Il DNA nella ricerca storica

Egregio Direttore,

nel fascicolo n. 31 di «Sardegna Antica», appena ricevuto, ovviamente avevo letto l’articolo di Maurizio Feo intitolato «L’origine degli Etruschi e dei Sardi». L’Autore, pur citandomi con deferenza e perfino con simpatia, ha sostenuto che le ricerche condotte sul DNA da parte di specialisti contraddicono la mia tesi fondamentale della affinità storica, culturale e linguistica dei Sardi Nuragici con gli Etruschi e della loro comune origine dall’antica Lidia, nell’Anatolia od Asia Minore. Siccome il nome dell’Autore dell’articolo non mi diceva nulla e d’altra parte «Sardegna Antica» lo aveva presentato come “urologo”, io non diedi importanza all’articolo stesso. Senonché è avvenuto qualche settimana fa che il dott. Feo mi abbia scritto per posta elettronica per chiedermi se avessi letto il suo articolo e per ricordarmi che ci eravamo incontrati una quindicina di anni fa a Roma per parlare proprio del nostro tema. Allora ho riletto immediatamente l’articolo del dottor Feo e con maggiore attenzione, col risultato finale di ritenere e affermare che si tratta senza dubbio di uno “studio molto informato e pure stimolante”.
Per parte mia rispondo brevemente alla sua obiezione di fondo: nella mia recentissima opera Storia dei Sardi Nuragici (Domus de Janas editore, Selargius 2007) a pagina 54 cito studi recenti sul DNA che connettono strettamente gruppi di Toscani odierni a popolazioni dell’Asia Minore e nel paragrafo 70 cito analoghi studi che legano strettamente i Sardi ai Toscani. Debbo precisare che io mi sono semplicemente limitato a citare quegli studi, mentre mi sono guardato bene dall’entrare nel loro merito, dato che ovviamente essi vanno molto al di là delle mie competenze specifiche.
D’altra parte, proprio a seguito della lettura dell’articolo del dott. Feo, mi sento spinto a rivolgermi ai genetisti e dire loro: «Mettetevi d’accordo tra di voi: le ricerche sul DNA dimostrano che effettivamente gli Etruschi erano venuti dalla Lidia, secondo il famoso racconto di Erodoto, condiviso da altri 30 autori greci e latini, oppure gli Etruschi erano autoctoni in Italia, secondo l’affermazione di un unico autore antico, Dionigi di Alicarnasso?». Ancora: «Gli studi sul DNA dimostrano una parentela genetica fra i Sardi Nuragici e gli Etruschi oppure no?».
Ho definito lo studio del dott. Feo “stimolante”; tanto è vero che ne ho tratto subito una importante e radicale conclusione che espongo subito. Innanzi tutto è da ricordare che la penisola anatolica o dell’Asia Minore ha costituito nell’antichità il punto di sutura e di incontro di tre interi continenti, Africa, Asia ed Europa, ragion per cui attraverso di essa sono avvenute, nei secoli e nei millenni, innumerevoli migrazioni di popoli. L’Asia Minore è stata definita un “crogiolo” di numerosissime e differentissime etnie, stirpi, culture e lingue, le quali vi si sono incontrate, mescolate, confuse e fuse.
In secondo luogo si deve ricordare che in quella grande «autostrada del mare» che è stato nell’antichità il Mediterraneo, le penisole anatolica, greca e italiana e le isole di Cipro, Creta, Sicilia e Sardegna hanno costituito come i piloni di un grande ponte che consentiva di superare con notevole facilità il Mediterraneo stesso; ragion per cui anche in quegli snodi marittimi sono passate molte migrazioni di popoli di differenti etnie, stirpi, culture e lingue. [Ci si chieda chi non è passato in Italia e particolarmente in Etruria (= Toscana e Lazio settentrionale)?].
