UN'INEDITA POESIA SARDA DI GRAZIA DELEDDA

 

Sono del parere che molti uomini di cultura italiani, di cultura perfino molto elevata, non siano per nulla al corrente di un fenomeno, che per se stesso è un fatto notevole proprio di "cultura" italiana. Voglio riferirmi al fenomeno dell'esistenza di un discreto numero di librai antiquari italiani, i quali dimostrano di essere forniti di una ampia ed autentica "cultura umanistica". Danno prova evidente e certa di ciò con i cataloghi, che pubblicano e mettono in circolazione periodicamente, dei libri di antiquariato che offrono ai clienti di tutta Europa. In questi cataloghi, oltre alle minute e precise informazioni di carattere bibliografico, molto spesso sono fornite anche notizie relative alle opere messe in vendita, ai loro autori, all'epoca storica in cui questi sono vissuti ed hanno operato, ecc.

A leggere con un po' di attenzione questi cataloghi di libri di antiquariato, c'è anche la possibilità di approfondire veramente la propria cultura umanistica. E mi sembra anche strano che molti di questi librai non abbiano la esatta consapevolezza della validità del loro operare, come dimostra il fatto che spesso, con la denominazione della loro libreria, non compare anche il nome del titolare.

Ebbene, uno di questi librai, sotto la firma di LIM Antiquaria sas - Studio Bibliografico, via di Arsina 216/A, 55100 Lucca, nel suo catalogo 35 intitolato "Autografi", pagg. 25, 26, mette in vendita un autografo di Grazia Deledda ventunenne, che riporta una poesiola scritta in lingua sarda, ma con la traduzione italiana, intitolata "America e Sardigna".

Io ritengo che si tratti di un componimento inedito e per questo mi piace darne comunicazione con questo mio breve scritto.

America e Sardigna

- O limbazu chi ammentas su romanu
durche faeddu de sa patria mea,
tristu comente cantu 'e filumena
chi in sas rosas si dormit a manzanu,
- cola su mare, e cando in sa fiorida
America nche ses a tottus nara
chi s'isula 'e Sardigna isettat galu
de esser iscoperta e connoschida...

Nuoro (Sardegna) 19-2-93

 

America e Sardegna - O linguaggio che ricordi il romano, dolce favella de la patria mia, triste come canto di filomena, che fra le rose si addormenta in sul mattino, - varca il mare, e quando ne la fiorita America sei, di' a tutti che l'isola di Sardegna aspetta ancora di essere scoperta e conosciuta.

 
*** *** ***

Non mi sembra che possa esistere alcun dubbio sul fatto che questa poesiola, composta dalla Deledda a 22 anni, non ha proprio nulla di poetico. Pur sorvolando sulle rime vistosamente zoppicanti (filomena che aspira a far rima con mea, galu con manzanu, nara con nulla...), il nucleo essenziale del componimento è del tutto velleitario: la giovane scrittrice voleva dire che, mentre l'America era stata ormai scoperta ed era conosciuta da tempo, la Sardegna aspettava ancora di essere scoperta e conosciuta..... Ma tutto questo in realtà la scrittrice non lo dice, per cui lo si indovina solamente...

E tuttavia sono dell'avviso che questo giovanile componimento poetico della Deledda abbia una sua importanza nella storia della maturazione culturale e dell'avvio della attività letteraria della scrittrice nuorese; per il fatto che questo componimento indica già una componente psicologica ed intellettuale che ha caratterizzato fin dal suo primo nascere l'attività della scrittrice: il desiderio e l'aspirazione di far conoscere, con i suoi scritti, agli uomini di cultura italiani e stranieri quella terra lontana, misteriosa e misconosciuta che era la Sardegna. Nella sua poesiola la giovane Deledda dice che la Sardegna isettat galu de esser iscoperta e connoschida..., ma siccome nessuno fino ad allora aveva proceduto a scoprire e a far conoscere la sua terra, ecco si che si fa avanti la giovane scrittrice per assolvere quella missione.

Si consideri con attenzione ciò che la Deledda giovane scrisse nella prima lettera che inviò all'editore Emilio Treves: "Sono anche assai giovane e forse per ciò ho anche grandi sogni: ho anzi un solo sogno, grande, ed è di illustrare un paese sconosciuto che amo molto intensamente, la mia Sardegna!" (G. Deledda, Versi e prose giovanili, a cura di Antonio Scano, Milano, Treves, 1938, pag. 236; nuova edizione a cura della figlia Carmen - Bibliografia degli scritti di Grazia Deledda, Edizioni Virgilio, Milano, 1972, pag. 248).

D'altronde non si trattava solamente di fare finalmente conoscere la Sardegna in Italia e nel Mondo, ma anche di scagionarla dalla pessima fama che si era conquistata come terra di banditi. Ecco che cosa scriveva da Nuoro, il 2 maggio 1893, ad Antonio Scano e a G. Satta-Semidei, direttori della rassegna "Vita Sarda": "Aiutino questa piccola lavoratrice che ha consacrato la sua vita e i suoi pensieri alla Sardegna, e che sogna ad ogni istante di vederla, se non più conosciuta, liberata almeno dalle calunnie d'oltre mare" (op. cit. pag. 242/262).

MASSIMO PITTAU


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