG 399) e inoltre da confrontare col gentilizio etr. SCLAFRA (ThLE). scròfola «malattia delle ghiandole linfatiche» (in genere plur.), deriva dal tardo lat. scrofŭla, diminutivo di scrofa, calco sul greco choirádes ‘scrofole’, da chõiros «maiale» (indeur.), perché assomiglia a una malattia dei maiali. scurra «buffone» (antiquata voce dotta), scurrile «triviale», derivano dal lat. scurra (già prospettato come di origine etrusca; DEI, DELL, ESL 275); che è da connettere coi gentilizi lat. Scurra, Scurreius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. SCURNA (uscita masch. -a come nei lat.-etr. lixa, rabula, sculna; LICE norma 13) (DETR; DICLE 155). segena vedi cesena. segno, deriva dal lat. signum «segno, contrassegno, disegno» (finora di origine incerta; DELL, DEI, DELI²), che è da connettere coi gentilizi lat. Signius, Signinus (RNG) e inoltre da confrontare con gli etr. ZIC, ZIK, ZIX «segno, disegno», «scritto» (sost.), «libro», ZICU «scriba, scrivano», ZIXNE (Liber, II 14, 18) «segno, segnale, insegna», ZIXRI (Liber, I 18, 21) «da segnare, da contrassegnare», ZIXUXE (Cippus 45-46; Fa X.2) «fu, è stato segnato, disegnato, scritto, firmato» (preterito passivo). (DETR; DICLE 159). Vedi sigillo, toponimi Segni (Lazio), Signa (Toscana). selva, silvano, silvestre, derivano dai lat. silva, silvanus, silestris-e [finora di origine incerta (DELL, DELI², Etim), ma quasi certamente etrusca in virtù dell’uscita in -l/rva come nei lat.-etr. belva, caterva, larva, malva, Menerva, ecc., e del suff. –st(r)t-; LICE norme 5,16]. Vedi lat. Silvanus «dio delle selve», da confrontare con l’etr. SELVANS, SILVANZ (alternanza E/I; LICE norme 1,15), ŚELVAΘRES, SELVAΘRI (TLE 122; DETR; DICLE 159). seme, seminare, derivano dal lat. semen,-inis, seminare, che sono da confrontare coi gentilizi etr. ŚEMNA, SEMNIES, ZEMNAL (ThLE² 164, 329, 361). semola «residuo della stacciatura della farina, crusca», deriva dal lat. simĭla, similago,-ĭnis «semola, fior di farina» (prestito forestiero per i DELL, Etim), che è da connettere col gentilizio lat. Similinius e inoltre da confrontare con l’etr. SIMLXA (Liber, X 5) probabilmente «semola, fior di farina» (corrispondenza lat.-etr. g/X; LICE norma 3) (DETR; DICLE 160). sentina «stiva, fondo della nave», «cloaca», «acqua sporca», deriva dal lat. sentina (finora di origine ignota; DELL, DEI, AEI, DELI², Etim), che è da connettere coi gentilizi lat. Sentinatianus, Sentinianus, Sentinus e inoltre da confrontare con quelli etr. SEMΘNI, SEMTNI, SENTINA, SENTINEI (suff. -IN-; LICE norma 5) (LELN 232; TLE 139; DETR; DICLE 156). Vedi antico toponimo Sentinum. seppia, deriva dal lat. sepĭa (finora di origine incerta; DELI²), che è da confrontare col greco sepía e da connettere coi gentilizi lat. Seppia, Seppius, Seppienus, Sepinus (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. SEPIE, SEPIENA, SEPNI (suff. -en-/-in-; LICE norma 5) (DETR; DICLE 157). serico-a «fatto o simile alla seta», deriva dal lat. serĭcus-a, che è da connettere col greco sērhikós e da connettere col gentilizio lat. Sericus (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. SERICE (ThLE). serqua «dozzina», è da confrontare col fitonimo lat. silĭqua «sìliqua, carrubo, carruba», «baccello di legumi, legumi» e pure «unità frazionaria di peso in un sistema duodecimale» (Etim), come misura 1/6 dello scrupolo, come moneta 1/24 del solidus, fitonimo che finora è di origine ignota (NPRA) ma quattro indizi spingono a ritenerlo di origine etrusca: 1°) Il nesso grafo-fonetico QU (entrato dopo anche nel latino e nell'italiano); 2°) L’uscita -ua, -va che è tipica di vocaboli latini di origine etrusca: belva, caterva, larva, malva, saliva, silva, Capua, Ilva, Mantua, Menerva, Padua (LIOE; LICE norma 15); 3°) L'essere l'appellativo serqua esclusivamente toscano; 4°) Il trovare riscontro e conferma nei seguenti toponimi protosardi Silìqua (Comune di S.), Siliquennor (mediev., GG 129; suffisso al plur.) e nel fitonimo silibba, silimba, silimbru, sibíccua, t(h)ilibba, t(h)ilimba, thilippa, tilípera «anagiride o laburno fetido» (Anagyris foetida L.) e pure «carrubo e carruba» (Ceratonia siliqua L.); (Lodè) fae thilippa; anche «baccello della fava»: che deriva dal lat. siliqua (NPS 292; NVLS); però, sia l’origine ignota del fitonimo latino, sia le citate forme deviate di quello protosardo (compreso l'accento differente) inducono a ipotizzare che questo esistesse già in Sardegna, nella lingua protosarda, prima che ve lo importassero i Romani come doppione (NVLS). C'è da precisare che: I) Gli Etruschi, ottimi lavoratori dell'oro, avranno adoperato i semi della carruba come unità di peso nelle piccole bilance per pesare l'oro; II) Anche gli Etruschi avevano un concetto sacrale del numero 12, e ciò a ricordo delle 12 lunazioni della dea Luna; ciò è dimostrato anche dalla circostanza che essi avevano le dodecapoli o 12 città principali, una nell'Etruria propriamente detta, una in Campania, attorno a Capua ed una nell'Italia settentrionale. serto (voce dotta), deriva dal lat. sertum, part. passato di serĕre «intrecciare» (di origine indeur.); sost. plur. serta «ghirlanda, corona», che è da connettere coi gentilizi lat. Sertius, Sertor, Sertorius (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. ŚERTU, ŚERΘURI, ŚERTUR, ŚERTURI, ŚERTURNA, SERTUR, SERTURIE, ŚERΘURNE, SERTURNI, SERTURU. L’usanza di incoronare duci vincitori, eroi, poeti, cantanti e festanti con corone d’oro o di fiori risaliva agli Etruschi (DETR; DICLE 158). servo deriva dal lat. servus «schiavo» (già prospettato come di origine etrusca; DELL, ESL 383), che è da connettere coi gentiliti lat. Serven(i)us, Servien(i)us, Servil(l)ius, Servinius, Servius (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. SERV(E), SERVI (uscita in -l/rvu- come nei lat.-etr. acervus, calvus, fulvus, milvus, torvus; LICE norma 15). C’è da ricordare che il re di Roma Servius Tullius era di etnia etrusca (TLE 515; DETR; DICLE 158). seta, setola, derivano dai lat. saeta, seta; saetŭla, setŭla «crine di cavallo o di suino, sétola, lenza» (finora di origine incerta; DELI², Etim), che è da connettere col gentilizio lat. Setidius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. SEIΘITIAL, SEITIΘI (ET, Ta 7.42, 48; Vc 1.17). sevizia «crudeltà, ferocia, tortura», deriva dal lat. saevus-a «crudele, feroce, impetuoso-a» (indeur. per l’Etim), che è da connettere coi gentilizi lat. Saevius, Sevius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. SEVI (ThLE²). Vedi idronimo tosc. Sieve. sigillo, deriva dal lat. sigillum «sigillo, piccolo segno», diminutivo del lat. signum (suff. -ill-; LICE norma 5) (cfr. il lat. Tyrrhena sigilla «bronzetti etruschi»; Orazio, Ep., II, 2, 180), che probabilmente è da confrontare con gli etr. ZIC, ZIK, ZIX «segno, disegno», «scritto» (sost.), «libro», ZICU «scriba, scrivano», ZIXNE (Liber, II 14, 18) «segno, segnale, insegna», ZIXRI (Liber, I 18, 21) «da segnare, da contrassegnare», ZIXUXE (Cippus 45-46; Fa X.2) «fu, è stato segnato, scritto, prescritto» (DETR; DICLE 159). Vedi segno, toponimi Segni (Lazio), (tosc.) Signa. siliqua vedi serqua. sobrio-a «frugale, parco, non ebro», deriva dal lat. sobrius-a (finora di origine incerta; DELL, DELI²); che è da connettere col gentilizio lat. Subrius (RNG), e inoltre probabilmente da confrontare coi gentilizi etr. SUPRI, ZUPRE (DETR; DICLE 161). socio (voce dotta), deriva dal lat. socius «socio, compagno» (indeur.), sociennus «socio, compagno» (già prospettato come di origine etrusca; M. Durante), che è da connettere coi gentilizi lat. Socen(n)ius, Socelius, Socilius (RNG) e inoltre è da confrontare con quelli etr. SUCLE, SUCNEI «Socen(n)ia». Sole (dio) è da confrontare con l’etr. USIL, UŚIL (Liber, VII 11; ET, AT S.4; Vc S.21; su specchi) significato quasi certo «(dio) Sole», da confrontare col sabino ausel, col lat. sol, solis (indeur.) ed inoltre con la glossa greco-etrusca emendata ausélōs «aurora» (ThLE¹ 417). USILS «del (dio) Sole», USLI «al (dio) Sole»; USLANEC «solare, soleggiato» (di origine indeur.). Nell’anno 2018 io ho composto e pubblicato un intero libro intitolato ‘Lingua Etrusca Indoeuropea’ (Ipazia Books, Amazon). Ebbene con disappunto mi sono accorto che mi era sfuggito di includervi il nome del dio ‘Sole’, cioè di quello che è il più notevole caso di appellativo ‘etrusco’ e sicuramente indoeuropeo (DELI², Etim). È da precisare che il dio Sole è stato venerato da tutti i popoli per la ragione sostanziale che esso è stato sempre visto come il “dio della vita e della morte”: dona e concede la ‘vita’ quando fa nascere e crescere le erbe e le piante, che permettono all’uomo e al suo bestiame di vivere, dà la morte quando le dissecca e le brucia facendo morire di sete e di fame l’uomo e le sue bestie. Le documentazioni di questo teonimo sono le seguenti e – mi preme precisare – la loro interpretazione è quasi sempre sicura: USIL, UŚIL (Liber, VII 11; ET, AT S.4; Vc S.21; su specchi) significato certo «(dio) Sole», da confrontare col sabino ausel, col lat. sol, solis e inoltre con la glossa greco-etrusca aykḗlōs (Esichio) emendata in ausḗlōs «aurora» (ThLE¹ 417). USILE «Osillio», gentilizio teoforico masch. da confrontare con quello lat. Osillius (RNG). USILS (ET, Pa 4.2; sul Fegato di Piacenza) significato certo «(casella) del Sole» (in genitivo) (TLE 934). USLANE(-C) (Liber, V 21) significato quasi certo «e solare, soleggiato», aggettivo derivato da USIL «sole». CISUM ΘESANE USLANEC «e tre volte al mattino soleggiato», cioè inoltrato (LEGL 89). USLI (Liber, VII 13) probabilmente USL-I «al/per il Sole», dativo di USIL «Sole». solfo, zolfo, deriva dal lat. sulpur, sulphur, sulfur (sinora di origine ignota, ma già prospettata come etrusca; ESL 453, Etim) (alternanza p/ph/f). Per il suff. -ur cfr. lat. Anxur, tellus,-ūris, Tibur, voltur (LICE norme 4,17). Vedi mefite. solito-a vedi consueto. sonno, sogno, sopore, derivano dai lat. somnus, somnium, sopor,-oris, da confrontare col greco hýpnos (indeur; DELL, Etim), che sono da connettere col gentilizio lat. Somnius; RNG) e inoltre e coi gentilizi masch. etr. SUMNA, SUPNA, SUPRI (ThLE). sorcio «topo, ratto», deriva dal lat. sorix,-ĭcis (di probabile origine etrusca; Ernout, PhIL 133; suff. -ic-; LICE norma 5), che è da confrontare con l’etr. SIRICIMA (TCap 11), ZUSLE ACUN SIRICIMA «preghiera scaccia-sorcime» («sorcime, quantità di sorci»; GDLI). I sorci erano temuti sia per i danni fatti ai granai, sia perché il loro rodio era interpretato come di ‘cattivo augurio’. Ed esisteva un dio, addirittura Apollo, delegato alla distruzione dei sorci, detto Sminteo (etr. SMINΘE, ISMINΘIAN). sordido-a «lercio, lurido, sporco-a», deriva dal lat. surdĭdus, che è da confrontare coi gentilizi etr. SURTE, SURTENA, SURTLI, ZURTA, ZURTIU [suffissi -ILL-, -IN-/-EN-; LICE norma 5). Anche per questo vocabolo gli etimologi avevano fatto inutile riferimento ad una base germanica (Etim). sordo-a «che non ode o sente» (anche «cupo»), deriva dal lat. surdus, vedi pure surdaster «sordastro» (finora di origine incerta; LEW, DELL, DEI, DELI², Etim), che sono da connettere coi gentilizi lat. Surdillus, Surdinius, Surdinus (RNG) e inoltre probabilmente da confrontare con quelli etr. SURTE, SURTENA, SURTLI, ZURTA, ZURTIU [suffissi -ILL-, -IN-/-EN-, -ST(R)-; LICE norma 5] (DETR; DICLE 166). Vedi però sordido, sorte. sornione «astuto e irridente» (finora di origine ignota; DELI²) (suff. -on-; LICE norma 7), che è da connettere col gentilizio lat. Sornius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. SURNA (DETR; DICLE 166). sorte, deriva dal lat. sors, sortis «sorte, sorteggio, oracolo, predizione» (finora praticamente di origine ignota), che è da connettere coi gentilizi lat. Sortes, Sortius (ThLE¹ 388; RNG 174) e inoltre da confrontare con l'appellativo etr. TUSURΘI(-R) «coniuge, consorte(-i)» [da distinguere in TU-SURΘI-R propriamente = *unisortes ‘(che hanno) una sola e stessa sorte’ (plur.)] e inoltre da confrontare coi gentilizi etr. SURTE, ZURTA, ZURTIU (TLE 586; DETR; DICLE 162). Vedi però sordo. sosia «persona assai somigliante con un’altra, tanto da esserne scambiata», deriva dal lat. sosia (nome di schiavo nella commedia l'Anfitrione di Plauto), (appellativo masch. in -a; LICE norma 13), che è da connettere col gentilizio masch. lat. Sosius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. SUSIE. speco «antro, spelonca, caverna» (voce dotta), deriva dal lat. specus (finora d'origine incerta; DELI²), che è da connettere col gentilizio masch. lat. Specius (RNG) e inoltre è da confrontare con quello etr. SPECA(-S) (finale masch. in -A; LICE norma 13). spelonca «caverna, grande grotta», deriva dal lat. spelunca, a sua volta dal greco spélynga (in accusativo il caso morfologico più frequente), ma attraverso l’etrusco per via della differenza c#g (DELL; DETR; ESL 225; DICLE 162). spia, spione «delatore» (finora di origine incerta; DEI, PELI, AEI, DELI²), che è da confrontare col gentilizio masch. etr. SPIU (ThLE) (sost. masch. in -a; suff. -on-/-ů/–u-; LICE norme 13,7). spiedo deriva dal lat. *spitu «spiedo» [ampiamente attestato nelle lingue romanze; sardo ispitu, (i)spidu], che è da connettere col gentilizio masch. lat. Spitius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. SPITU (erra il REW 8163) (ThLE). spina deriva dal lat. spina (indeur. per Etim) ed è da confrontare con la glossa greco-etr. spína álba «specie di cardo o di carlina» (ThLE¹ 418; TLE 850; NPRA 246) e inoltre con Spina antica città prima greca e dopo etrusca del delta del Po e infine coi toponimi protosardi Spinaghe, Spineddài, Ispinèle, Spiniòro, Ispinigóli. Il fatto che il fitonimo sia chiaramente latino non implica difficoltà perché sia anche etrusco; cfr. etr.-lat. NEFTS/nepos (OPSE 228-229; DETR; TIOE 89; DICLE 162). Vedi toponimo Spina. sporta «paniere di paglia o di vimini», deriva dal lat. sporta, a sua volta dal greco spyrhída (in accusativo il caso morfologico più frequente) (DELL; ESL 159; Etim), ma attraverso l’etr. SPURTA (Liber, X 33; XI 10) per via della differenza t#d (DETR; DICLE 163). spurio, deriva dal lat. spurius «(figlio) spurio, bastardo, illegittimo» (= publicus ex matre publica) unanimemente riportato all'appellativo etr. SPURE(-M) «città» (ET, Ta 1.17) e al gentilizio masch. SPURIE (LEW, DELL, DEI, AEI, ESL 385); che è da connettere coi gentilizi lat. Spuren(n)ius, Spurianus, Spuril(l)ius, Spurin(n)a (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. SPURANA, SPURIANA, SPURIENA, SPURINA [suff. -IL(L)-, -EN(N)-/-IN(N)-; LICE norma 5] (DETR; DICLE 163). squilla vedi scilla. starnutare, starnutire deriva dal lat. sternutare (indeur.; DELL, Etim, LIOE); che è da connettere col gentilizio lat. Sternutius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. STARNIΘI(A) (alternanze A/E, I/U; LICE norma 1) (DETR; DICLE 164). stato-a, deriva dal lat. status-a (indeur.) che è da connettere coi gentilizi lat. Statius (= «fermo, stabile»), Statinius, Statilianus (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. STATIE, STATINEI, STATLANE. stenosi «in medicina, restringimento d'un canale», deriva dal greco sténosis «strettezza», a sua volta da stenós «stretto» (finora di origine sconosciuta; DELI²), che è da connettere col gentilizio masch. lat. Stenius (RNG) ed inoltre da confrontare con quelli etr. STENIA, STINIA (ThLE) (uscita -IA; LICE norma 14). stilo, deriva dal lat. stilu(m) ‘strumento di metallo od osso, con un'estremità appuntita, per scrivere sulle tavolette cerate e con l'altra allargata, per cancellare la scrittura stendendo la cera’ (finora di origine incerta, ma quasi certamente etrusca, dato che i Romani e i Latini hanno imparato la scrittura dagli Etruschi); è da connettere col gentilizio lat. Stilonius (RNG) e inoltre da confrontare con quello masch. etr. STILNAS in genitivo (ThLE). stolto-a «cretino, stupido-a», deriva dal lat. stultus-a (finora di origine ignota; DELL, DELI²), il quale è da confrontare col gentilizio femm. etr. STULTNEI (DETR; DICLE 164). strame «giaciglio di paglia o di erbe secche», deriva dal lat. stramen,-ĭnis, corradicale di stratum «steso», sternĕre «stendere» (indeur.; Etim) ed è da confrontare col gentilizio etr. STRAMENA(-S) (ThLE). strenna «regalo per qualche