In queste condizioni antropiche e culturali, sicuramente accertate dalla archeologia e dalla storiografia, io concludo dicendo di nutrire ormai molti e forti dubbi sulle possibilità che le ricerche basate sul DNA condotte in quelle terre siano in grado di risolvere in maniera decisiva la questione delle migrazioni dei popoli antichi. Quelle terre e quegli snodi terrestri e marittimi si possono paragonare (ovviamente considerata la rispettiva dilatazione o concentrazione dei tempi) agli odierni snodi aeroportuali di Londra, Parigi, Amsterdam, Francoforte, Roma ecc.: una ricerca genetica sul DNA dei passeggeri che transitano in questi aeroporti dimostrerebbe proprio nulla.
Ma faccio un’aggiunta che deriva dalla mia personale specializzazione in fatto di onomastica, che ritengo di avere dimostrato con due mie opere dedicate al significato e all’origine di 7.500 cognomi attestati in Sardegna: a mio fermo giudizio è totalmente errato collegare le ricerche sul DNA delle varie popolazioni coi cognomi in esse documentati. Infatti, in primo luogo nella stragrande maggioranza i cognomi di tutte le nazioni occidentali sono molto recenti, dato che risalgono appena al Concilio di Trento, quello che impose l’impianto delle anagrafi parrocchiali; in secondo luogo le numerosissime famiglie che, ad es., hanno il cognome Rossi possono non avere alcuna parentela fra loro, dato che quel loro cognome è semplicemente la conseguenza del fatto che qualche loro antenato aveva il viso oppure i capelli “rossi”; in terzo luogo uno stesso cognome può avere significati e origini del tutto differenti, ad es. nel Pisano il cognome Neri può indicare che qualche antenato era particolarmente “nero o bruno”, oppure che si chiamava Ranieri.
Passo ad un’altra questione, toccata sia pure marginalmente dal dott. Feo: il carattere indoeuropeo o non indoeuropeo della lingua etrusca. Su questa lingua io ho composto e pubblicato ben 8 opere, fra le quali La Lingua Etrusca – grammatica e lessico (1997) e il Dizionario della Lingua Etrusca (2005), il quale è il primo e finora unico pubblicato sull’argomento. Ebbene, con l’esperienza di studio che ho acquisito per la composizione di queste mie 8 opere, mi sento di affermare che mi interessa veramente poco ciò che intorno all’etrusco scrivono linguisti che lo hanno affrontato in maniera ridotta e marginale e soprattutto gli archeologi.
Il dott. Feo ricorda che mentre il lidio viene considerato “indoeuropeo” da parte di molti linguisti, l’etrusco invece no. Ma io faccio osservare che gli elementi che hanno indotto i linguisti a definire indoeuropea la lingua lidia in effetti sono molto meno numerosi e molto meno significativi di quelli che hanno indotto me ed altri linguisti a definire indoeuropea anche la lingua etrusca (della lingua lidia conserviamo appena una settantina di iscrizioni, mentre della lingua etrusca ne conserviamo circa 11 mila!).
Fra gli etruscologi indoeuropeisti io non ho il timore di vantarmi di aver dimostrato – non contraddetto da alcuno – che anche i numeri etruschi della prima decade sono indoeuropei. Che è una cosa di estrema importanza, dato che tutti sappiamo che la scoperta della famiglia delle lingue indoeuropee è stata fatta proprio in virtù della omoradicalità dei numeri della prima decade di ciascuna di esse.
Massimo Pittau
 

