Massimo Pittau

professore emerito dell’Università di Sassari


TOPONIMI  DELLA  
SARDEGNA  MERIDIONALE

Significato e origine


PREMESSA

Nel 2011, per i tipi della Editrice Democratica Sarda (EDES) di Sassari, ho pubblicato un’ampia opera intitolata «I Toponimi della Sardegna – Significato e origine», nella quale ho presentato e analizzato i toponimi di 83 Comuni della “Sardegna Centrale”. Quest’opera ha richiesto una fatica improba da parte mia, dato che il numero dei toponimi da me studiati e spiegati ha raggiunto l’elevata cifra di 20 mila (19.957). Ed ha pure richiesto un grave impegno per la Editrice, dato che il relativo volume ha raggiunto la cifra di 1104 pagine.

Questa mia presente opera «Toponimi della Sardegna Meridionale», assieme con l'altra già messa in circolaione in internet «Toponimi della Sardegna Settentrionale», si inquadrano chiaramente nel mio progetto generale dello studio dell’intera toponimia della Sardegna. Però dal I volume relativo alla “Sardegna Centrale”, anche questo relativo alla Sardegna Meridionale si discosta alquanto; ed io ho preso questa decisione sia per ridurre la mia fatica di studio e di scrittura, sia per ridurre al minimo l’impegno tipografico della Editrice.

Nella mia opera precedente, già pubblicata in volume, io ho inserito tutti i toponimi che sono riuscito a trovare, innanzi tutto nelle carte dell’Istituto Geografico Militare (I.G.M.), poi in numerose tesi di laurea da me assegnate a miei allievi, infine in tutti i repertori che sono riuscito a consultare. 

In maniera particolare tengo a precisare che anche nella presente opera ho tralasciato quasi tutti i numerosi “toponimi trasparenti”, cioè quelli di cui il comune parlante di lingua sarda afferra immediatamente il significato, ad esempio Chercu, Creccu, Funtana, Monte/i, Ortu, Riu, ecc., mentre ho registrato e studiato solamente i “toponimi opachi”, quelli cioè di cui il comune parlante non afferra il significato effettivo. 

Come limite toponimico della Sardegna Meridionale ho deciso di adottare il suo confine come viene comunemente inteso sul piano geografico, quello che ne segna il termine nell'Altipiano di Abbasanta e nel versante meridionale del massiccio del Gennargentu. Praticamente l’area geografica coinvolta nel mio studio abbraccia sia la provincia di Oristano, sia quella vecchia di Cagliari.

Nella realtà però avviene talvolta che lungo questa linea di confine alcuni toponimi del volume precedente relativo alla Sardegna Centrale risultino registrati e analizzati anche in questo nuovo.

Naturalmente l’aver escluso dalla mia trattazione i “toponimi trasparenti” e l’aver incluso solamente i “toponimi opachi” ha determinato un forte ridimensionale della somma dei toponimi studiati. Se nel primo volume il numero dei toponimi era di circa 20.000, in questo terzo volume sono appena 585. D'altra parte sono certo che mi siano sfuggiti altri toponimi che pure erano degni di essere citati e studiati.

A seguito di questo forte ridimensionamento del numero dei toponimi raccolti e studiati ho dovuto anche mutare l’esatto titolo di questa mia nuova opera: la prima si intitola e tratta «I Toponimi della Sardegna Centrale», questa invece tratta solamente «Toponimi della Sardegna Meridionale» (il semplice “articolo” determinativo differenzia parecchio i significati delle due opere). 


si veda l'altra opera corrispondente

TOPONIMI DELLA SARDEGNA SETTENTRIONALE 


Proprietà letteraria riservata

(è consentito l’uso non commerciale del presente materiale storico-linguistico, ma con la citazione della fonte)


SCRITTURA E PRONUNZIA DEL SARDO


ã, ẽ, ĩ, õ, ũ  vocali nasalizzate

è, ò           vocali toniche aperte

é, ó           vocali toniche chiuse

j              semiconsonante come nell'ital. iena, massaio

b, d, g        in posizione intervocalica anche sintattica sempre

               fricative (-bh-, -dh-, -gh-), come nell'ibero-romanzo 

ca, co, cu     velare palatale sorda come nell'ital. cane, coda, cubo

ce, ci         affricata prepalatale sorda come nell'ital. cena, cibo

ga, go, gu     velare palatale sonora come nell'ital. gara, gola, gusto 

ge, gi         affricata prepalatale sonora come nell'ital. gente, giro 

che, chi       velare prepalatale sorda (ke, ki) come nell'ital. che, chi

ghe, ghi       velare prepalatale sonora come nell'ital. ghermire, ghiro; fricativa in posizione intervocalica anche sintattica

dd, nd         consonante cacuminale od invertita 

h, hh          spirante intervocalica (-kh-), debole o forte 

q              colpo di glottide o forte iato del dialetto barbaricino

s-             sibilante sorda od aspra in posizione iniziale come nell'ital. sano  

-s-            sibilante sonora o dolce in posizione intervocalica anche sintattica, come nell'ital. viso.

sce, sci       sibilante palatale sorda come nell'ital. scena, scimmia

th             fricativa interdentale sorda come nell'inglese thing

tz             zeta sorda od aspra (ts) come nell'ital. calza

z              zeta sonora o dolce (dz) come nell'ital. zero

x              sibilante mediopalatale sonora come nel franc. Jour


ABBREVIAZIONI 

ant.     antico-a 
barb.    barbaricino
camp.    campidanese
catal.   catalano 
centr.   centrale
cfr.     confronta
dial.    dialettale 
eccl.    ecclesiastico 
es.      esempio
etr.     etrusco
femm.    femminile
fig.     figura(to)
gallur.  gallurese
indeur.  indoeuropeo
ital.    italiano
lat.     lat.
log.     logudorese
masch.   maschile
mediev.  medioevale
merid.   meridionale
NU       Nuoro prov.
num.     numero
ogli.    ogliastrino
pag(g).  pagina/e
pers.    persona(le)
plur.    plurale
prov.    provincia
sass.    sassarese
sec.     secolo
sett.    settentrionale
sing.    singolare
sost.    sostantivo
spagn.   spagnolo
SS       Sassari prov.
suff.    suffisso
s. v.    sub voce
tosc
.    toscano
vol(l).  volume/i
M.P.     Massimo Pittau


NOTA BENE

1) Tutti i vocaboli sardi (toponimi e cognomi compresi) che siano privi dell'accento grafico sono da pronunziarsi parossitoni o piani. 

2) Chiamo «lingua sardiana o protosarda» quella parlata dai Sardi creatori della cosiddetta «civiltà nuragica», prima della conquista romana della Sardegna.

3) In questa «lingua sardiana o protosarda» chiamo “suffissoidi” le terminazioni -áe, -ái; -èa, -éi, -èo, -éu; -ío, -íu; -òe, ói; -úa, -úi, perché in origine erano semplicemente vocali accentate od ossitone: -á, -é, -í, -ó, -ú. 

4) Le indicazioni incluse fra parentesi (accento), (desinenza), (-ll- conservato), (ossitonia), (suffisso), (suffissoide), (vocali alternate) (vocali iterate) indicano fenomeni fonetici che erano peculiari della lingua sardiana o protosarda.

5) L'asterisco * che precede o segue un vocabolo o una radice indica una forma linguistica supposta ma non attestata. 

6) Per la “metodica” di studio da me adoperata rimando a quanto ho scritto nelle mie precedenti opere «I Toponimi della Sardegna Centrale» e «Toponimi della Sardegna Settentrionale».

7) A queste stesse opere rimando per la Bibliografia e le relative Sigle.


I TOPONIMI 

Accettori, Punta s'Accettori (Tertenia), Acchettores (Cuglieri), s'Acchettore (Bonorva); antroponimo mediev. Ackettore, Ackectore, Achetore; derivano dall’appellativo lat. acceptore(m) «falchetto, gheppio, sparviero» (REW 68; UNS 211; DILS).

Acqua fredda, castello di Acqua fredda (Siliqua) (Aqua frigida nell’Ottocento; VSG) - Il toponimo è chiaramente in contrapposizione con la vicina Acquacadda (vedi) e ormai ha una forma linguistica del tutto italiana. Artizzu, Opera S. M. 85. 

Acquacadda (frazione di Nuxis, Sulcis) - Il toponimo significa chiaramente «acqua calda o termale»; il secondo componente cadda «calda» deriva dal lat. cal(i)dus-a (DILS; NLS 476).

Agugliastra - Isolotto di porfidi rossi eruttivi posto al centro del Golfo di Arbatax (Ogliastra). Il toponimo deriva da un lat. *aquilastra «aquila di mare» [cfr. sardo abbilastru «aquilotto, gheppio, sparviero, uccello rapace in genere» (DILS), ital. aquilastro «falco pescatore», sicil. aquilastra «aquila anatraia»; DEI, GDLI, LEI], ma con l’intrusione dell’ital. aguglia, guglia riferito a qualcuno dei suoi scogli. Si deve escludere assolutam. che Agugliastra derivi da Ogliastra o viceversa (errato CS 39-40). Cfr. Auglia. 

Albagiara (villaggio della prov. di Oristano) - Si tratta della nuova denominazione data di recente (anno 1964) al villaggio Ollasta Usellus (vedi), evidentemente perché lo si voleva distinguere bene dall’altro villaggio chiamato Ollastra Simaxis (vedi). Lo confesso: ho faticato non poco per afferrare il significato effettivo che i coniatori della nuova denominazione hanno voluto intendere, però non sono affatto sicuro di averlo veramente afferrato. A mio modesto parere essi sono partiti – anche in maniera non pienamente consapevole - dal titolo di una canzone che era molto in voga alcuni decenni or sono, Alba chiara, e lo hanno modificato con l’intento di intendere e di significare «Alba (della) Giara», con riferimento al fatto che il villaggio è posto a occidente e ai piedi della Giara di Gesturi, dalla quale per il villaggio sorge appunto l’«alba» per buona parte dell’anno. Sembra anche che questa neoformazione toponimica implichi, secondo i suoi coniatori, pure una denotazione beneaugurante, dato che fa riferimento alla Giara di Gesturi, ormai molto nota in Sardegna e anche fuori, perché ci vivono ancora i famosi cavallini selvaggi; neoformazione dunque concepita e fatta anche ai fini di una promozione turistica del villaggio... Io mi auguro che questa nuova denominazione del villaggio ottenga i fini che i suoi coniatori si sono probabilmente proposti, anche se confesso di avere qualche dubbio in proposito.

Alerru (Tertenia): = alaterru, aladerru, alaverru, aliterru, aliderru, laderru, alerru, aradellu, arradellu «lillatro, fillirea» (Phyllirea angustifolia, Ph. latifolia L.), dal lat. alaternu(m) (SSls 171; DES I 68)

Ales (paese della prov. di Oristano e capoluogo della diocesi di Ales-Usellus). L’abitante Alesu, Aleresu - La pronunzia locale Abhas, che corrisponde all'appellativo locale e della zona abhas «ali», e inoltre le antiche attestazioni Alas (CDS I 842/1, anno 1388; II 63/1, anno 1437) ci indicano la buona probabilità che il toponimo derivi dal lat. ala e precisamente dal suo accusativo plur. alas «ali». Siccome questo appellativo latino ha parecchi significati anche nella lingua sarda, si tratta di individuare esattamente quale di questi sia da privilegiare per trovare il significato originario del nostro toponimo. A me sembra che il significato da privilegiare sia quello di alae «truppe ausilari» (in origine così chiamate perché nel combattimento venivano poste alle due ali o lati dell'esercito schierato). A tal proposito c'è da ricordare che nella zona di Ales passava l'importante strada romana che andava da Caralis (Cagliari) a Turris Libisonis (Porto Torres), toccando di certo Uselis (Usellus) e Forum Traiani (Fordongianus) e che era sotto la continua minaccia delle incursioni degli Ilienses o Barbaricini (vedi Allai, Siamanna). Pertanto è del tutto lecito supporre che truppe romane messe a controllo e a difesa di quella importante strada fossero dislocate non soltanto a Forum Traiani e ad Uselis, ma anche ad Alas. D’altronde c’era anche la necessità di difendere da quelle razzie tutta un’ampia zona di grande produzione granaria. Ed è pure lecito supporre che il trasferimento prima delle truppe romane e dopo anche della capitale della diocesi da Uselis ad Alas sia stato conseguente al fatto che Uselis era troppo esposto alle incursioni degli Iliesi-Barbaricini (vedi Usellus).- La più antica attestazione del nostro villaggio si ha in un documento del 1182, nel quale si parla dell'episcopus Alae, poi l'episcopatum Aleensem è citato in un documento del 1236, mentre il villaggio Ales è citato in uno del 1328 e in un altro del 1699 (CDS I 252/2; 383/2; 690/2; II 375/1). Negli elenchi delle diocesi e delle parrocchie che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana, la dioecesis Usellensis è citata parecchie volte, mentre Alas/Ales è citata una sola volta, evidentemente perché era il capoluogo (RDS 1134 de Alis anno 1342) (cfr. Orotelli). Alas compare anche fra i villaggi che sottoscrissero la pace tra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 842/1) ed è citato dalla Chorographia Sardiniae (202.11,12) di G. F. Fara (anni 1580-1589). Costui ci dà questa strana notizia: il villaggio era frequentato molto di rado sia dai laici che dal clero...  

Aletzi (Villacidro) villaggio estinto nell’agro (VSG): probabilmente corrisponde al nome pers. Alessi «Alessio» del proprietario del predio, il quale deriva dal bizantino Álexis.

Allai (villaggio della prov. di Oristano). L’abitante Allaesu - Il toponimo quasi certamente risale al sostrato prelatino e presardiano. La sua originaria pronunzia sarà stata *Allái, come Gorofái, Olzái, Onifái (vedi), ecc.; lo lascia intendere la più antica citazione Allay, dell'anno 1341, che si trova nelle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia (RDS 369, 917). Nella Sardegna medievale infatti risulta documentata l'usanza grafica di ricorrere alla lettera y  e anche all’altra j per indicare la caduta dell'accento sulla vocale í oppure su quella che precede immediatamente (cfr. Bari Sardo, Galtellì, Gerrei, Gorofai, Musei, Ulassai, Ussassai). In virtù di questa sua molto verosimile pronunzia il toponimo Allái probabilmente si collega con gli altri Addái (Bolotana), Alléi (Orune) e Allò (Austis). Siccome anche in Sardegna la grande maggioranza dei toponimi deriva da altrettanti fitonimi o nomi di piante, non è inverosimile che anche Allai sia da confrontare – non derivare - col fitonimo lat. alium, aleum, alleum, allius «aglio» (Allium triquetrum L., quello selvatico), il quale risulta di origine ignota (DELL, NPRA, DELI) e quindi molto probabilmente è di “matrice mediterranea” [dal fitonimo latino invece sono derivati regolarmente il camp. allu e il log. azu].- Ad Allai passava la strada romana che andava da Caralis (Cagliari) a Turris Libisonis (Porto Torres), toccando Uselis (Usellus) e Forum Traiani (Fordongianus) (vedi); lo dimostrano i resti del bel ponte romano che scavalcava il fiume Massari nei pressi di Allai (vedi Ales, Siamanna).- Il nostro villaggio fece parte della diocesi di Arborea e della curatoria del Barigadu (vedi); viene citato fra i villaggi che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 369, 917) e tra quelli che sottoscrissero la pace del 1388 fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona (CDS I 845/1) nella forma Alary, che ovviamente va letta Alay. Inoltre è citato nella Chorographia Sardiniae (138.14; 196.6) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

Alússara (Tertenia/Villaputzu): è il fitonimo sardiano o protosardo autzara, aussára, aússara, alús(s)ara, aucciada, lutzara, atzara, tzara «clematide cirrosa», «vitalba» (Clematis cirrhosa, flammula, vitalba; FPS 72; NPS 182). Vedi Atzara, Ussara. 

Anghiddái (Baunei, gisterru; vedi): toponimo sardiano o protosardo (suffissoide) da confrontare – non derivare col lat. anguilla (indeur.).

Angiargia vedi Bangiargia.

Antas – Antico villaggio, ormai estinto, della diocesi di Sulci, a metà strada fra Iglesias e Fluminimaggiore. Esso probabilmente corrispondeva al centro minerario Metalla citato dal romano «Itinerario di Antonino» (84,5). Il toponimo letteralmente significa «ante, stipiti, pilastri» (dal lat. antae; DILS) e fa riferimento alle colonne del tempio del Sardus Pater, ricostruito all'epoca dell'imperatore Caracalla (213-217 d. C.), tempio di cui ci è stata conservata l'immagine in una sua moneta celebrativa (VSG).- È da respingersi con decisione, perché insussistente e perfino ridicola, la tesi, prospettata da un archeologo, secondo cui nella iscrizione latina del frontone del tempio il vocabolo mutilo BAB andrebbe ricostruito in *Babai, che corrisponderebbe all'odierno appellativo sardo babái «babbo» e sarebbe il nome nuragico del Sardus Pater; invece il sardo bbabbái (questa è la sua esatta pronunzia) deriva senza alcun dubbio dal lat. parlato babbus, ha un suffisso di natura infantile e non ha assolutamente nulla di nuragico (OPSE 76, 249; SSN, pg. 121).- Come centro ancora abitato Antas è citato nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE pag. 558) e come centro ormai scomparso nella Chorographia Sardiniae (216.8) di G. F. Fara (anni 1580-1589). 

Antigori (Sarroch) - Questo toponimo corrisponde all'appellativo camp. antigòri «anticaglia, cosa antica», il quale deriva dall’antico spagn. antigor (DILS). Di certo in origine avrà fatto riferimento a ruderi di costruzioni antiche che si trovano tuttora nel sito.

Árala (Baunei, Cala Sisine): probabilmente corrisponde all’appellativo árula «arella, porcilaia», «stalluccio naturale o artificiale per scrofa figliata», il quale deriva dal lat. hara, *harula «stalla, porcile». Vedi áulla, áurra.

Arbatax (Arbatács, pronunzia locale Arbatássa, Arbatássi) - Questo nome di una frazione di Tortolì (Ogliastra), sul mare, richiama gli altri toponimi sardi Álbitu, Albitròni (Olbia), è da confrontare - non derivare - col tosc. àrbatro, àlbatro, albatresto «corbezzolo», col maddalenino árbito, col còrso arbitrónu (suffissi tirrenici -st- e -on-) (REW 610, DEI, DELI²) e col lat. arbutus, arbitus «corbezzolo» (di origine ignota; DELL, NPRA 22). È da precisare che il corbezzolo alligna anche in stretta prossimità del mare. Cfr. Arbatéi (Olzai), Arbateni (Teti).- Errata e perfino strampalata è la etimologia corrente che interpreta il nostro toponimo come «la Quattordicesima (torre costiera)», che deriverebbe dall'arabo arba'tá'sc(i); è inconcepibile infatti che gli Arabi o Saraceni, temutissimi e odiatissimi dai Sardi, spingessero questi ad accogliere e adottare un loro vocabolo.- La più antica attestazione del toponimo che sono riuscito a trovare risale agli anni 1580-1589 e compare nella Chorographia Sardiniae (86.10) di G. F. Fara: promontorium Arbatargii.

Arbauli (Arzana): forse «salita ardua, erta». Vedi Ardaúli.

Arbistia (Seulo): toponimo forse da connettere con l’appellativo arbustu, argustu, agrustu «pergolato di vite», che deriva dal lat. arbustu(m) (M.P.; LCS 99)

Arborea (Arborèa). L’abitante Arboresu - È il nome del più glorioso dei Giudicati sardi, quello che più a lungo tenne alto il vessillo della indipendenza sarda dai dominatori forestieri e che aveva come capitale Oristano. È molto probabile che il coronimo derivi da Arbarèi, che era il nome di una porzione della Marmilla che comprendeva i villaggi di Pauli Arbarei e Mara Arbarei o Villamar (vedi).- Già dalla comune coscienza linguistica questo toponimo è stato accostato al lat. arbor,-oris «albero», come dimostra il fatto che lo stemma del Giudicato contiene appunto la figura di un albero. Io confermo questo accostamento, ma non a titolo di derivazione, bensì a titolo di parentela genetica. Cioè dico che la radice *arbor-, *arbar- «albero» esisteva in Sardegna già prima che ve lo portassero i Romani. Ciò è dimostrato dal fatto che il detto tema in Sardegna risulta documentato con ben tre differenti suffissi sardiani: 1) -èa, -èe, -éi, nei medievali Arbare, Arbore (evidentemente Arbarè, Arborè), Arvarè, Arbarea, Arbaree, Arborea, Arboree, Arborei, Arvorea (CREST 249; SSls 149, 160); 2) -késu, nell'etnico Arbarikesu od Arborikesu (CSNT, CSMB, CDS I 252/2), come negli altri etnici sardi Bitichesu, Bosovekesu, Crastachesu, (F)Onniqesu, Lottoracesu, Sorrakesu; 3) -s(s)-, nel toponimo Arbaressa (= Baressa), come Gonnesa ed Ichnoûssa (vedi).- Ovviamente il nostro coronimo risulta citato numerosissime volte nei documenti medievali sardi. 

Arborea² (Arborèa) (cittadina della prov. di Oristano) - È un centro abitato di formazione molto recente, il quale era stato inaugurato il 28 ottobre del 1928 col nome di Mussolinia - derivato da quello del dittatore fascista - in mezzo a una zona sottoposta a bonifica idraulica e agraria. Alla fine della II guerra mondiale, con decreto legge del 17 febbraio 1944, gli è stata mutata la denominazione in quella di Arborea. Questa corrisponde al nome glorioso dell'omonimo «Giudicato di Arborea» (vedi). E sono del parere che nessuna nuova denominazione poteva essere più appropriata di questa per indicare quel fiorente centro agricolo. 

Arbus (borgo del Guspinese, della curatoria di Monreale). L’abitante Arbusesu - La spiegazione letterale di questo toponimo è facile e chiara: significa «Bianchi», in plur. camp., e deriva dall'aggettivo lat. albus,-a,-um «bianco-a». Però non è altrettanto chiara la esatta spiegazione di una tale denominazione; la spiegazione più verosimile ci sembra la seguente: premesso che di fatto esiste in Sardegna il cognome Arbus, che significa «bianchi di carnagione o di capelli», in plur. di famiglia (DICS), è lecito pensare che nel nostro toponimo ci sia un riferimento a is Arbus, cioè agli originari proprietari di un furriadroxu «cascinale» (vedi), attorno al quale si è in seguito sviluppato il villaggio (cfr. is Fonnesus, is Gannaus, is Loccis, is Pittaus).- Probabilmente il paese è citato nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 260, CXXIII anno 1187) come Arbis; è citato nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 1031) e compare tra le parrocchie della diocesi di Terralba che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1411, 1910, 2446, ma in forme chiaramente errate, ragion per cui Pietro Sella ha fatto confusioni nella identificazione). Ed è infine citato nella Chorographia Sardiniae (200.25) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come curatoria de Arbus, oppidum Arbus.

Archil(l)ai (Nughedu S. Vittoria): è il nome pers. del proprietario del predio «Archelao», il quale deriva dal greco bizantino Archélaos = «capo del popolo, guida». Sant'Archelao è il patrono di Oristano.

Archittu, s’, (Cuglieri) - Poco a sud di Santa Caterina di Pittinuri (vedi), è una parete rocciosa bucata alla base da un grosso foro, a forma di un piccolo arco o ponticello, attraverso cui si muove il mare. Il toponimo significa letteralmente «il piccolo arco, l’archetto» (CS 34).- Il sito è citato come Architum da G. F. Fara, nella sua Chorographia Sardiniae (94.25), il quale sensatamente vi pone il Korakódes limén citato da Tolomeo (III 3, 2) «e cioè – ha scritto Emidio De Felice (CS 73) – letteralmente "Porto a forma di becco di corvo", che potrebbe corrispondere, per la posizione e per la forma, all'insenatura a sud di Santa Caterina di Pittinuri delimitata da Punta di Cagaragas e da Punta Torre su Puttu». Per il vero il De Felice fa riferimento a una forma errata dell’ultimo toponimo, che invece all’inizio del Novecento suonava ancora Caragodas, Caragoras e Cagarogas (A. Taramelli, Notizie degli Scavi, 1918, 302 segg.). Ebbene Caragodas è chiaramente lo svolgimento regolare dell’antico toponimo Korakódes. A mio avviso i dubbi espressi dallo stesso De Felice su codesto suo accostamento - anticipato però dal moderno commentatore di Tolomeo Karl Müller - debbono cadere di fronte non solo alla esatta forma del toponimo odierno, ma anche a questa importante circostanza: Cornus doveva avere il suo porto nelle immediate vicinanze della città e non lontano, a Cala su Pallosu o a Cala Saline, come hanno scritto alcuni storici recenti, siti che distano circa 10 chilometri da Cornus (vedi). D’altronde la questione sull’esatta ubicazione del porto di Cornus è stata decisa in maniera definitiva da un comunicato divulgato dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Oristano e pubblicato nel quotidiano L'Unione Sarda dell'11 giugno 1998, il quale riassume i risultati conseguiti da una loro squadra di sommozzatori: «Abbiamo accertato che in prossimità dell'arco di roccia esistente (S'Archittu) si trova un corridoio scavato nel fondale del mare a dieci metri di profondità; abbiamo scoperto un canale navigabile scavato nel fondale roccioso che permetteva l'accesso al porto, dal mare aperto, dei tanti natanti in arrivo ed in partenza; abbiamo scoperto le tracce di una banchina d'ormeggio con regolare piano rialzato per le operazioni di carico e di scarico di merci e passeggeri; abbiamo scoperto un punto d'attracco, in corrispondenza del quale, in superficie, si trovano due rudimentali bitte per l'ormeggio con una sezione di un metro e la distanza fra di loro di dieci metri, scavate nel calcare; abbiamo scoperto svariati reperti archeologici quali cocci, anfore, vasellame di ogni genere che fanno desumere come il porto nel passato fosse intensamente frequentato da traffico mercantile» (vedi LCS II, cap. XII)

Arci, Monte Arci (prov. di Oristano) - Montagna che si eleva alta e improvvisa sulla pianura di Marrubiu e di Sant'Anna, nel Campidano di Oristano. È probabile che l'oronimo derivi dal lat. arx, arcis «arce, roccaforte», supponendo che la montagna sia spesso servita come temporaneo rifugio per le popolazioni della pianura, le quali hanno a lungo patito il flagello delle feroci incursioni dei pirati saraceni (vedi San Nicolò d'Arcidano).- Questo monte è citato nella Chorographia Sardiniae (100.14) di G. F. Fara (anni 1580-1589). 

Arcidano vedi San Nicolò d'Arcidano. 

Arcuentu (Guspini) = «arco del vento» (LIOE 18). Se però la esatta pronunzia di questo toponimo fosse Erculentu (La Marmora, Itin., 163), allora corrisponderebbe meglio al fitonimo arculentu, argulentu «abrotano» (Artemisia abrotanum L.), da un lat. dotto *acrulentus «(dall'odore) acre», fatto sul modello di aquilentus, luculentus, opulentus, sanguinolentus, suculentus, turbulentus (M.P.). 

Ardái (Villa San Pietro): toponimo sardiano o protosardo (suffissoide) forse da confrontare - non derivare - col lat. ardea «airone», Ardea (città del Lazio), probabilmente di origine etrusca in virtù dell’uscita in -ea (LIOE). Ardai è al margine di una zona paludosa, nella quale la presenza di aironi è del tutto plausibile. 

Ardali (Árdali) (frazione di Triei, Ogliastra), in antico chiamata anche Ardaledda (VSG). L’abitante Ardalesu - Sul piano strettamente fonetico il toponimo sembra che possa essere accostato a quello Ardala della Cappadocia, in Asia Minore, terra di origine dei (Proto)Sardi e degli Etruschi (LISNE 83) (cfr. Arzachena, Bargasola, Bolotana, Caralis, Libisonis, Scandariu, Sindia, Siniscola, Tiana). Che il toponimo sia di origine sardiana o protosarda è confermato dai seguenti altri toponimo corradicali: Ardalái (Lanusei, Loceri), Ardalasè (Ilbono), Ardalusé(i) (Sorgono), Ardulái (Desulo), Arduli (Talana) (ossitonia, suffissi e suffissoidi). Però circa il significato originario di tutti questi toponimi purtroppo non siamo in grado di affermare nulla di scientifico. A meno che non sia da connettere e spiegare con Ardauli (vedi).

Ardauli (pronunzia locale Ardaúle) (villaggio del Barigadu in prov. di Oristano). L’abitante Ardaulesu - Che il toponimo sia di origine sardiana o protosarda è confermato dai seguenti altri toponimi corradicali: Ardasè (Sorgono); Árdara (Comune di A.); Ardasái, Ardaúcci (Seui), Ardíddi (Gergéi/Mandas; = Ardilli, CV XIV 16, 17), Ardilia (Seulo), Ardinciólu (Desulo), Ardori (Bortigali), Arduli (Talana), Arbauli (Arzana) (ossitonia, suffissi e suffissoid).- Con le più ampie riserve io prospetto che tutti questi toponimi siano da confrontare - non derivare - col lat. arduum «luogo arduo, erto», «altura ripida, scoscesa», il quale, essendo di etimologia incerta (DELI) e inoltre caratterizzato dal suff. -uu-, potrebbe essere di origine etrusca. Questa ipotesi è confortata dal fatto che i concetti di «luogo arduo, erto», «altura ripida, scoscesa» non potevano non entrare anche nella toponimia prelatina e protosarda dell’Isola, terra dal rilievo geologico molto mosso. E d'altronde questa è l'effettiva situazione geomorfica del villaggio di Ardauli, il quale è situato in una costa in forte pendenza.- Il villaggio è citato molto per tempo nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 28, 196, 205o) come Ardaule; compare fra i villaggi della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 353, 1361, 1620, 1902, 1986, 2782) e inoltre tra quelli che firmarono la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 845/1). Ovviamente è citato nella Chorographia Sardiniae (196.7) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Ardaulae del Giudicato di Arborea.

Arèi (Tertenia): «piccolo greggge», che deriva dal lat. grege(m).

Arenaghes (Neoneli): «terreni arenosi»; Arenái (Urzulei) toponimi sardiani o protosardi (suff. -ache, -aghe e suffissoide -ái) da connettere – non derivare – col lat. arena «sabbia», che è di probabile origine etrusca (DICLE 57; LIOE 19). Cfr. Renái (Sulcis, VSG).

Argara, s', (Cabras): forse «la zona delle alghe», oppure «il mondezzaio», da arga, alga «alga», «spazzatura».

Árinus, is, (Nurallao/Nuragus): = «gli alni od ontani», forma camp. del log. Alinos.

Aritzo/u (borgo sulle pendici più alte del Gennargentu). L’abitante Aritzesu e anche Aritzinu (suffisso) - Il toponimo probabilmente corrisponde all’appellativo sardiano o protosardo aritzu «riccio di castagna» (DitzLcs), il quale è da confrontare – non derivare - col lat. ericius «riccio», che è di origine incerta (DELL 200; DELI). Cfr. il toponimo Aritzái (Talana; suffissoide). Sul piano semantico-fattuale è da osservare che Aritzo è tuttora circondato da castagneti, per cui sarà stata notevole in origine l'abbondanza di ricci di castagne in tutto il sito; sul piano morfologico è da ricordare che nella lingua sarda esiste un collettivo espresso al singolare, per cui Aritzu è da interpretarsi propriamente come «ricci di castagne» al plur. Non costituisce una difficoltà per questa spiegazione etimologica il fatto che attualmente in Aritzo il «riccio di castagna» è chiamato con la variante - sempre sardiana o protosarda - scrissone (DILS): gli Aritzesi sono stati a lungo famosi come venditori ambulanti di castagne (oltre che di neve), che giravano in tutta l’Isola, per cui non c'è nulla di strano nel fatto che essi abbiano mantenuto anche l’altra variante del vocabolo che era prevalente in tutti i villaggi vicini, cioè Belvì, Desulo, Tonara, Fonni, ecc. Sul piano comparativo non è inutile ricordare il toponimo etrusco-toscano Arezzo.- Le più antiche attestazioni storiche che sono riuscito a rintracciare del nostro villaggio si trovano nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna (CDSS II 498) come Arizio, e poi nell'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 846/2) come Aricu, da interpretarsi ovviamente come Ariçu. Viene inoltre citato nella Chorographia Sardiniae (196.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589): oppidum Arizi della diocesi di Arborea.