festa religiosa», antico strena, deriva dal lat. strena «strenna», «felice presagio», «regalo per felice presagio», (finora di origine incerta; DELL, AEI, DELI², Etim), che è da confrontare col protosardo strina, strinna «strenna, mancia» (in specie quella delle feste religiose) (OPSE 229) e inoltre col gentilizio etr. STRETNA(-S) (ThLE² 373) [suff. -en(n)-/-in(n)-; LICE norma 5]. Vedi strenuo. strenuo «attivo, vigoroso, valoroso, zelante» (voce dotta), deriva dal lat. strenuus (uscita -uu-; LICE norma 15), da connettere con strenna (finora di origine incerta; DELL, AEI, DELI², Etim; vedi). struma «scròfola, gozzo» (voce dotta e antiquata; DEI), deriva dal lat. struma/us «scrofola, ghiandola gonfia» e «pianta che la guariva» (già prospettato come di origine etrusca: Ernout, EPhil, 48; ESL 388; NPRA); che è da connettere col gentilizio lat. Struma (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. STRUME (DETR; DICLE 164). subbuglio «scompiglio, confusione tumultuosa», deriva dal tardo lat. subbullire «bollire un poco», composto di sub e bullire, che è da connettere col gentilizio masch. lat. Subulnius (RNG) e inoltre probabilmente da confrontare con quelli femm. etr. SEPALNAL, SEPLNAL, SEPULNAL, SUPLNAL «di Subulnia» (in genitivo) (ThLE). suola «parte della scarpa che poggia sul suolo o terreno». Per l’etimologia il punto di partenza è il lat. solum (plur. sola), da cui l'antico ital. suolo (plur. suola, sola). Cfr. l'ital. settentrionale plur. solas, da cui sola che sopravvive nei dialetti settentrionali e meridionali. Riferendosi la voce alle scarpe non sorprende che sia stato più usato il plur. ‘suola’ (DELI²). Vedi suolo. suolo «terreno», deriva dal lat. solum, che è da confrontare con l’etr. SUL (Liber, X 8) col probabile significato di «suolo, terreno, fondamento, pianta del piede»; che è da connettere coi gentilizi lat. Solius, Sulius (RNG) e inoltre da confrontare con gli etr. SULUŚI, ŚUVLUŚI (Liber, X 6) probabilmente «al suolo», a terra» oppure «alla suola o scarpa» Vedi suola. susino, susina, sùscino/a (sen.), sùcena (aret., marchig., umbro), susa (livorn., lucch.) (da Susa città della Persia, da cui sono arrivati in Europa alcuni alberi da frutta; DELI², Etim), da confrontare col tardo lat. susinarius, col gentilizio Sosinius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. SUSINE, SUSINEI, SUSINAL, SUŚNAL (suff. -IN-/-EN-; LICE norma 5). Sono notevoli le forme dial. sdrucciole, che corrispondono chiaramente alla forma etr. SUŚN(-AL). sutro «voltolino, trampoliere estivo» (uccello tosc., Bientina; DEI), che è da connettere col toponimo lat. Sutrium «Sutri» (vedi) e coi gentilizi lat. Sutrinus (= ‘nativo di Sutri’, Sutrius, Sutronius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. SUΘRINA, SUTRINA (ThLE). ++++ tafano ‘insetto, affine alla mosca, ma più grande, peloso, le cui femmine perseguitano gli animali per suggerne il sangue’, figurato ‘persona molto importuna o che cerca di sfruttare gli altri’; il quale deriva da una variante dial. lat. *tafanu(m) per tabanu(m) (che pure ha suoi continuatori: vedi C. Tagliavini in RLiR IX [1933] 317-319; e, in particolare, nell'Italia meridionale, ciò che toglie forza all'ipotesi di una sua provenienza osco-umbra). Invece deriva dal lat. tabanus, tabo,-ōnis (cfr. il gentilizio lat. Tafanius; RNG) (già prospettato come di origine etrusca, da confrontare con l’etr. TAΦANE (LEN, DELL, DEI, AEI, ESL 388). tafone «cavità in un albero» (campano), tafone,-i,-u «buco nel muro, fessura» (còrso), il quale è da confrontare col protosardo tuvone «buco, fessura, grande cavità», accrescitivo di tuvu, tuva «buco, cavo o cavità su roccia o su albero», «cassa toracica», tuvu-a «cavo, profondo-a»; da confrontare col lat. *tufus forma osca di tubus (DES II 539) e inoltre coi gentilizi femm. etr. TAΦUNIAS, TAΦU(-SA), TAΦU(-SLA) (LELN 239, DETR). Vedi toponimo Tafone. talco (minerale), probabilmente deriva dall’etr. TALCE, TALCESA (gentilizio). La etimologia corrente da un appellativo arabo urta contro difficoltà fonetiche e semantiche. tallero vedi dollaro. tallone «calcagno», deriva dal lat. talus, talo,-onis (finora di origine incerta; DELL, DELI², Etim); che è da connettere coi gentilizi lat. Tallonius, Talonius, Talus (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. TALUS (suff. -on-/-ů/-u(n); LICE norma 7) (ThLE²; DETR; DICLE 169). talpa, (dial. talpina), deriva dal lat. talpa, talpus (‘voce mediterranea’ per i DEI, AEI, DELI², Etim; già prospettato come di origine etrusca; ESL 390); il quale è da connettere coi gentilizi lat. Talpa, Talpius, Talponius (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. TALPAL, TALAPE? (ThLE²). tamaro «uva tamina», «vite nera», è da confrontare col lat. tamnus, thamnus «tamaro», «vino fatto con la taminia uva» (già prospettato come di origine etrusca; Ernout, EPhil, 35; DEI; ESL 390); il quale è da connettere coi gentilizi lat. Taminius, Tammius (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. TAMINAI, TAMNIA (suff. -in-; LICE norma 5) (CIE 4011; ThLE²). taranta, tarantola «ragno velenoso, (anche «geco») - Intorno alla connessione e alla etimologia del toponimo Tàranto e dell’appellativo tàranta, taràntola «ragno velenoso» (con corpo peloso, grigio a disegni bianchi e neri e con morso velenoso, ma non mortale) ci sono stati nel passato molti interventi e molto disparati degli studiosi, tanto che sarebbe troppo lungo esporli tutti e anche semplicemente riassumerli (DELI²). Con questo mio intervento io mi propongo quattro intenti principali: 1°) Tentare un lavoro di semplificazione; 2°) Presentare due nuove connessioni linguistiche; 3°) Presentare nuove connessioni onomastiche col latino e col toscano; 4°) Prospettare la matrice ultima del lessema.- Taràntola come appellativo ricorre nel calabrese, nello spagnolo, nel portoghese e nel greco moderno ed è evidente che questa forma è il diminutivo della forma tàranta. Questa ricorre già in Leonardo da Vinci, ma la sua prima attestazione risale a Goffredo Malaterra: taranta quidam vermis est araneae speciem habens, sed aculeum veneniferae punctionis... (anno 1064-65 d. C.). Ciò egli dice, con riferimento a un monte di Palermo chiamato Tarantinus e in seguito Mons Tarantarum, infestato da questi insetti, che diedero molto fastidio a Roberto il Normanno (DEI 3718). Ed è stato già rettamente sostenuto che il toponimo Tàranto (greco Tárhas,-ntos, lat. Tarentum/s) deriva appunto da tàranta «ragno velenoso» a motivo della originaria particolare presenza di questo insetto nel territorio di quella città. Anche per le ricerche dell’antropologo Emilio De Martino, è abbastanza noto che dalla taranta è derivato in epoca recente l’appellativo tarantismo per indicare «forme di convulsioni isteriche» e che nel Meridione d’Italia si riteneva di guarire dalla puntura dell’insetto e/o dalle convulsioni con la ‘danza della tarantola’. Dalla quale poi è derivato in seguito il nome della danza particolarmente vivace che viene detta tarantella (vedi). D’altra parte il nostro appellativo è stato molto fortunato dal punto di vista lessicografico, dato che dai suoi derivati sono sorti molti altri appellativi forniti di significati assai disparati: «salame di tonno», «orciolo», «soldato greco», «inganno», «vistoso-a», «rigogolo, clorione, verdone» (uccelli), ‘nome di pesce’, «sorta di rete da pesca», «sorta di tessuto», tutti diffusi nella Penisola e pure nell’Italia settentrionale (DEI 3717-8; GDLI). Anche in Sardegna è conosciuto il ragno in questione e precisamente il «ragno volterrano o mutilla» (Latrodectus tredecimguttatus), col nome di vària, vàrgia, vàglia, (b)ària, (b)àrgia, (b)arza, braxa, arxa, sraxa, che deriva dal latino varia «variopinta, screziata» (perché appunto tale è nel corpo). Questo ragno velenoso è assai temuto anche in Sardegna e la sua puntura fino a un secolo fa veniva curata col paziente immerso fino al collo nel letame e con un ballo di donne (tutte nubili o sposate o vedove) fatto attorno a lui oppure con la sua chiusura dentro il forno ancora caldo (DES II 567; DILS; NVLS). Sta però di fatto che in varie zone della Penisola e pure in Corsica col nome di tarantola si intende il «geco o stellione» (Tarantula Mauritanica), che è una lucertola dal corpo tozzo, pelle a squame verrucose, che con dita a spatola si arrampica sui muri alla caccia di insetti, detta perciò anche «lucertola dei muri» (REW 8569; DEI 3717-8). Una seconda connessione linguistica con la Sardegna ci assicura che pure nell’Isola il «geco o stellione» si chiama taràntula, taràttula, taràthula (DES II 466, DILS, NVLS). La ‘lucertola dei muri’ è del tutto innocua, ma in Sardegna è temuta molto; e per questo motivo - unico ma importante - si spiega come col medesimo appellativo si sia chiamato tanto il “ragno velenoso” quanto la “lucertola dei muri”.