Il DNA nella ricerca storica Egregio Direttore, Due lettere all’Esimio Dottore
Egregio e caro Amico, numerosi e pesanti impegni di studio e di lavoro mi avevano fino a ieri impedito di leggere con attenzione e meditare le due parti del Suo studio «Genetics», pubblicate negli ultimi due fascicolo di Sardegna Antica. Le dico subito che non ho capito quasi nulla della parte specialistica dello studio, dato che non so nulla della Genetica; però ho afferrato appieno la Sua conclusione finale: “Nessuna affinità genetica fra i Sardi e gli Etruschi”. Alla quale, senza entrare per nulla nella parte tecnica della questione, io muovo le seguenti obiezioni: 1) Nella mia opera «Storia dei Sardi Nuragici» (Selargius 2007, pg. 291, cito il fatto che il dott. Giuseppe Mulas di Olbia e la sua équipe, su invito della «Società Ital. di Immunoematologia», ha condotto uno studio, nel quale si è espresso in questo modo: «Non sappiamo se la similarità genetica tra Sardi ed Etruschi sia dovuta ad un movimento dei Sardi verso la regione abitata dagli Etruschi o vicevera». E i risultati della ricerca del dott. Mulas e della sua équipe sono stati pubblicati nella rivista «La trasfusione del sangue, vol. 39, num. 1 gennaio/febbraio 1994 (1-16). Ed io concludo con un invito: «Mettetevi d’accordo Lei, il dott. Mulas e i genetisti in genere» e dopo noi storici e linguisti vedremo di ascoltarvi, anche nella assoluta certezza che non saremo per nulla in grado di sapere e di scegliere per chi tra Voi abbia ragione. 2) Io ho già avuto modo di constatare che anche altri genetisti hanno espresso opinioni contrastanti circa l’affinità genetica tra i Sardi e gli Etrusci e fra questi e gli Anatolici o abitanti dell’Asia Minore. Siccome è lontanissima dalla mia mente l’idea di contestare il “metodo di ricerca” della genetica, mi è venuta l’idea che quelle continue e numerose divergenze dipendano da quella che Voi chiamate “campionatura”; cioè che quelle divergenze dipendano dal fatto che si facciano errori nello scegliere i soggetti su cui fare le ricerche. Ed io ho già prospettato questo dubbio: probabilmente è errato andare alla ricerca del DNA delle popolazioni che sono vissute e vivono nella Penisola Italiana, in quella Anatolica e anche nella Sardegna. Io sono convinto, per chiare prove geografiche e storiche, che la Penisola Italiana è la “terra più trafficata del globo”, nella quale sono passati per millenni innumerevoli flussi migratori dall’Oriente all’Occidente mediterraneo e viceversa, dall’Africa all’Europa e viceversa. Ed analogamente avevo già avuto modo di scrivere che la Penisola Anatolica ha costituito nell’antichità il punto di sutura e di incontro di tre interi continenti, Africa, Asia ed Europa, ragion per cui attraverso di essa sono avvenute, nei secoli e nei millenni, innumerevoli migrazioni di popoli. L’Asia Minore è stata definita un “crogiolo” di numerosissime e diffentissime etnie, stirpi, culture e lingue, le quali vi si sono incontrate, mescolate, confuse e fuse. E pure la Sardegna è stata attraversata da molti flussi migratori e soprattutto è stata “scombussolata” nei suoi elementi genetici dalla dominazione romana. Io ho sotto stampa un’ampia opera, in cui risultano analizzati e studiati 22.000 toponimi della Sardegna centrale: in virtù di questo studio mi sono convinto che i Romani hanno importato nell’Isola, per lavorarvi nelle miniere, nelle saline e nei campi di grano, migliaia e migliaia di schiavi, i quali provenivano da tutte le zone della vasta area mediterranea, con risultati di miscugli genetici indescrivibili…. 3) A mio modestissimo avviso non ha un esatto valore probatorio l’aver scelto come centri di ricerca paesini isolati della Toscana, quando si consideri che gli Etruschi erano stanziati non soltanto in Etruria, ma anche nel Lazio (fino a Terracina) e da Capua fino a Mantova e a Vipiteno (toponimo sicuramente etrusco) in Alto Adige. Ugualmente non ha un esatto valore probatorio lo scegliere la isolatissima Ogliastra, posto che alcuni toponimi mostrano chiaramente che i Sardi si sono stanziati primariamente nel sud dell’Isola, a Serdiana, Assemini, Sardori, Serdis e Sardara nel Campidano (op. cit. pg. 120). 