Arixi (frazione di Senorbì). L’abitante Arixesu, Arixaju - È possibile che questo toponimo derivi da un gentilizio lat. *Aricius di un proprietario romano nella sua forma del vocativo. È del tutto legittimo ricostruire un tale gentilizio in virtù sia dell'antico toponimo laziale Aricia (= odierna Ariccia), sia degli altri gentilizi latini Aricinus, Aricinius, che risultano realmente documentati (RNG), sia pure non in Sardegna (cfr. etr. ARIKA).- Questo villaggetto è documentato nella Carte Volgari campidanesi come Arigi per gli anni 1121-1129 circa, 1215, 1217 (CV IV 1; XIII 8,11; XVII 1,3,4,6-10) e inoltre nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 335/2, 336/1) in un documento del 1219, nel quale è notevole la distinzione fra un Arixi Magno e un Arixi Piccinu. Ed ovviamente è citato nella Chorographia Sardiniae (132.30; 216.27) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Arixi della diocesi di Dolia.

Armungia (Armúngia) (villaggio del Gerrei in prov. di Cagliari, patria di Emilio Lussu). L’abitante Armungesu - È abbastanza evidente che in origine il nome del villaggio implicava un riferimento teoforico o sacrale, indicava cioè la consacrazione del villaggio alla dea greco-latina dell'amore e della concordia Harmonía «Armonia». Questa dea sarà stata assimilata o identificata, col noto fenomeno del “sincretismo religioso”, con una precedente dea nuragica venerata nel grande nuraghe, alto circa 12 metri, che tuttora esiste dentro l'abitato del villaggio stesso. È a tutti noto che il lat. harmonia deriva dal greco harmonía; la base greca era parossitona o piana, mentre quella latina, per una nota regola di accentuazione dei vocaboli, era proparossitona o sdrucciola, veniva cioè pronunziata harmōnia. E che in latino si pronunziasse effettivamente harmōnia è dimostrato in maniera chiara pure dal toponimo Armúngia. A determinare la mutazione della vocale tonica - Armúngia invece che *Armóngia - è intervenuta una norma fonetica già segnalata – però in maniera incompleta - da M. L. Wagner (HLS, § 22, pag. 16).- Una donna Justa Armunja e Armungia è citata nel Condaghe di Salvenor (CSMS 292, 309).- Vittorio Angius, che si dilunga nel descrivere alcune usanze di questo villaggio, cita anche il grido di gioia eleilò. E io chiedo: deriva questo dalla invocazione cristiana Kyrhie eléison, con la caduta del primo membro, oppure deriva dal lat. ejulare «esultare (REW 2836) od infine è molto più antico dell'arrivo del cristianesimo nella zona, ossia è un relitto sardiano o protosardo? (DILS).- Il villaggio è citato, in forme grafiche notevolmente errate, fra le parrocchie della diocesi di Dolia che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 655, 1517, 2194, 2359, 2501); e dalle relative notazioni risulta che il villaggio si chiamava anche Noray, che evidentemente era il precedente nome sardiano. Esso è citato pure nella Chorographia Sardiniae (218.9) di G. F. Fara (anni 1580-1589) nella forma errata di Armonga.

Arrenele (Seulo): toponimo sardiano o protosardo (suff. diminutivo) che forse significa «arenella». Vedi Arenaghes (Neoneli), Arenái (Urzulei); cfr. Atzanele (Triei), Chighinele (Oschiri), Cherunele (Osidda), Eligannele (Buddusò), Gabutele (Nùoro), Ippinele (Ploaghe), Rosinele (Orani), su Rusunele (Nùoro). 

Arzana (Ártzana, pronunzia locale e dei dintorni Árthana) (villaggio dell’Alta Ogliastra). L’abitante Artzanesu - Già la struttura fonetica di questo toponimo, e precisamente le “vocali iterate" con l'accento sulla prima, ci spinge a ritenere che si tratti di un toponimo sardiano o protosardo; proprio come questi altri toponimi: Árana, Árdara, Bártara, Dáddana, Fárcana, Sárdara e come questi appellativi: ápara «cipollina selvatica», gáddara «galla», lácana «contrassegno di confine», tzándara «papavero», tutti di chiara matrice sardiana o protosarda.- A differenza di quasi tutti i toponimi citati, per Arzana siamo fortunati, perché conosciamo il corrispondente appellativo: ártzana, árthana «brezza fredda», «nebbia»; árzu «gelo»; arthanare «intirizzire, ghiacciare, avvizzire» (BNI); inoltre i toponimi Árthana (Oliena), Mal'Ártana (Orgosolo), s'Ártzena (Desulo), Monte Arzanadolu (che vorrebbe significare "Monte da dove viene la brezza fredda o la nebbia"; Aritzo/Gadoni), Arzannulo (sorgente, che potrebbe significare "Sorgente che ghiaccia"; Desulo), Genna Artana (Escalaplano), Sedda Artanuli (Dorgali), Punta Artaneddu (Lodè); tutti vocaboli da connettere - non come derivati, bensì come imparentati geneticamente - col lat. alsus, participio di algere «essere gelato», che è di origine incerta (DELL, DELI²). Dunque è quasi certo che il villaggio di Arzana tragga la propria denominazione dalla sua posizione geografica, caratterizzata dalla "brezza fredda" e dal "gelo"; ed infatti esso è posto a circa 800 metri sul livello del mare (DILS, LISPR).- Sembra che la più antica documentazione di questo villaggio, nella forma di Arsana, si trovi nelle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 95). Esso è ovviamente citato anche nella Chorographia Sardiniae (220.13) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Arzenae della diocesi di Suelli. Un'altra citazione del villaggio si ha negli atti delle «Corti Generali» del 1699, in una delibera con la quale vengono avocati al patrimonio regio i terreni di alcuni villaggi abbandonati, di cui si erano impadroniti gli abitanti di Arzana (CDS II 397/1).

Asoro (San Vito): può corrispondere al cognome Asoro, Assoro (DICS) del proprietario del predio.

Assemini (Assèmini) (grosso paese del Campidano di Cagliari). L’abitante Asseminesu - È molto probabile che questo paese e il suo nome siano carichi di storia. Nel lontano passato il centro abitato risultava situato alla fine della laguna di Santa Gilla e di certo sulla riva di questa, prima che venisse interrata dai detriti dei fiumi Mannu e Cixerri. Si intravede che Assemini costituisse l'approdo più avanzato verso la pianura del Campidano e la vallata del Cixerri. La grande antichità e l'importanza di Assemini nella Sardegna antica è in primo luogo dimostrata dal ritrovamento nel suo territorio di numerosi e importanti reperti archeologici, fra cui uno dei 17 talenti di rame a forma di pelle bovina distesa, di matrice egiziana o cipriota o cretese, e inoltre una iscrizione in geroglifici egizi (OPSE 137). Ciò premesso, dico che il toponimo Assemini (mediev. Arsemine) si lascia condurre facilmente a una base lat. Artemide(m). Questa era una divinità assai conosciuta nell'antico mondo mediterraneo, ma la cui patria originaria era molto probabilmente la Lidia, terra di origine dei primitivi Sardiani o Protosardi e in cui era conosciuta sia come Artemide Efesia sia come Artemide Sardiana (cioè delle città di Efeso e di Sardeis). È pertanto molto probabile che Assemini sia stato il primo e il principale punto di approdo dei Sardiani provenienti dalla Lidia, che sia divenuto il loro centro più importante e che appunto per questo sia stato consacrato alla grande dea della madrepatria anatolica, derivandone la propria denominazione teoforica o sacrale (vedi Sardara, Serdiana). Siccome però sappiamo che in lingua lidia Artemide si diceva propriamente Artimuš, c'è da supporre che questo nome di divinità abbia subìto un processo di adattamento alla fonologia greca e dopo a quella latina, sino a trasformarsi, attraverso la forma Arthemide(m) (realmente documentata in Sardegna) nel sardo mediev. Arsemine (OPSE §§ 24, 28, 45).- Il villaggio è citato come Arsemine nei più antichi documenti medievali relativi alla Sardegna (C. Imperiale, Codice Diplomatico della repubblica di Genova, I 25, num. 20, anno 1107; Codex Diplomaticus Sardiniae, I, 180 num. 4 e 5, anno 1108; I 199, num. 27, anno 1119; Codice Diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna, I 47; e anche Rationes Decimarum Italiae, Sardinia, passim). Nella Chorographia Sardiniae (210.31) di G. F. Fara (anni 1580-1589) il nostro villaggio compare come oppidum Asseminis della diocesi di Cagliari.

Assinarium – Località indicata dall’Anonimo Ravennate ad oriente di Caralis. Io propongo di emendare la lezione in Asinarium e di interpretarlo come «Sito degli asini». Questo sarebbe da localizzare nella zona piana immediatamente ad est di Cagliari, quella caratterizzata dalla presenza di grandi saline, nelle quali per il trasporto del sale si sarà fatto larghissimo uso di asini. Si pensi all'odierno e vicino stagno is Molentargius, che significa «gli asinari o i conduttori di asini» (vedi). In subordine potrebbe corrispondere all’odierno paese di Assemini (vedi). 

Assolo (pronunzia locale e della zona Assólu, Assóu, Assóru) (villaggio della prov. di Oristano). L’abitante Assolesu - Le più antiche attestazioni del villaggio sono quelle indicate dalle parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana come Darsolo, Dalsalu, Darsola (RDS 1341, 1603, 1887, 1973). Compare inoltre nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 834/2) per l'anno 1388 tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona. È poi citato nella Chorographia Sardiniae (196.24) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Assolis della Parte di Valenza. Orbene, questa grande varietà di forme in cui compare il nome del villaggio rendono finora impossibile prospettarne una etimologia appena probabile.

Asteri villaggio medievale citato dalle carte campidanesi (CV XIII, 14), probabilmente deriva dal gentilizio lat. Asterius (CIL VI, VI), al vocativo. Cfr. cognome odierno Steri (CSSO, DICS).

Asuai (Asuái) - È uno dei tre rioni di cui consta il paese di Desulo, sulle pendici del Gennargentu. L'unica cosa che si può affermare del suo nome è che si tratta di un toponimo sardiano o protosardo, come è indiziato sia dal suffissoide -ái (cfr. Alà, Gorofai, Olzai, Onifai), sia dalla sua attestazione nel cuore della Sardegna montana. È notevole il fatto che negli elenchi dei villaggi della diocesi di Arborea, che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana, al posto di Desulo venga citato Asnay (RDS 934), che sicuramente è da leggersi Asuay. Ed è questa una forma in cui la lettera finale y ci assicura che il toponimo si pronunziava anche allora Asuái (cfr. Allai, Ulassai, Ussassai).

Asuni (villaggio della prov. di Oristano). L’abitante Asunesu - Esso è spesse volte citato, oltre che come Asune, Asuni, anche come Asone, Assone (CDS I 265/2, 268/2, due documenti dello stesso Pietro I giudice di Arborea del 7 febbraio e del 29 maggio 1189; 838/1, 846/2 anno 1388; CDSS I 59, 414, 418; RDS 1342, 1604, 1888, 2791, 2878). Considerato che esistono nella Sardegna centro-orientale i cognomi Asoni ed Asuni (CSSO, DICS), si può con verosimiglianza richiamare il gentilizio latino Asonius (RNG), come quello di un probabile proprietario romano di una villa «tenuta» o di un «predio», secondo la regolare forma vocativa del gentilizio. La trasformazione dell’originario Asoni in Asuni sarà avvenuta in base a una norma fonetica già segnalata – però in maniera incompleta - da M. L. Wagner (HLS, § 22, pag. 16).- Dal nostro villaggio di Asuni sono derivati i cognomi sardi Asuni ed Az(z)uni, Atzuni per individui nati od originari del villaggio (CSSO, DICS).- Nella Chorographia Sardiniae di G. F. Fara (anni 1580-1589) a pag. 196.20 è citato il mons Assunis della Parte di Valenza.

Atzanele (Triei): toponimo probabilmente sardiano o protosardo = «piccola cima» (atza). Cfr. Arrenele (Seulo), Chighinele (Oschiri), Cherunele (Osidda), Eligannele (Buddusò), Gabutele (Nùoro), Ippinele (Ploaghe), Rosinele (Orani), su Rusunele (Nùoro).

Atzara (villaggio sulle pendici occidentali del Gennargentu). L’abitante Atzaresu - Per il toponimo abbiamo la fortuna di conoscere il corrispondente appellativo, sardiano o protosardo, autzara, aussára, aússara, alús(s)ara, aucciada, lutzara, atzara, tzara «clematide cirrosa», «vitalba» (Clematis cirrhosa, flammula, vitalba; FPS 72; NPS 182) e questi altri toponimi uguali od omoradicali: Atzara (Paulilatino), Atzarasái (Gadoni), Atzaraséi (Busachi), ríu Attareo (Lei), Ússara (2: Mandas e villaggio), Ussarèi (Seui). Il villaggio dunque ha derivato la sua denominazione dalla particolare presenza, in origine, della citata pianta nel sito in cui è sorto.- Assai notevole è il fatto che in provincia di Grosseto, cioè in piena area etrusca, esista un centro abitato chiamato Castell'Azzara, di cui il secondo componente è uguale al toponimo (proto)sardo.- Il villaggio di Atzara, che apparteneva alla diocesi di Arborea, è citato nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 66a, 98), nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna (CDSS I 59, carta XC) in un documento del 1224, e inoltre nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 846/1) tra i villaggi che firmarono l’atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388. Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (138.11; 196.15) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Azarae. Vedi Baccasara.

Atzedi (San Sperate): probabilmente è una variante del cognome Atzei, Atzeni (DICS), del proprietario del terreno.

Atzei (Gonnosfanadiga, Narcao, Sardara, Villaurbana): corrisponde al cognome Atzei (DICS) del proprietario del terreno. Vedi Azei.

Auglia, Punta Aúglia (Baunei, Ogliastra) - Si trova sulla costa orientale della Sardegna, poco a nord del Capo di Monte Santu. Trae la sua denimonazione dal fatto che termina con una roccia appuntita a forma di «aguglia o guglia». Viene chiamata in questo modo dai pescatori e marinai della zona, mentre nella cartografia ufficiale viene detta Punta Caroddi (vedi) (CS 33). Cfr. Agugliastra

Aurracci (Ussassai): toponimo probabilmente da riportare all’appellativo aurra «arella, porcilaia», oppure, in subordine, al fitonimo áurri, aúrri «càrpino bianco e nero». Vedi Aurreddus, Saurrecci, Urracci (Guspini).

Aurreddus (Gergei): toponimo al diminutivo plur., da riportare al fitonimo áurri, aúrri «càrpino bianco e nero», «carpinella» (Carpinus betulus, Ostrya carpinifolia Scop.). "Preromano" per il Wagner, che ha lasciato cadere una sua precedente connessione con un supposto fitonimo basco (LS 274, DES I 152, II 606). Per me relitto presardiano di “matrice mediterranea” (M.P., LISPR). Cfr. Zaurrái (Isili).

Azei (Baressa), variante di Atzei (vedi).

Babbaieca, sa, (Gairo): forse è da intendersi sa ('e) Babbái Eca «la proprietà di Nonno Ecca», soprannome e cognome del proprietario del predio (CSSO, DICS).

Babbòi (Silius): è il vezzeggiativo aferetico del nome pers. Del proprietario del predio Sarbadori «Salvatore» (Porru 630). Vedi Baddòi, Ballòi.

Baccai, padenti de Baccai (Lanusei): toponimo sardiano o protosardo (suffissoide) da riportare all'appellativo bac(c)u «vallone». Vedi Bacu Abis.

Baccasara (Tortolì): probabilmente = Baccu 'e atzara «vallone della vitalba». Vedi Atzara, Bacu Abis. 

Bacu Abis (pronunzia locale Baccu Abhis) (frazione di Carbonia) - Il toponimo è da intendersi come báccu de ábis «vallone delle api» (cfr. Ortuabis). Sorvolando sul secondo componente, perché è di chiara origine latina (lat. apis), invece il secondo bác(c)u, (b)áccu «vallone, canalone, forra, dirupo, burrone, gola o sella di montagna» è di certo un appellativo sardiano o protosardo, probabilmente da confrontare - non derivare - col greco bakchóa = bóthros «fossa, buca, bacino, cavità, scavo» (eolico, Esichio), il quale risulta di origine ignota (DELG). Notevole è il toponimo Baccái (Lanusei), caratterizzato, come è, dal suffissoide sardiano -ái (OPSE 97, DILS, LISPR). Cfr. Ortuabis.

Badacchesu (Ulà Tirso): forse da intendersi Badu acchesu «guado incendiato»?

Badalicu (Talana/Villagrande Strisaili): probabilmente corrisponde all'appellativo baral(l)iccu, barraliccu «girlo» (dado da gioco con perno; DILS), soprannome del proprietatio del predio.

Baddòi (Sardara): è il vezzeggiativo aferetico del nome pers. Del proprietario del predio Sarbadori «Salvatore» (Porru 630). Vedi Babbòi, Ballòi.

Badeseana (Lanusei): probabilmente è da sciogliere in Badu 'e Seana «guado di Seana». Vedi Síana.

Balatzolis (Talana): potrebbe essere il cognome italiano Palazzoli, di tagliatori di boschi o carbonai peninsulari.

Ballao (Balláo, pronunzia locale Balláu) (villaggio del Gerrei in prov. di Cagliari). L’abitante Ballaesu - È molto probabile che il toponimo significhi «borgo fortificato con un vallo», cioè con uno steccato e una fossa, derivando da una locuzione lat. vicu(m) vallatu(m). Per il vero ci saremmo aspettati una forma Baddau (toponimo che effettivamente esiste presso Usellus), per cui la forma Ballao va interpretata come una ricostruzione di origine semidotta effettuata da amanuensi, come è avvenuto per altri nomi di villaggi sardi (cfr. Suelli).- La presenza di Romani (liberi e schiavi) e di Sardi romanizzati è del tutto ovvia nella zona, dato che essa risultava ricca di giacimenti minerari. Pertanto la fortificazione del villaggio sarebbe da interpretarsi come predisposta contro gli attacchi dei montanari e pastori dei dintorni, refrattari e ribelli al dominio dei Romani.- Non sono riuscito a rintracciare una attestazione di questo villaggio più antica di quella che si trova nella Chorographia Sardiniae (132.9; 218.8) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Ballai della diocesi di Dolia. 

Balloccu (Arbus), Ballocus (Nuxis, plur.), cognome anche plur. dei proprietari dei predi (DICS).

Bangiargia, Santa Maria Bangiárgia (Donori) – Il toponimo deriva dal lat. balnearia «bagni, bagni termali». La odierna chiesa cristiana probabilmente è l’erede di un precedente luogo di culto pagano, impiantato presso acque termali e curative.  Vedi Angiargia, Bonaria; cfr. Vaniaria (CSNT 260). 

Bannari (Bánnari di Usellus) (villaggio della prov. di Oristano) - Da qualche decennio gli è stato mutato questo nome in quello di Villaverde (vedi), con l'intento dei promotori di tale variazione di evitare le continue confusioni che si facevano rispetto all'altro villaggio Banari, della prov. di Sassari (vedi). E in effetti la spiegazione dei due toponimi è del tutto uguale o, in altri termini, è una sola: Bánari o Bánnari innanzi tutto indizia di essere sardiano o protosardo per il suffisso  di valore plur. -ari (UNS 49; LCS II cap. III), in secondo luogo è possibile che esso sia da connettere - non derivare - con l'appellativo lat. vannus «setaccio» (di origine incerta; DELL, GDLI) e che pertanto potesse fare riferimento alla coltivazione e alla pastificazione del grano.- Le più antiche attestazioni del villaggio, come Banari o Vanari, si trovano tra le parrocchie della diocesi di Usellus che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 388, 1388, 1648, 1854). Inoltre compare tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 842/2) come Bannari. Nella Chorographia Sardiniae (202.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589) viene citato come oppidum Bannaris.

Baracani, Barracani (Nurachi): è il cognome ital. Barac(c)ani (Cagliari, Roma) del proprietario del terreno, che corrisponde all'appellativo ital. barac(c)ano «mantello di panno grossolano», che deriva dall'arabo barrakãn (DICS).

Barace (Barake; CDS I 205/2) (= Baratz, Nurra), Barac(c)i (Isili/Nurri), Baratzu (Arbus), Barecca (Turri/Ussara), Barecci (Siddi), Barreci (Senis), Barega (Carbonia/Iglesias), Barraca (CSNT² 154), Barraghe (Cuglieri/Macomer, Nulvi), Berraghe (Macomer) = appellativo bar(r)acca/u «baracca, capanna/o», il quale molto probabilmente è un relitto sardiano o protosardo (alternanza á), imparentato – non derivato – col corrispondente italiano (che è di origine ignota). Vedi Barroccu.

Baradili (Barádili, pronunzia locale Bobhádhri), Barátili San Pietro (due differenti villaggi della prov. di Oristano, distinti con la notazione del secondo). L’abitante Baradilesu, Baratilesu. Il toponimo trova riscontro negli altri Bar(r)adel(l)i (Collinas), Baradilis, Baraduli, Baratoli (Iglesias), Baradili (Sestu), Barástula (Orosei), tutti in zone pianeggianti e di stagni (in cui vivono anatre di varie specie) e tutti sono da confrontare - non derivare - col tosc. baràttola, barazzuolo, barúzzola «alzàvola» (varietà di anatra; Anas crecca), di origine ignota (DEI, GDLI) e dunque di probabile matrice etrusca. La vasta diffusione e l'antichità di attestazione dei citati toponimi sardi esclude del tutto che essi derivino dal toscano. Non costituisce per nulla una difficoltà il fatto che adesso a Baratili l'alzàvola si dica braxu mannu, letteralmente = "molto variopinto" (dal lat. varius; DILS).- Baradili, della diocesi di Usellus, è citato nelle Carte Volgari campidanesi (CV IX 8) per gli anni 1200-1212, nelle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia (RDS 984, 1390, 1651, 1857, 2308, 2800) come Baratoli, Baratuli e Baratili per gli anni 1342, 1346-1350, 1357-1359. È inoltre citato nella Chorographia Sardiniae (202.22) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Baradilis. Sempre il Fara cita un Castrum Baradilis nella diocesi di Villa di Chiesa (216.10) ed un distrutto oppidum Baratuli nella diocesi di Dolia (216.21) (CREST V 34), probabilmente presso Monastir (VSG), adesso Monte Oládiri. In linea generale è da precisare che nei documenti antichi non sempre è possibile o facile capire a quale dei citati toponimi si riferisca una data citazione. Vedi pure Urrádili (Guspini), Zurrádili (Marrubiu).

Baratili San Pietro (Barátili; villaggio del Campidano di Oristano), così chiamato per essere distinto meglio da Baradili (vedi) - Come parrocchia appartenente alla diocesi di Arborea (OR) è citato nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 25, 159) nella forma di Baratiri; in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 220/1) dell'anno 1157 come Oiratili (evidentemente Biratili) e nelle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia (RDS 380, 940, 1326, 1589, 1873, 1874, 1961, 2786, 2859, per gli anni 1341, 1342, 1346-1350, 1357-1359, come Baratuli e pure con qualche altra forma sicuramente trascritta male. Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (194.17) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Baratilis.

Barbaxana (prov. di Oristano) - Antico centro abitato di epoca medioevale della diocesi di Arborea, che si trovava nelle immediate vicinanze di Allai (vedi), col quale scambiò la sede parrocchiale. Risulta citato come Barbariana, Barbaxana (ed altre forme di certo trascritte male) nelle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia (369, 1345, 1607, 1891, 1977, 2779, 2870) per gli anni 1341, 1346-1350, 1357-1359, e come Barbaxana nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Sardegna e la S. Sede (CDSS I 418). Inoltre figura come Barbagiana fra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 845/1).- Evidentemente questo centro abitato traeva la sua denominazione dal fatto che veniva considerato come uno dei primi villaggi che facevano parte della Barbaria o Barbagia (vedi Siamanna) (Day 75).

Barbusi (frazione di Carbonia), Brabusi (San Nicolò Gerrei) - È probabile che questi siano toponimi prediali, derivando da un gentilizio lat. *Barbusius (cfr. Barbatius, Barbicius, Barbidius, Barbilius, Barbius; RNG) al vocativo. Barbusi è citato nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 912). Vedi Ardéu.

Bardeas (Busachi): probabilmente è il plurale del cognome Vardeu delle proprietarie del terreno (DICS; GSN §§ 98, 204; LISPR 90; DILS II 807).

Barduisca (Domunovas Canales): potrebbe essere interpretato come Bardu 'e isca «cardo di zona di orti» (DILS).

Baressa (villaggio della prov. di Oristano). L’abitante Baressesu – Il villaggio è citato, come tale, nel trattato di pace fra i Giudicati di Cagliari e di Arborea del 1206 (CREST VIII 17). Inoltre in un documento del 20 luglio 1219 Torgodorio giudice di Cagliari dona al figlio Salusio, in occasione del suo matrimonio con Adelasia, una grande estensione di terre che facevano parte della Trexenta e della Marmilla (CDS I num. XLIII); tra le ville ivi comprese risultano anche Mara Arbaressa della incontrada della Marmilla e Mara Arbarey (cioè l'attuale Villamar; vedi). Considerato che fra le numerose ville elencate manca quella di Baressa, si deve concludere che questa è da individuarsi appunto in Mara Arbaressa.- Per il primo componente del toponimo Mara rimando a quanto dico su Villamar; per il secondo Arbaressa innanzi tutto dico che la prima sillaba sarà caduta già molto presto perché confusa dai parlanti con la preposizione locativa a (dal lat. ad). In secondo luogo dico che il toponimo è caratterizzato dal suff. -s(s)a, il quale è tipico di lingue dell'area egeo-anatolica, cioè della zona dalla quale i Sardi sono arrivati in Sardegna (vedi Sardegna, Sardara, Serdiana), proprio come l’altro toponimo Gonnesa (vedi) (OPSE 117, LISPR 75). Tolto questo suff. -s(s)a, resta un tema *arbar-, *arbor-, quello stesso che ho isolato in Arborea e in (Pauli) Arbarei (vedi) e che ho confrontato - non come derivato, bensì come imparentato geneticamente - col lat. arbor,-oris «albero», che è di origine ignota (DELL, DELI²). Dunque il toponimo Arbaressa/Baressa probabilmente porta in sé un riferimento agli "alberi", in modo particolare a quelli da frutto.- Come abbiamo già visto, il nostro villaggio è citato nel trattato di pace fra i Giudicati di Cagliari e d’Arborea del 1206 (CREST VIII 17); compare tra le parrocchie della diocesi di Usellus che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1392, 1652, 1858, 2306); inoltre figura come Bareça tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 844/2). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (202.22) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Baressae.

Bari Sardo (Barì, Baríe) (villaggio dell'Ogliastra). L’abitante Bariesu - La specificazione di questo toponimo è stata evidentemente fatta con l'intento di distinguere il villaggio sardo dal più grande e più famoso Bari della Puglia (cfr. i casi analoghi di Alà dei Sardi, Meana Sardo, Scano Montiferro).- Siccome la lingua latina non sopportava l'accento sull'ultima vocale (ossitonia), il solo fatto che invece si pronunzi Barí dimostra che il toponimo è, non neolatino o neosardo, bensì sardiano o protosardo, proprio come avviene per gli altri toponimo Azzanì, Belví, Bidoní, Senorbì, Soddì, ecc. (vedi).- D'altronde il nostro toponimo risulta corradicale con numerosi altri toponimo sardi, che sembrano pur’essi sardiani: Barái (Siligo), Baraíma (Cabras), Barala (Torpè), Baralli (Domus de Maria), Barastula (Orosei), Baraúle (Orani), Baraus (Bauladu), Barebba (Terralba), Baresse (San Vito), Barigi (Lotzorai), Bárilo (Sedilo), Barotto (Teti), Barumele/i (Ales, Sardara), Barúmini (Comume di B.), Barussa (Giba/Masainas, Teulada): probabilmente tutti da connettere con l'aggettivo báralu (DitzLcs), bárrinu «basso, bassottino, piccolo, nano» e da confrontare - non derivare - col greco barýs «basso, grave, pesante» (corrige DILS), avendo pertanto il significato di «bassura» e/o «pesantezza di clima».- Nel Medioevo il villaggio in questione, che apparteneva alla diocesi di Suelli, aveva una discreta rilevanza, come dimostra il fatto che è citato nei seguenti documenti: Carte Volgari campidanesi (CV VI 3, XVI 3); Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 92, 94); Rationes Decimarum Italiae, Sardinia (RDS 669, 2158, 2202). Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (220.12) di G. F. Fara (anni 1580-1589). Notevole è il fatto che in CV XIV 3 dell'anno 1217 il toponimo risulti scritto Bary, con la lettera y finale: era questa una usanza grafica sarda per indicare la caduta dell'accento su questa vocale. Cfr. con Galtellì/Galtelly, Isili/Ysili, Tuili/Tuyli e col cognome odierno Dessì/Dessy. 

Barigadu (prov. di Oristano) - È una subregione della Sardegna centrale, posta sulla riva sinistra del medio corso del fiume Tirso, la quale in epoca medievale fu curatoria che comprendeva i seguenti 10 villaggi: Allai, Ardauli, Bidonì, Busachi, Fordongianus, Neoneli, Nughedu Santa Vittoria, Sorradile, Ula Tirso, Villanova Truschedu.- L'etimologia del toponimo è del tutto trasparente e sicura: deriva dal lat. varicatus (REW 9153) e significa propriam. «Varcato, Oltrepassato», con riferimento al fiume Tirso, al di là del quale il Barigadu risulta appunto essere situato. Si potrebbe tradurre in italiano col vocabolo «il Trastirso» oppure «l'Oltretirso».- È curiosa la circostanza che in buona parte della Sardegna l'appellativo barigádu significa anche «dopodomani» e pure «doman l'altro» (CVS² 18; DILS).- Il toponimo è citato nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 37) come Barigadu e nel Codex Diplomaticus Sardiniae (I 844/2, anno 1388) come Varicato. 

Barrali (Barráli, Barrábhi) (villaggio della Parti Olla in prov. di Cagliari) - Il toponimo è da riportare all'appellativo camp. barrali «pergolato, pergola», il quale deriva dal lat. parlato *barra «parete» (DELI²).- Il villaggio è citato come Bar(r)ala, Baral(i) in documenti del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 201/1, 211/1, 221/2, 224/1, 335/1, 336/1,2) rispettivamente degli anni 1120, 1136, 1158, 1162, 1219, e inoltre come Barrala nelle Carte Volgari campidanesi (CV VII 2) per l'anno 1140 circa. La Chorographia Sardiniae (210.28; 216.20) di G. F. Fara (anni 1580-1589) lo cita come villaggio estinto della diocesi di Dolia: oppidum Barallae.- D'altra parte Vittorio Angius ci informa che il villaggio nel passato si chiamava anche Villaríos, che significa «Villaggio dei Rivi o Ruscelli».

Barroccu, su, (Fordongianus, Milis, Siamaggiore), Barrocu Antigu (Usellus), is Barroccus (Isili): «piccola baracca/e, capannuccia/e», diminutivo di barracca/u «baracca, capanna» (V. Tetti 124). Vedi Barace.

Barruxiu, Barruxu (Pula): potrebbe corrispondere al cognome Varrucciu (Cagliari, Orosei, Gallura), che è una variante del cognome Ferrucciu e pertanto significa anch’esso «Ferruccio» (nome pers.) (DICS).