- Prospetto adesso alcune connessioni onomastiche col latino e col toscano: il toponimo Tarentum, Terentum esisteva anche dentro Roma e precisamente indicava una zona del Campo di Marte vicino al Tevere (Ovidio, Fasti 1.501; Valerio Massimo 2.4.5). Questa denominazione sarà derivata o dalla particolare presenza di uno dei due insetti oppure dal fatto che nella zona il Tevere ha un percorso “serpentino”, proprio come quello del geco. Del frequente gentilizio latino Terentius esiste pure la variante Tarentius (RNG). Orbene si vede bene che il noto gentilizio è derivato appunto da Tarentum, Terentum come originario cognomen col significato di «tarantola» (ragno o geco) oppure di «(individuo) tarantolato». Inoltre, connessi con questo stesso appellativo si presentano pure i toponimi tosc. Teréntola e Teróntola (TVA 50), per i quali è da richiamare il cognomen lat. Terentullus-a (RNG) ma con una intermediazione etrusca. Evidentemente i gentilizi lat. Tarentius, Terentius, Terentullus e pure i toponimi tosc. Teréntola e Teróntola potevano in origine essere altrettanti nomi di individui, i toponimi tosc. Teréntola e Teróntola invece potevano fare riferimento ai due citati insetti, come frequenti nei rispettivi siti. Infine la diffusione del nostro appellativo, con i suoi differenti significati, comprende tutta la Penisola e pure la Valle Padana e le tre isole maggiori, Corsica, Sardegna e Sicilia, poi la Grecia, la Francia meridionale, la Catalogna, la Spagna e il Portogallo e questa sua vastissima diffusione induce ad una sicura conclusione etimologica: si tratta di un ‘relitto del sostrato mediterraneo preindoeuropeo’ e soprattutto del Mediterraneo occidentale. tarantella «ballo o danza dei tarantolati o morsi dal ragno»; dalla quale poi è derivato in seguito il nome della danza particolarmente vivace che viene detta tarantella vedi tarantismo. tarantismo «forme di convulsioni isteriche» e nel Meridione d’Italia si riteneva di guarire dalla puntura dell’insetto e/o dalle convulsioni con la ‘danza della tarantola’. Dalla quale è derivato in seguito il nome della danza particolarmente vivace che viene detta tarantella. tarantola - Intorno alla connessione e all’etimologia del toponimo Tàranto e dell’appellativo taràntola «ragno velenoso» (con corpo peloso, grigio a disegni bianchi e neri e con morso velenoso, ma non mortale) ci sono stati nel passato molti interventi e molto disparati degli studiosi, tanto che sarebbe troppo lungo esporli tutti e anche semplicemente riassumerli (DELI²). Con questo mio intervento mi propongo soltanto quattro intenti principali: 1°) Tentare un lavoro di semplificazione; 2°) Presentare due nuove connessioni linguistiche; 3°) Presentare nuove connessioni onomastiche col latino e col toscano; 4°) Prospettare la matrice ultima del lemma. 1°) L’appellativo tarantola ricorre come tarántula nel calabrese, nello spagnolo, nel portoghese e nel greco moderno ed è del tutto evidente che questa forma è il diminutivo di taranta. Questa ricorre già in Leonardo da Vinci, ma la sua prima attestazione risale a Goffredo Malaterra: taranta quidam vermis est araneae speciem habens, sed aculeum veneniferae punctionis... (anno 1064-65). Ciò egli dice, con riferimento a un monte di Palermo chiamato Tarantinus e in seguito Mons Tarantarum, infestato da questi insetti, che diedero molto fastidio a Roberto il Normanno (DEI 3718). Ed è stato già sostenuto – a mio avviso, giustamente – che il toponimo Taranto (greco Tárhas,-ntos, lat. Tarentum/s) deriva appunto da taranta «ragno velenoso» a motivo della particolare presenza di questo insetto nel territorio di quella città. Anche per le approfondite ricerche di Emilio De Martino, è del tutto noto che dalla taranta è derivato in epoca recente l’appellativo tarantismo per indicare «forme di convulsioni isteriche» e che nel Meridione d’Italia si riteneva di guarire dalla puntura dell’insetto e/o dalle convulsioni con la “danza della tarantola”. Dalla quale poi è derivato in seguito il nome della danza particolarmente vivace che viene detta tarantella. D’altronde il nostro appellativo è stato molto fortunato dal punto di vista lessicografico, dato che dai suoi derivati sono sorti molti altri appellativi forniti di significati molto disparati: «salame di tonno», «orciolo», «soldato greco», «inganno», «vistoso-a», «rigogolo, clorione, verdone» (uccelli), “nome di pesce”, «sorta di rete da pesca», «sorta di tessuto», tutti diffusi nella Penisola italiana e pure nell’Italia settentrionale (DEI 3717-8; GDLI). Procedo adesso a istituire una stretta connessione etnografica e linguistica tra il Meridione d’Italia e la Sardegna. Anche in Sardegna è conosciuto il ragno in questione e precisamente il «ragno volterrano o mutilla» (Latrodectus tredecimguttatus), col nome di vària, vàrgia, vàglia, (b)ària, (b)àrgia, (b)arza, braxa, arxa, sraxa, che deriva dal lat. varia «variopinta, screziata» (perché appunto tale è nel corpo). Questo ragno velenoso è assai temuto anche in Sardegna e la sua puntura fino a un secolo fa veniva curata col paziente immerso fino al collo nel letame e con un ballo di donne (nubili o sposate o vedove) fatto attorno a lui oppure con la sua chiusura dentro il forno ancora caldo (DES II 567; DILS; NVLS). Sta però di fatto che in varie zone della Penisola e pure in Corsica col nome di tarantola si intende il «geco o stellione» (Tarantula Mauritanica), che è una lucertola dal corpo tozzo, pelle a squame verrucose, che con dita a spatola si arrampica sui muri alla caccia di insetti, detta perciò anche «lucertola dei muri». E col medesimo nome si intende pure la «salamandra», lo «scorpione» e il «tarlo» (REW 8569; DEI 3717-8).- Una seconda connessione linguistica con la Sardegna ci assicura che pure nell’Isola il «geco o stellione» si chiama taràntula, taràttula, taràthula, (Ollolai) theràncula, ceréntula (SardNur¹ 162) (DES II 466, NVLS). Ed esiste pure la variante tattaruledda, thatharuledda (Nùoro), tarathuledda (Orune), arathuledda (Lodè), la quale presenta la “agglutinazione” dell’articolo sardiano o protosardo ta, tha, tza (UNS 57; NVLS). Invece l’altra variante ràntula presenta la “deglutinazione” dello stesso articolo. Il geco o “lucertola dei muri” è del tutto inoffensiva, ma in Sardegna è temuta molto; e per questo motivo - unico ma importante - si spiega come col medesimo appellativo si sia chiamato tanto il «ragno velenoso» quanto il geco. Il fatto che il medesimo appellativo abbia i numerosi significati di «ragno velenoso», «geco», «salamandra», «scorpione», «tarlo» si spiega col fatto che in termini etnografici questi insetti sono “velenosi” o sono ritenuti tali per consolidate credenze popolari. 3°) Prospetto adesso alcune connessioni onomastiche col latino e col toscano.