Due lettere all’Esimio Dottore
MAURIZIO FEO

 

Egregio e caro Amico,

numerosi e pesanti impegni di studio e di lavoro mi avevano fino a ieri impedito di leggere con attenzione e meditare le due parti del Suo studio «Genetics», pubblicate negli ultimi due fascicolo di Sardegna Antica. Le dico subito che non ho capito quasi nulla della parte specialistica dello studio, dato che non so nulla della Genetica; però ho afferrato appieno la Sua conclusione finale: “Nessuna affinità genetica fra i Sardi e gli Etruschi”. Alla quale, senza entrare per nulla nella parte tecnica della questione, io muovo le seguenti obiezioni:

1) Nella mia opera «Storia dei Sardi Nuragici» (Selargius 2007, pg. 291, cito il fatto che il dott. Giuseppe Mulas di Olbia e la sua équipe, su invito della «Società Ital. di Immunoematologia», ha condotto uno studio, nel quale si è espresso in questo modo: «Non sappiamo se la similarità genetica tra Sardi ed Etruschi sia dovuta ad un movimento dei Sardi verso la regione abitata dagli Etruschi o vicevera». E i risultati della ricerca del dott. Mulas e della sua équipe sono stati pubblicati nella rivista «La trasfusione del sangue, vol. 39, num. 1 gennaio/febbraio 1994 (1-16). Ed io concludo con un invito: «Mettetevi d’accordo Lei, il dott. Mulas e i genetisti in genere» e dopo noi storici e linguisti vedremo di ascoltarvi, anche nella assoluta certezza che non saremo per nulla in grado di sapere e di scegliere per chi tra Voi abbia ragione. 

2) Io ho già avuto modo di constatare che anche altri genetisti hanno espresso opinioni contrastanti circa l’affinità genetica tra i Sardi e gli Etrusci e fra questi e gli Anatolici o abitanti dell’Asia Minore. Siccome è lontanissima dalla mia mente l’idea di contestare il “metodo di ricerca” della genetica, mi è venuta l’idea che quelle continue e numerose divergenze dipendano da quella che Voi chiamate “campionatura”; cioè che quelle divergenze dipendano dal fatto che si facciano errori nello scegliere i soggetti su cui fare le ricerche.

Ed io ho già prospettato questo dubbio: probabilmente è errato andare alla ricerca del DNA delle popolazioni che sono vissute e vivono nella Penisola Italiana, in quella Anatolica e anche nella Sardegna. 

Io sono convinto, per chiare prove geografiche e storiche, che la Penisola Italiana è la “terra più trafficata del globo”, nella quale sono passati per millenni innumerevoli flussi migratori dall’Oriente all’Occidente mediterraneo e viceversa, dall’Africa all’Europa e viceversa.

Ed analogamente avevo già avuto modo di scrivere che la Penisola Anatolica ha costituito nell’antichità il punto di sutura e di incontro di tre interi continenti, Africa, Asia ed Europa, ragion per cui attraverso di essa sono avvenute, nei secoli e nei millenni, innumerevoli migrazioni di popoli. L’Asia Minore è stata definita un “crogiolo” di numerosissime e diffentissime etnie, stirpi, culture e lingue, le quali vi si sono incontrate, mescolate, confuse e fuse.

E pure la Sardegna è stata attraversata da molti flussi migratori e soprattutto è stata “scombussolata” nei suoi elementi genetici dalla dominazione romana. Io ho sotto stampa un’ampia opera, in cui risultano analizzati e studiati 22.000 toponimi della Sardegna centrale: in virtù di questo studio mi sono convinto che i Romani hanno importato nell’Isola, per lavorarvi nelle miniere, nelle saline e nei campi di grano, migliaia e migliaia di schiavi, i quali provenivano da tutte le zone della vasta area mediterranea, con risultati di miscugli genetici indescrivibili…. 

3) A mio modestissimo avviso non ha un esatto valore probatorio l’aver scelto come centri di ricerca paesini isolati della Toscana, quando si consideri che gli Etruschi erano stanziati non soltanto in Etruria, ma anche nel Lazio (fino a Terracina) e da Capua fino a Mantova e a Vipiteno (toponimo sicuramente etrusco) in Alto Adige. Ugualmente non ha un esatto valore probatorio lo scegliere la isolatissima Ogliastra, posto che alcuni toponimi mostrano chiaramente che i Sardi si sono stanziati primariamente nel sud dell’Isola, a Serdiana, Assemini, Sardori, Serdis e Sardara nel Campidano (op. cit. pg. 120).