Barumini (Barúmini) (villaggio della Marmilla). L’abitante Baruminesu - Fin da epoca mediev. il toponimo è sempre citato in questo modo oppure come Barumine. Per esso è possibile prospettare una etimologia greco-bizantina e precisamente io prospetto la derivazione del toponimo dall'aggettivo greco barúmēnis (pronunziato ormai barúminis) «collerico, rabbioso, vendicativo». Ed è verosimile che questa sia  stata la denominazione della dea venerata nel grande nuraghe-tempio su Nuraxi di Barumini, la «Collera o Rabbia o Vendetta». Il culto di questa divinità pagana sarà continuato fino all’epoca dell’arrivo del cristianesimo nella zona, che è avvenuto appunto sotto la dominazione dei Bizantini. Questa divinità femm. nuragica in altre località ha avuto e dato il nome, neolatino o neosardo, a non pochi nuraghi, Arrenégula «Collerica» ad Oliena e María Rajosa «Maria Rabbiosa» altrove. Questa etimologia ha un alto grado di probabilità, perché è molto improbabile che la corrispondenza perfetta di ben 8 fonemi tra il toponimo sardo Barúmini e l’aggettivo greco-bizant. barúminis sia semplicemente il frutto di un puro caso.- È pertanto molto probabile che il paese di Barumini abbia derivato la sua denominazione dalla divinità che veniva venerata nel vicino grandioso nuraghe-tempio di su Nuraxi.- In subordine Barumini potrebbe corrispondere all'aggettivo báralu (DitzLcs), bárrinu «basso, bassottino, piccolo, nano» e sarebbe da confrontare - non derivare - col greco barýs «basso, grave, pesante» (corrige DILS), avendo pertanto il significato di «bassura» e/o «pesantezza di clima» (vedi Barì Sardi).- Il villaggio, capoluogo della curatoria della Marmilla superiore, sarà stato molto importante per le sue risorse agricole; e per questo si spiega come risulti citato parecchie volte nei documenti medievali: nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 33), nelle Rationes decimarum Italiae, Sardinia (RDS), nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna (CDSS I 413, 414, 417), nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 841/1). Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (134 8, 196.25) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Baruminis della diocesi di Arborea.

Bau Muggeris (frazione di Villagrande Strisaili) – Il toponimo significa «Guado (delle) mogli» e deriva dai lat. vadum e mulieres. Molto probabilmente prende nome dal fatto che là si recavano a lavare i panni le donne del villaggio.

Bauladu (villaggio del Campidano di Oristano). L’abitante Bauladesu - Il toponimo sicuramente significa «Guado largo» e pertanto va distinto in báu «guado», che deriva dal lat. vadum, e ladu-a «lato, largo-a», che deriva dal lat. latus-a-um (DILS). Tale denominazione trova la sua ragione con riferimento a un vicino corso d'acqua chiamato Riu Mannu «Rivo grande» (vedi).- Probabilmente la più antica attestazione del villaggio è quella che si trova in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 226/1, num. LXXII) del sec. XII, nel quale si parla di un individuo chiamato Bittor (= Vittore) de Vadulatu.- Il villaggio è citato numerose volte nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 2, 15, 25, 28, 29, 37, 129, 172, 173, 199, 208), poi tra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 379, 939, 1357, 1616, 1899) e nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna (CDSS I 329). Inoltre figura tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 840/2). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (194.12) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Bauladi della diocesi di Arborea.

Baunei (Baunéi) (villaggio dell'Alta Ogliastra). L’abitante Bauneinu - Il toponimo - che nel sec. scorso si pronunziava anche Baonéi (V. Angius) - è quasi certamente un relitto sardiano o protosardo, come mostra già in maniera evidente il suo suffissoide -éi, quello che si trova in altri numerosi toponimi pur’essi sardiani: Arboréi, Lanuséi, Oroséi, Triéi, Urzuléi, ecc. (vedi). Esso risulta isolato nella toponimia sarda - dato che trova riscontro solamente nel Monte Baunei presso Teulada – e probabilmente va confrontato - non come derivato, bensì come imparentato geneticamente – con l'appellativo greco baũnos, baunós «fornace» (per la cottura della calce oppure per la fusione e la depurazione dei metalli), vocabolo greco che risulta di origine ignota (GEW, DELG, CDEG). Tale accostamente è del tutto plausibile anche sul piano semantico-fattuale, per il motivo che il territorio del villaggio è quasi tutto calcareo e inoltre fino al secolo scorso vi erano in attività una miniera di rame in località Frandío e una di ferro in località Perda 'e Ferru (OPSE 97).- La più antica attestazione storica che sono riuscito a trovare di Baunei è quella che compare nelle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 95). D’altra parte risulta citato anche nella Chorographia Sardiniae (220.13) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Baonei della diocesi di Suelli. Però l’antichità del villaggio e della sua popolazione è dimostrata anche dall'usanza che essa ebbe fino a un secolo fa - ripresa pure durante l'ultima guerra mondiale - di cibarsi di un pane fatto di ghiande mescolate con un'argilla speciale (pane ispéli cun trocco), usanza che nella storia dei popoli è indubbiamente molto antica (DILS, LISPR).

Belvì [pronunzia effettiva Breví, Brevie, (B)Elví] (villaggio sulle pendici del Gennargentu). L’abitante Belviesu, Breviesu - Già la caduta dell'accento sull'ultima sillaba (ossitonìa) è una buona prova della matrice sardiana o protosarda del toponimo, proprio come in Azzanì, Barì, Bidoní, Senorbì, Soddì, Tortolí, ecc. (vedi) (il latino infatti non sopportava tale accento).- Pur essendo sardiano il toponimo Belvì richiama, per consonanza di fonemi, il lat. belva, bel(l)ua «belva, animale grosso e feroce» e in particolare «cinghiale». Per questo vocabolo latino i linguisti non sono finora riusciti a trovare alcuna etimologia accettabile (DELL, AEI). Io dico che l'appellativo lat. belva, bel(l)ua, che veniva scritto anche velua, deriva dal vocabolo etrusco VELVA, che conosciamo come antroponimo (DETR 149; LIOE 21). E dunque si determina un triangolo: il toponimo sardiano o protosardo Belvì è un vocabolo fratello dell'etrusco VELVA, che a sua volta è padre del lat. belva (la terminologia parentale ovviamente è qui usata soltanto con valore figurato) (OPSE 200, LISPR). Il villaggio di Belvì dunque molto probabilmente trae la sua denominazione dalla particolare abbondanza di cinghiali nella zona, evidentemente favorita dalla fitta vegetazione che tuttora la caratterizza.- Le più antiche attestazioni del villaggio si trovano nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 1003) come Bellvì e inoltre fra i villaggi che sottoscrissero l'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona dell'anno 1388 (CDS I 846/2) come Bilbi. È poi citato nella Chorographia Sardiniae (138.11; 196.18; 198.22) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Belvis o Belvini. Notevole poi è il fatto che sempre il Fara (80.9) citi un altro Belvis nei pressi di Punta Tramontana, ad occidente di Castelsardo.

Biddierda (villaggio distrutto nel Gerrei; VSG). Il toponimo è a scioglere in Bidda erda e significa «villa vecchia», derivando dalla locuzione lat. villa vet(u)la.

Bidonì [anche Bidunì(e); DSI] (villaggio del Barigadu in prov. di Oristano). L’abitante Bidoniesu o Bidoninu - Siccome la lingua latina non sopportava l'accento sull'ultima vocale, il solo fatto che invece si pronunzi Bidoní dimostra che il toponimo è, non neolatino o neosardo, bensì sardiano o protosardo, proprio come avviene per gli altri toponimi Azzanì, Barí, Belví, Senorbì, Soddì, Tortolí, ecc. (vedi). Ma il toponimo è pure caratterizzato dal suff. -on-, che è di origine tirrenica, cioè sardiana ed etrusca.- Considerato che esso si ripete in altre almeno cinque località della Sardegna centrale, cioè a Gadoni, Orgosolo, Siniscola, Tonara e Loculi (qui Bidoníe) e come Bituni nella Sardegna medievale e meridionale (CV XV 2), siamo spinti a pensare che sia un fitonimo o nome di pianta, dato che in tutti i domini linguistici i toponimi in grande prevalenza sono altrettanti fitonimi. E infatti io ritengo che sia possibile confrontarlo - non derivare - col fitonimo lat. vetoni(c)a, betonica «betonica», che praticamente è di origine ignota (NPRA), ma che probabilmente è da accostare al gentilizio etrusco VETUNI (DETR). Di fatto in Sardegna esiste la betonica glutinosa (Stachis glutinosa L.), con molte denominazioni (NPS 114).- Il nostro villaggio è citato numerose volte nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 1 c2c, 13, 14, 16, 30, 31, 69, 88, 95, 166, 175) come Vidoni, Bitoni e Bidoni (evidentemente da pronunziarsi Vidoní, Bitonì, Bidonì). Ed è citato pure in un documento del 1157 del Codex Diplomaticus Sardiniae come Bidunii e in un altro del 1211 come Vidoni (CDS I 220/1; 320/2). Inoltre compare tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 844/2). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (196.6) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Bidoni della diocesi di Arborea. 

Biora - Sul tracciato di strada che andava da Olbia a Caralis attraverso il centro montano, testimoniato dal romano «Itinerario di Antonio» (81.3), risulta indicata anche la mansione o stazione di Biora o Piora (ThLL, s. v.), i cui resti sono stati individuati nell'altipiano a sud-est di Isili. Siccome queste due forme del toponimo non trovano alcun riscontro nel lessico latino né in quello sardiano o protosardo, io ho già proposto di emendarne la lezione in Flora, nome di un nota divinità romana. Questa divinità era effettivamente conosciuta nella Sardegna antica (LCS II capo V).

Bitia, Bithía (prov. di Cagliari) - Nome di un’antica città sulla estrema punta meridionale della Sardegna, il quale è da confrontare con quello delle Bitiae «maliarde» della Sardegna antica (Solino I 101), nonché con quello delle greche Pythíai «Pizie, Pitonesse» - le profetesse del tempio di Delfi, dedicato ad Apollo Pytio - (vocabolo di origine ignota; GEW, DELG). Nei tempi antichi una città poteva ben derivare la sua denominazione da un tempio in cui si effettuava l'assai comune ed importante rito dell'oracolo (LELN 72, OPSE 97).- Nonostante il fatto che nel sito di Bitia sia stato rinvenuto molto materiale punico, io ritengo che sia più ovvio ritenere il toponimo sardiano o protosardo piuttosto che punico. Sia sufficiente considerare che tutt'intorno all'antica città si trovano ancora i resti di almeno 8 nuraghi (OPSE §§ 27, 47; LISPR).

Boddeu (Sulcis e Iglesiente) - Si tratta dell'appellativo (b)oddéu «gruppo di case di pastori consistente di vari furriadroxus (vedi), che formano poi spesso dei piccoli villaggi» e che deriva dal lat. collegium (DES I 215) (nel Nuorese l'appellativo si dice boddéju e significa «crocchio di persone») (DILS)

Bonarcado (Bonárcado) (villaggio del Montiferro in prov. di Oristano). L’abitante Bonarcadesu - Se non conoscessimo le forme che questo toponimo ha avuto in epoca medievale, sarebbe impossibile a chiunque prospettarne una etimologia esatta. Ebbene, queste forme sono Bonarcanto, Bonarchanto, Bonarkanto, Bonarckanto del Condaghe di Santa Maria di Bonarcado (ad es. 172), le quali riportano con sicurezza al greco bizantino Panáchrantos «Tutta pura, Purissima, Immacolata», attributo della Vergine Maria, la quale è venerata in un piccolo santuario del villaggio, che risale all'epoca bizantina (LCSB 34). Per il vero questo vocabolo greco-bizantino, non più compreso dai Sardi, è stato da loro sottoposto a una paretimologia e interpretato come Monarcatu «Monarcato» (perfino il citato condaghe è intitolato in questo modo) e Bon'accattu «buon accatto o ritrovamento» (DICS I 117), quest'ultima denominazione riferita alla leggenda del rinvenimento del simulacro della Vergine fra i cespugli che circondano il santuario.- Ovviamente il villaggio è citato numerosissime volte nel condaghe che prende nome dal santuario, anche come Bonarcatu, Vonarcatu, Bonarcadu, ecc. E numerose volte è pure ricordato nel Codex Dilomaticus Sardiniae (CDS) e nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna (CDSS). Ancora parecchie volte è citato fra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (194.13) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Bonarcadi.

Bonaria (santuario di Cagliari dedicato alla omonima Madonna) - Tutti i Cagliaritani e tutti i Sardi, escluso qualcuno che sia fornito di una certa cultura storica, sono convinti che questo toponimo significhi «Buona Aria»; si tratta però di una convinzione del tutto errata, la quale è effetto di una vecchia paretimologia od etimologia popolare e di una conseguente errata traduzione nel catalano Bon Aire. In realtà l’antica denominazione del luogo era Bagnaria, che era un adattamento pisano dell'originario appellativo lat. balnearia «bagni, bagni pubblici» (vedi Bangiargia). Ed infatti nella zona sono stati trovati i resti di terme romane, fra cui un bel mosaico, raffigurante divinità marine e adesso conservato nel Museo Archeologico di Cagliari. D'altra parte si deve considerare che nel secolo scorso il La Marmora, constatando l'impaludamento del mare in quel sito, affermava che si sarebbe dovuto mutare il suo nome di Bonaria in quello di Malaria! Comunque, nonostante quel macroscopico errore di interpretazione e di traduzione, è un fatto che il toponimo sardo ha avuto una storia del tutto imprevedibile e addirittura straordinaria: il culto della cagliaritana Madonna di Bonaria, una volta diventata la catalana Madonna di Bon Aire, si è diffuso nella Spagna e in particolare a Siviglia con la nuova denominazione castigliana di Nuestra Señora de los Buenos Aires. Non solo, ma proprio sotto la protezione e col nome di questa Madonna fu fondato dai coloni spagnoli quello stanziamento nell'America meridionale, che finirà col diventare la odierna capitale dell'Argentina Buenos Aires e inoltre una omonima città della Colombia e una di Costa Rica... Con le quali traversie linguistiche e storiche non deve sfuggire a nessuno di considerare quanto siano importanti le parole, anche quando sono interpretate male!

Boroneddu (villaggetto della media valle del Tirso in prov. di Oristano) - Per il toponimo sono possibili due differenti spiegazioni etimologiche: 1ª): Si potrebbe riportare all'appellativo sardiano bòrona «nebbia fitta e bassa» (Fonni), il quale è da confrontare - non derivare – con quello tosc. buriana «grosso ma breve temporale», col veneto borana «nebbia» (di formazione incompresa; DELI2) e inoltre col greco borhéas «vento del nord» (di origine ignota; GEW, DELG). [Dal vocabolo greco è derivato il lat. boreas (DELL), dal quale però per difficoltà fonetiche non può essere derivato quello sardo (OPSE 202; LISPR)]. Dunque è verosimile che il villaggio derivi la sua denominazione dalla nebbia che sale spesso dal vicino fiume Tirso. «È situato in una valle .. - ha scritto Vittorio Angius - Nuoce molto la nebbia, che in alcune stagioni vi si addensa». 2ª) In subordine potrebbe derivare dal diminuivo di Barone, avendo pertanto il significato di «Baronetto», titolo del proprietario del predio. Ovviamente questa spiegazione dovrebbe essere confermata da apposite ricerche da effettuarsi su carte antiche.- Il villaggio apparteneva al Giudicato di Arborea, alla diocesi di Santa Giusta e alla curatoria di Guilcier (vedi). Compare tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 839/2) come Borone. Nella Chorographia Sardiniae (198.14) di G. F. Fara (anni 1580-1589) il villaggio è citato, ma con lezioni diverse a seconda dei differenti codici, delle quali la più esatta sembra oppidum Orenae.

Bríghini (Fordongianus/Siamanna): vedi Gríghini.

Bruncu Spina (Desulo) - Seconda cima del massiccio del Gennargentu (metri 1829 sul mare). Letteralmente il toponimo significa «Cima (della) Spina». Il primo componente corrisponde all'appellativo bruncu, fruncu, vruncu «grugno del maiale, ceffo, muso» e «cima, punta di monte», il quale deriva dal lat. brunchus (REW 7446a, DILS 223). Il secondo componente corrisponde all'appellativo spina «spina, pianta spinosa», che deriva dal lat. spina e fa riferimento alla Prunus prostrata, che vi vegeta (La Marmora, Itin., I 220). Cfr. Runcos.

Buggerru (nell'Ottocento anche Bogerru) (villaggio della costa dell'Iglesiente) - Si tratta di un centro minerario che si è sviluppato nella seconda metà dell'Ottocento, quando è cominciato lo sfruttamento delle miniere in maniera industriale. Comunque esso risulta citato nel Trattato di pace del 1206 fra i Giudicati di Cagliari e d’Arborea: Scala de Bugerru (CREST VIII 52). Il toponimo risulta del tutto isolato sia rispetto al lessico della lingua sarda, sia rispetto agli altri toponimi sardi. Per questa circostanza e anche perché il villaggio è posto sulla costa occidentale della Sardegna, è del tutto plausibile il suo accostamento al nome della città di Bigerra nella Spagna Tarragonese (OPSE § 51). Nulla però ssiamo in grado per adesso di dire sulla etimologia del toponimo stesso. 

Buon Cammino, Nostra Signora del Buon Cammino, Nostra Segnora de su Caminu Bonu - Questo culto religioso esiste a Cagliari, Barì, Dorgali, Bitti e Santa Teresa. In realtà tale denominazione costituisce la traduzione del vocabolo greco-bizantino Hodēgétria «Conduttrice, Accompagnatrice», vocabolo che pronunziato Odighítria ha dato luogo al sardo (Nostra Segnora d') Itria (vedi). È del tutto comprensibile l'ampia diffusione di questo culto nella Sardegna del passato: chi si metteva in viaggio, a cavallo o molto più spesso a piedi, correva di frequente il rischio di imbattersi in briganti appostati in punti particolari delle strade; da ciò derivava l'uso comune tra i viandanti di invocare, prima di mettersi in viaggio, la protezione di Nostra Signora d'Itria o del Buon Cammino. Vedi Ittiri. 

Burcei (Burcèi, pronunzia locale Bruccèi) (villaggio della prov. di Cagliari) - Il villaggio sembra di recente formazione, tanto è vero che il Fara non lo cita, come sottolinea Vittorio Angius. Il quale continua: «Riferisce la tradizione che avrebbero dato al medesimo la prima origine alcuni pastori della Barbagia, che locatari essendo d'un salto vicino, quivi nell'inverno se ne stavano, stabilita la mandra presso alla sorgente (Sa mizza dessu sáliji) da cui ora beve il popolo. Allettati dalla copia del pascolo, dall'abbondanza dell'acque, dalla salubrità dell'aria, dalla dolcezza del clima vi condussero le loro famiglie». Ciò sarebbe avvenuto fra il 1688 e il 1698. (Sarebbe molto interessante una ricerca sul lessico del dialetto di Burcei, per vedere se viene confermata oppure no l'origine ogliastrina dei suoi abitanti; vedi Gairo).- Invece il toponimo Burcei è molto più antico e per esso si può prospettare che derivi dal gentilizio lat. Vulceius (RNG; UNS 178) (in vocativo) di qualche proprietario romano che aveva interessi agricoli o pastorali nella zona. Cfr. Bultei.

Busachi (villaggio del Barigadu in prov. di Oristano). L’abitante Busachesu - Del toponimo sono possibili due differenti spiegazioni: 1ª) Può essere un toponimo di origine sardiana o protosarda, come indiziano sia il suo suff. -ák-, che ritroviamo negli appellativi sardiani nuráche «nuraghe», neuláche «oleandro», ecc. (LISPR 63), sia la sua connessione coi toponimi Busadda, Busaddedda (Cargeghe), Busadde (Cuglieri), sa Busana (Galtellì), Busanca (Ulassai), Busáur(r)u (Paulilatino), Busola (Borore), Búsoro e Busurté(i) (Sedilo) (suffissi e accento sardiani). E probabilmente tutti sono da riportare all’appellativo busa, (b)usa «macchia, grosso cespuglio, zona di cespugli» (Illorai, Bolotana) (DitzLcs), finora sconosciuto e che probabilmente è un relitto sardiano. Pertanto è verosimile che Busachi in origine significasse «sito dei grossi cespugli». 2ª) Può essere un toponimo di origine latina, che deriva dal gentilizio lat. Byzacius (RNG) del proprietario romano di una villa «fattoria o tenuta», in caso vocativo.- Il villaggio è citato nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Sardegna e la S. Sede (CDSS I 60), compare numerose volte fra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia ronana (RDS 425, 355, 941, 973, 1373, 1593, 1633, 1877, 1962), figura tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona dell'anno 1388 (CDS I 844/2, 851/1,2) ed è citato nella Chorographia Sardiniae (138.8,16,29; 140.5; 196.7) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Busachi.

Cabras (pronunzia locale Crabhas) (villaggio del Campidano di Oristano). L’abitante Crabarissu - Il toponimo letteralmente significa «capre» e deriva dal lat. capras (accusativo plur.), però la Renovatio donationis di Orzocco de Zori del 1112-1120 circa ci assicura la esatta formazione del toponimo: Masone de Capras = «ovile di capre» (CREST XIII 5, 11, 15, 21) [dal lat. ma(n)sione(m); DILS].- Il toponimo compare già nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 100, 101) e nelle Carte Volgari (CV XVI 5) campidanesi come Cabras, invece nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 164/2, 843/1) come Capras; e così pure negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 922, 1980). Il borgo poi figura tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 843/1). Nella Chorographia Sardiniae (194.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589) è citato come oppidum Caprae.- Il paese andò distrutto nel 1509: «Cabras come prossima al mare ogni anno era orrendamente vessata dai pirati turchi come una volta soprattutto fu da loro radicalmente spopolata avendo tratto seco prigionieri tutti i suoi abitatori; che quindi trovandosi in continuo pericolo e timore quei popolani dovevano stare sempre in guardia dei litorali per salvar se stessi ed i territori della città di Oristano da nuove incursioni…» (P. Martini, Storia delle invasioni degli arabi e delle piraterie dei barbareschi in Sardegna, Cagliari 1861, pgg. 212-213).

Cadennaghe (Seneghe): probabilmente = cratanacca, cradananca «zecca», che deriva dal lat. catenacula.

Cagliari (Cágliari; ant. Karalis, Caralis, spesso plur. Carales) (capoluogo di prov. e capitale della Sardegna) - La odierna denominazione locale del toponimo è Casteddu = «Castello», denominazione che in origine indicava il rione alto della città, la sua acropoli o roccaforte. Fino all'inizio del Novecento la città veniva chiamata anche Casteddu Mannu «Castello Grande» per distinguerlo da Casteddu Sardu «Castelsardo», che era il «Castello Piccolo» (vedi).- È da respingersi con decisione la tesi corrente, secondo cui Cagliari sarebbe stata fondata dai Fenici; la testimonianza di Claudio Claudiano (I, 520), che la dice «fondata dai potenti Fenici di Tiro», non ha alcun valore perché è troppo tardiva (IV sec. d. C.). È assurdo infatti ritenere che, molto prima dei Fenici, i Nuragici non avessero messo occhio e provato interesse per questa località, caratterizzata come era da facili approdi, sia ad oriente che ad occidente, munita di un colle dirupato facilmente trasformabile in roccaforte, ricca di importanti saline e posta all'imboccatura di quella laguna di Santa Gilla, che non solo era molto pescosa, ma portava anche fino ad Assemini, nella direzione delle risorse agricole del Campidano e di quelle minerarie dell'Iglesiente. D'altra parte risulta accertato che nell'area di Cagliari lo stanziamento umano è molto più antico dell'arrivo dei Fenici in Sardegna, dato che risale al periodo eneolitico e forse a quello neolitico, come risulta dai ritrovamenti effettuati nel colle di Sant'Elia, a San Bartolomeo e a Monte Claro. Inoltre è quasi del tutto certo che il toponimo Karalis/Caralis - come aveva già sostenuto Max Leopold Wagner (LS 141) - è sardiano o protosardo, dato che esso trova riscontro nei toponimi Carále di Austis e Carallái di Sorradile. Inoltre esso è da confrontare coi toponimi antichi Káralis o Kárallis della Panfilia e Karalléia della Pisidia, in Asia Minore (Strabone, XII 568; PW; LS 141; OPSE 102). Il quale accostamento interviene a confermare la tesi della venuta dei Sardi dall'Asia Minore (cfr. Ardali, Arzachena, Bargasola, Bolotana, Libisonis, Scandariu, Sindia, Siniscola, Tiana). Circa l’etimologia od origine del nostro toponimo a me sembra che siano possibili due spiegazioni differenti, anche se in parte convergenti. 1ª) Il toponimo Karalis/Caralis può essere collegato con un appellativo che ha l’aria di essere sardiano o protosardo sia per la sua forma fonetica, sia perché è attestato in due aree molto isolate e fortemente conservative dell’Isola, il Sarcidano (Isili) e il Sarrabus (Villaputzu): caraíli «macigno, roccia, rupe» (DitzLes). Ed è logico trarne questa conclusione: è probabile e verosimile che in origine Karalis significasse «la rocca» e la «la roccaforte», con riferimento alla collina rocciosa sulla quale insiste il suo odierno rione di Castello. D’altronde il riferimento a quell’elemento geo-fisico viene tuttora ripetuto e conservato nella odierna denominazione sarda della intera città: Casteddu. 2ª) Il toponimo Karalis/Caralis si potrebbe collegare con l’appellativo sardiano o protosardo cacarallái, crialléi, crièlle, chirièlle, ghirièlle «crisantemo selvatico» (margherita di colore giallo) (Chrysanthemum coronarium, segetum L.) e «macerone» (Smyrnium olusatrum L.) e con l’altro garuléu, galuréu, galiléu «pòlline dei fiori, pòlline depositato nel miele» (che è di colore "giallo oro"), tutti da confrontare - non derivare – col fitonimo etrusco garouleou «crisantemo» (LELN 100; OPSE 102, 116, 143, 211-212; LISPR, DETR 93) e infine probabilmente col greco chlorós «giallo» (indeur.; GEW, DELG).- Con quest'ultimo accostamento è molto probabile che trovi la sua esatta spiegazione il fatto che nell'Ottocento e nel Novecento viaggiatori forestieri definivano Cagliari "gialla", colore che veniva attribuito alla città perché la roccia della sua roccaforte "il Castello" - che in quei tempi era di certo assai più visibile di adesso - era per l'appunto "gialla". Si veda Alberto La Marmora, Itinerario dell'isola di Sardegna, (Cagliari 1868) pg. 14: «color bianco giallastro della roccia calcarea»; pg. 25: «La pietra calcarea di quest'edifizio [la Torre dell'Elefante] è tirata dall'antica pietraja di Bonaria, pietra forte giallastra. Vedi Parte Terza, descrizione Geologica: cap. VII, pg. 257». Grazia Deledda nel 1899, nella rivista Natura ed Arte, num. 12, scriveva testualmente: «Cagliari è fatta di case giallastre» (G. Deledda, Versi e prose giovaninili, a cura di A. Scano, Milano 1938, pg. 218). Ma anche in epoca più recente, cioè nel 1932, Elio Vittorini definiva Cagliari «È fredda e gialla. Fredda di pietra e d'un giallore calcareo africano». E infine lo storico Francesco Alziator, avendo detto che «Per qualche secolo Bonaria è stata la cava dalla quale venivano fuori le pietre per le case e la breccia per le strade», specifica dicendo «Bonaria era una collina nudarella di calcare (....) che a primavera ricopriva il suo squallore giallastro con una grande infiorata di gigli» (L’elefante sulla torre, Cagliari 1979, pg. 217). In conclusione è molto probabile che in origine Karalis/Caralis significasse «(la Roccia o Rocca) Gialla» (corrige LCS I cap. I).- La trasformazione dell'antico toponimo in quello attuale è di certo avvenuta attraverso le seguenti fasi, tutte storicamente documentate: Caralis > Calaris > Callari > Cagliari. L'ultima forma del toponimo è effetto della pronunzia spagnola della penultima (la quale si riscontra tuttora a Ollolai). In epoca classica il toponimo ricorreva spesso nella forma del plurale: Karales, Carales. Come capitava per altre città antiche, il plurale voleva indicare la grande estensione della città; ed è quanto aveva segnalato lo stesso Claudiano, quando aveva scritto: tenditur in longum Caralis «Cagliari si distende in lunghezza».- Risale già all'epoca romana la forma del suo etnico Caralitanus e Carallitanus (RNG 309), con una ambigua intensità della consonante liquida che trova riscontro anche nelle forme del toponimo Calari e Callari e perfino nella pronunzia di quella consonante nell'odierno dialetto campidanese.

Cala Mosca (Cagliari) – È  una insenatura del Capo di Sant’Elia. Il toponimo è molto probabilmente la traduzione italiana di un precedente sardo Cala ‘e Musca «Insenatura delle mosche», il quale presenta un singolare di valore collettivo, tipico della lingua sarda.

Cala Pira (prov. di Cagliari) - Insenatura che si trova sulla costa sud-orientale, un poco a nord di Capo Carbonara.- Il toponimo è da interpretarsi come Cala ‘e Pira «Insenatura del pero o dei peri» (al singolare, ma con valore collettivo). In una carta geografica antica risulta come Cala Pirra, che però molto probabilmente è una trascrizione errata.

Calagonis vedi Maracalagonis

Calasetta (borgo nell'isola di Sant'Antioco) – Si tratta di una fondazione promossa e attuata, come Carloforte (vedi), dal governo sabaudo attorno al 1770 con pescatori liguri profughi da Tabarca, isola situata dirimpetto a Tunisi. Il toponimo suona Cadesèd(d)a in tabarchino e Calasèda, Calesèda o Calesèdda in ambiente sardo. Molto probabilmente in origine era *Calixedda, diminutivo di cala «piccola cala, insenatura» (CS 36).

Calcaria, Calcargia – Villaggio ormai estinto del Campidano di Milis, della diocesi di Arborea, citato parecchie volte nel Condaghe di Bonarcado (CV XI 294, XIII 297 ?). Il toponimo deriva dal lat. calcaria col significato di «fornace per calce» (REW 1492) oppure di «pigiatoio» per l’uva o per l’orbace.- I rappresentanti del villaggio sottoscrissero il trattato di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (Day 69). Vedi Craccaxa

Camisa (frazione di Castiadas) - Il toponimo corrisponde all'appellativo sardo camísa «camicia», il quale deriva dal lat. camisia (DILS). Probabilmente in origine era il soprannome del proprietario del terreno o dell'ovile.

Campanasissa (Siliqua) – È probabile che si tratti di un toscanismo antico, di epoca medievale, corrispondente alla locuzione campana fessa (o fessurata) (la quale suona molto male) adoperata come soprannome di un individuo. Alla lunga la locuzione non sarà stata più compresa dai parlanti e quindi da loro pasticciata e trasformata. 

Campidano/u (Campitanu nel sardo mediev.). L’abitante Campidanesu – Il coronimo indica la lunga e stretta pianura che va dal golfo di Cagliari a quello di Oristano. In origine esso indicava l'«abitante dei campi aperti», dato che il sardo campu, derivato dal lat. campus, significa appunto «campo aperto, pianura», ma poi ha finito col significare la detta pianura. Però nel passato venivano riconosciuti vari Campidani, e precisamente quelli di Cagliari, di Decimo, di Oristano, di Milis, di Simaxis, di Ales e perfino di Pula, inoltre Campidano del Marghine si chiamava nell'Ottocento l'"altipiano di Abbasanta" (V. Angius, s. v. Macomer) (SSls num. II). Esiste un toponimo Campidanu anche presso Galtellì.- Nella Sardegna antica il suffisso etnico -itanus ricorreva sia con toponimi sardiani o protosardine: Caralitanus da Caralis, Noritanus (oltreché Norensis) da Nora, Sulcitanus da Sulci e poi ancora Aquae Hypsitanae, Aquae Lesitanae, Gorditanum Promontorium e le tribù dei Celsitani, Cunusitani, Giddilitani, Nurritani, Sarapitani (vedi Cuglieri, Sarrabus), sia in toponimi neolatini o neosardi: Campitanu da campus, Turritanus da Turris.- Le attestazioni del coronimo si hanno molto per tempo, come Campitanu/o, Canpitanu, Campidanu, Canpidanu, Kanpitanu (CREST IV, V, VI, VII, XI, XVI).

Campionna (Teulada), Campissa (Giba), Campui, Campuy (mediev.; CSP 400, RDS) (suffissi e suffissoide): probabilmente relitti sardiani o protosardi da connettere con campile, campura «pianura», campiju «campicello, angolo di campo» (Siligo), cámpinu, campínu, campólicu «campestre». Il sardo campu e forse anche qualcuno degli appellativi citati possono senz'altro derivare dal lat. campus «campo, luogo piano, pianura» (già prospettato come di origine etrusca; DELL, DEI, AEI, DELI), aggettivo campester (suff. -st-), gentilizi Campius, Campilius, e con gli etr. hamphe «campo, campagna» (LIOE 25), antroponimi Campe, Canpine. È dunque probabile che l'appellativo esistesse già in Sardegna, nella lingua sardiana, prima che ve lo portassero i Romani (M.P., OPSE 205, LISPR). 