- Tarentum, Terentum esisteva anche dentro Roma e precisamente indicava una zona del Campo di Marte vicino al Tevere (Ovidio, Fasti 1.501; Valerio Massimo 2.4.5). Questa denominazione sarà derivata o dalla particolare presenza di uno dei due citati insetti oppure – forse meglio – dal fatto che nella zona il Tevere ha un percorso “serpentino”, proprio come quello del geco. Del frequente gentilizio lat. Terentius esiste pure la variante Tarentius (RNG). Orbene si vede bene che il noto gentilizio romano è derivato appunto da Tarentum, Terentum come cognomen col significato di «tarantola» (ragno o geco) oppure di «(individuo) tarantolato». Inoltre connessi con questo stesso appellativo si presentano pure i toponimi tosc. Teréntola e Teróntola (TVA 50), per i quali è da richiamare il cognomen lat. Terentullus-a (RNG) ma con una intermediazione etrusca. Evidentemente gli antroponimi lat. Tarentius, Terentius, Terentullus e pure i toponimi tosc. Teréntola e Teróntola potevano in origine essere altrettanti nomi di individui, oppure potevano fare riferimento ai due citati insetti, come frequenti nei rispettivi siti. 4°) Infine la diffusione del nostro appellativo, con i suoi differenti significati, comprende tutta la Penisola italiana e pure la Padania e le tre isole maggiori, Corsica, Sardegna e Sicilia, poi la Grecia, la Francia meridionale, la Catalogna, la Spagna e il Portogallo e questa sua vastissima diffusione induce ad una sicura conclusione etimologica: si tratta di un “relitto del sostrato mediterraneo preindoeuropeo” e soprattutto del Mediterraneo occidentale. Vedi Tirentana, Tirintana. tarchiato «forte, robusto», è da confrontare con gli etr. TARC (Liber, III 14/2) «Tarch» = ‘(il) Forte, (l’) Eroe’, probabilmente abbreviazione affettiva di TARXNTE «Tarconte», mitico personaggio della “religione rivelata” degli Etruschi e dio eponimo di Tarquinia, da connettere con quello luvio-ittita Tarchunt «dio delle tempeste». TARCNEI, TARCSNEI, ΘERCNAL «Tarconia», gentilizio femm., da confrontare con quello masch. lat. Tarconius (RNG); TARCNTEIAS, TARXNTIAS, «di Tarcontia». Vedi TARXI. Lat. Tarquenna, Tarquetius, Tarquitius, Tarquilius, Tarquinius, Tarquius (antroponimi teoforici o propiziatori). Cfr. Tarchè (Siniscola) toponimo sardiano o protosardo (accento ossitono). Vedi traccagnotto. tardo-a «tardivo, lento, ottuso-a», tardi, tardare, derivano dal lat. tardus-a, tarde «lentamente, con lentezza», tardare «ritardare, indugiare, trattenere» (finora di origine ignota; Etim), che sono da confrontare con l’etr. ΘARTEI, ΘARΘIE probabilmente «lentamente» (Liber, III 19; VIII 18, 32). tartaruga «animale lento e infernale» - Il vocabolo ‘tartaruga’ (tardo lat. tartaruca, tartuca) ha dato molto filo da torcere ai linguisti etimologi, nonostante che la sua documentazione vastissima sia in termini quantitativi sia in termini geografici. Esso infatti è presente, oltre che in italiano, in francese, occitano, catalano e spagnolo (Etim), anche in numerose varianti dialettali (REW). I linguisti hanno proposto numerose etimologie, le quali per ciò stesso si eliminano a vicenda. Esclusa del tutto la possibilità di spiegare il nostro vocabolo con una base latina, resta da chiedersi se esso sia spiegabile con una base del sostrato etrusco-tirrenico, che è pur sempre molto vasto, dato che abbraccia quasi tutta la penisola italiana, la pianura padana e perfino l’Arco Alpino (Ginevra, Lugano, Chiavenna, Bolzano, Belluno, Bressanone, Vipiteno sono toponimi etruschi) e le isole d’Elba, di Corsica e di Sardegna. E la risposta è affermativa.- Tra i relitti della lingua etrusca conservatici si trova il vocabolo ΘARΘIE (Liber, III 19; VIII 32) (pure nella forma quasi certamente errata ΘARTEI (Liber, VIII 18) col significato assai probabile di «lentamente», da confrontare col lat. tarde «con lentezza» (finora non spiegato; DELI², Etim). E nel Liber sembra che si tratti di un invito fatto al sacerdote officiante di pronunciare lentamente e cioè con particolare attenzione una formula od un vocabolo. Addirittura il vocabolo vinum una volta compare intervallato con un punto V·I·N·U·M per invitare il sacerdote a pronunciarlo lentamente e attentamente, proprio come fa il sacerdote cristiano che rispetto al vino pronunzia lentamente la formula ‘hoc est sanguis meus’. E qui c’è da precisare che la ‘liturgia’ della religione etrusca, attraverso la mediazione di quella romana, ha influenzato parecchio la ‘liturgia’ del cristianesimo (la ‘liturgia’ non la ‘dottrina’, si badi bene!). Particolarmente notevole e significativa è la continua presenza nel sacrificio etrusco del pane e del vino e della loro consumazione, dell’uso dell’acqua e dell’incenso, di torce o candele accese, del calice d’oro e della sua elevazione, della patena, quasi esattamente come risulta nella messa cristiana. Dunque ormai è chiaro: ‘tartaruga’ significa «animale tardo o lento». Però è intervenuto presto un accostamento paretimologico col greco-latino ‘Tàrtaro’ o ‘Inferno’, per cui tartaruga ha finito col significare anche “animale infernale”.- D’altra parte esiste pure l’appellativo ital. ‘tàrtaro’ «gromma, sudiciume del corpo umano», il quale non deriva affatto dal Tàrtaro (= ‘inferno’, regno dei morti e delle tenebre), mentre è omoradicale col sardo-nuorese tartaddu, trattaddu «tartaro, gromma, sudiciume», molto probabilmente relitto sardiano o protosardo (suffisso -add-) da confrontare col greco tártarhos «baratro oscuro», «Tartaro» (= ‘inferno’) (probabilmente prestito orientale per i GEW, DELG, cioè - dico io concludendo – ‘relitto pelasgico-tirrenico’. taverna «locale per dormire e per mangiare», deriva dal lat. taberna «baracca, capanna, taverna» (di probabile origine etrusca; DELL, ESL 424), probabilmente connesso col lat. tabŭla «tavola, tavolone» (finora di origine ignota; DELL, Etim) col significato originario di «baracca fatta di tavole». Per il suff. -rn- cfr. lat. basterna, caverna, cisterna, fusterna, lacerna, lucerna, nassiterna, lanterna (LICE norma 9) (DICLE 168). tedio «profondo senso di noia», deriva dal lat. taedēre «provar fastidio» (impersonale), taedium «noia, pena, fastidio» (sinora di origine non chiara; DELL, Etim) uscita in –IU; LICE norma 14), che è da confrontare col (proto?)sardo teju, tesu, teu «mortorio, compianto funebre di fronte al cadavere di un defunto» e inoltre probabilmente da confrontare coi gentilizi etr. TETAS, TETASA, TEΘAS; TETASNASI (TETASNA-SI) «al doloroso, dolente, lacrimevole» (in dativo sigmatico). (ThLE). teglia, tegghia, è da confrontare col lat. tegŭla «lastra per coprire» (vedi tegĕre «coprire»), parallelo, quindi, dell’ital. tegola ed inoltre da confrontare con l’etr. TECLIIA(-M) probabilmente «(e) teglia»; il passaggio dal lat. tegŭla a tegla è testimoniato dalla variante tecla del lat. mediev. di Modena (sec. XIV: Sella Em.). telamone (voce dotta) «pilastro a figura di uomo, cariatide maschile», deriva dal lat. telamones «statue di figura maschile, impiegate come pilastri a sostegno di sovrastrutture», di cui Vitruvio (de Architectura, 6.7.6) ha scritto: Si qua virili figura signa mutulos aut coronas sustinent, nostri telamones appellant «(i Greci chiamano atlanti) quelle statue di figura maschile che sostengono mensole e cornicioni, che i Romani invece chiamano telamoni». Poi ha aggiunto: «Perché poi in latino si chiamino così non saprei dire, né ho mai letto in nessuna parte». L’autore latino non aveva pensato che l’appellativo potesse derivare dall’etr. TELMU (= lat. Talamonius; RNG) o perché ignorava questa lingua o perché non la ricordava bene. In etrusco è quasi certo che la radice *TUL- significhi «sollevare»: cfr. nel Liber, CISUM PUTE TUL «e tre volte il calice solleva» (proprio come il lat. tollĕre «sollevare» dunque; indeur.), ragion per cui siamo indotti a ritenere che in effetti telamone significasse «sollevatore, sostenitore».