4) Lei ha parlato di «una popolazione rifugiatasi in Spagna e Francia meridionale, durante l’ultimo picco di glaciazione e si sarebbe diffusa in Sardegna all’incirca 13000 e 9000 anni fa (Passarino et al.; Rootsi). E ha scritto che «Dunque larghissima parte del pool genetico dei Sardi attuali discende da gruppi umani immigrati nell’Isola tra 20 mila e 5 mila anni fa». Ma, egregio Amico, noi due stiamo parlando di cose del tutto differenti: io sto parlando di Sardi venuti nell’Isola nel sec. XIII a. C. (dunque circa nel 1250), arrivando dalla Lidia, dalla cui capitale Sardis hanno perfino derivato il loro nome e quello della loro nuova terra, mentre Lei parla di popoli arrivati nell’Isola 20 mila e 13 mila anni fa! Ma a quale titolo Lei chiama Sardi queste popolazioni? Lei li dovrebbe chiamare Presardi o Prenuragici. E per questa ragione, la mancanza di affinità genetica tra i Presardi e gli Etruschi non mette per nulla in crisi la mia tesi sulla affinità dei Sardi con gli Etruschi. 

Del resto questa affinità tra Sardi ed Etruschi potrebbe essere anche semplicemente culturale e linguistica, nello stesso modo in cui nell’Italia odierna c’è “affinità culturale e linguistica” tra popolazioni molto differenti tra loro sul piano genetico e su quello storico-culturale.

E dunque, per queste precise ragioni io mi tengo le mie idee.

Comunque, grazie per la Sua attenzione alle mie pubblicazioni, auguri di buon lavoro e cordialissimi saluti 

Massimo Pittau


Egregio Amico,

io sto lavorando molto intensamente al Liber linteus della Mummia di Zagabria ed inoltre mi trovo in gravi difficoltà col mio vecchio computer e ancor di più con quello nuovo. E per questi due motivi ho tardato a rispondere alla Sua cortese lettera di qualche tempo fa.

In questa Lei fa l'errore - me lo permetta - di fare quasi esclusivo riferimento alla Genetica e alla sua metodologia, sulla quale io non esprimo né ho espresso alcun dubbio. Io mi sono limitato a dire che, viste le numerose discordanze che si riscontrano fra i genetisti, ho prospettato l'ipotesi che essi sbaglino nella "campionatura".

Il bacino del Mediterraneo è l'ombelico del globo, luogo di incontro di ben tre continenti, nel quale sono nate e sviluppate le più antiche e più illustri civiltà della storia. Esso è stato molto importante anche come via di comunicazione, dato che, prima della fine dell'Ottocento, epoca in cui si inventò e si adoperò il treno, viaggiare significava "navigare", Ne è prova anche il verbo «arrivare», il quale deriva da una espressione marinara lat. ad rivam «(pervenire) alla riva».

Nel Mediterraneo pertanto si sono incontrate e mescolate numerosissime stirpi umane, rispetto alle quali l'applicazione delle ricerche genetiche può fallire completamente. Io avevo già scritto che non avrebbe alcun senso scientifico l'applicazione della genetica ai milioni di uomini che anno per anno passano attraverso gli aeroporti internazionali. Solamente in questo modo mi sembra che si possano spiegare le numerose divergenze che esistono fra i genetisti rispetto alle popolazioni del Mediterraneo.

Nel mio intervento precedente ho commesso l'errore di riferirmi solamente alle migliaia di schiavi importati in Sardegna dai Romani. La questione invece è che in Sardegna sono passati e si sono fermati anche molti militari romani, pur'essi di differenti regioni. Abbia la cortesia di leggere nel mio sito un articolo, di cui vado orgoglioso: «La romanizzazione linguistica della Sardegna».

Chiudo ringraziandola ancora per l’attenzione che dimostra per i miei scritti e inoltre assicurando la mia alta stima per Lei e per i Suoi studi

Massimo Pittau

 


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