Campo Pisano (frazione di Iglesias) – Il toponimo ormai è diventato interamente italiano e di certo trae la sua origine da una particolare presenza di cittadini nativi di Pisa nell’Iglesiente durante l'epoca medioevale.

Campu Omu (frazione di Sinnai, CA): alla lettera «campo di casa», probabilmente = «campo o prato comunale» [da (d)omu «casa», a sua volta dal lat. domus].

Canaliscu (prov. di Oristano) - Piccola zona che abbraccia i villaggi di Domusnovas Canales, Soddì e Zuri (VSG).– Il coronimo significa letteralmente «piccolo canale, canaletto» e propriamente indica un piccolo affluente di destra del fiume Tirso.

Cannái, Canái (Sant'Antioco), Cannareghe (Siligo), Cannáscidda (Sorso), Cannesisa (Maracalagonis), Cannisái (Ussassai), Cannui (Liber fondachi 282) (suffissi e suffissoidi): probabilmente tutti relitti sardiani o protosardi imparentati col greco kánna «canna» (prestito forestiero; GEW, DELG, DELL, DEI, AEI, NPRA, DELI) [da cui è derivato il lat. canna]. La derivazione, dei citati toponimi sardi da quello latino è, per difficoltà fonetiche, meno probabile; soltanto il sardo canna «canna» può derivare da quello latino. È dunque probabile che l'appellativo in questione esistesse già in Sardegna, nella lingua sardiana, prima che ve lo portassero i Romani (M.P., ONT 43, DILS, LISPR)

Capitana (frazione di Quartu, sulla riva orientale del golfo di Cagliari) - Per l'etimologia del toponimo si possono prospettare ben 4 differenti ipotesi: 1ª) Potrebbe derivare dall'appellativo capithana «striscia di terra incolta ai bordi del coltivato», «parte elevata di un fondo, dove in genere si costruiva la capanna» (centr.), a sua volta dal lat. capitium (DILS 259). 2ª) Considerato che in antico esisteva un centro abitato Palma de Capitano, della diocesi di Cagliari, che nella metà del XIV sec. versava le decime alla curia romana (RDS 500, 992, 1456, 1475, 1826, 2151, 2375), si può ipotizzare che Capitano corrisponda al cognomen lat. Capitanus (RNG) del proprietario di una villa o «tenuta» da lui posseduta nella zona. 3ª) Potrebbe derivare dall'ital. capitana «nave guida di una flotta» per effetto di un episodio per noi adesso sconosciuto. 4ª) Potrebbe derivare dall'appellativo capitana «razza batide» (pesce lungo anche due metri) (Cagliari) (J. Day, 15, num. 17, ha fatto notevoli confusioni sull’abitato e sul toponimo). 

Capoterra (pronunzia locale Cabhudhèrra) (villaggio della prov. di Cagliari). L’abitante Cabuderresu - Il toponimo - ormai del tutto italianizzato – letteralmente significa «Capo o Cima della Terra» e trae questa sua denominazione dal fatto che la collina su cui è posto il paese (metri 54 sul mare), si staglia in maniera evidente sulla piana e sulla laguna di Santa Gilla.- Il toponimo è citato parecchie volte nelle Carte Volgari campidanesi come Cabuterra, Kabuterra, Cabuderra (CV IX 8, X 3, XIII 9, 12, XVII 6) e nel Codex Diplomaticus Sardiniae nella forma latina Caput Terr(a)e (CDS I 179/1, 180/1, 201/1, 202/2,  211/1, 221/ 2, 224/1) (CREST V 35, X 9). Inoltre il villaggio è citato nella Chorographia Sardiniae (134.28; 208.39) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Capitis Terrae.

Caralis, Karalis vedi Cagliari.

Carávius, is, Iscarávius (Nuxis): probabilmente «gli scarabei stercorari», che deriva dal lat. carabus «granchio, gambero» e «*scarabeo», a sua volta dal greco kárhabos, kerhaphís «granchio» e «scarabeo», di origine ignota (GEW, DELG), ma probabilmente derivato dall'egizio Khepri «scarabeo sacro». Vedi Qaravái (Fonni). 

Carbonara (pronunzia locale Crabonáxa) (prov. di Cagliari) - Villaggio che ha dato il nome al Capo Carbonara nella estrema punta della Sardegna sud-orientale e che nell'anno 1862 ha mutato il suo nome in Villasimius (vedi; VSG). Il toponimo significa «carbonaia», però nella terminazione ha subìto un influsso da parte del dialetto toscano (cfr. Asinara, Limbara, Molara, Tavolara).- Il villaggio è citato, ma come distrutto, dal Fara, Chorographia Sardiniae (122.9; 212.16) (anni 1580-1589) come oppidum Carbonariae. (Day 14).

Carbonia (città dell'Iglesiente) – La sua fondazione risale all'anno 1936, quando le sanzioni economiche che la Società delle Nazioni aveva decretato contro l'Italia per la sua aggressione all'Abissinia o Etiopia, avevano costretto il fascismo ad attuare la politica economica della cosiddetta "autarchia". La zona infatti era ricca di giacimenti di carbone, i quali nella detta prospettiva si ritenevano molto preziosi. L'inaugurazione ufficiale della città data al 18 dicembre 1938. Il nome della città è propriamente italiano e fa riferimento appunto al «carbone». Essa, proprio come Fertilia (vedi), ha avuto la buona sorte di non dover mutare il suo nome alla caduta del fascismo, come invece è avvenuto per la cittadina di Arborea² (vedi). 

Carcatrippa (Tertenia): corrisponde al fitonimo lat. calcatrippa «calcatréppola» (Glosse) (denominazione di diversi cardi spinosi) (di etimologia discussa; DEI, GDLI, LET).

Cardedu (villaggetto dell'Ogliastra) - Già frazione di Gairo, sulla costa centro-orientale della Sardegna, è diventato Comune nel 1984. Il suo nome deriva dal lat. *cardetu(m) «cardeto, luogo di cardi» (DILS; manca nel REW e nel DES).

Carloforte (cittadina nell'isola di San Pietro) - Si tratta di una fondazione promossa e attuata dal re Carlo Emanuele III di Savoia nel 1737 e popolata nel 1738 da un primo nucleo di Liguri di Tabarca, immigrati volontariamente nell'isola sarda, e nel 1741 da un secondo gruppo di Tabarchini fatti prigionieri e schiavi dal Bey di Tunisi e riscattati da Carlo Emanuele. Il toponimo - di chiara matrice italiana – alla lettera significa «Carlo (il) forte», ma probabilmente si voleva intendere «(il) forte di (re) Carlo». Questo in effetti fu costruito a difesa dalle incursioni dei pirati saraceni.

Caroddi, Punta Caroddi - Si trova sulla costa marittima della Sardegna orientale, poco a nord del Capo di Monte Santu. Viene da pensare al gentilizio lat. Carollius realmente documentato, sia pure non in Sardegna (RNG), in caso genitivo oppure in vocativo: che in origine significasse «Punta di Carollio», magari con l'accenno a un naufragio subìto nelle vicinanze da un cittadino romano di tale nome? Dai pescatori della zona viene invece chianato Punta Auglia (vedi).

Carrapía (Aritzo) «scarafaggio» oppure «stambugio», vedi Garapiu. 

Carravoni (Tramatza) (suffisso): è da confrontare – non come derivato, bensì come imparentato geneticamente - col tosc. carravone «gola di monte», «solco profondo prodotto da temporale», laziale carapone «gorgo», «palude», còrso caravone «vuoto nel tronco di un albero» (tutti ritenuti prelatini; DEI; OPSE 206, DILS II, LISPR).

Casteddu vedi Cagliari. L’abitante Casteddaju. 

Castiadas (villaggio della prov. di Cagliari) - Il toponimo significa «Vedute» e in origine indicava alcune stazioni di avvistamento e di allarme per l'arrivo di navi dei pirati saraceni. Deriva dal camp. castiái «guardare», che a sua volta deriva dal lat. castigare (DILS).- Il centro abitato risulta citato nelle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari (RR 1316 pg. 30) dell'anno 1316 come Castiadasa, con una vocale paragogica finale. Cfr. Monte Bardia.

Castini (Gergei): può derivare dal gentilizio lat. Castinius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano che vi aveva una villa o «tenuta» oppure terreni.

Cavanna (Guasila): corrisponde all'appellativo cavanna «cesta o cestino di canna» (Dorgali, Nùoro), probabilmente relitto sardiano o protosardo da confrontare – non derivare - coi tosc. cavagno, gavagno «paniere, cesta», ital. sett. cavagna «cesta di vimini intrecciati», tutti da riportare all'etr.-lat. cavea, cavia, cabia «cavità, gabbia» (di origine ignota; DELL, AEI, DELI) (M.P., OPSE 207, LISPR).  

Cavoli, Isola dei Cavoli (di fronte al Capo Carbonara, sull'estrema punta sud-orientale della Sardegna) - Il toponimo costituisce un macroscopico e umoristico esempio di fraintendimento di un nome di luogo, il quale in sardo suona Isula de is cávurus, col significato di «Isola dei gamberi o granchi» (CS 51). Quasi certamente questo fraintendimento è stato fatto dai Pisani e risulta già registrato da G. F. Fara, Chorographi Sardiniae (72.22) (anni 1580-1589). Con la quale interpretazione e traduzione i Pisani hanno di certo preso un grosso granchio, facendo veramente entrare i cavoli a merenda... Cfr. Mal di Ventre

Cerobeddái (Usellus): toponimo sardiano o protosardo (suffissoide) da confrontarenon derivare – col lat. cerebellum «cervello». Il toponimo sardo avrà avuto il signifiato di «cima, sommità». 

Chia (frazione di Domus de Maria) - Il toponimo deriva dalla locuzione figu chia «varietà di fico», la quale a sua volta deriva da una locuzione lat. ficus Chia «fico di Chio», isola dell'Egeo [etimologia di G. Paulis, la cui successiva spiegazione del toponimo come derivato da Bitia è assai meno convincente («Africa Romana», VII 629 sgg.)].- Il villaggio compare come Quia fra le parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 538, 1014, 1431, 1539, 1803, 2138, 2385) ed è citato numerose volte nella Chorographia Sardiniae di G. F. Fara (anni 1580-1589) ma come distrutto. Cfr. Arria Chia cristiana (ILSard 100, Cagliari) (Rowland 122), cognome mediev. Kias (CSNT 59, 185). 

Cixerri - Fiume dell'Iglesiente, che dava nome alla relativa curatoria medievale. L'idronimo ricorre nelle seguenti forme: Sigerri (CV XV 5, anno 1216; CDE 1062 anno 1684), Sikerri (AStSa XV, 217, anno 1218), Cixérru, Xixérru e Sigérru (VSG). Esso probabilmente è da connettere coi vocaboli centr. sicherru, secherru-a «secco, scarso-a», «schietto-a», sihirronare «seccare, avvizzire» (Dorgali), camp. assicorrái, (at)tzicorrái «rinsecchire, diventare riarso» (suffissi –err-, -on-), i quali tutti sono da confrontare - non derivare - col lat. siccus «secco» (indeur.; DELL, DELI²) (LISPR 181). È pertanto probabile che il Cixerri abbia derivato la denominazione dal suo carattere torrentizio, ossia dal suo frequente disseccarsi a causa della siccità. Vedi Serri, Sitzerri

Coderra (Carbonia/Serbariu) - L’attestazione di questo toponimo in un documento dell'anno 1486 del Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 762) nella forma di Coederra ci dà la sua quasi certa etimologia: è da distinguere in Còa de terra e significa «coda di terra», cioè «terreno terminale», in cui il primo componente còa «coda» deriva dal lat. parlato coda (per cauda), il secondo componente terra deriva dal lat. terra (DILS). Cfr. Codaruina.  

Collèo (Sant’Andrea Frius), Bruncu Bullèo (Goni), Petzu de Gollei (Oristano); Gollè, sos Gollèos (Lodè), Golléi (Oliena), Golléi Muru (Galtellì), Golléi Lupu (Loculi), Sa Costa de Golléi (Onifai), (G)ollói e Ollái (Dorgali); Gollái o Gullái, su Golleéddu (Orosei), Gul(l)éi (Lula), su Goléu (Nùoro) (ossitonia e suffissoidi): tutti toponimi da riportare all'appellativo golléi, (g)olléi, gul(l)éi «colle, colle tozzo, piccolo altipiano», relitto sardiano o protosardo da confrontare - non derivare - col lat. collis «colle, collina, altura» (indeur.; DELL, DELI) (DILS II, LISPR).

Collinas (villaggio del Medio Campidano) - In precedenza il villaggio si chiamava Forru, fino a che nell'anno 1863, su proposta del pensatore e politico G. B. Tuveri, che vi era nato, gli venne mutato il nome in quello di Collinas. Il canonico G. Spano, quasi certamente anche perché mosso da antipatia ideologica nei confronti del Tuveri, giudicò "strano" il nuovo nome del villaggio e "il suo battesimo non è stato di tanto buon gusto» (VSG 51). Quale sarà stata la ragione che spinse il Tuveri a far cambiare il nome al suo villaggio natio? A me sembra di individuarla in un giudizio che qualche decennio prima un altro intellettuale sardo di rilievo aveva dato del villaggio e del suo nome, Vittorio Angius: «Il nome che ottenne questo luogo (...) è più verisimile sia una voce sarda, della quale massime i meridionali si valgono in senso traslato a significare siffatta concavità, dove nell'estate sia un calore bruciante, quasi come il vampo di un forno.- Da ciò sarà ben intesa la infelicissima positura di questa popolazione tra alcuni piccoli colli, ad uno de' quali sta addossata. I quali così la celano, che non prima possa vedersi l'abitato, che uno siavi sopra. Forte è il caldo nell'estate, penetrante il freddo nell'inverno per l'umidità» (Dizionario del Casalis s. v. Forru). Un tale giudizio fortemente negativo sul clima del suo villaggio non poteva non dare fastidio a quell'uomo di cultura e di azione politica che era il Tuveri, il quale lo fece mutare, con un vocabolo di origine dotta, in quello di Collinas, prendendo lo spunto proprio da quei colli di cui aveva parlato l'Angius. Sta però di fatto che avevano errato sia l'uno che l'altro nell'interpretare il primitivo toponimo Forru: quasi certamente questo non faceva alcun riferimento al clima del villaggio, ma semplicemente derivava da qualche fórru «forno o fornace di calce oppure di manufatti di terracotta»... Si consideri quanto sia strana la storia del nome di questo villaggio, la quale ha coinvolto ben tre illustri protagonisti della cultura sarda dell'Ottocento!- Il nostro villaggio è citato fra le parrocchie della diocesi di Usellus che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 389, 979, 1395, 1655, 1860, 2305, 2797) ed è pure citato nella Chorographia Sardiniae (202.25) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come Forri oppidum, della diocesi di Usellus e della Parte de Montis.

Colostrai (Colostrái) - Era la denominazione della curatoria di Arbus appartenente al Giudicato di Arborea. Il toponimo è da connettere col nome di pianta sicuramente sardiano o protosardo golósti, (g)olósti(u), (g)olóstri, bolóstiu «agrifoglio» (Ilex aquifolium L.), il quale è da confrontare – non derivare - col greco kélastros «agrifoglio» (di origine ignota; GEW, DELG), col basco gorosti, col navarrese golostia, gorostia «agrifoglio» (evidentemente si tratta di un unico “fitonimo mediterraneo” conservato in Grecia, in Sardegna e nell’Iberia) (DILS, LISPR). La zona dunque ha derivato il suo nome dalla particolare presenza, in origine, di agrifogli.- La curatoria di Colostrai è citata nella Chorographia Sardiniae (200.25) di G. F. Fara per gli anni 1580-1589.- Notevole è il fatto che sulla costa orientale dell'Isola, presso Muravera, esiste uno Stagno di Colostrai, e nelle Carte volgari campidanesi compare un toponimo corradicale Tolostrai (CV 282, 298, 303).

Cornus - Antica città, di cui esistono i resti nell’agro di Cuglieri nei pressi de s‘Archittu e di Santa Caterina di Pittinuri (vedi). Il Movers (Die Phönikier, II 2, 578) presenta Cornus come un toponimo punico, ma io non accetto questa opinione del pur illustre studioso. Ciò perché, in linea generale, sono fortemente contrario alla “feniciomania” di troppi studiosi moderni di storia antica della Sardegna, poi perché, essendo l’antica città situata in una zona che registra una delle più alte concentrazioni di nuraghi di tutta l’Isola e nel suo stesso sito rimangono ancora i resti di tre nuraghi, Ameddosu Crastachesu e Muradissa, sono dell’avviso che, con molto maggiore probabilità e verosimiglianza, il centro abitato in origine fosse nuragico o propriamente sardo e nient’affatto punico. Ciò dico senza negare che durante la dominazione dei Cartaginesi in Sardegna la città di Cornus possa aver assunto, entro un certo limite, il carattere di città sardo-punica.- D’altra parte è un fatto che, dalle stesse notizie dell’anno 215 a. C. tramandateci da Livio (XXIII 40) circa la ribellione dei Sardi comandati da Ampsicora, che proprio a Cornus aveva la sua capitale, si constata chiaramente che la città era propriamente sarda e nient’affatto cartaginese (cfr. anche Eutropio, XIII 1). Secondo me invece il toponimo Cornus non è altro che l’appellativo lat. cornus «corno», che interpreto poter essere la “traduzione” di un precedente toponimo sardiano o nuragico. Questo potrebbe essere quel misterioso nome di città Sanaphar, il cui vescovo – ormai comunemente riconosciuto come quello di Cornus – partecipò, con altri vescovi sardi, all’incontro teologico di Cartagine del 484 d. C.- Nel vocabolo latino, a mio avviso, si deve privilegiare il significato che esso pure aveva di «prominenza»; e ciò in maniera del tutto congruente sia col piccolo altipiano in cui la città era situata sia col colle di Corchinas, nel quale c’era la sua acropoli o cittadella. E pure per il corrispondente toponimo sardiano o protosardo Sanaphar forse si può supporre il significato di «corni, prominenze» (al plur.; vedi LCS II cap. III).- È noto che dell’appellativo lat. cornus,-i, oltre che la forma della II declinazione, esisteva ed era perfino più frequente quella della IV declinazione cornu,-us. Quest’ultima forma risulta che è stata effettivamente adoperata con riferimento all’antica città rispetto al suo piccolo altipiano detto Campu ‘e Corra, che, derivando chiaramente dal plur. cornua (IV declinazione), è da interpretarsi come «Campo delle Prominenze» [nella lingua sarda esiste infatti l’appellativo corra (sing.) «corna» (plur.) e nel monte Ortobene di Nùoro esiste il toponimo Corra Chérvina «corna di cervo» riferito ad alcune cime rocciose, toponimo che esiste pure a Bottida, Bultei, Fonni, Galtellì, Lodè, Orune, Orotelli e Pattada (ONT 51, DILS)]. Una conferma della marca plurale del toponimo potrebbe venire dalla forma in cui compare in Tolomeo (III 3, 7) Kórnos e nell’«Itinerario di Antonino» (84, 1) Cornos, da interpretarsi come accusativo plurale della forma della II declinazione e col significato ancora di «Prominenze».- Tutto ciò detto, adesso siamo anche in grado di interpretare con esattezza l’iscrizione di un cippo, che è stato trovato di recente nel sito di Oratiddu, a 4 chilometri da Cornus, nella strada di epoca romana che andava a Bosa: M CORNU / PRO ⋅ C, che io svolgo in M(UNICIPIUM) CORNU / PRO ⋅ C(IVITATE) e traduco «Il Municipio di Cornu / a favore della comunità». Ed interpreto che questo abbia effettuato qualche opera di interesse pubblico in quella zona, come il selciato della strada, un muraglione di sostegno, un ponte, oppure abbia ripulito e protetto con una costruzione in muratura una fonte vicina o infine vi abbia fatto passare l’acquedotto della città, quello di cui ha trovato tracce sicure nel sito della città l’archeologo Antonio Taramelli (Notizie degli Scavi, 1918, pg. 307). E tutto ciò senza alcuna necessità di interpretare CORNU come vocabolo abbreviato. [Invece i primi illustratori dell’iscrizione hanno interpretato che il cippo fosse un miliario stradale, nel quale CORNU sarebbe stato l’abbreviazione del gentilizio lat. Cornuficius, non considerando che in una iscrizione rivolta al pubblico non si abbrevia mai un gentilizio che vi compaia una sola volta e inoltre incappando in gravi difficoltà ermeneutiche per la mancanza del nome di un imperatore. Inoltre essi hanno trascurato l’importante circostanza costituita dal ritrovamento dell’iscrizione a poca distanza dai resti di Cornus]. Circa l’ubicazione del porto di Cornus in s’Archittu rimando a quanto ho scritto sotto questa voce.- Sicuramente la città di Cornus andò distrutta dalle incursioni dei Saraceni, che iniziarono nei primi decenni del sec. VIII d. C. e che partivano dall’Africa settentrionale, dalla Spagna e dalle Baleari.

Coronèa (Aritzo), Goronèa (Seulo); Coruna (Simala), Coronna, Goronna (Paulilatino) (suffissi e suffissoidi): toponimi sardiani o protosardi da confrontare – non derivare - con gli antroponimi etr. Curuna, Xuruna, col toponimo tosc. Coronna (TTM), col lat. corona, chorona «cerchio, anello, corona» e infine col greco korhónē «oggetto ricurvo, anello, corona» (LELN 107, OPSE 208, ONT 51-52, DICS) (Invece corona «corona, cerchia di monti» e «grotta» può derivare dal corrispondente latino; DILS, NVLS).  

Coróngiu (3 centri abitati mediev.: Cagliari, Cixerri, Dolia): è da riportare all’appellativo coroniu (mediev.), coróngiu, coronzu, caróngiu «macigno, roccione, collina» oppure «corona di monti» e al lat. corona, chorona «cerchio, anello, corona», gentilizio Coronius (RNG). 

Corru Mannu, Punta Corru Mannu - Lunga e sottile striscia di terra che si infila nel mare del golfo di Oristano, all'altezza di Arborea. Il toponimo è da interpretarsi come «Punta (a forma di) grande corno» (corru deriva dal lat. cornu, mannu dal lat. magnus; DILS).

Craccaxa, Santa Maria de Craccaxa (Mogoro): deriva dal lat. calcaria col significato di «fornace per calce» (REW 1492) oppure di «pigiatoio» per l’uva o per l’orbace (CV XI 294, XIII 297 ?). Vedi Calcaria. 

Crastu (frazione di Laconi) – Molto probabilmente il toponimo deriva dal lat. castru(m) «campo fortificato». Questo campo sarà stato insediato dai Romani a guardia dei vicini coloni di Valentia contro le ribellioni e le razzie dei sempre turbolenti Ilienses o Barbaricini (vedi Ales, Caput Tyrsi, Usellus, Valenza; cfr. Mamoiada). Nella zona di Crastu, in occasione della "riforma agraria" tentata in Sardegna un settantennio fa, sono stati trovati reperti di sicura matrice romana. Vedi V. Angius. 

Crobèna (Soddí): = «sito di corvi», da crobu, corbu, corvu «corvo». 

Cuccurada (Mogoro), Cuccurali (Luogosanto), Monte Cuccuralta (Aggius), Cuccurárgiu (Capoterra), Cuccurari (Barì), Monte Cuccureba (Guspini), Cuccureddí, Cuccuròni (Esterzili), Cuccurinnái (Bitti),  Cuguruddu (Siligo), Cuguruntis (Mara), su Cuguruntzi (Abbasanta), Cuguruttu (Bortigali), Cuccurili (San Teodoro), Monte Cuccuruddu (Cheremule), Cugurentos (Luras); Cúcaru, Monte Cugurenza (Aggius), Cugurònnero (Torralba), Cugurranti (San Vito), Cugurru (Seneghe), Cuccurali (Luogosanto), Cucurru (Assolo): tutti toponimi prelatini da riportare all'appellativo sardiano o protosardo cúccuru, cúccaru, cúguru, cuccuruddu «sommità della testa, cocuzzolo, cima di collina o di monte» (vocali iterate), cúccura,-èdda «fusaiola», cuccurèntzia «sommità della testa», «cappuccetto della trottola», cuccuruddúa «fiorrancio o crisantemo dei campi» (Lollovi; VNI), cuccúrru «colmo» (BNI, CSSO. DICS) e da confrontare – non derivare - coi tosc. cocoruzzo «cima di monte a forma di pera, cocuzzolo» ("mediterraneo" per il DEI), toponimi toscani Cuccurùzzolo (Gorfigliano, LU), Cuccari, Cúccheri (quattro), Cugheri (TTM, TVA), Cùccaro (Salerno), ecc. 

Cumba, Bruncu sa Cumba (Sardara): deriva dal lat. parlato cumba «valle, forra» (REW 2386). Cfr. ital. comba (GDLI), spagn. comba, franc. combe

Curcuris (pronunzia locale Cruccúris) (villaggetto della prov. di Oristano). L’abitante Curcuresu, Cruccuresu – Il toponimo corrisponde al nome di pianta curcuri, cruccúri(u), carcuri, craccuri «saracchio», graminacea con cui si legano le viti, si confezionano le stuoie e si impagliano le sedie (Ampelodesma mauritanica; NPS 269) e probabilmente anche ai toponimi Curcuriái (Lodè), Chercherèo (Bitti); Chercherí, Crecchería (Tonara), Creccheríe (Atzara) (suffissoidi e ossitonia). Il fitonimo è probabilmente un relitto presardiano di matrice "mediterranea". Il villaggio dunque ha derivato il suo nome dalla particolare presenza, in origine, della pianta di saracchio nel sito in cui esso è sorto.- Curcuris compare fra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 841/1) ed è citato nella Chorographia Sardiniae (202.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Crucuris della diocesi di Usellus.

Cuscullái (Villagrande Strisaili), Cuscuséi (Allai) (suffissoidi): toponimi sardiani o protosardi (suffisso e suffissoidi) da ripostare all'appellativo sardiano chischiza, chirchiza, chiscuza/u, cuscuza/u, cuscuzía, curcuza/u, chercuzu «vagliatura del grano nell'aia», «fruscoli, ramoscelli secchi», «rimasugli di paglia, legna, ecc.» (collettivo), da confrontare – non derivare - col lat. quisquiliae. Lo Hubschmid (SStud 23-25), non contrario il Wagner (DES I 346), aveva riportato il vocabolo al “sostrato mediterraneo” e in questa sua tesi viene confortato dai citati toponimi (proto)sardi. 

Cussorgia (frazione di Calasetta) - Il toponimo corrisponde all'appellativo sardo cussòrgia «distretto di campagna», «terreno boschivo ripartito dal barone tra i pastori come ademprivio e con un canone annuo», il quale deriva dal tardo lat. cursoria «pascolo» (DILS).

Decimomannu (pronunzia locale Déximu Mannu) (borgo del Campidano di Cagliari). L’abitante Deximesu – Il toponimo letteralmente significa «Decimo Grande». Il primo componente del toponimo è da interpretarsi come ad decimum lapidem «al decimo miliario» di una strada di epoca romana che andava da Cagliari verso la zona mineraria dell'Iglesiente (cfr. Quartu, Sestu, Settimo). La specificazione Mannu molto probabilmente è stata necessaria per distinguere questo villaggio dall'altro vicino e più piccolo Decimoputzu (vedi).- Il villaggio è citato nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 372) in un documento del 1323 come Degumum e nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Sardegna e la S. Sede (CDSS I 44, 403) come Decimo e Decimi Maioris. Compare parecchie volte fra le parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS) ed è citato nella Chorographia Sardiniae (134.2,3,12,19,24; 210.1,3,7) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come Decimus Magnus.

Decimoputzu (pronunzia locale Déximu Bhútzu) (borgo del Campidano di Cagliari). L’abitante Putzesu - La denominazione di questo villaggio probabilmente deriva dal fatto che in origine esso era una semplice frazione di Decimomannu (vedi), mentre la specificazione di Putzu sarà stata conseguente al fatto che nel sito si trovava qualche pozzo (camp. pútzu, dal lat. puteus; DILS) particolarmente ricco d'acqua.- Non sono riuscito a trovare un'attestazione del villaggio precedente a quella che ne dà la Chorographia Sardiniae (134.3; 210.15) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come Decimus Putzus. Cfr. Villaputzu.

Desulo [pronunzia effettiva (D)Ésulu, Gésule,-i] (villaggio sulle pendici più alte del Gennargentu). L’abitante Desulesu - Il nome di questo villaggio trova riscontro negli altri toponimi Desunèle (Orgosolo), Tesulali (Baunei), Tesuléu (Villagrande Strisaili), Desus (villaggio distrutto del Sulcis; VSG) e probabilmente corrisponde all'appellativo quasi certamente sardiano o protosardo désu «luogo solatio e riparato dal vento» (DILS II, LISPR). C’è da ritenere che Désulu sul piano strutturale sia un diminutivo, dato che nella lingua sardiana esisteva appunto un suff. diminutivo -ul(l)- (LISPR 74). Questa spiegazione etimologica di Désulu come «Luogo solatio e riparato dal vento» si giustifica alla perfezione in rapporto alla circostanza che il villaggio è situato sulla costa settentrionale di una lunga vallata, la quale risulta esposta a mezzogiorno ed invece riparata dai venti di Est-Nord-Ovest.- Per il vero il paese di Desulo è costituito da tre rioni situati l'uno dopo l'altro lungo la costa della vallata; Asuái, Ovolaccio, Issiría (vedi).- La più antica attestazione di Desulo si trova nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 100c) Eizu de Esule (probabilmente Eziu); attestazione in cui la D- iniziale sarà caduta perché il toponimo sarà stato erroneamente interpretato come *d'Esule. È notevole il fatto che negli elenchi dei villaggi della diocesi di Arborea, che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana, al posto di Desulo venga citato Asnay (RDS 934), che sicuramente è da leggersi Asuay. Nell'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 846/2) il villaggio è citato come Desilo e nella Chorographia Sardiniae (138.10,22,26; 196.14) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Desulis della curatoria del Mandrolisai. (Day 71).

Dolianova (borgo della prov. di Cagliari) - Nell'Ottocento si chiamava Santu Pantaleo, in onore del suo santo patrono (VSG), al quale è dedicata una grande e bella chiesa romanica, la cui costruzione risale ai secoli XII-XIII. Questa chiesa, che era la primaziale della soppressa diocesi di Dolia, è stata costruita sul sito di una precedente molto più antica, come dimostra il fatto che sotto il presbiterio è stato trovato un fonte battesimale a immersione, scavato sulla roccia, che risale alla fine del V sec. d. C. Ed è anche probabile che la chiesa cristiana abbia sostituito un precedente tempio pagano, come potrebbero dimostrare sia un sarcofago romano baccellato, che, sostenuto da due corti fusti di colonne, è sistemato sulla fiancata esterna della chiesa a formare un'edicola, sia l'architrave del portone centrale, che presenta scolpito un serpente, l'animale sacro all’antico dio della salute Esculapio e probabilmente all'omologo dio nuragico Merre (cfr. San Nicolò Gerrei). E infatti San Pantaleo era medico e, come tale, è il santo patrono dei medici (cfr. Macomer). D'altronde tutto il territorio circostante si è rivelato ricco di emergenze archeologiche, di epoca nuragica, cartaginese, romana e bizantina. Anche in epoca medievale il santuario e il villaggio hanno avuto notevole importanza, come dimostra il fatto che è esistita una vasta diocesis doliensis, che è stata soppressa nel 1502 e annessa a quella di Cagliari.- La più antica attestazione del borgo si trova nella Carta di compromesso del priore Raimondo di San Saturno (circa 1190-1206) come Dolia (CREST VII 24). In virtù di questa forma si può interpretare il toponimo come derivato dall’appellativo lat. dolium «giarra» (grosso recipiente di terracotta per granaglie, olio e vino) e precisamente dalla sua forma plur. dolia. Trovandosi il villaggio in una zona di intensa coltivazione del grano, è facile che il suo nome in origine significasse «giarre», cioè, praticamente, «granai». Ma molto per tempo furono perduti il significato e la struttura originari del toponimo e nelle Carte Volgari campidanesi esso risulta interpretato e trascritto come de Olia (CV II 2,3; XVI 5; XVII 6; XVIII 7; XXI 1, 2, 5) e nel Trattato di pace fra i Giudicati di Cagliari e di Arborea del 1206 come de Oglia (CREST VIII 72).- Però, con uguale verosimiglianza, è pure ipotizzabile un’altra origine del toponimo: se si privilegia l’altra forma Olia, pur’essa molto antica, la si può far derivare dal lat. olea «olivo», col valore collettivo di “olivi”. E anche questa proposta di etimologia si adatta bene al contesto agricolo del sito.- In seguito, nelle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia (RDS 648, 1046, della metà del sec. XIV) il toponimo compare come Volia, Volie, segno chiaro che Olia, *Olla fu confuso con l’altro appellativo camp. (b)olla «voglia, volontà» (nel dialetto campidanese la mobilità della consonante iniziale b- risulta documentata molto per tempo; HLS § 120). Le forme che compaiono nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 778, per l'anno 1491) Bonavolla e nella Chorographia Sardiniae (132.32; 204.2; 216.13,15,18; 218.21) di G. F. Fara (anni 1580-1589) Bonadolia e Bonavolia dimostrano che, per una paretimologia o etimologia popolare, il toponimo ha finito con l’avere il significato di «Buona Voglia» o «Buona Volontà».- Finalmente la forma Olla ha dato il nome alla curatoria medievale di Parti ('e) Olla, di cui Dolianova era il capoluogo. C'è infine da osservare che la specificazione di nova è conseguente al fatto che il villaggio, come accenna il Fara (216.15), andò distrutto – probabilmente per incursioni saracene (V. Angius) - ed in seguito fu ripopolato, per cui dall’originaria e vecchia Dolia si passò alla Dolianova.