- Inoltre il lat. telamones è corradicale dell’altro appellativo lat. tolleno, tolenno,-onis «mazzacavallo» (attingitoio d'acqua a bilanciere), «macchina bellica d’assedio» (già prospettato come di origine etrusca; LEW, DELL, ESL 400) (DEI, AEI, DELI²), sempre da confrontare con l’etr. TELMU (suff. -ů; LICE norma 7). Vedi altaleno/a, toponimo Tollegno. tellure (antiquata voce dotta), deriva dal lat. tellus,-ūris «terra»; Tellus,-ūris «Madre Terra», Tellurus suo compagno, aggettivo telluster [suff. -st(r)-; LICE norma 5]. Cfr. APULU «Apollo»; CELA «cella»; RAPALE «Rapallo»,) (alternanza U/E; LICE norma 1); e infine TULAR «(cippo di) terra, terreno»/tellus,-ūris «terra». Per il suff. -ur cfr. Anxur, sulpur, Tibur, voltur; LICE norma 17). termine «confine, cippo di confine», deriva dal lat. termĭnus, termo,-onis (indeur. per l’Etim), dio dei confini Termĭnus, gentilizio Terminius (RNG) da confrontare con quello etr. TERMUNA (alternanza I/U; suff. -on-/-un-; LICE norme 1,7) (DETR; DICLE 172). testa «cranio», deriva dal lat. testa «conchiglia; guscio di tartaruga; anfora; cranio» (finora di origine ignota; AEI, Etim); gentilizi lat. Testius, Testo,-onis (RNG), che probabilmente sono da confrontare con quelli etr. ΘESTIA, ΘESΘU (= «testone»; suff. -on-/-ů/-u(n); LICE norma 7) (DETR; DICLE 173). tetano «malattia consistente nella tensione convulsiva di un muscolo», deriva dal lat. tetănus, che corrisponde al greco tétanos, probabile derivato del verbo greco téinein «tendere», da una radice indeur. *ten- e corrispondente al gentilizio etr. TETANA probabilmente gentilizio femm., da confrontare con quello masch. lat. Taetanius (RNG). ++++ tetro-a «cupo, oscuro-a», deriva dal lat. taeter-tra-um (finora di origine ignota; DELL, DELI², Etim), probabilmente è da confrontare col gentilizio etr. TEIΘRAL (alternanza AE/EI; LICE norma 1) (ThLE² 382; DETR; DICLE 168). tibia (voce dotta), deriva dal lat. tibĭa «tibia della gamba», «flauto» (che spesso era fatto con una tibia di lungo uccello acquatico) (finora di origine ignota, ma già prospettata come etrusca; AEI; DETR; Etim; Ernout, EPhil, II 65, 74; ESL 435), il quale probabilmente è da confrontare col gentilizio femm. etr. TIPEIA (uscita -ia; LICE norma 14). Gli Etruschi erano famosi come appassionati suonatori del flauto, tanto che impastavano il pane e fustigavano gli schiavi a suon di flauto (vedi Buonamici 296) (DETR; DICLE 174). tigna «tignola, bruco, pidocchio», deriva dal lat. tinĕa, finora di origine ignota, ma probabilmente etrusca, da individuare nei seguenti vocaboli etr. TINIAS, TINIAŚ, TINIIA, ΘINIAS, i quali però possono significare anche «Tin(i)a, Giove». Da osservare l’uscita etr.-lat. –ĕa, -ĭa; LICE norma 14). tino «tino, olla, orcio», deriva dal tardo lat. tinum, lat. tina (di probabile origine etrusca; ESL 160; Etim), che è da confrontare con l’etr. ΘINA e col greco dĩnos «tino, tinozza» (TLE 864; DETR; DICLE 174). titolo «intitolazione, scritta», deriva dal lat. titŭlus/m «cartello, scritta» (già prospettato come di origine etrusca; DELL; Carnoy, AGI XLI 111; ESL 397); il quale è da connettere coi gentilizi lat. Tituleius, Titulenius, Titullius (RNG) (suff. -en-; LICE norma 5) da confrontare con quelli etr. TITULE, TITULNI (DETR; DICLE 175). tomo, deriva dal lat. tomus (sec. II d. C., Marco Aurelio), dal greco tómos, chiaramente legato al verbo témnein ‘tagliare’. La voce infatti propriamente significa ‘una parte tagliata via dal suo intero’, ma fu usata particolarmente trattandosi di carta o di libri. Presentemente significa una parte di un'opera, un ‘volume’. Il lat. tomus, come ‘libro fatto di fogli’, si opponeva a volume(n) ‘libro a rotolo’. È da confrontare col gentilizio etr. TUMEŚ (ET, Cl 0.4 – arc.; su cippo) «di Tomio», gentilizio masch. in genitivo, da connettere con quello lat. Tomius (RNG). tonno ‘grosso pesce’, deriva dal tardo lat. tunnus «tonno», greco thýnnos, probabilmente ‘mediterraneo’ (DELI², Etim) e da confrontare col gentilizio etr. TUNIES «(di) Tunnio», gentilizio masch. in genitivo patronimico fossilizzato (LEGL 78), da connettere con quello lat. Tunnius (RNG) (ThLE). tordo (uccello e pesce), deriva dal lat. turdus (finora di origine confusa; DELL, DELI², Etim); il quale è da connettere col gentilizio lat. Turdus (RNG) e inoltre probabilmente da confrontare col gentilizio etr. TURTE(-SA), TURTIA (DICLE 179). Vedi però torta. tornio ‘macchina utensile per la lavorazione dei metalli, del legno, nella quale il moto rotatorio di lavoro viene impresso dal mandrino al pezzo, mentre l'utensile, piazzato sul carrello, compie un moto traslatorio di alimentazione’; deriva dal lat. tornu(m) «tornio», il quale è da connettere coi gentilizi lat. Turnio,-onis, Turnus (RNG) e inoltre con quelli etr. TURNAS, TURNU (ThLE). torre deriva dal lat. turris «torre» (accusativo turrim e ablativo turri irregolari come in altri appellativi latini di origine etrusca; LICE norme 19), il quale è da confrontare con la glossa greco-etr. týrseis «torri» (ThLE¹ 418) e inoltre coi gentilizi etr. TURZUNIA, TURSNI, TURSIKINA, TURSUS (lat. Tursius, Tursinius; RNG), col greco týrsis, týrsos, týrrhis «torre», con l’etnico Tyrsenói, Tyrrhenói = «costruttori e utenti di torri», col toponimo lidio Týrrha/Týrsa (suff. -en-/-in-; LICE norme 5) (TLE 855; LELN 124-26; LIPSR 38; DETR; DICLE 179-80). Vedi però torso. torrone ‘dolce di miele, mandorle e uova’, deriva dal lat. torrēre «tostare, disseccare», il quale è da connettere col gentilizio lat. Turronius (RNG) e inoltre probabilmente da confrontare con quello etr. TURU «Turronio» (-ů/-on-; LICE norma 7). torso, torsolo, deriva dal tardo lat. tursus «fusto, torso(lo), tirso di Bacco»; gentilizi lat. Tursius, Tursinius (RNG), che sono da confrontare col greco thýrsos «bastone, ramoscello, tirso di Bacco» (di origine anatolica o pelasgica; Etim) e inoltre probabilmente col gentilizio etr. TURSUS (LISNE 262; DICLE 180). Vedi però torre. torta ‘dolce tondo cotto al forno, solitamente a base di farina, latte, uova, zucchero, con aggiunta di ingredienti vari’, deriva dal tardo lat. torta, confermato dalle glosse di Reichenau 1102: colliridam: turtam. Questo è da confrontare col gentilizio femm. etr. TURTIA «*Tortia», TURTESA «quello-a (figlio-a) di *Turtia», matronimico pronominale del gentilizio femm. TURTIA (ThLE). torto, storto «non dritto» (aggettivo), «ciò che è contrario al diritto, alla ragione, alla giustizia» (sostantivo), deriva dal lat. tortu(m), participio passato del verbo torquere, che è da confrontare col gentilizio femm. etr. TURTIA «*Tortia», TURTESA «quello-a (figlio-a) di *Turtia», matronimico pronominale del gentilizio femm. TURTIA (ThLE). Toscano-a - I Tusci od Etrusci hanno derivato il loro nome da týrsis, týrris «torre», secondo questa trafila fonetica: Tuscus < *Turs-c-us < *Tuss-c-us; ed infine Etruscus < Et-trus-c-us < *Turs-c-us < *Tuss-c-us (col pronome-articolo ET agglutinato o amalgamato o concresciuto perché atono, come in altre lingue). Pertanto a mio avviso Etruscus significa letteralmente «ilTosco o ilToscano». tosse deriva lat. tussis (già prospettato come di origine etrusca; ESL 124) (accusativo -im, come nei lat.-etr. amussis, axis, cratis, curis, glanis, rumis, Tiberis, turris, ecc.) (Ernout, EPhil, 51; LICE norma 19); il quale è da connettere coi gentilizi lat. Tussanius, Tussius, Tussidius, Tossunius (RNG) e forse da confrontare con quelli etr. TUSNA, TUSNU, TUSNUTAL, TUSNUTINA, TUSNUTNIE (ThLE) (?). traccagnotto, tarcagnotto «piccolo e tarchiato’, del quale è una variante al diminutivo (VEI, Migliorini-Duro) (finora di origine sconosciuta; DEI, DELI²). trama «ordito, ragnatela», deriva dal lat. trama (finora di origine incerta; DELL, AEI, DELI², Etim); il quale è da confrontare con l’etr. ΘRAMA probabilmente «trama, contorno, figura». ΘRAMA MLIΘUNS forse «figura di servetta» (?) (ET, Vs 7.3 nella “Tomba Golini I”, accanto alla figura di una serva con due recipienti) (ThLE). transenna «staccionata di legno o ferro» deriva dal lat. trasenna, transenna (già prospettato come di origine etrusca, con l’intrusione paretimologica di trans; DELL, Etim, ESL 425; Etim) (suff. -enna; LICE norma 6), che probabilmente è da confrontare coi gentilizi etr. ΘREMSINI, TREMSINEI (alternanza A/E; LICE norma 1) (ThLE). Vedi idronimo Trasimeno. trave «tronco d’albero squadrato usato come architrave», deriva dal lat. trabs, trabis, il quale è connettere coi gentilizi lat. Trabeius, Trabennius (RNG) e inoltre da confrontare col gentilizio femm. etr. TRAVI (indeur.; Etim). tufo ‘pietra porosa di origine vulcanica’, deriva dal lat. tufus, tofus, tophus «tufo» (già prospettato come di origine etrusca; AEI, ESL 321), il quale è da confrontare con gli etr. ΘUFU, TUPI (alternanze o/u; Θ/T; LICE norme 1,3) (TLE 89; DICLE 178) TUPI SISPES «sasso di Sisifo». tumulto «disordine, trambusto, assalto, insurrezione»», deriva dal lat. tumultus, della radice di tumēre «diventare gonfio» (Etim), il quale è da confrontare col gentilizio etr. TUMILTNI, TUMLTINI (alternanza I/U; LICE