4) Lei ha parlato di «una popolazione rifugiatasi in Spagna e Francia meridionale, durante l’ultimo picco di glaciazione e si sarebbe diffusa in Sardegna all’incirca 13000 e 9000 anni fa (Passarino et al.; Rootsi). E ha scritto che «Dunque larghissima parte del pool genetico dei Sardi attuali discende da gruppi umani immigrati nell’Isola tra 20 mila e 5 mila anni fa». Ma, egregio Amico, noi due stiamo parlando di cose del tutto differenti: io sto parlando di Sardi venuti nell’Isola nel sec. XIII a. C. (dunque circa nel 1250), arrivando dalla Lidia, dalla cui capitale Sardis hanno perfino derivato il loro nome e quello della loro nuova terra, mentre Lei parla di popoli arrivati nell’Isola 20 mila e 13 mila anni fa! Ma a quale titolo Lei chiama Sardi queste popolazioni? Lei li dovrebbe chiamare Presardi o Prenuragici. E per questa ragione, la mancanza di affinità genetica tra i Presardi e gli Etruschi non mette per nulla in crisi la mia tesi sulla affinità dei Sardi con gli Etruschi. Del resto questa affinità tra Sardi ed Etruschi potrebbe essere anche semplicemente culturale e linguistica, nello stesso modo in cui nell’Italia odierna c’è “affinità culturale e linguistica” tra popolazioni molto differenti tra loro sul piano genetico e su quello storico-culturale. E dunque, per queste precise ragioni io mi tengo le mie idee. Comunque, grazie per la Sua attenzione alle mie pubblicazioni, auguri di buon lavoro e cordialissimi saluti Massimo Pittau
Egregio Amico, io sto lavorando molto intensamente al Liber linteus della Mummia di Zagabria ed inoltre mi trovo in gravi difficoltà col mio vecchio computer e ancor di più con quello nuovo. E per questi due motivi ho tardato a rispondere alla Sua cortese lettera di qualche tempo fa. In questa Lei fa l'errore - me lo permetta - di fare quasi esclusivo riferimento alla Genetica e alla sua metodologia, sulla quale io non esprimo né ho espresso alcun dubbio. Io mi sono limitato a dire che, viste le numerose discordanze che si riscontrano fra i genetisti, ho prospettato l'ipotesi che essi sbaglino nella "campionatura". Il bacino del Mediterraneo è l'ombelico del globo, luogo di incontro di ben tre continenti, nel quale sono nate e sviluppate le più antiche e più illustri civiltà della storia. Esso è stato molto importante anche come via di comunicazione, dato che, prima della fine dell'Ottocento, epoca in cui si inventò e si adoperò il treno, viaggiare significava "navigare", Ne è prova anche il verbo «arrivare», il quale deriva da una espressione marinara lat. ad rivam «(pervenire) alla riva». Nel Mediterraneo pertanto si sono incontrate e mescolate numerosissime stirpi umane, rispetto alle quali l'applicazione delle ricerche genetiche può fallire completamente. Io avevo già scritto che non avrebbe alcun senso scientifico l'applicazione della genetica ai milioni di uomini che anno per anno passano attraverso gli aeroporti internazionali. Solamente in questo modo mi sembra che si possano spiegare le numerose divergenze che esistono fra i genetisti rispetto alle popolazioni del Mediterraneo. Nel mio intervento precedente ho commesso l'errore di riferirmi solamente alle migliaia di schiavi importati in Sardegna dai Romani. La questione invece è che in Sardegna sono passati e si sono fermati anche molti militari romani, pur'essi di differenti regioni. Abbia la cortesia di leggere nel mio sito un articolo, di cui vado orgoglioso: «La romanizzazione linguistica della Sardegna». Chiudo ringraziandola ancora per l’attenzione che dimostra per i miei scritti e inoltre assicurando la mia alta stima per Lei e per i Suoi studi Massimo Pittau
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