Domus de Gianas (camp.), Domos de Janas (log.),  letteralmente «case delle Fate oppure delle Streghe». Si tratta delle numerosissime tombe rupestri che si trovano dappertutto nell’Isola. Sono di epoca prenuragica, ma anche di epoca nuragica, come dimostra chiaramente il fatto che molte di esse sono vicine ai nuraghi e quindi vanno interpretate come contestuali a questi. La loro vicinanza a quei “templi” che erano i nuraghi si spiega col fatto che, come in tutti i luoghi e in tutti i tempi, i morti venivano seppelliti vicine alla varie divinità al fine di ottenerne la protezione. Il vocabolo jana, giana, zana deriva dal lat. Diana, Iana, la quale identificata con Proserpina o Persefone, era intesa anche come la “dea dei morti”. La propaganda ostile dei cristiani ha declassato anche altre antiche divinità al ruolo di demoni (ONT 79; DILS).

Domus de Maria (villaggio della prov. di Cagliari) - Secondo quanto riferisce Vittorio Angius, il villaggio si formò soltanto nella metà del sec. XVIII, quando pochi abitanti di Chia, per evitare i danni delle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni, «andarono a porsi a tre miglia dentro terra in un alto poggio sul mare». È probabile che la denominazione del villaggio, che significa «Case di Maria» - evidentemente Maria Vergine - sia stata data dai frati Scolopi, i quali, sempre secondo l'Angius, vi avevano stabilito un podere, che era difeso contro i pirati da «gente di servizio ben armata (...). Accaddero fatti maravigliosi di virtù che meriterebbero fama, e gli abitanti di Domus de Maria furono ben protetti». 

Domusnovas (pronunzia locale Domunòsa; VSG) (villaggio dell'Iglesiente). L’abitante Domunosesu - Il toponimo è da distinguere in Domus Novas e significa chiaramente «Case Nuove» (in plur. camp.), derivando dai lat. domus «casa» e novus-a «nuovo-a». Esiste un altro villaggio chiamato Domusnovas Canales (frazione di Norbello) e nel Medioevo esisteva un piccolo centro abitato chiamato Domosnovas, fra Sassari e Porto Torres (CSPS 82).- Anche la denominazione di Domusnovas ha offerto a Dante Alighieri, nel De vulgari eloquentia, l'occasione di affermare, con scarsa perspicacia linguistica, che nel parlare i Sardi "scimmiottano" la lingua degli antichi Romani. Egli di certo aveva sentito parlare del villaggio di Domusnovas dell'Iglesiente per gli interessi che vi avevano i Pisani e in maniera particolare i noti conti della Gherardesca.- Il nostro villaggio è citato parecchie volte nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 319, 328, 335, 361, 362, 387, 867, 874, 1020, 1062), risulta fra le parrocchie della diocesi di Sulci che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 601, 1021, 1484, 2116, 2210, 2312, 2405, 2844) e inoltre nella Chorographia Sardiniae (124.7; 134.17; 216.5) di G. F. Fara (anni 1580-1589), il quale dice che nel 1288 i Pisani ne abbatterono il castello e le mura. Pure il Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 390/2, II 509/1, 672/2, 697/2, 839/2) cita spesso Domusnovas, ma c'è l'obbligo di appurare volta per volta a quale dei tre citati centri così denominati il documento si riferisca.

Domusnovas Canales (Domosnoas) (frazione di Norbello) - Per la spiegazione di questo toponimo si veda Domusnovas. La specificazione di Canales «Canali» è stata data a questo villaggetto per essere distinto dall'altro più grande e più noto ed è conseguente al fatto che il suo territorio è attraversato da alcuni piccoli affluenti del Tirso.- Il centro abitato è citato nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 43) come Domos Novas ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (198.13) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Domusnovae della diocesi di Santa Giusta e della Parte di Guilcier. (Day 76).

Donigala - Attualmente esistono in Sardegna tre piccoli villaggi chiamati Donigala, due dei quali vengono distinti fra loro come Donigala Fenughedu nei pressi di Oristano e Siurgus Donigala ai margini della Trexenta. Il terzo Donigala nell'Ogliastra, presso Tortolì, veniva nel passato distinto come Donigalledda «Piccola Donigala» (VSG). Ma esistevano anche una Donnigagia (il sito ora è chiamato Onnigaza) presso Ghilarza, una Donigagia presso Castelsardo, due Donnigaza presso Perfugas e Semestene e altre ancora esistevano presso Ozieri, Bitti, Baressa (CREST VIII 17) e Usellus. Tutti questi toponimi fanno capo all'appellativo mediev. donnicalia, che deriva dal lat. dominicus «padronale, signorile» e che indicava villaggi o tenute, compresi i servi, appartenenti al Donnu [dal lat. Dom(i)nus] «Signore» e precisamente al Giudice oppure a persone della sua famiglia. Il vocabolo distintivo Fenughedu (scritto erroneamente Fenugheddu) deriva dal lat. fenuc(u)lu(m) + etu(m) e significa «sito di finocchi selvatici», mentre per l'altro Siurgus rimando alla relativa voce.- Nelle Carte Volgari campidanesi viene citata una Donnigalia Alba (CV XIII 3, 10, XIV 15), la quale viene citata pure in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 335/1) del 1219 come Donnigalba Alba [sic!]. In questo documento compare anche un altro villaggio della Trexenta Donnigualla. Quasi certamente uno di questi due villaggi corrisponde alla odierna Donigala di Siurgus. Sempre nel Codex Diplomaticus Sardiniae, nell'atto di pace firmato nel 1388 da Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona compare Donnigala, che sicuramente è quella vicina ad Oristano (CDS I 843/2). Però questo villaggio compare in un periodo precedente nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 185, 193) come Donnigaia Noa «Donigala Nuova».

Donori (villaggio della Parti Olla). L’abitante Donoresu - È molto probabile che il toponimo derivi da una locuzione lat. come (villa) Honori e più tardi (villa) de Onori, d'Onori «(tenuta) di Onorio», cioè di un proprietario romano così denominato. Il gentilizio lat. Honorius è effettivamente documentato in Sardegna (CIL X 7916, Cornus; CIL X 7762-7763, Cagliari) (La Marmora, Itinerario, II, 347-348; Rowland 595, 596; UNS 155). Ed infatti nelle Carte Volgari campidanesi è citato un Turbini de Onori (CV XIII 3, XIV 15 dell’anno 1215) e così pure in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 336/1) del 1219 risulta la villa de Honorj.- Nella Chorographia Sardiniae (216.22) di G. F. Fara (anni 1580-1589) il villaggio, della diocesi di Dolia, è citato come distrutto. Cominciò a popolarsi di nuovo nel 1619.

Elini (villaggio dell'Ogliastra). L’abitante Elinesu - Il toponimo risulta del tutto isolato rispetto al patrimonio lessicale e anche a quello toponimico della Sardegna. Si può pertanto prospettare che esso derivi dal cognomen lat. Elinus (RNG) e precisamente da una locuzione lat. come (villa vel praedium) Elini «(tenuta oppure fondo) di Elino», cognomen che sarebbe quello di un proprietario romano che nella zona avrebbe avuto dei possedimenti (UNS 152, 181). In questa ipotesi però si dovrebbe pensare che i possedimenti in realtà fossero nella piana di Tortolì, mentre il proprietario o il suo amministratore liberto vivesse ad Elini (metri 469 sul mare) al fine di evitare i pericoli della malaria imperante nella piana (cfr. Benetutti, Bono, Giave, Orani, Orotelli, Osini, Ottana).- La più antica attestazione che sono riusciti a rintracciare di questo villaggetto si trova nelle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 95), nella frase ville dicte Ilbona et Gelui. La vicinanza col toponimo Ilbona ci assicura che Gelui indica Elini, ma secondo una forma trascritta male. Il toponimo poi compare nella Chorographia Sardiniae (220.13) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Elini della diocesi di Suelli. Secondo lo Spano (VSG) esiste presso Cargeghe un nuraghe Elini, per il quale si può prospettare una uguale etimologia. Da altri toponimi sardi risulta accertato che parecchi proprietari romani avevano terreni in varie parti dell'Isola: cfr. Pompongias, Silanus, Ottana.

Elmas (dizione locale su Masu) (nel Campidano di Cagliari) - Il toponimo, nella sua forma sarda, deriva dal tardo lat. ma(n)su(m) «maso, fondo agricolo», a sua volta da mansus-a-m participio del verbo manere «rimanere, risiedere». La odierna forma ufficiale del toponimo non è altro che la traduzione della forma sarda in quella catalana el Mas, nella quale l'articolo è stato col tempo agglutinato e l'accento è stato ritratto indietro. Per il vero Emidio De Felice (CS 95) sostiene che la forma sarda su Masu sia la traduzione del catalano el Mas, mentre a me sembra molto più ovvia la tesi opposta. È difficile infatti pensare che i Sardi procedessero a tradurre in sardo una locuzione catalana, che molti di essi neppure comprendevano, mentre l'operazione inversa è molto più ovvio che venisse fatta dai Catalani residenti a Cagliari. Si pensi ai casi dei toponimi sardi Muristeni, is Pratzas e S’Alighera tradotti rispettivamente nei catalani e spagnoli Monastir, Las Plassas e l'Alguer (vedi).

Escalaplano [pronunzia locale (I)Scal(l)ebhránu; Scalaplánu nell'Ottocento] (villaggio del Gerrei)- Per il toponimo si può prospettare una sicura e facile etimologia: esso è composito, significa «scala del piano» e deriva dai lat. scala + planum (DILS). In tutta la Sardegna l'appellativo (i)scala, oltre che «scala» come attrezzo, significa «strada in forte pendenza, sentiero ripido» e soprattutto «sentiero che sale a zig-zag su una costa di collina o di montagna» (cfr. Scala di Ciogga). In sardo poi l'appellativo plánu, pránu significa «piano, pianoro, altipiano». Ed infatti dal punto di vista geografico Escalaplano «giace alla pendice meridionale d'un altipiano tra due fiumi», al quale portano strade in salita molto tortuose. Purtroppo questo nome di villaggio sardo porta il segno dell'affronto colonialistico forestiero: il primo componente (I)Scala, infatti, è stato conformato al corrispondente appellativo spagnolo escala (cfr. Escolca, Escovedu, Esporlatu, Esterzili).- Il villaggio di Escalaplano è poco citato nei documenti medievali; però le sue citazioni sono molto antiche e si trovano nelle Carte Volgari (CV) campidanesi, nelle quali sono citati individui nativi di Scala o Scali: carte VIII 5 dell'anno 1150 circa, IX 10 dell'anno 1200 circa, XIII 4, 15 e XIV 8 dell'anno 1215. È inoltre citato nella Chorographia Sardiniae (132.8; 218.22) di G. F. Fara (anni 1580-1589): Scala Plana della diocesi di Suelli. Però esistevano nel passato altri centri chiamati (I)Scala, che sono citati nei Condaghi (CSNT, CSMB), ma che ormai sono scomparsi.

Escolca [nell'Ottocento anche Scolca, pronunzia locale (I)Scròca] (villaggio della Giara di Serri) - Il toponimo corrisponde chiaramente all'antico appellativo sardo iscolca «corpo di guardia, scolta», che deriva dall'ant. tosc. scolca (CSPS; DILS); «tale guardia si rivolge in Sardegna principalmente alla difesa delle proprietà private, contro i furti e i danneggiamenti, e perciò ha uno scopo di polizia interna, non già uno scopo militare» (A. Solmi). Più tardi il vocabolo prese il significato di «parte di curatoria» e semplicemente di «territorio».- Anche questo toponimo ha subìto l'affronto colonialistico della lingua dei dominatori: la I- protetica è stata trasformata in E- secondo le modalità fonetiche della lingua spagnola (cfr. Escalaplano, Escovedu, Esporlatu, Esterzili).- Io ho l'impressione che l'odierno nome del villaggio ne abbia sostituito uno precedente, molto più antico: si dovrà cercare fra i nomi dei villaggi dati per "distrutti" dagli storici e dai geografi antichi. E così si spiega come il villaggio risulti citato non prima degli anni 1580-1589, nella Chorographia Sardiniae (218.2) di G. F. Fara: oppidum Scolcae della diocesi di Dolia.

Escovedu (pronunzia locale Scovédu) (frazione di Usellus, OR) - La etimologia del toponimo è del tutto sicura: significa «scopeto, terreno incolto ricoperto da piante selvatiche, in particolare da erica scoparia» (GDLI XVII 204), corrisponde all'appellativo camp. (i)scòva «scopa, erica scoparia» e deriva dal lat. scopa + -etu(m) (NPS 414; DILS).- La più antica attestazione di Escovedu si trova in un documento dell'anno 1211 del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 320/2) come Scopedu ed in questo stesso modo viene citato nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 1 c2e, 19, 86). Le Carte Volgari campidanesi lo citano come Iscobedu (CV X 2, degli anni 1190-1200 circa) (CREST VI 10). Anche questo toponimo ha subìto l'affronto colonialistico della lingua dei dominatori: la I- protetica è stata trasformata in E- secondo le modalità fonetiche della lingua spagnola (cfr. Escalaplano, Escolca, Esporlatu, Esterzili).- Il paese figura nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 841/1) fra i villaggi che sottoscrissero la pace tra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona dell'anno 1388; ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (202.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Scovedi della diocesi di Usellus.- Un altro villaggio Scopeto esisteva nella diocesi di Civitas, presso Calangianus in Gallura (RDS 1098, 1738, 2272.

Esterzili [pronunzia locale (I)Stertzíli, Stressíli] (villaggio nella Barbagia di Seulo). L’abitante Estertzilesu - Il nome di questo villaggio trova riscontro nei toponimi Esterzilis (stagno della Nurra; Fara, 142.32), Istírtzili (Baunei/Urzulei) e probabilmente è da riportare al gentilizio lat. Stertinius (RNG) (realmente documentato in Sardegna; Rowlands, Onomasticon Sardorum Romanorum num. 1083-1088) (in caso vocativo), di un proprietario romano, che aveva possedimenti anche nel sito (UNS 173).- Nella sua forma ufficiale il toponimo ha subìto l'affronto colonialistico della lingua dei dominatori: la vocale protetica I- è stata trasformata in E- secondo le modalità fonetiche della lingua spagnola, esattamente come è avvenuto a danno degli altri toponimi sardi Escalaplano, Escolca, Escovedu, Esporlato (vedi).- Nell’agro del villaggio è stata trovata la famosa "Tavola di bronzo di Esterzili" scritta in latino, che riporta la sentenza giudiziaria di una lunga contesa di terreni fra i montanari sardi Galillenses del Gerrei (vedi) ed i coloni romani Patulcenses, abitanti nella Trexenta (vedi) (UNS num. 10).- La più antica attestazione che sono riuscito a rintracciare di Esterzili è quella che si trova negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Suelli che nella metà del sec. XIV versavano la decime alla curia romana (RDS 675). È poi citato negli tra i villaggi che pagavano le tasse ai re d'Aragona (ACA 1358 pagg. 729-731) (anno 1358). Il Fara nella sua Chorographia Sardiniae (anni 1580-1589), prima cita l'oppidum Stercilis (132.7,18) come ancora in vita, più avanti lo mette fra i villaggi ormai disabitati: oppidum Stertilis (218.5) (Day 13).

Fenosu (Oristano e in altri numerosi Comuni) – Toponimo che corrisponde all’aggettivo sostantivato fenosu «sito ricco di fieno».

Fenughedu, Donigala Fenughedu villaggetto nei pressi di Oristano - Il toponimo Fenughedu (scritto erroneamente Fenugheddu) deriva dal lat. fenuc(u)lu + etu(m) e significa «sito di finocchi selvatici». In una carta del 25 marzo 1235 viene citato come Finocleto prope pontem fluminis de Aristano «Fenughedu presso il ponte di Oristano», dove l’arcivecovo arborense Torgotorio donò la chiesa di San Marco a quella pisana di Santa Croce sulla foce dell’Arno (CDS, I 345 n. 54). (Day 66).

Figu (Fíghu; nell'Ottocento anche Figus, V. Angius) (frazione di Gonnosnò, OR) - Il significato e l'origine del toponimo sono del tutto chiari e sicuri: letteralmente significa «fico», ma col valore collettivo di «(alberi) di fico» e corrisponde all'appellativo fígu «fico» (albero e frutto), il quale deriva dal lat. ficus (cfr. Nuraxi Figus).- Il villaggetto viene citato alcune volte nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 25, 32, 44, 58) come Figu, ma esiste il dubbio che sia effettivamente lo stesso centro che nel medesimo condaghe viene detto Figus e Figos.- Il villaggio compare assieme con Gonnosnò fra le parrocchie della diocesi di Usellus che nella metà del sec. XIV versavano la decime alla curia romana (RDS 390, 1649, 1855, 2309), nelle Carte Volcari campidanesi (CV 301-303, 309-310) ed inoltre fra i villaggi che sottoscrissero la pace tra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona dell'anno 1388 (CDS I 842/1). Ancora è citato nella Chorographia Sardiniae (202.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Figus.

Flumendosa - È il secondo fiume della Sardegna, per lunghezza, dopo il Tirso, ma quello più ricco d'acqua. L'idronimo è da dividere in Flumen d'Osa «Fiume di Osa». Il secondo componente trova riscontro nei seguenti toponimi: Bosa, Osa (Comune di B.), sa Osa (nella zona del delta del Tirso, Cabras), su Osu (punto in cui un torrentello "sfocia" nel mare, Arbus), Osal(l)a (torrente e caletta, Orosei), Osana (rivo, Orosei), Osolì (Tonara, rivo) e inoltre nel nome del fiumi l’Osa (Corsica sud-orientale), del torrente Osa (presso Orbetello, GR) e nel toponimo Osa (presso l'antico Gabii, Lazio). Ciò detto, a me sembra possibile che nella lingua sardiana o protosarda osa significasse «bocca» e «foce», con vocabolo dunque da confrontare - non derivare - col lat. os «bocca», dal tema indeur. *osa «bocca; foce di fiume» (DELL).- Il geografo greco-alessandrino Tolomeo (III 3, 4) chiama il Flumendosa col nome di Saípros, che però io ritengo che sia da emendare in Sárrapos (vedi Sarrabus).- Il fiume è citato nella Chorographia Sardiniae (86.16; 132.3,15,19; 218.1) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come flumen Dosum, Flumendosum.

Flumentepido (pronunzia locale Flumentépidhu) (fiume e frazione di Carbonia) – L’idronimo letteralmente significa «Fiume tiepido» ed è chiamato in questo modo per una sorgente di acqua termale ivi esistente (VSG). È dunque un idronimo composito che deriva dai lat. flumen «fiume» e tepidus-a-um «tiepido-a» (DILS).- Il villaggio è citato in una delle Carte Volgari campidanesi del 1226 (CV XX 6; 316), nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 572, 762, 1062) e nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Sardegna e la S. Sede (CDSS I 46). Ed ovviamente è citato nella Chorographia Sardiniae (214.17; 216.9) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Flumentepidi della diocesi sulcitana. (Day 53; Artizzu Opera S. M. 99). 

Flumineddu - Grosso affluente di sinistra del fiume Flumendosa (vedi). L'idronimo è il diminutivo dell'appellativo flúmini e significa «fiumicello, piccolo fiume». E tale effettivamente è questo affluente rispetto al grande Flumendosa. Un altro Flumineddu esisteva come centro abitato  nella Parte di Valenza (Day 80), presso Sedilo e fra Orgosolo e Oliena esiste il corso d’acqua su Frumeneddu «il fiumicello» (vedi).

Flumini (Flúmini) (frazione di Quartu Sant'Elena) Chiaramente il toponimo significa «fiume, rivo» e deriva dal lat. flumen,-inis (DILS 398).- Il centro abitato è citato nelle Carte Volgari campidanesi in un documento dell'anno 1215 (CV XIII 5). In epoca medioevale il toponimo compare anche nelle forme leggermente differenti Pluminus, Pluminos, Plominos, che quasi di certo derivano da trascrizioni bizantine in caratteri greci. Esso inoltre è citato ripetutamente nelle stesse Carte Volgari (XI, XII, XIII, XIV), nella Carta di donazione in caratteri greci del 1089 (CREST IV 2) e nei Condaghi di Silki e di Bonarcado (CSPS 298; CSMB 99, 146, 182).- Sembra che nel sito ci fosse una villa o tenuta romana, poi diventata la residenza preferita dei Giudici di Cagliari (VSG 91). (Spano Ort. II 91, 92 Pluminos, 112 Flumen. CV 294, 295, 297, 299, 302. CSMB 99. La Marmora Itin., 73 nota). 

Fluminimaggiore (villaggio dell'Iglesiente) – Il toponimo è composito e significa «Fiume Maggiore», ma lo si sarebbe dovuto scrivere molto meglio Flumini Majore. Nella forma attuale il toponimo è ibrido, ossia è sardo nel primo componente e italiano nel secondo...- Il villaggio fu fondato nel 1704 in sostituzione di un precedente Fluminimajor, che esisteva a 8 chilometri a sud-ovest dell’odierno villaggio (Day 23). Questo apparteneva alla diocesi sulcitana ed è citato in un documento del 1272 del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 390 seg.) e inoltre in documenti del Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 558, 1062) come Flumenmaior per l'anno 1421 e Flumini Majori per l'anno 1684.

Fonnesus, is, (Serbariu, nell'Iglesiente) - Il toponimo significa «i Fonnesi» ed indica il soprannome, al plurale, dei proprietari di un cascinale (furriadroxu), che evidentemente erano originari di Fonni. Per lunga tradizione i pastori della Barbagia sono arrivati fin nel Sulcis per svernare con le loro greggi. E molti, anche in epoca molto recente, hanno finito con l'acquistarvi terreni e con lo stabilirvisi. Cfr. is Gannaus, is Loccis, is Pittaus.

Fordongianus (pronunzia locale Fordongiáni) (villaggio della media valle del Tirso in prov. di Oristano) - Il toponimo deriva dalla locuzione lat. Forum Traiani «Foro di Traiano», la quale indicava un campo trincerato che i Romani fecero all'epoca ed in onore dell'imperatore Traiano (98-117), in funzione di contenimento delle incursioni che gli Ilienses o Barbaricini facevano contro i Romani e contro i Sardi romanizzati del Campidano (vedi Austis, Crastu, Ollolai, Ozieri, Usellus, Valenza). Con questa medesima funzione restò fino al periodo della dominazione bizantina, quando, forse durante il regno di Giustiniano (527-565), fu circondato da mura e fornito di un acquedotto.- È notevole il fatto che il toponimo nella pronunzia locale abbia conservato la originaria desinenza del genitivo latino (LS 325), mentre la sua forma ufficiale è stata pasticciata dai soliti scrivani medievali e dai burocrati moderni (cfr. Calangianus, Codrongianus, Silanus, ecc.).- Forum Traiani era sulla strada romana che andava da Caralis a Turris Libisonis (Porto Torres) e ad Olbia, strada della quale resta ancora visibile un lungo tratto a lato di quella provinciale odierna che porta ad Abbasanta (vedi).- Ovviamente il centro abitato esisteva prima che ci arrivassero i Romani; probabilmente noi ne conosciamo il nome nella forma di Hydata Ypsitaná citate da Tolomeo (III 7, 14) (Aquae Hypsitanae, cioè Hyps-itanae, aggettivo che presuppone un sost. *Hypsa), le quali propriamente erano le acque termali che sgorgano tuttora vicino al villaggio, sulla riva sinistra del fiume Tirso.- È molto curiosa e insieme del tutto verosimile la notizia che ci ha tramandato lo scrittore tedesco del Settecento Joseph Fuos, in una sua opera che è stata ripubblicata di recente in traduzione italiana col titolo Notizie dalla Sardegna (Nùoro 2000, pg. 57): «Presso Fordongianus (..) si mostrano alcune tracce e ruderi di bagni pubblici, ed un ponte rovinato, che si attribuisce ai Romani, il quale però un Giudice ovvero Marchese di Arborea fece rompere per dirigere attraverso la sua residenza il cammino dei viaggiatori da Cagliari al Capo superiore».- Il villaggio è ampiamente citato nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 122, 132, 146, 162, 163, 176), è citato nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Sardegna e la S. Sede (CDSS I 60) e inoltre in numerosi documenti del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 166/1, 232/2, 252/2, 254/2, 340/2, 845/1) e della Crestomazia Sarda (CREST XII 45, XVI 20, XVII 45, 53). Poi compare parecchie volte nella Chorographia Sardiniae (118.31; 136.33; 138.14,28; 194.32) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

Forru vedi Collinas.

Funtana Raminosa (Gadoni) - Idronimo che significa «fontana raminosa» e fa riferimento ad un vicino giacimento di rame (sardo rámene/i), che di certo era sfruttato già in epoca molto antica.

Furriadroxu (Sulcis) - Appellativo campidanese che in origine indicava l'«ovile» dove si ricoveravano [si furríant(a)] le greggi, poi ha acquistato il significato di «cascinale o gruppo di case». Il vocabolo deriva dal verbo furriái, furriáre «girare, voltare, cambiare», il quale è di etimologia incerta (DILS) (cfr. Boddeu).

Furtei (Furtèi, nell'Ottocento anche Fortèi) (villaggio della Marmilla). L’abitante Furteresu - È possibile che il toponimo derivi dal vocativo di un gentilizio lat. *Fructeius di un proprietario romano che aveva terreni agricoli nella fertile zona della Marmmilla. È del tutto legittimo supporre un gentilizio o cognomen lat. *Fructeius in virtù di questi altri realmente documentati: Fructianus, Fructilius, Fructilla, Fructinus, Fructio, Fructuarius, Fructulus, Fruct(u)osus, Fructus (RNG). In subordine il gentilizio potrebbe essere Vulteius (RNG).- Il villaggio è citato nel Codex Diplomaticus Sardiniae in un documento del 1219 (CDS I 336/2) come Fortey, e in un altro scritto in latino del 1263 (CDS I 383/2) come Fructea. Risulta numerose volte negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 536, 1007, 1442, 1571, 1804, 2159, 2381) come Frutey. Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (134.9; 210.23,25) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Fortey. 

Gadoni [pronunzia locale (G)Adónu] (villaggio della Barbagia di Belvì). L’abitante Gadonesu - Il toponimo probabilmente corrisponde al fitonimo o nome di pianta catone, cadone, cadoni, codone, qadone «farinaccio», «piede anserino», «bieta grappolina», «mercorella, erba puzzolona» (tutte varietà del Chenopodium), che deriva dal lat. cato,-onis (Atriplex hortensis L.) (NPS 375; DILS). E se questa derivazione è esatta, si deve concludere che il villaggio ha derivato la sua denominazione dalla particolare abbondanza, in origine, della citata pianta nel sito in cui esso è sorto.- Non sono riuscito a trovare un'attestazione di questo villaggio anteriore a quella che si trova nella Chorographia Sardiniae (132.5, 196.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Cadonis, oppidum Gadonis della Barbagia di Belvì e della diocesi di Arborea

Gairo (pronunzia locale Gáiru) (villaggio dell'Ogliastra). L’abitante Gairesu - Il toponimo risulta del tutto isolato nell'intero dominio linguistico della Sardegna. Il toponimo Bruncu Gairesu di Burcei molto probabilmente indica soltanto la presenza di qualche pastore gairese nella zona (vedi Burcei), mentre Gayro de la encontrada de Anglona citato in un documento spagnolo del 1626 (CDS II 276/1) è da leggersi Layrro = Laerru. Eppure il toponimo era sentito come un semplice appellativo fino a non molti decenni or sono, come dimostra il fatto che tuttora viene spesso accompagnato dall'articolo determinativo: su Gáiru. Ma se questo toponimo è del tutto isolato nell'intera Sardegna, al contrario ha numerose corrispondenze nella toponimia della penisola italiana: quattro Càiro diffusi in tutta Italia, tre Càire, due Cairano e poi Càira, Cairos, Cairasca, Cairate e tutti probabilmente corrispondono all'appellativo ligure cáiru «tipo di pietra da costruzione», forse lo scisto, che si presenta a falde. Se questa connessione linguistica è esatta, allora su gáiru in origine indicava lo «scisto», pietra largamente diffusa nelle pendici del Gennargentu ed ampiamente usata per la costruzione delle case (corrige TSSO).- La più antica attestazione del nostro toponimo si trova nelle Carte Volgari campidanesi, per l'anno 1217 e per la diocesi di Suelli: billa de Gairu «villaggio di Gairo» (CV XVI 2). Risulta inoltre negli elenchi delle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 97) e ricompare nella Chorographia Sardiniae (220.12) di G. F. Fara, che è degli anni 1580-1589.

GalillaAltra denominazione della curatoria medievale del Gerrei (curatoria Gerrei seu Galillae dicta, così G. F. Fara, Chorographia Sardiniae, 106.14; 132.9,29,31; 218.7, degli anni 1580-1589). Qui abitavano gli antichi Galillenses, montanari sardi che a lungo ma invano contesero ai Patulcenses, coloni romani importati nella Trexenta (vedi) il possesso o l'uso di terreni (UNS num. 10). È probabile che Galillenses o Galilenses significasse appunto «montanari», dato che questo etnico si potrebbe connettere con l'appellativo, attestato nella zona di Sadali e Serri, callullu «sasso, masso erratico» (vedi Gallura) (UNS num. 10; DILS, LISPR). Se invece, in subordine, Galilenses fosse da connettere con l’altro appellativo, pur’esso sardiano o protosardo, galiléu, garuléu, galuréu, meleréu «pòlline dei fiori, pòlline depositato nel miele», allora Galillenses potrebbe aver avuto il significato di «apicultori». Vedi Gerrei, San Nicolò Gerrei; cfr. Galile (Orune).

Gannaus, is, (frazione di Carbonia) - Il toponimo probabilmente è costituito dal cognome dei proprietari di un cascinale (furriadroxu), al plurale. Il cognome sarebbe Gannau, la cui spiegazione etimologica sarebbe duplice: se è pronunziato Gánnau può corrispondere al log. cánnau «canapo, fune», dal lat. cannabus (DILS); se è pronunziato Gannáu può essere una vaiante dell'altro cognome Ganau, adattamento di quello iberico Ganado (CSSO, DICS). Cfr. is Fonnesus, is Loccis, is Pittaus.

Garapiu (Sinnai), Carrapía (Aritzo): sono da connettere con l'appellativo garrapíu «scarafaggio» e da confrontare - non derivare - col greco  kárhabos, kerhaphís «scarabeo», di origine ignota (GEW, DELG), ma probabilmente derivato dall'egizio Khepri «scarabeo sacro»; oppure sono da connettere con l'appellativo garrapíu², carrapíu «stambugio», probabilmente diminutivo di carroppu, gorroppu «canalone, forra, burrone, crepaccio, gola di monte» (DILS, LISPR).