norma 1) (ThLE). turpe - L’aggettivo italiano ‘turpe’ «sconcio, vergognoso, osceno-a» ‘brutto, deforme’ (1879, TB), ‘disonesto, vergognoso’ (turpo: av. 1321, Dante; turpe: 1341-42, G. Boccaccio), ‘osceno, ributtante’ (1879, TB) ‘sfigurato, laido’, ‘disonesto’ risulta fino ad ora privo di etimologia. Per il vero esso deriva propriamente dal lat. turpis-e, il quale però finora è di origine ignota (DELL, DEI, AEI, DELI², Etim). A mio giudizio ‘turpe’ deriva dall’etrusco, come dimostrano questi due gentilizi etruschi: TURPLI, TURPLIS «(di) Turpilio», TURPLNEI «Turpilinia», gentilizi, ai quali corrispondono quelli latini Turpilius, Turpilinus-a (RNG) (suff. -in-; LICE norma 5) (ThLE). tutore, deriva da lat. tutus «protetto, difeso, tutelato», tutor «custode, protettore, patrono»; tutela «custodia, protezione, patrocinio»; tùtulo «copricapo conico dei sacerdoti etruschi» (voce dotta) (detto anche pileo; vedi), deriva dal lat. tutŭlus (finora di origine incerta; DELL s. v. tueor; DELI², Etim), i quali probabilmente sono da confrontare con gli etr. ΘUTA «tutore,-trice, custode, protettore, patrono», TUΘINA «tutela, protezione, patrocinio» e sono da connettere coi gentilizi lat. Tutius, Tutinus, Tutinius (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. TUTE, ΘUΘE, TUTINA, TUTNA (suff. -IN-; LICE norma 5) (TLE 323; ThLE). uccello, deriva dal tardo lat. (glosse) aucellus, femm. aucella, diminutivo di avis,-is «uccello», con ampi riscontri indeuropei (DELI²) ed inoltre è da confrontare coi gentilizi etr. AVE (Liber, X 23) AUCLINA, AUCLINEI (ThLE) (suff. -IN-.; LICE norma 6). ultimo-a, deriva dal lat. ultimus-a, che è da connettere coi gentilizi lat. Ultumius e Ultimus (probabilmente ‘ultimo nato’; RNG) (alternanza i/u; LICE norma 1) e da confrontare col gentilizio etr. ULTIMNE (ThLE) (nesso -mn- LICE norma 25). urna «recipiente, vaso», deriva dal lat. urna (già prospettato come di origine etr.; Ernout, EPhil, 31; Palmer 63; Bonfante 206; ESL 277), il quale è da confrontare col gentilizio masch. etr. URNASIS «di *Urnasio», dal significato originario di «vasaio»; URNATI (URNA-TI) «nell’urna» (in locativo). È noto che si sono conservate numerose urne cinerarie etrusche. uscio «porta, entrata, foce», deriva dal lat. ostium, ustium «uscio» (indeur.; Etim) (alternanza o/u; LICE norma 5); il quale è da connettere col gentilizio lat. Ustius (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. USTI, USTIU (ThLE). uso, usanza, utente, derivano dal lat. usus «uso», uti «usare» (finora di origine incerta; DELL, DELI², Etim s. v. uso), che probabilmente sono da confrontare coi verbi etr. UTINCE «e che tu usi!», UTUS «di uso», UTUŚE «userà» (ThLE). uva «frutto della vite», deriva dal lat. uva, finora di origine incerta (DELL) (però è certo che gran parte della terminologia della viticoltura è ‘mediterranea’), il quale è da confrontare con l’etr. UVA (ThLE) e inoltre coi toponimi protosardi Uá (Tonara), Uái (Desulo), Ualla (Asuni, Samugheo), Uassa (Seulo), Uatza (Iglesias), Uore (Borore), Úvono (Oniferi), Uatzo/u (Berchidda, Bono, Borore, Orosei, Sorgono, Tonara, Tertenia, ecc.) (probabilmente = «uva selvatica», peggiorativo di ua «uva». Non è improbabile che uva sia omoradicale con vinum (G. Rapelli). vanga «attrezzo di scasso del terreno», deriva dal tardo lat. vanga (sec. IV d. C., Palladio) a sua volta dall’etrusco VANKA (TLE 478). Gli Etruschi erano famosi come fabbricanti e venditori di attrezzi di ferro. Anche in questo caso gli etimologi avevano del tutto inutilmente pensato al cimbrico oppure al germanico in genere. vanno «ala, penna delle ali, vaglio», deriva dal lat. vannus (femm.) «crivello» (finora praticamente privo di etimologia; AEI), il quale è da connettere col gentilizio lat. Vannius (RNG) e inoltre probabilmente da confrontare con quello etr. VANINEI (ThLE). C’è una conferma del fatto che il vocabolo sia di origine etrusca nella circostanza che la lat. vannus mystica apparteneva al linguaggio religioso relativo al culto di Bacco (Virgilio, Georg. 1.166; Apuleio, Met. 11.10). vano-a «vuoto, inutile, frivolo-a» (aggettivo) «locale di casa» (sostantivo), deriva dal lat. vanus (di origine indeur. vedi vacare e vastus), il quale è da connettere col gentilizio lat. Vanius (RNG) e inoltre da confrontare con quello masch. etr. VANA «Vanio». Cfr. vasto. vario-a, deriva dal lat. varius-a «vario, variegato, variopinto, variabile, diverso-a» (finora di origine ignota; DELL, DEI, AEI, DELI², Etim); il quale è da connettere coi gentilizi lat. Varius, Varinius, Vario,-onis (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. UARI, VARI, VARIE, VARINAL, VARINEI, VARIUI (suff. -IN-, -on-/-U(N); LICE norme 5,7) (ThLE). vasto-a «ampio», deriva dal lat. vastus-a, il quale è da connettere col gentilizio lat. Vastus (RNG) e da confrontare con quello etr. VASTI (ThLE). Cfr. vano. vate «indovino, profeta», vaticinare «preconizzare, profetizzare» (voci dotte), derivano dai lat. vates, vatis, vaticinari (già prospettati come di origine etrusca; DELL), i quali sono da connettere coi gentilizi lat. Vatius, Vatenius, Vaticanus, Vaticius, Vaticinus, Vatinianus, Vatinius, Vatinus (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. VATI, VATENA, VATINIA (suff. -EN-/-IN-; LICE norma 5) (ThLE). Vedi toponimo Vaticano. vecchio-a «individuo di età molto avanzata», deriva dal lat. vetŭlus-a-um, che è da confrontare col nome della città etr. di Vetulonia, toponimo che compare come VETALU su 3 monete, VATLUI su un’altra, VETALUŚ su un bacile, VEΘALUŚ su una patera (ThLE²). Sul piano etimologico è molto probabile che il toponimo sia corradicale col lat. vetus,-ĕris «vecchio-a» (che finora è di origine incerta; DELI² s. v. vieto). Vedi vétere. velario, deriva dal lat. velarium «velario» e ‘tenda sopra un teatro o anfiteatro’, velarius «usciere» (probabilmente perché aveva la sua gabbia riparata da un velo) (finora di origine incerta; DELL; DELI²), il quale è da confrontare coi gentilizi etr. VELARA, VELARIE (TLE 585; ThLE). Vedi velo, vela. vello «manto di lana che copre gli ovini» (voce dotta), deriva dal lat. vellus,-ĕris, villus «vello, pelo», «pelle della pecora», connesso col verbo vellĕre «strappare» (in origine la lana degli ovini veniva ‘strappata’, non tosata), il quale è da connettere col lat.-etr. vellimna «vello» e coi gentilizi lat. Velin(i)a, Velinna, Velinus, Villius, Volumnius, Volumnus (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. VELIMNA (DELL 718; Ernout, EPhil, 34; ESL 63, 67) (alternanza é/í; nesso -mn-, -inn-; LICE norme 1,25) (TLE 566; ThLE). velo, vela, derivano dal lat. velum «velo», «vela» (di origine indeur., anche se non è chiaro se sia la stessa di vela; DELI²), col denominale velare, che sembra, tuttavia, anteriore di velatus-a ‘coperto-a d'un velo’; i quali sono da connettere coi gentilizi lat. Velius, Velinus, Velina, Velinia, Velonius, Velusius (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. VELI(E), VELINE, VELNA, VELNI, VELNIA, VELU, VELUSINA (suff. -IN-, -on-/- ů/-U(N)-; LICE norme 5,7); (ThLE). Vedi velario. veloce «celere, rapido», deriva dal lat. velox,-ocis (finora di origine incerta, ma già prospettato come etrusca; DEI, ESL 437), da connettere coi Velĭtes «fanti leggeri e veloci»; coi gentilizi lat. Velox, Velocianus, Velocius (RNG) e inoltre da confrontare con l’etr. VELUCS (ThLE² 247); TURMSAL VELUCS «del veloce Ermes» (ThLE). Vedi toponimo Velletri. veltro ‘cane forte e veloce, da inseguimento e da presa, simile al levriero’ (1304-08, Dante); antico francese veltre ‘cane usato soprattutto nella caccia dell'orso e del cinghiale’, Lex Salica [VI sec.] veltrus; il quale è da confrontare con l’etr. VELΘRE, VELΘRI «Velturio», gentilizio masch., da confrontare con quello lat. Velthurius (RNG). Vedi VELΘRINAL, VELΘURA (ThLE). vena «vena del corpo, vena d’acqua, sorgente», deriva dal lat. vena; Vena (dea delle sorgenti) (finora di origine ignota; DELL, AEI, DELI², Etim); che è da connettere col gentilizio lat. Venius (RNG) e inoltre da confrontare con l’etr. VENALA (VENA-LA) «(a) Vena» (probabilmente in ablativo femm.) (ThLE). Vedi toponimo