Un pasticcio lessicale
della giovane Grazia Deledda


In una lettera datata “Nuoro, 1° febbraio 1894” di Grazia Deledda giovane (aveva 23 anni), che fa parte dell’epistolario che la scrittrice tenne col critico letterario sassarese Stanis Manca, epistolario che è stata in questi giorni pubblicato col titolo di «Grazia Deledda – Amore lontano» (Feltrinelli, novembre 2010), compare uno strano vocabolo: «L’altra sera sono stata a vedere un gran fuoco che hanno acceso nel vicinato di S. Pietro che è l’Intrinti di Nuoro».

Gia qualche tempo fa, la benemerita e valida studiosa Anna Folli dell’Università di Ferrara, curatrice della citata opera, mi aveva scritto per chiedermi che cosa mai significasse lo strano vocabolo Intrinti adoperato dalla Deledda. Mi sembra di ricordare che avevo risposto alla studiosa in maniera negativa, cioè asserendo di non saper che cosa rispondere alla sua richiesta.

Però è avvenuto che la Folli, nella corrispondente nota 62, abbia commentato il passo in questo modo: «È probabile che Grazia stia leggendo Ne’ vicoli di Sassari, in Figurine di Sardegna, e quindi dialoghi con Stanis nel punto in cui scrive che il piccone dello sventramento ha fatto una larga breccia nella Sassari bassa, quella detta de’ zappadori, e ora nuove larghe vie si distendono “attraverso l’iltrinti” (v. anche Sardegna leggendaria, cit., p. 50). Intrinti (cosi nell’autografo) si direbbe dunque la parte più interna (intro) di Nuoro, San Pietro (Santu Predu), rione di pastori, cuore antico della città».

Dichiaro di apprezzare lo sforzo fatto da Anna Folli per interpretare lo strano vocabolo, ma la spiegazione è un’altra e mi viene dal vocabolo sassarese che la stessa Folli ha citato: li ilsthrinti (questa sarebbe l’esatta grafia) in dialetto sassarese, significa «gli stretti, le strettoie», cioè i vicoli particolarmente “stretti” della città di Sassari. 

La Deledda non aveva compreso l’esatto significato dell’appellativo plurale sassarese l’iltrinti e ha ritenuto di poterlo ricostruire in dialetto nuorese come intrinti, cadendo di certo in una paretimologia con l’avverbio nuorese intro «entro, dentro».

Il vocabolo dunque nel dialetto nuorese non esiste affatto, mentre la giovane Deledda aveva ritenuto di poter trasformare il vocabolo sassarese, ma in maniera del tutto errata, dato che non ne conosceva l’esatto significato, anche perché il dialetto sassarese non è propriamente sardo ma è di origine còrsa.

Cose che capitano. Del resto preciso che l’epistolario della Deledda con Stanis Manca è molto importante anche perché mostra in maniera chiara gli sforzi enormi che la giovane scrittrice aveva dovuto fare per impadronirsi di una forma passabile della lingua italiana. E infatti in un’altra lettera dell’epistolario la giovane scrittrice esprime il rammarico per il fatto di essere circondata da persone che parlavano soltanto il dialetto nuorese e mai l’italiano.


Massimo Pittau


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