Gardosu, su, (in numerosi Comuni) – Corrisponde all’aggettivo sostantivato gardosu «sito pieno di cardi». Cfr. Aldosu, Caldosa.

Garoffai (Baunei) (suffissoide): probabilmente è da riportare all'appellativo, sardiano o protosardo caróvulu, coróffulu, coróvulu «garofano», e da confrontare – non derivare – col greco karhyóphyllon, che è di origine incerta e che pertanto può essere, assieme con quello sardo, un “fitonimo mediterraneo”. Vedi Goroffái, Garoffái (Bitti);  cfr. Goroffa (Fonni), Corovói (Tiana).  

Gennamari (frazione di Arbus) - Il toponimo è composito ed è da distinguere in Genna (‘e) mari, letteralmente «porta del mare», cioè «valico verso il mare». Il primo componente genna «porta», «valico» deriva dal lat. *ienua per ianua (REW 4575), il secondo mari deriva dal lat. mare (DILS).

Gennargentu - Nome della più grande e alta montagna della Sardegna. È un oronimo composito, da distinguere in Gènna (‘e) argéntu, letteralmente «porta di argento», cioè «valico dell'argento»; genna «porta», «valico» deriva dal lat. *ienua per ianua (REW 4575); arghéntu, argéntu «argento» deriva dal lat. argentu(m) (DILS). Evidentemente in origine l'oronimo non indicava alcuna delle cime della montagna, mentre avrà indicato qualcuno dei suoi valichi esistenti fra i villaggi di Fonni, Desulo, Aritzo e Villagrande Strisaili. Il valico poi sarà stato chiamato in questo modo non per l'esistenza - che non è stata mai documentata (CVS² 55) - di qualche miniera di argento, bensì come conseguenza del brillare al sole delle sue nevi oppure del colore argenteo e brillante dei suoi scisti (cfr. Aglientu). Questo oronimo è citato da G. F. Fara, Chorographia Sardiniae (100.17; 132.4)come Ianua Argenti.- Un altro Monte Gennargentu esiste presso Fluminimaggiore, ma lì, in zona di miniere, il riferimento all'argento sarà stato appropriato e verace.

Genneruxi (sito urbano di Cagliari) – Si tratta di un toponimo composito da distinguere in Genn' 'e Ruxi, che significa «porta della Croce», dal camp. genna «porta», a sua volta dal lat. *ienua per ianua (REW 4575) e ruxi «croce», a sua volta dal lat. cruce(m) (DILS). Il sito era uno degli ingressi a Cagliari dal Campidano di Quartu e avrà avuto una croce simile a quella odierna di Sant’Avendrace.

Gennirco, Ginnirco/u (Baunnei): è da intendersi come Genn’irco «valico del caprone»; janna, gianna, jenna, genna «porta» deriva dal lat. *ienua per ianua (REW 4575); ircu «becco, caprone» deriva dal lat. hircus

Genoni (pronunzia locale Geróĩ) (villaggio di Parte di Valenza) - Le più antiche attestazioni di questo toponimo si trovano nel Trattato di pace fra i Giudicati di Cagliari e di Arborea del 1206 come Genoni (CREST VIII 82), nelle Carte Volgari campidanesi, come Enoni (CV IX 2; XIII 5; XVI 7; XVII 13; XVIII 7; XIX 6) (CREST V 10, XI 23) e Jenoni (CV XI 6; XXI 6). La forma Jenoni si ritrova pure in altri documenti medievali, ad esempio nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 172, 178) Ienone, Jenone, e nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna (CDSS I 414) Jenone. Ciò premesso dico che è probabile che risponda a verità l’opinione corrente, che risale almeno allo scrittore sardo del sec. XVII Salvatore Vidal, secondo cui il toponimo Genoni deriva da una locuzione lat. templum Iunonis «tempio di Giunone», con la caduta del primo componente (cfr. Martis, Tempio). Tale opinione ha trovato una forte conferma nel fatto che a Nuragus, cioè a 2 chilometri da Genoni, è stata rinvenuta una lucerna col bollo Iunonas (Rowland, 74), che potrebbe essere un genitivo arcaico di dedicazione alla grande dea romana = «(questa lucerna è) di Giunone».- Chi potrebbe avere fondato a Genoni il tempio dedicato a Giunone? Potrebbero essere stati i Valentini, cioè gli abitanti dello stanziamento di Valentia (vedi), che i Romani avevano fondato fra Nuragus e Nurallao, cioè a 3 chilometri da Genoni. E dove sarà stato esattamente l'antico tempio di Giunone? È probabile che si trovasse proprio nel sito della stessa chiesa parrocchiale di Genoni, la quale forse non a caso risulta consacrata alla «Madonna delle Grazie», cioè alla Madonna i cui attributi possono corrispondere a quelli della romana Giunone. Anche in questo caso dunque saremmo di fronte a quel fenomeno, molto frequente nel passato, di sostituzione di un culto religioso pagano con uno cristiano.- Sempre a Genoni si ha con grande probabilità un altro caso di sostituzione di un culto pagano con uno cristiano: su un vicino colle alto 591 metri esistono i resti di una cappella dedicata a Santu Antine «San Costantino», la quale ha sostituito un precedente luogo di culto nuragico (La Marmora, Viaggio, II 126). È infatti assai probabile che nel nuraghe vicino venisse adorato il dio Sole, dato che si sa con certezza che l'imperatore Costantino aveva avuto i suoi trascorsi appunto di «adoratore del Sole» (SN 157). [Precisazione: la nota statuetta di bronzo rappresentante un dio barbato, con tunica e con tiara di penne, comunemente identificata col Sardus Pater, non è stata trovata a Genoni, come si legge in tutti i libri recenti, ma è stata trovata a Gesturi nel 1844; cfr. G. Spano, «Bullettino Archeologico Sardo», I, 1855, pgg. 96-105].- Il villaggio di Genoni risulta citato fra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1336, 1598, 1883, 2789, 2878) in forme varie, in cui la I iniziale è stata letta e trascritta male con F. Inoltre figura tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 838/1) e così pure nella Chorographia Sardiniae (138.13) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

Genuri (nell'Ottocento anche Gennuri; VSG) (villaggio della Marmilla). L’abitante Genuresu, Gennuresu - È probabile che il toponimo derivi dal gentilizio lat. Cenurius di un proprietario romano di una villa «tenuta, fattoria», gentilizio realmente documentato, sia pure non in Sardegna (RNG; UNS 149), in stretta analogia dunque col nome del vicino villaggio di Tuili (vedi). Genuri deriverebbe dal caso vocativo Cenuri, molto frequente con gli antroponimi.- Le più antiche attestazioni di questo villaggio sono quelle che compaiono nella Carta di permuta fra Torbeno e Costantino d’Orrubu del 15 ottobre 1102, in cui viene citato un Petru de Ginuri, e nella Carta di donazione di Barisone d’Arborea del giugno 1184, in cui viene citato un Monte de Cinnuri (CDS I 65; CREST XII 35, XVI 10). Il villaggio figura come Genuri e Ienuri tra i centri abitati della diocesi di Usellus che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1385, 1645, 1851) e inoltre come Jenuri tra quelli che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 844/2). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (202.22) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Genuris.

Geremeas (Geremèas) (Quartu Sant'Elena) - Località della costa sud-orientale della Sardegna, che va da Cagliari a Villasimius. Giovanni Spano (Memoria sopra l'antico oppido o villa di Geremeas, Cagliari 1873) dice di aver trovato in "antiche carte del R. Archivio" il nome della località nelle forme di Cheremea(s), Cheremeis; il Fara, Chorographia Sardiniae (212.14) (anni 1580-1589) lo ricorda come villaggio distrutto di Germea. Ettore Pais (Rom. 338), in base a ritrovamenti fattivi dal canonico Spano, ha prospettato che ivi si trovasse una villa romana. Ciò premesso, dico che è verosimile che il nostro toponimo corrisponda all'antico ital. geremía «geremiade, lamentela» (supercorretto nella vocale tonica) e cosituisca una denominazione scherzosa di una località i cui pochissimi abitanti, pastori e contadini, non facevano altro che lamentarsi per le precarie condizioni in cui vivevano, ad esempio, pressati dalla continue incursioni dei pirati barbareschi.  

Gergei (Gergèi) (villaggio della curatoria di Siurgus, ai piedi della Giara di Serri) – Il toponimo sembra sardiano o protosardo (suffissoide) e può essere connesso con questi altri: Gergói (Ales), Gergúi (Villaverde), Gherghè (Galtellì, Loculi), Gherghenes (Mara), Gherghetennore (Orosei), Gherghitzo (Ovodda), tutti forse da riportare all’appellativo garga «gola», «gola di montagna, conca fra rocce, buca, burrone», «tana della volpe e dell'anguilla», da una base espressiva *garg- (REW 3685, DES I 570).- In via subordinata il toponimo potrebbe derivare dal gentilizio lat. Gergenius (RNG), al vocativo; costui sarrebbe stato un proprietario romano che aveva una villa «tenuta, fattoria» nella zona, la quale è molto adatta alla coltivazione dei cereali. La /n/ dell’ultima sillaba sarebbe caduta per nasalizzazione.- La attestazione più antica, ma incerta, del toponimo forse è quella della Carta di compromesso del priore Raimondo di San Saturno del 1190-1206 circa: Ergei (CREST VII 20). Invece la più antica attestazione sicura che sono riuscito a rintracciare di questo villaggio è quella che si trova nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna (CDSS II 194). Il villaggio inoltre è citato nella Chorographia Sardiniae (218.2) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Gergei della diocesi di Dolia.

Gerrei (Gerrèi) - Nome della subregione montagnosa della Sardegna sud-orientale in prov. di Cagliari. Il coronimo può corrispondere all'appellativo sardiano o protosardo jara, giara, giarra «ghiaia, ciottolame, pietrame», nonché a sa Giara (zona piana di Marrubiu tutta caratterizzata da abbondante materiale alluvionale di antica epoca geologica), che è da confrontare - non derivare - col lat. glarea «ghiaia» (di origine ignota, ma già prospettato come di origine etrusca; DELL, DEI, AEI, DELI) e inoltre coi tosc. ghiara, iara.- In subordine il coronimo potrebbe derivare dal gentilizio lat. Gerraeus (RNG) (al vocativo) di un latifondista romano o italico che aveva interessi agricoli e/o interessi minerari nella zona.- Nel Gerrei avevano abitato i Galillenses, montanari sardi che a lungo ma invano avevano conteso ai Patulcenses, coloni romani stanziati nella Trexenta (vedi), il possesso o l'uso di terreni (UNS num. 10).- Il nostro coronimo risulta citato già in una delle Carte Volgari campidanesi del 1190-1200 circa, come Jerrei (CV IX 10; CREST V 44); in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 336/1) del 1219, come Gerrey, in cui la -y finale ci assicura che l'accento cadeva sulla vocale precedente (cfr. Allai, Gorofai, Musei, Onifai, Ulassai, Ussassai); nelle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari (RR anno 1323 pag. 392) come Gerrej. Nella Chorographia Sardiniae (106.14; 132.9,29,31; 218.7) di G. F. Fara (anni 1580-1589) è citata sia la regione del Gerrei, sia la curatoria Gerrei seu Galillae dicta. E questa seconda denominazione è una delle prove che ha spinto gli storici a localizzare i Galillenses proprio nel Gerrei (vedi Esterzili, Galilla, San Nicolò Gerrei)

Gesico (pronunzia locale Gésigu) (villaggio della curatoria di Siurgus, vicino alla Trexenta). L’abitante Gesighesu - Questo toponimo è completamente isolato nel lessico della lingua sarda e nel patrimonio toponimico dell'Isola. A me sembra possibile che esso derivi da un aggettivo lat. *cessĭcus, che riscostruisco su quello realmente documentato cessicius-a-um «che si cede, che si dà in cessione o concessione». Ed interpreto che questo aggettivo supponga una locuzione lat. (fundus) *cessicus «(fondo) dato in concessione», cioè dato in appalto o in subappalto da un latifondista romano a un suo concessionario. Una operazione giuridica ed economica di questo tipo sarebbe stata molto ovvia in un territorio di cui Vittorio Angius dice che «è lodato per una maravigliosa virtù produttiva» (cfr. Gesturi).- La più antica attestazione che sono riuscito a rintracciare di questo villaggio è quella che si trova in un documento del 20 luglio 1219 riportato nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 335). Poi è citato fra le parrocchie della diocesi di Dolia che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1545, 2175, 2350). Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (218.2) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Gesici. 

Gesturi (Gésturi e Géstori) (villaggio della Marmilla, sulle pendici orientali della Giara di Gesturi). L’abitante Gesturesu - La più antica attestazione che sono riuscito a rintracciare di questo villaggio è quella che si trova nell'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 844/2) come Gestori. Questa forma ci dà la possibilità di prospettare una verosimile etimologia del toponimo: potrebbe derivare da una locuzione lat. (villa) gestōris «(villa o tenuta) dell'amministratore», evidentemente quello di qualche latifondista romano od italico residente non in Sardegna, bensì a Roma o nella Penisola (UNS num. 11). Nel secondo componente della locuzione latina sarebbe avvenuta la caduta della -s finale e la ritrazione dell’accento tonico, fenomeno non raro nella lingua sarda e soprattutto nei toponimi trisillabici (cfr. Bottidda, Sedini, Sisini, Tonéri e Tóneri).- Il villaggio è citato anche nella Chorographia Sardiniae (134.7; 196.25) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Gestoris, Gesturis della Marmilla e della diocesi di Arborea.

Ghirovái (Urzulei), Girovè (Baunei), Ghirali, Ghiritzolái (Urzulei), Ghiralèo (Olzai); Goritto (Dorgali), Ghirò, Ghiriái (Galtellì), Ghiriddè (Lula), Ghirilè (Siniscola), Ghiritho (Sarule), Quirigori (CSorr 89): tutti toponimi sardiani (ossitonia, suffisso e suffissoidi) da riportare agli appellativi sardiani o protosardi ghiroe «gomito o ansa di fiume» (Dorgali), ghirile «sito dintorno», ghiriles «pieghe del calzoncino del costume maschile e della gonna di quello femminile», ghirones «anse intestinali», «anse o gomiti dei fiumi», ghira(t)íthos «intestini delle bestie» (VNI, BNI 140) e da confrontare - non derivare - coi tosc. ghirigoro «ansa o curva di un fiume o d'una strada», girigògolo «tratto di penna pieno di volute capricciose, arabesco» (di origine ignota; AEI, GDLI, PELI, DELI) e infine col greco gýros «giro, circolo, cerchio» (di origine incerta; GEW, DELG, DELI). Dunque probabilmente esisteva già in Sardegna, nella lingua sardiana o protosarda, una radice *ghir- «girare», prima che vi arrivasse il lat. gyrare «andare in giro», da cui è derivato regolarmente il sardo ghirare «girare, tornare» (OPSE 101, 212; LISPR)

Giara, Giara di Gesturi, Giara di Serri, Giara di Siddi (anche Giarra) (Sardegna centro-meridionale) - Piccoli altipiani caratterizzati da grande abbondanza di materiale pietroso in superficie. Il toponimo corrisponde all'appellativo sardiano o protosardo jara, giara, giarra «ghiaia, ciottolame, pietrame», nonché a sa Giara (zona piana di Marrubiu, caratterizzata da abbondante materiale alluvionale di antica epoca geologica), che è da confrontare - non derivare - col lat. glarea «ghiaia» (senza etimo, ma già prospettato come di origine etrusca; DELL, DEI, AEI, DELI) (suff. etr. -ea; LET 92), da confrontare col tosc. ghiara e iara, aiara (Garfagnana). Il Wagner (LS 292, DES I 603, 708) ha presentato giara «altipiano pietroso» come "voce probabilmente preromana", ma non ha visto la sua connessione con jara «ghiaia»; inoltre ha errato a far derivare jara dal corrispondente italiano (DILS, LISPR).- Una Giara, probabilmente quella di Gesturi, ed una Iara presso Asuni sono citate nella Chorographia Sardiniae (100.16; 196.20) di G. F. Fara (anni 1580-1589). 

Giba (villaggio del Sulcis). L’abitante Gibbesu - Il toponimo corrisponde all'appellativo camp. gib(b)a « gibbo, gobba, punta, collina», il quale deriva dal lat. gibba (DEI 1806, CS 33, DILS) (cfr. Ibba).- In Sardegna esistevano ed esistono parecchie località che avevano ed hanno questo nome, per cui la loro individuazione nei documenti antichi va fatta di volta in volta e con attenzione (CREST VIII, 24, 28, 32).- Il villaggio è citato fra le parrocchie della diocesi di Sulci che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1037, 1494, 2127, 2228, 2322, 2830, 2835) ed è pure citato dal Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 872) in un documento del 1537. E compare nella Chorographia Sardiniae (100.17,29) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Gibaris.

Girasole (villaggetto dell'Ogliastra) - Quello del toponimo Girasole costituisce uno dei casi più evidenti e più gravi delle sopraffazioni che la Sardegna ha subìto anche sul piano toponomastico da parte dei dominatori di turno: Pisani, Genovesi, Catalani, Spagnoli, Piemontesi, e - bisogna purtroppo riconoscerlo - anche da parte dei Sardi acculturati da quei dominatori. Per il suo significato originario il toponimo ogliastrino non implica alcun riferimento al ben noto fiore chiamato in italiano girasole. Nella parlata locale e dei dintorni, infatti, il toponimo attualmente suona Gelisúli o Gilisúlu o Girisúili (VSG), Ghilisúili (Dorgali), nella sua più antica attestazione, che risale all'anno 1130 circa (CV VI 3), suonava Gelisoi, all'inizio del sec. XIV Gelosuli (Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV; Artizzu, 82) e in forme simili e in parte errate nelle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia della metà del sec. XIV (RDS 66, 2159, 2203). Orbene, da nessuna di queste forme del toponimo viene fuori il significato di «girasole» o del «girare del sole». Ma molto più importante è osservare che, mentre il girasole (Helianthus annuus L. oppure Rudbechia purpurea L.) è stato importato in Europa dall'America, evidentemente non prima del sec. XVI, del toponimo ogliastrino abbiamo le già viste attestazioni medievali, precedenti dunque di alcuni secoli!- A mio giudizio, invece, il toponimo Gelisúli è da connettere con l'appellativo, frequente in Ogliastra e in tutta la Sardegna meridionale, chilísi,-u, chirísi «passerotto» o «pettirosso» o «scricciolo», quasi certamente sardiano o protosardo, anche se forse di natura onomatopeica (DILS, LISPR) e inoltre è da collegare coi toponimi Ghilisói (Bitti), Ghilitti (Loculi), Ghilisái (Lula), Galusè (Tonara), Ghilisè (Onifai), Ghilísi (Irgoli), Ghilisúri (Orune), Ghisilái (Nùoro/Orani) (suffissi e suffissoidi). E c'è dunque da interpretare che Gelisúli abbia tratto la sua denominazione dalla particolare abbondanza, in origine, dei citati uccelletti nel sito in cui il villaggetto è sorto (cfr. Abiadori, Baratili, Buddusò).- In consonanza con la forte presa di coscienza, che si sta registrando nella odierna generazione di Sardi, a favore della nostra etnia e della nostra lingua, c'è da augurarsi che il Consiglio Comunale di Girasole recuperi la genuina ed originaria forma del toponimo, la quale non soltanto è l'unica autentica a fronte di quella pasticciata ufficiale, ma è anche decorosa e bella e perfino poetica. Anche se c'è da precisare che nel riferimento ai passeri era implicito non l’atteggiamento degli odierni “amanti della natura e degli animali”, bensì il timore che i contadini avevano per la sorte del loro frumento. 

Gisterru (Baunei, Urzulei): corisponde all'appellativo gisterru, disterru, diltherru, (i)sterru «precipizio, dolina, sprofondamento di terreno, in fondo al quale si trova l'acqua», gisterru (CSPS 198, 404), quisterru (CSMS 181, 191), il quale deriva dal lat. cisternu(m) (ThLL) (M.P.). Vedi Chisterru, chisterra (NVLS).

Golgo (Baunei) (inghiottitoio profondo oltre 200 metri): toponimo probabilmente da riportare all'appellativo ital. gorgo, «baratro, voragine», adattato alla fonetica locale).  

Goloritzè, Gororitzè, Goronitzè (Baunei) (guglia di roccia): toponimo sardiano o protosardo (ossitonia) da connettere con l'appellativo coloru/a, colóvuru, caboru, carhodu, anche «altura lunga, stretta e sinuosa, percorso stretto e sinuoso»; probabilmente relitto sardiano o protosardo da confrontare – non derivare – col lat. coluber, che è di origine ignota (DELL) (differenza delle vocali toniche). Cfr. toponimi Colorighe (Orani), Golóriqa (Oliena), Golóriqe (Ovodda); Golori, Goloriqobo, Golorispái (Ollolai), Bolóriqa (Orgosolo) (M.P.). 

Goni (Gòni, Gònni) (villaggio della curatoria di Siurgus) – Il toponimo è da collegare con questi altri, che sono di evidente matrice sardiana p protosarda: Coni, Goni (Nuragus), Gonaè (Orani), su Gonnái (Irgoli), Goneddu (Villaverde), Gonói o Conói (Siniscola, VSG), mediev. Gonu (CSMB 159), Gonòne (Dorgali), Monte Gonello (Oristano), Goniosco (Olzai); Gonnalè e Gonnatzè (Tonara), Gunnalè (Meana), (G)Unale (mediev., Gallura), Qoneái (Orgosolo) (suffissi e suffissoidi). Per l'etimologia di tutti questi toponimi esistono due possibilità: 1ª) che siano da connettere con Gonnos «altura, collina, poggio, prominenza» (vedi); 2ª) che siano da connettere con l’appellativo cone (Dorgali), qone (Orgosolo) «valloncello profondo», quasi certamente relitto sardiano (M.P.) (vedi Gonone, Guamaggiore, Guasila).- Il nostro villaggetto è citato molto per tempo nelle Carte Volgari campidanesi come Goni (CV XIII 6, 16; XIV 2 dell'anno 1215) e in un documento riportato dal Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 336/1) del 20 luglio 1219 come Gonnj. Invece stranamente non risulta citato nella Chorographia Sardiniae di G. F. Fara (anni 1580-1589), a meno che non sia capitato che il recente editore di quest’opera non sia riuscito a riconoscerlo nei vari codici dell'opera stessa. 

Gonnesa (nell'Ottocento anche Conesa; V. Angius) (villaggio dell’Iglesiente) - Il toponimo è quasi certamente sardiano o protosardo, come indizia il suff. –essa, che è quello stesso di Baressa (vedi), Montessa (Bitti), Uressa (CSPS 432) (LISPR 66). Esso trova riscontro negli altri toponimi Connesa (ant., Ballao), Pittigonnessa (= "Picco di Gonnessa"?; Paulilatino) e inoltre ricorda la città greca dell'Acaia Gonóessa.- Circa il significato originario del nostro toponimo esiste un dubbio: in base alla corradicalità è forse da connettere con Goni (2ª) oppure con Gonnos (vedi)?- Il villaggio è citato numerose volte nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis e così pure negli elenchi dei villaggi della diocesi di Sulci che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS). Ed è citato parecchie volte anche nella Chorographia Sardiniae di G. F. Fara (anni 1580-1589) come Connesa.

Gonnos - Quattro villaggi sardi hanno od avevano il loro nome composto con questo vocabolo e con un altro: Gonnoscodina, Gonnosfanádiga (mediev. Gonnosmontangia), Gonnosnò, Gonnostramatza; e probabilmente sono omoradicali anche i toponimi su Gonnái (Irgoli); Gonnalè e Gonnatzè (Tonara), Gunnalè (Meana), Gonnesa (vedi). Si tratta di un relitto sardiano o nuragico, probabilmente da confrontare – non derivare - col greco gounós «altura, poggio, collina, prominenza, pendio» (di origine incerta; DELG, VLG) e col toponimo Gónnos (Tessaglia). La connessione fra l'appellativo greco e quello nuragico sembra del tutto pertinente in virtù del fatto che due dei primi quattro toponimi citati sembrano essere tautologici o bilingui: Gonnos-codina = «altura-roccia», Gonnos-montangia = «altura-montagna», e pure questi altri: Montígiu de Gonnos = «monticello di Gonnos» (Ardara), Mura ‘e Gonnos = «mucchio di pietre di Gonnos» (Sanluri). È molto probabile dunque che il vocabolo sardiano e protosardo gonnos in origine avesse il significato di «poggio, altura, collina, prominenza, roccia» (DILS; LISPR).

Gonnoscodina (da distinguere in Gònnos-codína, pronunzia locale Gonnagodíã) (villaggio della prov. di Oristano, ad 1 chilometro a nord di Gonnostramatza) - Il toponimo è sardiano o protosardo, composto di due vocaboli: gonnos probabilmente «altura, poggio, collina, prominenza» (vedi) e codína «pietra, roccia piatta e lunga, macigno» (DILS II, LISPR 112). In questo toponimo è da privilegiare la forma quale appare nelle Rationes Decimarum Italiae, Sardiniae (RDS 450, 1407, 1922, 2444): Gonnos de Codina, che va interpretato e tradotto «altura di rocce piatte e lunghe». Ed è proprio questa la esatta situazione del villaggio, il quale risulta costruito su una collina caratterizzata da numerosi e lunghi strati di una pietra giallastra e piuttosto tenera.- Però il nostro toponimo potrebbe anche essere interpretato come tautologico o bilingue: Gonnos-codina = «altura-roccia».- Oltre che fra le parrocchie della diocesi di Terralba che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS cit.), il villaggio è citato fra quelli che sottoscrissero la pace tra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 841/1) come Gonnos de Codina. E compare nella Chorographia Sardiniae (200.19) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Gonnicodinae.

Gonnosfanadiga (da distinguere in Gònnos-fanádiga) (villaggio del Guspinese) - Il toponimo è chiaramente composito e il primo componente gonnos è sardiano o protosardo e probabilmente significa «altura, poggio, collina, prominenza» (vedi), mentre il secondo componente è neolatino, dato che deriva chiaramente dall'aggettivo lat. fanaticus-a-um.- Da due passi della Chorographia Sardiniae (136.14, 200.31) di G. F. Fara risulta che in origine si trattava di due villaggi distinti, separati da un corso d'acqua, quello attualmente detto ríu Truxelli. Fanádiga probabilmente sottintende l'appellativo collina, col significato dunque di «Collina Sacra», con riferimento a qualche luogo di culto che vi si trovava; oppure sottintende l'appellativo villa, col significato di «Villaggio fanatico o pagano», a ricordo della polemica che i cristiani condussero anche in Sardegna contro il paganesimo ancora imperante in qualche pagus «villaggio» (da qui l'aggettivo paganus «seguace della religione pagana») (SN 123).- Negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Terralba che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 457, 1412, 1920, 2447) il primo villaggio è citato come Gon(n)os de Montanna o Montanha (errata la forma Montayha): certamente questa denominazione tendeva a distinguere ben tre Gonnos che facevano parte della medesima diocesi di Terralba: Gonnos de Codina, Gonnos de Montanna e Gonnos de Tramatza (vedi).- I due villaggi Gonnos e Fanadiga sono citati nella Chorographia Sardiniae (136.14; 200.31) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppida Gonnis et Fanadiguae. Lo stesso autore dice che i due villaggi, assieme con Pabillonis, furono distrutti nel 1584 dai pirati saraceni.

Gonnosnò (pronunzia locale Gonnonnò) (villaggio della prov. di Oristano) - Il toponimo è quasi certamente composto di due membri, proprio come Gonnoscodina, Gonnosfanadiga, Gonnosmontangia, Gonnostramatza (vedi), di cui il primo gonnos molto probabilmente significa «altura, poggio, collina, prominenza» (vedi), mentre il secondo probabilmente corrisponde all’aggettivo nou «nuovo». Il toponimo pertanto molto probabilmente significa «Poggio nuovo», con riferimento a un precedente «Poggio vecchio».- Il nostro villaggio risulta fra le parrocchie della diocesi di Usellus-Ales che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1391, 1649, 1855); inoltre risulta tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni di Aragona del 1388 (CDS I 841/2). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (202.17) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

Gonnostramatza (da distinguere in Gònnos-tramatza, pronunzia locale Gonnadramatza) (villaggio della prov. di Oristano) - Il toponimo è sardiano o protosardo, composto di due vocaboli, gonnos molto probabilmente «altura, poggio, collina, prominenza» (vedi) e tramatza «tamerice», per cui con grande probabilità significa «Poggio (del) tamerice» (vedi Tramatza).- Il villaggio risulta citato come Gonnos de Tremassas o Tramassa o Tramaza fra le parrocchie della diocesi di Terralba che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 452, 1406, 1912, 2442). Inoltre compare come Gonnos de Tramacia tra i villaggi che sottoscrissero l'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 841/1, 842/1). Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (136.20; 200.19) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Gonnostramazae o Gonnitramazae.

Gríghini, Monte Gríghini o Bríghini (Allai, OR) – Per questo oronimo, che trova riscontro nell'altro Gírgini di Desulo, sono possibili due differenti spiegazioni etimologiche: 1ª) può corrispondere all'appellativo bírghine «vergine», il quale deriva dal lat. virgo,-inis. Tale denominazione può essere spiegata in tre modi differenti: a) perché il monte era dedicato alla "vergine" Diana dea delle foreste oppure alla ugualmente "vergine" Minerva (cfr. Monte Minerva); b) perché era coperto da una "foresta vergine"; c) perché in esso c'era qualche domu de Gianas o tomba rupestre; le Gianas infatti erano fate, spesso ritenute "vergini"; cfr. sas Bírghines di Nùoro (ONT 37), Bírchine (Oniferi); 2ª) può corrispondere all’appellativo barbaricino vírghine, bírghine «fiscella per il formaggio» (fatta con virgulti di varie piante), a sua volta da confrontare – non come derivato, bensì come imparentato geneticamente – col lat. virga «verga» (di origine ignota; DELL, DELI2) (cfr. Berchidda); a distanza il monte Gríghini sarà sembrato una fiscella capovolta.

Grugua (Grugúa) (Iglesias): toponimo sardiano o protosardo (suffissoide) probabilmente da confrontare – non derivare - col tardo lat. gurga, gurgus «gorgo, vortice, abisso» e inoltre con l'antroponimo etr. CURCE. Vedi Gurgúi.  

Guamaggiore (da distinguere in Gua maggiore, pronunzia locale Gua majòri) (villaggio della Trexenta) - È un toponimo composito ed ibrido per il fatto che il secondo componente, il sardo majòri risulta tradotto nell'ital. maggiore. Questo secondo componente contiene un riferimento a Guasila (vedi), villaggio vicino circa 3 chilometri, che evidentemente era inteso come "minore".- In una delle Carte Volgari campidanesi il villaggio viene citato per l'anno 1217 come Goy maiori (CV XVII 12) e in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae dell'anno 1219 come Gueymajori (CDS I 335/1). Risulta inoltre nella Chorographia Sardiniae (216.26) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Goi Maioris della diocesi di Dolia. Ciò premesso dico che è possibile che il primo componente del nostro toponimo corrisponda a una forma nasalizzata dell’altro toponimo Goni (vedi), avendo pertanto il significato di «collina, poggio» oppure di «valloncello». (Day 61).

Guasila (pronunzia locale Guasílla) (villaggio della Trexenta). L’abitante Guasilesu - Ovviamente questo toponimo va comparato e insieme contrapposto all'altro Guamaggiore (vedi), rispetto al quale evidentemente era inteso come "minore". Potrebbe pertanto sembrare di essere in forma diminutiva, col suff. -ílla; senonché si oppone il fatto che il toponimo in una delle Carte Volgari campidanesi compare, per l'anno 1200 circa, semplicemente come Goi (CV X 2; erra CREST VI 8 a ricostruire in Go<n>i). Inoltre in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 335/1) dell'anno 1219 compare come Guoezila; poi negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Dolia che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1507, 1560, 2189, 2345) compare come Goy de Cile, Goy de Sile. Ebbene, queste ultime forme del toponimo fanno intendere che esso fosse composito, proprio come Guamaggiore.- Esattamente come ho già detto per Guamaggiore (vedi), dico che è possibile che il primo componente del nostro toponimo corrisponda a una forma nasalizzata dell’altro toponimo Goni (vedi), avendo pertanto il significato di «collina, poggio» oppure di «valloncello».- Il villaggio risulta citato nella Chorographia Sardiniae (216.26) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Guasillae della diocesi di Dolia. (Day 61).

