Subito dopo la unificazione italiana, dopo che nel 1870 Roma era
divenuta la capitale d'Italia, era stata adottata da parte dei nostri
governi una particolare procedura nell'ambito sia dell'Esercito Regio
sia nell'amministrazione statale, compresa quella della scuola
pubblica. In vista di un rapido e profondo processo di unificazione
degli abitanti dei precedenti numerosi staterelli italiani,
nell'Esercito Regio si procedeva a mandare le reclute del Meridione
d'Italia nei reggimenti stanziati nell'Italia settentrionale, e
viceversa. E qualcosa di simile si faceva anche nell'ambito
dell'amministrazione statale: gli impiegati di prima nomina venivano
mandati nelle sedi più lontane da quelle di origine. E la stessa
cosa, perfino con maggiore consapevolezza e volontà politica, si
effettuava nell'ambito delle scuole medie: i professori ed i presidi di
prima nomina venivano assegnati alle sedi più periferiche delle
province italiane, le cui popolazioni si riteneva che avessero maggior
bisogno di essere istruite ed educate alla coscienza della nuova unica
patria italiana.
Ed in questo modo e per questo motivo si spiega come, ad esempio,
Giovanni Pascoli alla sua prima nomina in ruolo fu mandato nella
lontana Messina, il padre di Indro Montanelli e, qualche anno dopo, il
futuro grande critico letterario Attilio Momigliano furono mandati ad
insegnare nella lontanissima e del tutto periferica Nùoro.
Facendo riferimento ad Attilio Momigliano ed al suo insegnamento nel
Ginnasio di Nùoro negli anni Venti, mi sembra di poter affermare
che ne derivò un certa parte di fortuna per la nostra Grazia
Deledda, dato che in pratica egli risultò essere stato l'unico
critico letterario che ne abbia formulato un giudizio fondamentalmente
buono e soprattutto privo di riserve. E dico di stupirmi parecchio per
il fatto che i recenti critici e commentatori della Deledda,
soprattutto quelli sardi, non abbiano mai fatto riferimento al giudizio
che il Momigliano aveva a suo tempo formulato sull'opera della Deledda.
A meno che non lo abbiano mai conosciuto.... Eppure si tratta di un
giudizio grandemente elogiativo: «Nessuno,
dopo il Manzoni, ha arricchito e approfondito come lei, in una vera
opera d'arte, il nostro senso della vita» (A. Momigliano, Storia della letteratura italiana, Milano-Messina, 1964, V edizione).
Non mi risulta che il Momigliano e la Deledda si siano mai conosciuti
di persona, anzi ne dubito, per il fatto che la scrittrice nuorese
ormai risiedeva fuori Nùoro, a Cagliari o a Roma. Però mi
sembra quasi certo che il Momigliano sia venuto a conoscenza delle
opere della Deledda appunto in virtù del suo soggiorno di uno o
di due anni a Nùoro.
Di passaggio dico che a Firenze, quando insegnavo in Toscana nell'anno
scolastico 1948-49, ebbi modo di ascoltare un certo numero di lezioni
che il Momigliano teneva nella Facoltà di Lettere,
immediatamente dopo il suo rientro in patria dopo l'esilio
subìto dal fascismo a causa della sua appartenenza alla razza
ebraica: erano lezioni frequentatissime dagli studenti ed anche da
uomini di cultura fiorentini. Io qui le ricordo, sia per il riferimento
fatto alla Deledda, sia perché le ho sempre ritenute le
più brillanti lezioni che io abbia mai ascoltato nella mia
frequenza dell'Università per le mie lauree di Lettere e di
Filosofia.
Massimo Pittau