Veneto. vento, deriva dal lat. ventus (indeur.; Etim) che è da connettere col gentilizio lat. Ventius (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. VENTE, VENTI, VENΘI (ThLE). veratro «elleboro bianco», deriva dal lat. veratrum (finora di origine ignota; DELL, DELI², NPRA, Etim); che è da connettere col gentilizio, masch. e femm. lat. Veratro,-onis, Veratronia (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. VERATRE, VERATRU, VERATRUNIA (suff. -on-/-ů/-u(n)-; LICE norma 7) (TLE 496; ThLE). verecondo, vergogna, derivano dai lat. verecundus, verecundia, dal verbo vereri «provare un sentimento di timore religioso o di rispetto» (indeur.), che è da connettere col gentilizio lat. Verecundius e inoltre da confrontare con quello etr. VERKANTUŚ (in genitivo) (LICE norma 23: suffisso participiale etr./lat. -NT-, NΘ- (es. AMINΘ «Amante», CLEVANΘ «offerente», NUNΘENΘ «orante», VERKANTUŚ «verecondo» (ThLE² 148). vergine «persona che non ha avuto rapporti sessuali», deriva dal lat. virgo,-ĭnis (finora di origine ignota; DELL, AEI, DEI, DELI²), che è da connettere coi gentilizi lat. Vercinna, Verginna, Vergin(n)ius, Virginius (RNG) e inoltre da confrontare con l'etr. VERCNAS «della Vergine» (leggenda di moneta con la testa di Atena, ‘la Vergine’; TLE 797) e inoltre coi gentilizi etr. VIRCENA, VERCENA, VERCNA [alternanza E/I; suff. -EN-/-IN(N)-; LICE norme 1,5] (ThLE). verna, berna «ontano» (varie specie) (la seconda variante è diffusa soprattutto in Toscana; TTM, TVA, TVSL), fitonimo che deriva dal tardo lat. verna «ontano», a sua volta dall’etr. VERNA(-IA). Il lat. verna «schiavo nato in casa del padrone» sarà l’effetto di una metafora tratta dal vocabolo dial. verna “macchina per sollevare grandi pesi” (DEI 4026). Il fitonimo risulta attestato in tutta Europa e anche nella Svizzera con la sua capitale Berna e probabilmente è di matrice ‘mediterranea’. vernacolo «dialetto paesano», deriva dal lat. vernacŭlus «domestico, paesano-a», a sua volta da verna «schiavo nato in casa» (già prospettato come di origine etrusca; ESL 279), che è da connettere coi gentilizi lat. Verna, Vernius (RNG) e inoltre da confrontare con quell etr. VERNA, VERNAIA (uscita masch. -a; LICE norma 13) (ThLE). Vedi verna. vero-a deriva dal lat. verus-a (indeur.; Etim) che è da connettere con l’etr. VERE «veramente, realmente, esattamente» e col gentilizio lat. Verius (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. VERA (TCort 7) (ThLE). vétere (voce antiquata), deriva dal lat. vetus,-ĕris «vecchio-a» (finora di origine incerta; DELI² s. v. vieto); che è da connettere coi gentilizi lat. Veteranius, Veterius, Vetorius, Vetranius, Vetranus, Vetronius, Veturius (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. VETRAL, VETRUAL, VETRUI, VEΘURA (alternanza T/Θ, suff. -on-/-u(n); LICE norme 4,7). Vedi vecchio, toponimi Vetralla,Vetulonia. viburno, viborno, viorno, deriva dal lat. viburnum/s (Viburnum lantana L.) (‘mediterraneo’ per il DEI, di probabile origine etrusca per i DELL; ESL 426) (suff. -RN-; LICE norma 9). Cfr. laburno. vico «villaggio, borgo, rione», diminutivo vìcolo, aggettivo vicino-a, derivano dal lat. vicus, vecus; vicŭlus, vicīnus; che sono da connettere coi gentilizi lat. Uicina, Vicanius, Vicinius, Viconius, Vecenius, Vecius, Veconius (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. VIKU, VECU, VEKA, VECENE (alternanza I/E; suffissi -en-/-in-; -on-/-ů/-u(n); LICE norme 1,5,7) e pure col greco oĩkos «casa» (indeur.; Etim) (ThLE). vile «vigliacco, pauroso, di scarso valore», deriva dal lat. vilis-e (finora di origine ignota; DELL, AEI, Etim); che è da connettere coi gentilizi lat. Vilanius, Vilianus, Vilius (RNG) e inoltre probabilmente da confrontare con quelli etr. VILANIA, VILIA, VILIANA, VILINEI (ThLE). Vedi però villa. villa, villaggio, villino, derivano dai lat. villa «fattoria, casa e possedimento di campagna» (già prospettato come di origine etrusca; ESL 148) (l’etimologia corrente da vicus lascia molto a desiderare); villatĭcus, aggettivo villĭcus «villico, rustico, campagnolo»; che sono da connettere coi gentilizi lat. Villanus, Villasius (RNG) e inoltre da confrontare con quelli etr. VILANIA, VILASNEI, VILIANA, VILINEI, UILLINAL (suffissi -IC-, -IN-; LICE norma 5) e inoltre coi toponimi protosardi Bidduccara (antico paese di Billucara, Pattada), Biddichena (Arzachena), Biddichènnaru (Ossi), Billikennor (mediev., CSMS; odierno Bidditènnero, Martis), Biddiconi (Tempio) (ThLE). Vedi però vile. vino, vigna, vinaccia, vinacciolo, derivano dai lat. vinum/us, vinea, vinaceum (già prospettati come di origine ‘mediterranea’; DELL, DELI²); che sono da connettere coi gentilizi lat. Vinius, Vinucius (RNG) e inoltre da confrontare con l’etr. VINUM, VINUN «vino», coi gentilizi etr. VINAI, UINIA, VINACNA, VINUCENA (alternanza EA/IA; suffissi -AC-, -EN-; LICE norme 1,5) e infine col greco óinos «vino». Anche altri vocaboli latini della viticoltura sono di origine etrusca: Bacchus, butro, crapula, faex, pampinus, ecc. (LELN 250) (TLE 251; ThLE). Non è improbabile che vinum sia omoradicale con uva (G. Rapelli). viscere « ogni organo interno del corpo dell’uomo o degli animali», deriva dal lat. viscus,-ĕris «vìscere» (che è “viscido o vischioso”) (finora di origine ignota; LEW, DELL, DELI², Etim), che è da confrontare con l’etr. VISCRI «viscere» (M. Pittau, Monaco 1427-30; TLE 685; ThLE). Vedi vischio, vìscido. vischio (pianta) e «pania», deriva dal lat. viscum/s (finora di origine ignota; DELL, DELI²); che è da connettere col gentilizio lat. Viscius, Viscus (RNG) e inoltre da confrontare con quello etr. VISCE, VISKE (ThLE). Vedi viscere, viscido. viscido-a «vischioso-a», deriva dal tardo lat. viscĭdus-a. Vedi viscere, vischio. vitello « il nato della vacca, di età inferiore all'anno», deriva dal lat. vitellus, vitŭlus; che sono da connettere coi gentilizi lat. Vitellius, Vitlius, Vitulius (RNG), Italus-i, e inoltre sono da confrontare col gentilizio etr. VITLI, VITLIA e con la glossa greco-etr. italós «toro» (ThLE). Vedi toponimo Italia. volgo «gente, folla, popolo», deriva dal lat. vulgus, volgus (finora di origine ignota; DELL, AEI, DEI, DELI², Etim); che è da connettere coi gentilizi lat. Vulceius, Vulcius, Volcius, Volgius, Velcius, i quali probabilmente sono da confrontare col tedesco Volk «popolo» e con l’etr. VELC-, VELX- «Vulci» (città etrusca del Lazio) ed inoltre coi gentilizi etr. VELCITIAL, VELXITE/I, in origine cognomen = «Vulcense», ‘nativo di Vulci’ (alternanza e/o/u; corrispondenza lat./etr. g/X; LICE norme 1,4). Vedi toponimo Vulci. volturno (antiquata voce dotta) «scirocco» (vento di Sud-Est), che probabilmente deriva dal lat. vol(u)tus «volto, voltato, girato» (quindi = ”vento che fa i mulinelli”) (per il nome di un vento tratto da quello di un uccello rapace si veda anche aquilo,-onis «aquilone», da aquila), che è da confrontare col gentilizio etr. VELΘURNA (DELL) (suff. -RN-; LICE norma 9) (TLE 352, 821; ThLE). Vedi toponimi Lacedonia, Volturno. Vulcano (dio del fuoco e fabbro degli dèi) (AEI), deriva dal lat. Volcanus, Vulcanus, che è da confrontare con l’etr. VELΧ(ANS), retico VELXANU «Vulcano», cretese Wélchanos (epiteto di Zeus) (DEI) e inoltre coi gentilizi etr. VELXANA, VELXANEI, VELXAINA, nomi teoforici in onore di VELXANS e infine con la glossa lat.-etr. Velcitanus «marzo» (ThLE¹ 417) probabilmente = ‘mese dedicato a Vulcano’ (alternanze o/u, e/u; LICE norma 1). Il fatto che il nome di questo dio del fuoco e fabbro degli dèi derivi dall’etrusco è consentaneo con la caratteristica essenziale degli Etruschi, grandi lavoratori dei metalli (TLE 856; ThLE). zavorra ‘agglomerato di sabbia e lastre di pietra messe nella stiva delle navi per farle galleggiare meglio), che deriva dal lat. sabŭrra «zavorra» (‘voce mediterranea’ per l’AEI, già prospettata come di origine etrusca; Ernout, EPhil, 48, DELL, DELI², ESL 463) ed è da connettere col lat. sabŭlum/sabŭla «sabbia» (suff. -rr-; LICE norma 5) (ThLE). Vedi toponimo Suburra (Roma). zolfo vedi solfo. Bibliografia essenziale con sigle
Massimo Pittau, 2019
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