Guilcier (prov. di Oristano) – C’è da premettere che l’Altipiano di Abbasanta era in epoca classica una zona intensamente romanizzata, cioè con una forte presenza di Romani (militari, veterani, latifondisti, liberti, coloni e schiavi) in virtù delle sue grandi possibilità in fatto di coltivazione dei cereali e dell’allevamento intensivo del bestiame e in particolare dei cavalli (vedi Ghilarza). D’altra parte Abbasanta, che nell’antichità si diceva ad Medias (Vias) (vedi), aveva una notevole importanza per la sua centralità nella strada romana che andava da Caralis a Turris Libisonis (Porto Torres) e ad Olbia e inoltre perché questa strada si incrociava con un’altra che andava da Tharros ad Austis (vedi).- In questa zona Guilcier era un centro abitato citato parecchie volte e sotto forme diverse nella Carta di permuta fra Torbeno e Costantino d’Orrubu del 15 ottobre 1102 (CREST XII 42), nel Condaghe di Bonarcado e inoltre in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 252/2) per l'anno 1182. Risulta poi tra i villaggi che sottoscrissero l'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I), ma che G. F. Fara, Chorographia Sardiniae (198.16) cita come ormai disabitato per gli anni 1580-1589. Doveva essere nelle vicinanze di Sedilo, dove ha lasciato tracce nel toponimo Berzíere, a due chilometri a sud-ovest di questo paese. Il toponimo è del tutto isolato, per cui si deve pensare ad una sua origine tutta particolare. Io penso a una sua derivazione dal lat. aquilifer «aquilifero, vessillifero, centurione portatore dell’insegna militare», che era un grado militare abbastanza elevato, dato che l’aquila non era solamente il simbolo della legione, ma aveva anche un funzione importante durante la battaglia, perché costituiva un segnale (signum) che trasmetteva ordini alle truppe combattenti. Ebbene è probabile che il grado militare di aquilifer fosse quello di qualche veterano romano che aveva una villa «tenuta o fattoria» nel sito del paese scomparso di Guilcier.- La spiegazione etimologica di questo toponimo ha il carattere della grande verosimiglianza in virtù del fatto che si tratta di un toponimo “corposo”, ossia è costituito da un notevole numero di fonemi, che consentono una buona corrispondenza coi fonemi della citata base latina. D’altra parte, dato che Guilcier era un toponimo che non aveva riscontro nell’intero lessico della lingua sarda, per cui non ha avuto modo di appoggiarsi a vocaboli corradicali, si comprende appieno come abbia avuto ampie vicissitudini di svolgimento; e precisamente Guilcier, Gilciver, Gilciber, Gilciver(i), Cilthiber, Guelcivere, Ocier, Bierzíere, ecc.- In epoca medioevale Guilcier fu centro di una curatoria chiamata Parti Gilciber, come indica già un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 232/2) dell’anno 1165; curatoria che in epoca più recente fu detta anche di Ocier Reale perché costituiva un feudo regio. Apparteneva al Giudicato di Arborea e alla diocesi di Santa Giusta e il suo capoluogo prima fu Abbasanta e dopo Sedilo. (Day 76).

Gurgúi (Villaverde): toponimo sardiano o protosardo (suffissoide) da confrontare – non derivare - col tardo lat. gurga, gurgus «gorgo, vortice, abisso» e inoltre con l'antroponimo etr. CURCE. Vedi Grugua

Guruè (Talana, rivo), Gurellu (CSPS 420), Corache (ant.; GG), Goraè (Orani), Goreái (Ollolai), Gorare (mediev., = Bòrore; CSPS 74), Gore (Teti), Goritto (Dorgali), Goroèo o Guruèo (Fonni): tutti toponimi sardiani o protosardi (ossitonia, suffissi e suffissoidi) da riportare all'appellativo gora, gori, cora, qora e da confrontare – non derivare - col tosc. gòra «fossato, canale» (prospettato come prelatino; GDLI, DELI) (OPSE 212, DILS, LISPR)

Guspini (Gúspini) (borgo del margine occidentale del Medio Campidano). L’abitante Guspinesu – Il toponimo è da connettere con questi altri: Guspène (Fonni/Orgosolo, punta), Gospanío (Sarule), Gospennoro (Villagrande Strisaili), Gosponi (Irgoli), Gosponorvo (Orani), Guspídine (Gavoi) (suffissi); per tutti si intravede una possibile spiegazione etimologica: sono relitti sardiani o protosardi, probabilmente da confrontare – non derivare – col lat. cuspis,-idis «punta di lancia, cuspide, cima» [di origine ignota (DELL, DELI), ma – a mio avviso - di probabile origine etrusca, come il nome di altre armi romane]. Il villaggio dunque potrebbe portare nel suo nome il riferimento a una cima di collina o di monte.- Esso è citato fra le parrocchie della diocesi di Terralba che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 439, 1399, 1905, 2433) e così pure compare tra i villaggi che sottoscrissero l'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 833/1). Ed è citato numerose volte pure nella Chorographia Sardiniae (100.17; 136.13; 200.26; 214.20) di G. F. Fara (anni 1580-1589). 

Ibba, Punta Ibba (Cagliari, nello stagno di Santa Gilla) - Il toponimo è da interpretarsi come «Punta (a forma di) gobba». Il camp. (g)ibba «gibbo, gobba, punta, collina» deriva dal lat. gibba (DEI 1806; CS 33; DILS). Vedi Giba.

Ichnusa, Ichnoũssa – Antico nome della Sardegna, così chiamata per la sua somiglianza all'"orma" di un piede umano (la parte meridionale dell'Isola sarà stata interpretata come la punta del piede destro, nella quale la laguna di Assemini segnava lo stacco tra l'alluce e le altre dita; e qualcosa di analogo si dica della sua parte settentrionale); si tratta di un relitto sardiano o protosardo da confrontare col greco íkhnos «vestigio di piede umano, orma, traccia» (di origine ignota; GEW, DELG). Fino ad ora si era ritenuto che questa denominazione e anche quella di Sandaliotis (vedi) fossero state attribuite alla Sardegna dai Greci, perché nella realtà erano greci gli autori che hanno tramandato le relative notizie (Pseudo-Aristotele, De Mirab. Ausc. 100; Pausania, X, 17, 2; Timeo in Plinio, III, 7, 13; Esichio; ma anche uno lat., Sallustio in Solino, IV, 1). Ma è molto meglio ritenere che siano stati gli antichi Sardi ad accorgersi per primi della forma della loro isola e precisamente della linea del suo contorno costiero e in conseguenza a tracciare la prima carta geografia della loro terra. Il disegno di questa carta infatti implicava non soltanto la capacità di navigare lungo tutto il periplo dell'Isola, ma anche e soprattutto il possesso effettivo delle coste sarde dalla parte della terraferma.- Il coronimoIchnoûssa è caratterizzato dal suff. -s(s)a, il quale è tipico di lingue dell'area egeo-anatolica e pure della lingua sardiana o protosarda e di quella etrusca (OPSE 117, 148; LISPR). 

Iglesias (Iglèsias) (capoluogo di prov.) - Il toponimo corrisponde al vocabolo catalano Iglesias che significa «chiese». Esso costituisce la interpretazione e la traduzione dell'originario nome del centro abitato, chiamato in latino mediev. Villa Ecclesiae e in pisano Villa di Chiesa.- Non è facile comprendere che cosa esattamente si volesse intendere con la dicitura Villa Ecclesiae, Villa di Chiesa. A me sembra che la ragione di questa dicitura possa essere la seguente: è storicamente certo che la prima diocesi cristiana della zona sia stato Sulci, cioè Sant'Antioco, dove anzi si ebbe uno dei primi centri della diffusione del cristianesino in Sardegna; tanto è vero che il vero santo protettore dell'Isola è per l'appunto Sant'Antioco. Senonchè, con la diffusione dell'islamismo anche nell'Africa settentrionale, le coste dell'intero Sulcis e l'isola principale divennero le zone privilegiate delle successive incursioni dei pirati saraceni. Non potendo resistere a queste continue e feroci incursioni, la diocesi di Sulci prima fu trasferita nel 1213 a Tratalias e dopo nel 1354 a Iglesias. La quale pertanto risultò essere la Villa di Chiesa, cioè la “città della chiesa sulcitana”, anche nel senso che la più alta autorità ivi residente era il suo vescovo. Siccome però questa dicitura non era compresa neppure dai conquistatori Aragonesi, essi mutarono il vecchio nome della città in quello più semplice ed ovvio di Iglesias «chiese» (corrige TSSO 825-6).- È del tutto certo che il centro abitato di Iglesias esisteva già in precedenza, in epoca bizantina, romana e quasi certamente anche in epoca nuragica. Esso nacque e si sviluppò in strettissimo rapporto con la presenza nel suo territorio di importanti giacimenti minerari. E di sicuro questi giacimenti furono l'oggetto principale delle mire che la potente repubblica di Pisa ebbe per l'Iglesiente e per la Sardegna intera. È noto in maniera particolare che al centro abitato di Villa di Chiesa e al territorio circostante si sono interessati i famosi conti della Gherardesca. E come logico effetto di questa importanza mineraria ed economica che Villa di Chiesa ebbe nella storia del Medioevo sardo, si comprende come le notizie storiche che la riguardano siano molto numerose nei documenti medievali sardi e in quelli successivi aragonesi e spagnoli. 

Ilbono (pronunzia locale e nei dintorni Irvono, nell'Ottocento Ilbonu) (villaggio dell'Ogliastra). L’abitante Irvonesu - Il toponimo è da accostare a questi altri: Corongiu Irboni (San Basilio), Irvo/u (Orgosolo), Irvi (Arbus, Bono), Irvili (Posada), Irbidi (Nùoro), Írbore (Orosei), Irvuddái (Oliena), Erbaxi (Sant'Anna Arresi), Erbè (Arzana), Erbéi (Atzara, Jerzu), Elvei (Tula), Erbixi (Isili), Erboxi (Gergei); Erveri, Irveri, Ghirveri (Dorgali), Ghirvòe (Sarule), Ghirvone (Orani) e all’appellativo erbuzu, ebrulla, abrulla «erbaggio non coltivato, erbe mangerecce dei campi» (collettivo) e da confrontare – non derivare - col lat. herba «erba», che è di origine ignota, comunque “prelatino” (DELL, DELI).- Ilbono, dunque, probabilmente trae la sua denominazione dalla circostanza che in origine il sito in cui il villaggio è sorto sarà stato particolarmente ricco di erba.- Le più antiche attestazioni del nostro villaggio risalgono alla prima metà del sec. XIV: cfr. Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 95). Esso inoltre compare fra le parrocchie della diocesi di Suelli che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 667, 2163, 2208). Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (220.13) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Ilboni. (Vedi T. Loddo, Toponimi del comune di Ilbono, in «Quaderni Bolotanesi», num. 24, 1998).

Imperas, is, (frazione di San Giovanni Suergiu) – Il toponimo deriva dal cognome dei proprietari dell'ovile (furridróxu; vedi) o del terreno. Questo cognome corrisponde al nome personale Impèra, Pera «Pietro», il quale deriva dal catalano Pere (CSSO, DICS). Cfr. is Fonnesus, is Gannaus, is Pittaus, is Sabas, is Zuddas.

Ingurtosu (frazione di Arbus) - Il toponimo è un aggettivo sostantivato che deriva dal verbo camp. ingurtíri «inghiottire, trangugiare», a sua volta dal lat. ingluttire (DILS). Esso indica l’«avvoltoio», ma letteralmente significa «inghiottitore», con riferimento alla voracità di questo volatile ed alla sua particolare presenza nel sito. Si tratta del Gypetus barbatus L., un avvoltoio oggi scomparso, che si nutre di carcasse e di ossi spezzandoli facendoli cadere dall’alto su un sasso. È un toponimo molto interessante: H. Schenk ha ricostruito l’area della sua antica diffusione in Sardegna sulla base dei toponimi. 

Iscarávius (Nuxis) vedi Carávius.

Iscramoris, Sclamoris (Escalaplano), propriamente is Cramoris «i rumori», lo scosciare del riu Flumineddu, che deriva dal lat. clamores (plur.)

Isili (Ísili, pronunzia locale Ísiri) (cittadina del Sarcidano). L’abitante Isilesu, Isiresu – Il toponimo, che esiste anche nei territori di Dorgali, Gergei e Torpè, probabilmente corrisponde al fitonimo ilike (CSPS 430, 436), ílighe (Busachi), íligi (CV), ílixi (Burcei, Laconi, Villasalto, camp. comune), íxibi (Oristano), íxili (Meana, da osservare particolarmente questa variante), íxigui (Mandas), íxugui (Gesturi), irixi (Quartu), íxivi (Villacidro), ixi (Narcao) «el(i)ce, leccio» (Sardegna merid.), il quale deriva dal lat. ilex,-icis e risulta seriore rispetto ad éliche (vedi) (DES I 488). È dunque probabile che il toponimo Isili significhi «leccio» (anche collettivo) e tragga origine dalla circostanza che in antico il sito era caratterizzato dalla particolare abbondanza di questa pianta.- L'importanza di Isili in epoca classica è dimostrata dai numerosi ritrovamenti archeologici che sono stati fatti nel suo territorio (Rowland, 55 e 20 s. v. Biora), fra cui i resti di un ponte romano sul riu Mannu. Certamente la sua importanza derivava dal fatto che l’altipiano in cui è situato era molto adatto alla coltivazione dei cereali e all’allevamento intensivo del bestiame. Lo dimostra anche l’insediamento militare romano di Biora situato a poca distanza a sud-est.- Anche nel Medioevo Isili è stato un centro abitato importante: è dimostrato dalla sua frequente citazione fra i villaggi della diocesi di Arborea che versavano la decime alla curia romana nella metà del sec. XIV (RDS 375, 915, 1351, 1613, 1896, 1982, 2778, 2873 Isili). È citato anche nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna (CDSS I 418) e inoltre nella Chorographia Sardiniae (134.7; 196.23; 218.2) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Isilis della curatoria di Siurgus. (Il fatto che in qualche documento antico il toponimo ricorra con la lettera iniziale Y lascia intendere che era questo un accorgimento degli scrivani sardi per indicare la /í/ accentata; cfr. Barì, Galtellì, Tuili).- Nella Sardegna centrale corre la voce secondo cui gli abitanti di Isili sarebbero di etnia ebraica, per la quale però non esiste alcuna conferma da parte di nessun documento storico; questa voce invece trova il suo fondamento unico nel fatto che gli Isilesi sono stati a lungo degli ottimi fabbricanti e venditori di oggetti di rame e per effetto di questa loro attività sono stati per l'appunto intesi dagli altri Sardi come "Ebrei". Dappertutto i pastori e i contadini hanno guardato con poca simpatia i commercianti. La medesima nomea, per lo stesso identico ed errato motivo, hanno gli abitanti di Gavoi, Luras e Sennori (vedi).

Issiria (Issiría) (Desulo) - È uno dei tre rioni di cui consta il villaggio di Desulo (vedi). Il toponimo molto probabilmente corrisponde al fitonimo o nome di pianta sardiano o protosardo t(h)iría, t(h)ería «ginestra spinosa, sparzio spinoso» (Calycotome villosa; FPS 49, RED 156), il quale probabilmente è da confrontare - non derivare - col greco athereís «appuntito, acuto, spinoso», da athér,-éros «punta» (vocabolo di origine ignota; GEW, DELG). Nel toponimo la originaria vocale iniziale risulterebbe mutata perché si trova in posizione anteprotonica (OPSE 109; LISPR). Vedi Tiria.

Itria, Nostra Signora d'Ítria - Il vocabolo deriva dal greco-bizantino Hodēgétria «Conduttrice, Accompagnatrice», il quale, pronunziato Odighítria, ha dato luogo al sardo Ítria. La locuzione Nostra Signora d'Ítria poi in sardo propriamente detto è stata trasformata in Nostra Signora de su Caminu Bonu «Nostra Signora del Buon Cammino» (vedi). In Sardegna il culto di Nostra Signora d'Itria esiste od esisteva ad Aggius, Lodè, Siniscola, Onifai, Galtellì, Dorgali, Oliena, Nùoro, Orune, Gavoi, Macomer, Arbus, Nureci, Senorbì, Tortolì, ecc, e soprattutto a Portoscuso, di cui essa è patrona. È del tutto comprensibile l'ampia diffusione di questo culto nella Sardegna del passato: chi si metteva in viaggio, a cavallo o molto più spesso a piedi, correva spesso il rischio di imbattersi in briganti appostati in punti particolari delle strade; da ciò derivava l'uso frequente tra i viandanti di invocare, prima di mettersi in viaggio, la protezione di Nostra Signora d'Itria o del Buon Cammino.- Vedi Ittiri

Ittitzái (Nughedu S. Vittoria) vedi Vithithái, Vitzitzái, Bithithái (Fonni, Mamoiada, Orgosolo): toponimo probabilmente presardiano (suffissoide) = «vetrice, salice da vimini», da confrontare - non derivare - col lat. vitex,-icis, che sarà un "fitonimo mediterraneo", dato che non si può accettare – per difficoltà fonetiche - la sua connessione vulgata col lat. viere «intrecciare». Vedi Bittitá (Alà), Bittittái (Galtellì, Sennariolo).

Jerzu (Jértzu; Jersu nell'Ottocento) (borgo dell'Ogliastra) - Considerato che le proposte di derivazione sinora fatte di questo toponimo - o da un vocabolo bizantino  o da uno latino - sono fortemente difettose, non resta che connetterlo col toponimo tosc. Ièrso (Asciano, SI), pur’esso finora di origine ignota. Pertanto dico che i due toponimi in effetti potrebbero essere uno solo, in Sardegna relitto del sostrato linguistico sardiano o protosardo, in Toscana relitto di quello etrusco, sostrati che io da parecchio ostengo essere imparentati fra loro.- Le più antiche attestazioni del villaggio si trovano in una delle Carte Volgari campidanesi, del 1130 circa: Jerzzu (CV VI 4) e nelle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 97) Yersu. Compare inoltre nella Chorographia Sardiniae (220.12) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Ierzei della diocesi di Suelli.

Laconi (Láconi, pronunzia locale anche Lácuni) (borgo del Sarcidano, già della curatoria di Parte di Valenza). L’abitante Laconesu, Lacunesu - Il toponimo corrisponde agli appellativi sardiani o protosardi lácuna, lácona «truogolo», láhana «pozza d'acqua piovana formatasi su una roccia»; láccana, láccara «fossato di confine, confine, segno di confine» ("probabilmente preromano" per il DES II 2), nonché agli altri toponimi Lacconéi (Tonara), Laconitzi (Villagrande Strisaili), Loconiái (Sarule) (suffissi e suffissoidi), che sono tutti da confrontare - non derivare - coi lat. lacus «lago», lacuna «cavità, fossa, pozza d'acqua», con gli antroponimi etruschi Lakhu, Lakhunia, coi toponimi tosc. Làcona, còrso Lácani e inoltre col greco lákkos «fossa, pozzo, cisterna, serbatoio, stagno» (indeur. GEW, DELG) [da cui è derivato il lat. laccus «fossa»; DELL] (OPSE 214). Láconi dunque è un toponimo sardiano o protosardo e insieme indeuropeo, che porta nella sua denominazione un riferimento alla «fossa» nella quale scorre il rivo che attraversa il suo famoso parco, oppure - in subordine - un riferimento al «confine territoriale» tra la Barbagia e il Sarcidano (vedi).- Laconi sarà stato un centro abitato abbastanza importante già in epoca classica, se è vero che i suoi abitanti molto probabilmente sono citati da Strabone (V 2, 7) come Lakónites (OPSE 79, 250; LCS II 54). L'importanza di Laconi nel passato è dimostrata anche dal ruolo di primissimo piano che in epoca medievale ha recitato la famiglia dei Lacon. Ha scritto acutamente Ettore Pais (Rom. 236-237): «La famiglia dei principi indigeni, che in lingua e con titoli appresi da Bisanzio assumeva il governo dell'Isola, traeva il suo nome dalla regione di Làconi (...) Da queste regioni, sin dall'età punica e romana, solevano discendere gli indigeni nelle pianure sottoposte ai dominatori stranieri. Sembra lecita la domanda, se venuta meno la forza e la custodia di signorie straniere, al governo di tutta l'Isola abbian provveduto gli abitatori di quelle plaghe nelle quali durano più vive le energie (...). La Sardegna, come al tempo dei Cartaginesi, tornò forse ad essere retta dai tardi discendenti di quegli Iolei od Iliensi, che avevano già eretto le splendide moli nuragiche e che di fronte alla poderosa invasione dei Cartaginesi si erano ritirati nelle aspre montagne del Centro».- Molti documenti medievali sardi citano più volte il vocabolo Lacon, Laccon, ma non è sempre facile distinguere se ci sia un riferimento, oltre che alla citata famiglia giudicale, anche al villaggio; ad esempio le Carte Volgari campidanesi, in documenti del 1200-1212 e del 1215 (CV X 1, XIV 11), in cui figurano uno Iudigi Salusi de Lacon e un donnu Gunnari de Lacon.- Il villaggio è citato in maniera certa in un documento del 1299 del Codex Diplomaticus Sardiniae e inoltre tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 474/1; 837/2 e 838/2). Risulta inoltre citato parecchie volte tra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS). E compare anche nella Chorographia Sardiniae (138.13; 156.35; 196.22) di G. F. Fara (anni 1580-1589.

Laddéi (Gadoni, guado) - Toponimo sardiano o protosardo (suffissoide) probabilmente da riportare all'appellativo laddía, liddía «ciottolo, pietra di fiume» e inoltre da confrontare – non derivare - col lat. lapis,-idis «pietra» (di origine ignota; DELL, DELI). Vedi Laddái (Loiri); Láddai, Laddò (Tonara), Laddánnaro o Leddánnaro (Nùoro), Laddaoro (Florinas), Laddeine (Desulo), Laddío (Orune) (TSSO). 

Lanusei (Lanuséi e Lanusè) (cittadina dell'Ogliastra) - C'è da premettere che già due spie fonetiche fanno intendere che siamo di fronte a un toponimo sardiano o protosardo: 1ª) La terminazione -é(i) che si ritrova in altri toponimi sardiani: Arboréi, Baunéi, Oroséi, Triéi, Urzuléi (cfr. Lodè, Torpè); 2ª) Il suffisso -ínu dell'etnico Lanuseínu, che si ritrova in Alaínu, Aritzinu, Lodeínu, Oroseínu, Torpeínu, Trieddinu, Urzuleínu, ecc. (UNS 215). Ciò premesso dico che è molto probabile che il toponimo Lanuséi, attraverso le forme supposte *Lanuxéi, *Launaxéi, sia da riportare al fitonimo o nome di pianta sardiano o protosardo launaxi, leonaxi, neulaxi, neulaghe, neulache «oleandro», il quale è da confrontare - non derivare - col lat. lebrace, librace, biblace «oleandro» (di origine ignota e quindi di probabile matrice “mediterranea”). Dunque è molto probabile che in origine Lanusei abbia tratto la sua denominazione dalla particolare presenza, in origine, dell'oleandro nel sito in cui è sorto (cfr. Neulacoro).- La più antica attestazione che conosciamo di Lanusei si ha in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 198/1 dell'anno 1119) come Lanugei. Poi risulta citato negli elenchi delle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 95): villa Lanuse de montibus. Compare inoltre nella Chorographia Sardiniae (220.12) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Lenusaei della diocesi di Suelli. 

Lapola, La Pola (Cagliari) – Antico nome del quartiere di Cagliari ora chiamato La Marina. Si tratta del vocabolo pisano mediev. làppola, che significava «palizzata» (DEI 2168), con lo spostamento dell'accento in avanti. Ed infatti G. F. Fara, nella Chorographia Sardiniae (206.20-25) parla del rione di Lapola seu Marina, che era difeso dalla parte della riva del mare da una Palisada (cfr. F. Alziator, L’Elefante sulla torre, Cagliari 1979, pg. 125). 

Las Plassas [pronunzia locale is Pratzas (forma errata Sprazzas) e nell'Ottocento anche is Plassas; DSI] (villaggio della Marmilla) - Siamo di fronte a un nuovo caso di traduzione in lingua spagnola di un toponimo sardo che nella pronunzia locale suona is Pratzas (cfr. Iglesias, Monastir). Il camp. pratza significa «piazzola», anche quella in cui si effettuava la trebbiatura, cioè l'«aia», e deriva dal lat. platea (DILS). E dunque is Pratzas significa appunto «le Aie», significato che trova una congruente spiegazione nel fatto che il nostro villaggio si trova nella Marmilla (vedi), che è una delle zone della Sardegna più adatte alla coltivazione dei cereali. Il fatto che il nostro villaggio si trovi ai piedi della collina della Marmilla, immediatamente sotto il castello che sulla cima avevano fatto costruire i Giudici di Arborea, lascia perfino intravedere l'esatta ragione del plur. Las Plassas «Le Aie»: molto probabilmente gli amministratori dei Giudici, che risiedevano nel castello, imponevano ai contadini della zona di effettuare la trebbiatura tutti nel medesimo sito, sia pure in differenti aie, con l'intento preciso di controllare l'effettivo raccolto di ciascuno e di esigere l'esatto corrispettivo di tasse in natura o in moneta.- La più antica attestazione che sono riuscito a rintracciare di Las Plassas si trova tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 844/1) nella forma chiaramente errata di Ses Plasses. Ed è citato, assieme col suo castello della Marmilla, anche nella Chorographia Sardiniae (134.8; 202.25) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come Plateae della diocesi di Usellus.- Quasi certamente in epoca romana il centro abitato aveva la denominazione di villa Uneri «tenuta di Unerio», cioè di un proprietario romano Unerius che aveva terreni nella zona. Detta denominazione in seguito si è trasformata in quella di pagus Uneri «villaggio di Unerio», i cui abitanti presero la denominazione di Pagani Uneritani. Ed infatti una iscrizione latina recentemente trovata nel sito, risalente al I sec. dopo Cristo, parla dei Pagani Uneritani che avevano costruiito in cima alla collina della Marmilla, nello stesso luogo del citato castello medievale, un tempio dedicato a Giove Ottimo Massimo. Di questo tempio restano ancora alcune rovine, non perfettamente corrispondenti a quelle del castello (LCS II cap. VII).

Lau, su, (frazione di Laconi) - Il toponimo corrisponde al nome di pianta o fitonimo camp. láu «alloro» (Laurus nobilis L.), il quale deriva dal lat. laurus (DILS). La località dunque ha in origine derivato il suo nome dalla presenza nel sito anche di un solo albero di alloro, dato che questa pianta costituisce una caratteristica molto appariscente in mezzo all'altra vegetazione dell'Isola.

Lilloè (Austis), Lillòi (San Vero Milis): toponimi prelatini (ossitonia e suffissoide) da connettere con lillu (centr.), lilla (Bitti) «giglio, giaggiolo», lollói «fiore», lollói biáncu «giglio», «margherita» e da confrontare – non derivare - col lat. lilium «giglio» ("fitonimo mediterraneo"; GEW, DELG, DELL, DEI, DELI). Vedi Lillovè (Oliena), Illil(l)ói (Fonni) (TSSO 54).

Linas, Monte Linas (Gonnosfanadiga) - Considerato che Giovanni Spano (VSG) presenta questo oronimo anche come Ilinas e che Vittorio Angius ci informa che il santo protettore di Gonnosfanadiga è Sant'Elias, possiamo con verosimiglianza ipotizzare che Linas, Ilínas sia una forma supercorretta di Elias (siamo infatti in piena zona della nasalizzazione del campidanese rustico; HLS, Tafel II). È verosomile pertanto che il monte abbia derivato il suo nome da quello di un proprietario di nome Elias che vi aveva terreni, oppure che fosse dedicato a Sant'Elias. Questo santo è abbastanza conosciuto in Sardegna, tanto è vero che gli sono dedicati il Capo di Sant'Elia di Cagliari e almeno quattro nuraghi; probabilmente il suo culto ha sostituito quello del precedente dio pagano del Sole in virtù della assonanza col suo nome greco Hélios (SN 163)

Lixius (frazione di Nuragus) - Il toponimo probabilmente significa «gigli», corrispondendo al plurale del fitonimo o nome di pianta camp. líxu «giglio», il quale deriva dal lat. lilium (DILS). Dunque il sito ha preso nome dalla particolare presenza di piante del citato fiore. (Però si dovrebbe scrivere meglio Lixus).

Loccis, is, (frazione di San Giovanni Suergiu) - Il toponimo indica il cognome dei proprietari di un cascinale (furriadroxu) al plurale. Come cognome è una variante dell'altro Locche, che deriva dal nome del personaggio biblico Enoch (CSSO, DICS). Cfr. is Fonnesus, is Gannaus, is Imperas, is Pittaus, is Sabas, is Zuddas. 

Loceri (villaggio dell'Ogliastra). L’abitante Loceresu – Del toponimo sono possibili due differenti spiegazioni etimologiche: 1ª) Può derivare dal gentilizio lat. Locer(ius) (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano che vi possedeva una villa o «tenuta»; 2ª) Può essere un toponimo da riportare al fitonimo sardiano o protosardo lochera, locuridda, locurreris, logheri, luceri, loceríe «betonica glutinosa» (Stachys glutinosa L.), che è da confrontare con gli altri toponimi Lècchere (Bolotana), Leccheri (Silanus), Liccheri (Ghilarza), Licheréi (Bortigali).- Il villaggio compare per la prima volta negli elenchi delle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 94). Compare inoltre nella Chorographia Sardiniae (220.12) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Locieri della diocesi di Suelli.

Locetzi (Villagrande Strisaili): potrebbe derivare dal cognomen lat. Lucetius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano che aveva terreni nella zona. 

Loddiri (Nughedu S. Vittoria, Villamassargia): toponimo forse da connettere con l'appellativo loddíri «questua di frutta o dolci fatta dai ragazzi in occasione del giorno dei Defunti il 2 novembre» (Sarule), il quale probabilmente deriva da loddurare «rotolare, girare» (di casa in casa). 

Loddúa (Allai/Fordongianus): toponimo sardiano o protosardo (suffissoide), da riportare a lodde, loddo «volpe», nome probabilmente tabuistico = «(animale) immondo» (vedi loddu «lurido») (molto temuto dai pastori perché fa strage di agnelli). Vedi Loddái (Bono), Loddòe (Teti), Loddúne (Nùoro).

Lódulu (Lanusei), Lodúnu (Urzulei), Lottoláche, Lottorbasi, Lottòrra (Núoro), Ludòtzo (Talana), Ludurru (Buddusò) (suffissi e suffissoidi): toponimi forse da riportare agli appellativi sardiani o protosardi lódu, lótzu, lúdru «fango, melma», lutráu, ludráu, ludráke/u, lurdégu, lutrína, ludrína, lu(r)tzína, ludrinzu, lutráinu «pantano, pozzanghera, fanghiglia, acquitrino, pozza d'acqua», (Lodè) luttíthu «luogo sporco», «sporcizia», lótriu, lóthiu «viscido, molle, denso», (Mamoiada) lothore «sudiciume» (alternanza ú/ó e consonante /r/ come nel vocabolo greco seguente) e forse da confrontare - non derivare - coi lat. lutum «fango» e «argilla», lutina «fango misto a paglia per costruire muri» (suffisso) e col greco lýthron «sudiciume, lordura, sangue misto a polvere» e infine col toponimo illirico Ludrum (indeur.; DELL, GEW, DELG). (Invece le forme lútu, lúdu «fango» possono senz'altro derivare dal vocabolo latino, le altre no assolutamente). 

Lotzorai (Lotzorái) (villaggio dell'Ogliastra). L’abitante Lotzoraesu - Il toponimo è sicuramente sardiano o protosardo, come indizia già il suffissoide -ái, ed è da connettere con altri due Lotzorái (Sarule e Sedilo), nonché coi toponimi Lotzoréi o Latzoréi (Baunéi/Talana), Lotzorói (Sedilo), Lotzuruni (Sarule), Lutturái (San Teodoro), Latzarè o Latzorè (Nùoro). Probabilmente sono tutti da connettere col fitonimo o nome di pianta lutzára, alús(s)ara, aússara, autzára, atzára «clematide cirrosa», «viticcio», «vitalba» (Clematis cirrhosa, flammula, vitalba; FPS 72; PAS 54, 59; NPS 182-183), relitto sardiano di probabile matrice "mediterranea" (cfr. Atzara, Ussaramanna).- Pertanto il toponimo Lotzorai probabilmente porta in sé il ricordo della particolare presenza, in origine, della citata pianta nel sito in cui è sorto il villaggio.- Notevole è il fatto che l'etnico plur. Lottoracesus, che attualmente compare come toponimo di Villagrande Strisaili, sia caratterizzato da un suffisso etnico -chésu, -césu, che è tipico di altri toponimi sardiani indicanti villaggi: Arbarichesu, Bittichesu, Bosovechesu, Castrachesu, Fonniqesu (Orgosolo), Sorrachesu, ecc.- Le più antiche attestazioni di Lotzorai si trovano nella Legenda Sanctissimi praesulis Georgii Suellensis (dell'anno 1117), dove alla lectio IV si narra di un Lozoranus risuscitato dal santo («Archivio Storico Sardo», XV, 1924, pag. 77); poi nelle Carte Volgari campidanesi (CV VI 1 del 1130 circa, e XVI 6 del 1217); nelle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 88); fra le parrocchie sarde che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 665, 2160, 2204). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (220.13) di G. F. Fara (1580-1589). Da questi ultimi documenti risulta che Lotzorai nel Medioevo faceva parte della diocesi di Suelli, quella che più tardi verrà trasformata in diocesi di Ogliastra, con capoluogo Lanusei. 

Luceri (Sinnai): toponimo che può derivare dal gentilizio lat. Locer(ius) (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano che vi possedeva una villa o «tenuta». Vedi Loceri.  

Lunamatrona [pronunzia locale Lomardòna, nell'Ottocento Lunamardona (V. Angius)] (villaggio della Marmilla nel Medio Campidano) - Il toponimo è chiaramente composito e lo si sarebbe dovuto scrivere meglio Luna Matrona. Questa locuzione è latina e in italiano si potrebbe tradurre come «Luna Signora» o «Luna Regina». Anche i Sardiani o Protosardi, come moltissimi altri popoli antichi, adoravano la dea Luna ed evidentemente il nostro villaggio era consacrato a lei (SN 141) (vedi Selene). Però è molto probabile che la citata locuzione latina fosse la traduzione di una precedente in lingua punica in onore della dea Astarte e questa a sua volta la traduzione di una precedente in lingua sardiana o protosarda.- Le più antiche documentazioni del nostro villaggio risalgono al Medioevo e si trovano nella forma di Matrona nel Condaghe di Silki (CSPS 100, 101, 204, 205, 259), nel Condaghe di Trullas (CSNT² 114.2) e nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 37, 88, 125). Però la forma di Nura Matrona documentata nella Carta di permuta fra Torbeno e Costantino d’Orrubu del 15 ottobre 1102 (CREST XII 12) fa sorgere il dubbio che in realtà fosse intervenuta una paretimologia o etimologia popolare.- Il villaggio inoltre risulta citato nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 844/1) tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388. Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (202.24) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Lunae Matronae della diocesi di Usellus.

Macchiareddu  (Assemini) - La etimologia di questo toponimo è stata brillantemente data da Francesco Alziator, I giorni della laguna, Cagliari 1977, pg. 70: deriva da Macarieddu, diminutivo di Macáriu, che «riporta al noto gruppo degli agiotoponimi diminutivi come Aleni Alenixedda, Perdu Perdixeddu, Giorgi Giorginu, Maddalena Maddalenedda, ecc., con i quali si indicava la cappella o la chiesetta che portava il nome di una chiesa maggiore».

Mal di Ventre, Isola di Mal di Ventre, situata lungo la costa centro-occidentale della Sardegna, di fronte alla penisola del Sinis (prov. di Oristano)  - Anche questo è un macroscopico e perfino umoristico esempio di fraintendimento di un toponimo, il quale in realtà in sardo suona Isula de malu 'entu, cioè «Isola del cattivo vento», cioè del maestrale! Quasi certamente anche questo fraintendimento è stato fatto dai Pisani (cfr. Cavoli); e pure questo fraintendimento risulta già registrato nella Chorographia Sardiniae, 76.14 di G. F. Fara (anni 1580-1589). 

Maladroxa (Sant’Antioco) - Questo toponimo non ha nulla a che fare con la lingua fenicia, dato che deriva chiaramente dal lat. moratoria (probabilmente incrociato con maladiu «malato») col significato di «sito della quarantena» oppure di «lazzaretto». 

Malfatano (Teulada) - Porto e capo situato poco ad ovest di Capo Spartivento. In primo luogo il porto prende nome dal fatto che nel Medioevo era particolarmente frequentato da naviganti amalfitani (CS 70). E il La Marmora, Itinerario dell’isola di Sardegna (Cagliari 1868, pgg. 107-108) aggiunge: «questo nome di Malfatano fu dato a un piroscafo di guerra della marina reale, per un fatto d’armi che accadde nelle acque di questa località nel 28 Luglio 1811, tra una mezza galera con altri piccoli bastimenti Sardi, e naviglj Tunisini superiori in numero ed in forze: questi, eccetto un solo, furono catturati e condotti in trionfo nel porto di Cagliari. Il porto Malfatano dev’esser l’antico Herculis Portus di Tolomeo».

Malfidano, monte che domina l’insenatura di Buggerru, della cui denominazione sono possibili due differenti spiegazioni: 1ª) Può aver derivato il suo nome dal fatto che era frequentato da naviganti Amalfitani per l’incetta dei minerali della zona (vedi Malfatano); 2ª) Può essere esatta la spiegazione popolare che se ne dà nella zona: deriverebbe da mal(i)fidáu «malfidato, malfido», riferito al sito circostante (CS 71) o, molto meglio, al tratto di mare antistante. 

Mamusi (Buddusò, Laconi, Loiri, Luras, Noragugume, Nùoro, Padru, CSPS 256) probabilmente corrisponde all’appellativo mamuthone, mam(m)uttone, mamuccone, mamutzone, mam(m)uscone, mamussone/i, mu(l)muttone, mumutzone/i, malmu(n)tone, marmutone «fantoccio spaventapasseri», «spauracchio dei bambini» (però non nella forma accrescitiva e peggiorativa). Vedi Mamussi o Mamusa (Muravera), Mamusaché (Urzulei), Mamusari (Ardara).

Mandas (nell'Ottocento Mándaras; V. Angius) (borgo della curatoria di Siurgus). L’abitante Mandaresu – Il toponimo corrisponde al plur. dell'appellativo sardo mandra «recinto per il bestiame», il quale deriva dal lat. mandra (DILS). Nel dialetto campidanese talvolta la consonante /r/ semivocalica cade: cfr. pirastru e pirastu «perastro», Ollastra ed Ollasta (toponimi) (vedi Mandriola, Mandrolisai).- Il villaggio risulta citato già come Mandas in una delle Carte Volgari campidanesi del 1215 (CV XIII 6) (il toponimo Mandara della carta XI 4 sembra differente). Ed è citato numerose volte fra le parrocchie della diocesi di Dolia che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 620, 1050, 1542, 2182, 2352, 2493). Inoltre compare nella Chorographia Sardiniae (218.2) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Mandes della curatoria di Siurgus.

Mandriola (frazione di San Vero Milis) - Il toponimo è il diminutivo - però di forma italiana! - dell'appellativo mandra «recinto per il bestiame», il quale deriva dal lat. mandra (DILS). Vedi Mandas, Mandrolisai.

Mandrolisai (Mandrolisái) - Attualmente con questo toponimo si indica la subregione della Sardegna centrale, la cui capitale è Sorgono. Nel Medioevo era una curatoria, la quale comprendeva i seguenti villaggi: Desulo, Tonara, Sorgono, Spasulè, Atzara, Leonissa, Ortueri e Samugheo (G. F. Fara, Chorographia Sardiniae, 196). La più antica documentazione di questo toponimo si trova nel Condaghe di Bonarcado (82, 98, 173) come Mandra Olisai, Mandra Olisay e Mandra Ulisay; poi si trova nel Codex Diplomaticus Sardiniae come Mandra Dolisai, Mandra Olisai, Mandra Olisay, Mandraholisay e Mandreolisay (I 232/2 [anno 1165], 252/2, 262/2, 268/1-2, 705/2, 846/1, 850/2). Tutte queste forme ci assicurano che si tratta di un toponimo composito, da interpretarsi come Mandra 'e Olisái. Il primo componente è conosciuto molto bene: appellativo mandra «recinto per il bestiame», il quale deriva dal lat. mandra (DILS). Il secondo componente è conosciuto molto meno: si tratta del fitonimo o nome di pianta alase, alásiu, alasu, olasi, ollasu «agrifoglio» oppure «pungitopo» o infine «gramigna», relitto sardiano o protosardo, di probabile matrice "mediterranea" (le tre piante, per se stesse differentissime, "hanno in comune il fatto di esser munite di escrescenze spinose", proprio come i corrispondenti siciliano alastra e ligure arastra «ginestra spinosa») (DILS, LISPR).- Dunque Mandrolisái è da interpretarsi come «recinto per il bestiame dell'agrifoglio o del pungitopo o della gramigna». E si capisce bene che in origine si riferisse a un sito piuttosto ristretto, forse Santa Maria di Olisai (Neoneli), mentre in seguito la sua valenza si è allargata fino a riferirsi a una intera subregione della Sardegna. 

Mannurri, Mannorri (Ogliastra settentrionale) - Era un villaggio nei pressi di Urzulei, andato distrutto per le faide tra famiglie, sorte a causa di una ragazza amata da molti giovani del paese. «La rovina di quella popolazione fu causata da una bellissima ragazza amata da molti giovani (...) e per vincere tutti [uno] ardì di baciarla in pubblico» (Angius, Spano VSG, Day 48). Il toponimo trova riscontro in questi altri: Mannuri (Illorai, Olbia, Orgosolo), Mannurie (Orgosolo/Talana), Manurrá(i) (Tadasuni) ed è certamente sardiano o protosardo (ossitonia o suffissoide), ma di significato ignoto. 

Mara 'e Osini, (/Usini) (Ulassai): = «palude di Osini» (vedi); mara «palude, acquitrino, pantano», «fogna, chiavica», probabilmente relitto sardiano o protosardo, da confrontare – non derivare - col còrso mara «canaletto irrigatorio», con l'ital. dial. mara «torrente melmoso» (Cadore e Friuli), ecc. Oppure = «fattoria di Osini». Vedi Mara (Comune di M.), Marai (Alghero), Marè (Decimomannu); Maròi (Tertenia), sa Marassa (Putifigari), Villamar (M.P.). 

Maracalagonis (villaggio del Campidano di Cagliari). L’abitante Maresu, ant. Calagonesu (CV XIII 11) - Il toponimo nell'Ottocento veniva sensatamente distinto in Mara Calagonis.- Nella Carta di compromesso del priore Raimondo di San Saturno (circa 1190-1206) il villaggio viene citato tre volte come Maara (CREST VII 5, 6, 17), ragion per cui è lecito riportare anche questo toponimo all’appellativo punico, conosciuto in epoca classica, magar «fattoria» (vedi Mara, Villamar).- Il secondo componente Calagònis trova riscontro nel verbo iscalagonare «scanalare, erodere» (Orgosolo) e probabilmente è da collegare con Gologone (vedi) (suff. –on-). E tutti sono probabilmente da confrontare - non derivare - col verbo lat. colare «passare, colare, filtrare» (di origine incerta; DELL, DELI). Se questa connessione è esatta, Calagonis significa «grandi scolatoi» oppure «canaloni», in accrescitivo e al plurale. La quale proposta etimologica è del tutto congruente col fatto che il villaggio è in una zona bassa e piatta, soggetta all’impaludamento delle acque e pertanto bisognosa di canali di scolo.- Un Jorgi de Calagonis è citato nella Carta Volgare campidanese del 1215 (CV XIII 8).- Il villaggio compare fra le parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 508, 995, 1435, 1530, 1807, 2488). Nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 871, anno 1537) viene citato un sito chiamato Calagonis, ma quasi certamente è diverso dal nostro villaggio. G. F. Fara, Chorographia Sardiniae (212.15) (anni 1580-1589) cita l'oppidum Calagonis come distrutto, cioè quasi certamente abbandonato dalla popolazione per evitare le continue e feroci incursioni dei pirati saraceni. (Day 13, 15).

Marceddì (frazione di Terralba, OR) - Il toponimo quasi certamente deriva da una locuzione lat. (fundus vel praedium) Marcellini «(fondo o predio) di Marcellino», cioè di un proprietatio romano, il cui cognomen è realmente documentato anche da iscrizioni rinvenute in Sardegna (Marcellinus, L. Valerius Marcellinus (EE 8, 727, Fordongianus) (Rowland 351, 1212; UNS 159). Siccome siamo in una zona campidanese che fa cadere la -n- intervocalica nasalizzando le vocali vicine (HLS Tafel II), è evidente che Marceddì presuppone una forma precedente *Marceddini (cfr. Silì, marceddína DILS). Un toponimo Marcheddine esiste nell’agro di Bitti (NU).

Mare Pontis (Cabras) – Antico insediamento abitato nel 1580-89 (Fara, Sardiniae Chorographia 94.12, 192.33, 194.5, 17), ma già spopolato nel 1656 (Day 67). Il toponimo è da intendersi propriamente come Mara ‘e pontis «palude dei ponti» (DILS, LISPR).

Marganai (Marganái) (Iglesias) – È una montagna di forma allungata o di una piccola catena montuosa: è probabile che il suo nome sia da confrontare – non derivare - col lat. margo,-inis «margine» (indeur.). Cfr. Marghine.

Margoddi (Villamassargia) (suff. -odd-): probabilmente = «sito ammollato, cedevole», da connettere con l'appellativo morgoddu, morfoddu, marfaddu «zuppa di pane molto densa, pappa» (Nùoro, VNI 112, BNI 36, 219); morgoddu «impiastro, pasticcio», moffroddu-a «paffuto-a» (Lodè); maffroddo «pasticcione, sgraziato, trasandato»; marfoddi «paffuto, corpacciuto» (camp. rust. e Fonni); morgoddare «ammollare» (Mamoiada, Orgosolo); tutti relitti sardiani o protosardi da confrontare – non derivare - col lat. morbidus «afflosciato, cedevole» (di origine ignota; DELL s. v. morbus, DELI) (M.P., LISPR, NVLS).  

Marmilla (pronunzia locale Marmídda) - Subregione della Sardegna centro-meridionale, la quale prende nome dalla vistosa collina, slanciata e solitaria, a forma di seno femminile che le sta al centro, nelle vicinanze di Las Plassas (vedi). Il toponimo significa «mammella» e deriva dal lat. mamilla (DILS). Marmilla risulta una ricostruzione semidotta rispetto a Marmidda, effettuata da amanuensi.- In epoca medievale la Marmilla costituiva una curatoria, divisa in superiore ed inferiore. La superiore comprendeva i 5 villaggi di Barumini, Gesturi, Las Plassas, Tuili, Villanova Franca; la inferiore comprendeva i 12 villaggi di Baradili, Baressa, Genuri, Lunamatrona, Pauli Arbarei, Setzu, Siddi, Sini, Turri, Ussaramanna, Villamar, Villanova Forru. Siccome era una curatoria molto abitata e relativamente ricca dal punto di vista agricolo, risulta citata parecchie volte nei documenti medievali. Probabilmente la più antica documentazione del coronimo si trova nella Carta di donazione di Pietro d’Arborea del 18 gennaio 1228 (?): Guantini Dezori castellanu de Marmilla (CREST XVII 87).

Marroccu (Geremeas/Villasimíus) (anche cognome), mediev. Marroccu, Marochu: sono possibili tre spiegazioni etimologiche. 1ª) Potrebbe corrispondere al nome del Marocco (Africa sett.), indicando un individuo nato là oppure dalla carnagione scura (cfr. Moro); 2ª) Potrebbe corrispondere al nome del villaggio mediev. Marroccu, presso Iglesias, ormai scomparso [documentato nelle Carte Volgari campidanesi (CV XIII 11 (299)] e nel Codice di Sorres come Marochu, Marrocho, Morocho, Morroco, Morrochu, Murochu); 3ª) Si potrebbe confrontare – non derivare - coi toponimi tosc. Marrocco, Marocco (privi di etimologia; TTM 394).

Marrubiu (Marrúbiu) (villaggio della prov. di Oristano) - Il toponimo corrisponde al fitonimo o nome di pianta marrúbiu «marrobbio» (Marrubium vulgare L.), il quale deriva dal lat. marrubiu(m) «marrobbio» (NPS 127; DILS). Dunque il villaggio ha derivato il suo nome dalla particolare presenza, in origine, della citata pianta nel sito in cui è sorto.- Siccome non sono riuscito a rintracciare attestazioni di questo villaggio precedenti a quella della metà del sec. XVII fornitaci da Vittorio Angius, quasi certamente risponde a verità la tradizione locale che fa nascere il villaggio di Marrubiu dal trasferimento, nel 1659, degli abitanti del vicino villaggio di Zurradili per sfuggire alle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni (vedi).

Masainas (villaggetto del Sulcis) - Considerato che nell'Ottocento il toponimo veniva pronunziato anche Massaínas (VSG), è probabile che derivi dall’aggettivo massajinu-a «proprio-a del contadino» (DitzLCs) e precisamente da una locuzione come (domus) massajinas «(case) dei contadini» (massaju «contadino, agricoltore»; DILS). D'altronde il villaggio sembra di formazione recente, per il fatto che non sono riuscito a rintracciare sue attestazioni precedenti a quella che ne dà il Porru (DSI 632) per l'anno 1832. Un toponimo Masaínas esiste anche nel territorio di Serramanna. Cfr. Massari, Villamassargia.

Massama (Mássama) (villaggio del Campidano di Oristano) - Avendo il linguista H. J. Wolf considerato che questo toponimo compare nelle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia nelle forme di Marsima, Marsama, Maharsama, è arrivato alla conclusione che la forma originaria del toponimo possa essere stata *Magár(a)sam. Basandosi su queste premesse, Giulio Paulis ha chiamato in causa il vocabolo punico magar «fattoria», da lui stesso indicato per gli altri toponimi sardi Mara e Villamar (vedi) ed è arrivato a questa conclusione: «È possibile che anche Mássama, nome di un piccolo paese in prov. di Oristano, all'interno di un'area di forte punicizzazione, presupponga un più antico Magar-sama». Ovviamente – dico io - si tratterebbe di un toponimo composito, il cui secondo componente però resterebbe del tutto misterioso, non potendo dirsi se sia fenicio-punico oppure sardiano o protosardo.- Data questa incertezza, io ritengo che non si possa escludere una mia precedente spiegazione: potrebbe derivare da un lat. (via) maxima «strada massima o principale», rispetto ad altre secondarie vicine (vedi M. Pittau, Lingua e civiltà di Sardegna I, Cagliari 1970, cap. VI).- Le più antiche attestazioni di questo villaggetto sono quelle su indicate delle Rationes Decimarum (RDS 381, 1359, 1618, 1901, 1985, 2781, 2866, 2875) tra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana. Esso poi è citato tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 843/1) come Maassama. Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (194.20) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Massamae

Massari (rivo di Allai, affluente di sinistra del fiume Tirso, in prov. di Oristano) - È possibile che quest'idronimo presupponga una locuzione lat. (fundus vel praedium) massari «(fondo o predio) del massaro», appellativo che deriva dal tardo lat. massarius (UNS 179) (cfr. Masainas, Villamassargia). Il fiume è citato nella Chorographia Sardiniae (138.10,19,28; 196.13) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come fluvius Massaris.- All'altezza di Allai (vedi) il rivo era scavalcato da un grande ponte romano, sul quale passava la strada romana che andava da Caralis a Turris Libisonis ed Olbia, passando per Usellus e Fordongianus (vedi). Già per gli anni 1580-1589 G. F. Fara, Chorographia Sardiniae (138.15), segnalava l'esistenza dei resti di questo antico e splendido ponte, del quale fino ad alcuni decenni fa restavano alcune arcate.

Masua (Masúa) (monte presso Iglesias) – L’oronimo potrebbe forse corrispondere all’appellativo massúle «ammasso mucchio, mucchietto» e derivare dal lat. massa «massa», diminutivo massula (DILS). Vedi Masullas

Masullas (pronunzia locale Masuddas) (villaggio della prov. di Oristano). L’abitante Masuddesu - Il nome di questo villaggio probabilmente è da connettere con questi altri toponimi: Masudda (Mamoiada), Masala (mediev., Cossoine), Massala (Nurri), Masaloni (Osini, San Vito), Matzala e Matzaledda (Scano M.) e probabilmente da riportare agli appellativi mássula/e/u, massúle «massa, mucchio,-etto, ammasso», mas(s)udda «grassotello, pacioccone», tutti derivati dal lat. massula diminutivo di massa «massa» (DILS). E se questo accostamento è esatto, Masuddas/Masullas in origine avrà significato «mucchi, ammassi» di terra oppure di glebe o infine di frumento portato là per la trebbiatura (cfr. Las Plassas).- La più antica attestazione che sono riuscito a rintracciare di questo villaggio è quella che lo cita fra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 841/2). Risulta poi citato due volte nella Chorographia Sardiniae (136.19; 200.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589). 

Matzaccara (Matzáccara) (frazione di San Giovanni Suergiu) - Il toponimo corrisponde all'appellativo tosc. mazzàcchera «lenza con esca costituita da un mazzo di vermi infilzati», «lombrico», il quale deriva dal tardo lat. mazachara «salsiccia di interiora», «verme» (DEI, LET, GDLI).- Sembra che nel suo territorio ci fosse il centro abitato Poúpoulon pólis citato da Tolomeo (III 3, 3).

Maurreddina (Maurreddína o Murreddía) - È la zona del Sulcis e dell'Iglesiente, così chiamata perché abitata dai Maurrèddus o Maurreddínus. Questo etnico è il diminutivo dell'altro Mauri, che indicava i gruppi di abitanti dell'antica Mauritania (odierna Algeria), che, secondo la testimonianza di Procopio (De bello vandalico, II 13), furono dai Vandali esiliati in Sardegna e precisamente "presso i monti che stanno vicino a Cagliari" (SSls 55; UNS 194). Sia il toponimo che l'etnico implicano una connotazione negativa, tanto è vero che sono adoperati dal resto degli abitanti della Sardegna, ma non dagli abitanti del Sulcis e dell'Iglesiente. 

Meana (Miana) (villaggio della Barbagia di Belvì). L’abitante Meanesu, Mianesu - Questo villaggio è stato denominato Meana Sardo evidentemente per essere distinto da Meana di Susa in Piemonte, però si è commesso l'errore di usare l'aggettivo specificativo al masch. anziché al femm.! La sua spiegazione etimologica è abbastanza chiara e quasi del tutto certa: deriva dall'aggettivo lat. mediana «mediana, che sta in mezzo». Tale denominazione è l'effetto di una importante circostanza di carattere geografico: se nella carta geografica della Sardegna si punta un compasso su Meana, si constata che questo villaggio è a distanza quasi perfettamente uguale dall'estrema punta settentrionale dell'Isola alla sua punta meridionale e dalla sua costa orientale a quella occidentale. È ben vero che gli antichi non avevano il doppio decametro e tanto meno gli strumenti trigonometrici per misurare le distanze da una località all'altra, ma comunque avevano un assai pratico e anche concreto metodo di misurazione delle distanze: le giornate e le ore di cammino che si impiegavano per andare da una località all'altra.- L'antica Mediana quasi certamente risultava sul tracciato di strada indicato dal noto «Itinerario di Antonino» - compilato sotto l'imperatore romano M. Aurelio Antonino, detto "Caracalla" (211-217) - che andava da Olbia a Caralis, passando attraverso le zone montagnose del centro della Sardegna e toccando Caput Thyrsi «Sorgente del Tirso» presso Sant’Efis di Orune, Sorabile presso Fonni, Valentia tra Nuragus e Nurallao (vedi). Meana dunque in origine molto probabilmente si chiamava (Mansio) Mediana = «(Stazione) Mediana». Ed infatti la presenza nella zona dei Romani viene confermata da alcuni ritrovamenti di materiali di epoca romana, compresa una iscrizione (Rowland, 62).- D'altra parte, nonostante la sua denominazione latina, Meana ha conosciuto un precedente stanziamento protosardo nella zona e forse anche nel suo stesso sito; lo dimostrano 5 nuraghi esistenti nel suo territorio e anche una famosa navicella nuragica, che presenta vari animali sui bordi, trovata appunto presso Meana.- Questo villaggio risulta citato molto per tempo nei documenti medievali: nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 197/1; 252/2; 846/2), in documenti degli anni 1119, 1182, 1388; nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna (CDSS I 414, 418); negli elenchi delle rendite pisane nel Giudicato di Cagliari (RR 1316: 71, 72); nelle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia (RDS 364, 933, 1339, 1601, 1886, 2774) della metà del sec. XIV. Inoltre è citato nella Chorographia Sardiniae (138.11; 196.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Meanae della Barbagia di Belvì e della diocesi di Arborea. (Day 64).

Medusa, Castello della Medusa presso Asuni. Il castello risalirebbe all’epoca bizantina, ma costruito su un precedente impianto romano, e avrebbe avuto la funzione di segnalare tempestivamente le incursioni che i Barbaricini facevano di continuo nella regione di Usellus e nella Marmilla per depredare grano e bestiame. Il nome fa riferimento al mostro femminile Medusa, detta anche Gorgone, la cui testa presentava serpi al posto dei capelli e che in generale aveva una finalità deterrente.- Un altro Castello della Medusa esiste presso Lotzorai (Ogliastra), probabilmente del medesimo periodo storico e con la medesima destinazione di guardia. Nessuno fino ad ora era riuscito a dare una effettiva spiegazione di questo strano nome dei due castelli: premesso che dappertutto, rispetto ai castelli abbandonati e diroccati, si è sempre favoleggiato della presenza di fantasmi e di streghe, a me sembra verosimile che la nota figura mitologica della Medusa sia stata chiamata in causa rispetto ai due castelli per il “terrore” che essa suscitava col suo viso orrendo e coi suoi capelli costituiti da serpenti. Inolre è verosimile che Medusa = «Terrore» fosse il corrispondente della figura popolare sarda María o Giorgía Rajosa = «la Rabbiosa». In questo stesso modo e per lo stesso motivo si spiega l’esistenza ad Asuni e nella zona circostante, del pur’esso stranissimo cognome sardo Perseu, il quale corrisponde al nome del mitico Perseo, uccisore della Medusa. 

Merchinni (Ula Tirso): potrebbe essere un toponimo prediale derivato dal gentilizio lat. Marcinius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano di una villa o «tenuta» oppure di terreni. 

Milis (pronunzia locale Mírhis, quasi Míarhis; HLS § 188) (villaggio del Campidano di Oristano). L’abitante Milesu - Questo villaggio è citato numerose volte nel Condaghe di Bonarcado nelle forme di Migil, Mihli, Miili (cfr. CREST XII 44; XIV 132, 51; 133, 34; 146, 13, 31; XVI 20). La forma originaria del toponimo è quasi certamente la prima Migil, la quale trova riscontro nel toponimo Migili citato nel Condaghe di Silki (CSPS 285) presso Codrongianos. Nel nostro toponimo è assai notevole la consonante finale –l, la quale non compare quasi mai in vocaboli della lingua sarda, antica e moderna, e in toponimi della Sardegna, fatto notevole che deve trovare una sua sufficiente spiegazione. Ciò premesso, dico di ritenere possibile che il toponimo Migil derivi dal bizantino Michaēl «Michele (arcangelo)», che certamente si pronunziava Migaíl e che probabilmente era il santo patrono del villaggio. Per il vero il santo patrono di Milis adesso è San Sebastiano, ma si constata anche in altri numerosi centri abitati che un santo patrono più fortunato ne abbia sostituito uno precedente. D’altra parte si può anche pensare semplicemente a un proprietario bizantino, padrone di una villa «tenuta o fattoria» e chiamato «Michele». Non deve stupire la circostanza che la derivazione comune sarda del bizantino Michaēl sia Micali, Migali (DICS), perché anche dal bizantine Konstatîne è derivato il doppione sardo Gantine e Contene.- La –is finale dell’odierno Milis rispetto a Migil sarà l’effetto di una paragoge e di trascrizioni latineggianti di epoca successiva.- Dato che Milis era vicino ad Oristano, capuoluogo del Giudicato di Arborea, e inoltre era esso stesso capuoluogo di curatoria, risulta citato numerose volte nei documenti medievali.- La curatoria di Milis comprendeva i villaggi di Bauladu, Bonarcado, Milis, Narbolia, San Vero, Seneghe e Tramatza. Ed ovviamente Milis è citato nella Chorographia Sardiniae (100.30; 140.12; 194.13) di G. F. Fara (anni 1580-1589).- Il citato Condaghe di Bonarcado parla anche di un Miili Picinu o Pikinnu = «Milis Piccino o Piccolo», che era situato a 3 chilometri a sud-ovest di Milis, presso la odierna chiesa diroccata di San Pietro, e che fu tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388. (Day 69).

Mirrionis, is, (rione di Cagliari) - In origine era il nome di una collina che sovrastava la Piazza d'Armi e che ormai è praticamente scomparsa dopo che fu usata a lungo come cava di pietre. Il toponimo significa «gli Elmi», probabilmente perché i soldati spagnoli svolgevano nel sito le loro esercitazioni militari. Il sardo mirriòne,-i «morione, elmo» deriva dallo spagn. morrión (DILS 641)

Mistras, Laguna di Mistras dalle acque salmastre (Cabras) – Il toponimo potrebbe derivare da un originario *Salmistras «(acque) salmastre», in cui la prima sillaba sarebbe caduta perché erroneamente interpretata come l’articolo plur. sas. Il toponimo farebbe capo all’appellativo salamattu, salamatzu, salamittanu-a, salamáttile «salmastro-a», da connettere coi toponimi s'Abba Sálama (= «l'Acqua Salmastra»; Samugheo), Sálamu (Dolianova), Salamma (Seulo), Salamadas (Mara), Salamaghe (Budoni), Salamái (Villanovafranca), Salamangiánu o Salamengiánu (Gesturi), Salamanza (Benetutti), Salamardi (Gesturi, San Basilio, Setzu), Salamardini (Villaurbana), Salamassi (Uri), Salamatter (CSPS 3), Salamessi (Tuili), Salamáttile (Scano M., fontana), Salamèstene (Bonorva), Canale Salapemu (Morgongiori) (molti di questi sono propriamente idronimi e indicheranno acque salmastre oppure acidulo-minerali; NLS 533), tutti da confrontare - non derivare - col lat. salmacidus «salmastro» (evidentemente da sal «sale», ma di formazione oscura; DELL). Sia i toponimi citati sia la forma fonetica di salamattu escludono la derivazione di questo, sostenuta dal DES II 378, dall'ital. salmastro. Da questo invece deriva la variante salmastru, salamastru (vedi) (ONT 90)

Mitza, mintza, mitha «sorgente, polla d'acqua» (appellativo che ricorre spesso come toponimo) deriva da un lat. *mitia, col significato originario di «(sorgente) fangosa» [cfr. ant. ital. mezzo (ts) «terreno fangoso, acquitrino, palude» (GDLI X 317); gallur. mitzu-a detto di frutto troppo maturo]. Per tre notevoli difficoltà è da respingere la derivazione, sostenuta dal Wagner (LS 150, DES II 121), dell'idronimo sardo dal vocabolo ebraico mosa(') «uscita»: 1ª) diversità delle vocali toniche; 2ª) diversità dei significati; 3ª) nessuna prova dell'esistenza del vocabolo ebraico anche nella lingua fenicio-punica (DILS).

Mogorella (pronunzia locale Mogorèdda) (villaggio della Parte di Valenza, in prov. di Oristano). L’abitante Mogoreddesu - Il toponimo è il diminutivo dell'appellativo sardiano o protosardo mògoro, móguru, mògora, mògola, mógula «collina bassa» (vedi Mogoro).- La più antica attestazione del villaggio he sono riuscito a rintracciare si trova nella Carta di donazione di Pietro d’Arborea del 18 gennaio 1228 (?): Mogorella (CREST XVII 22).- Mogoreda - da leggersi evidentemente Mogoredda - risulta tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 838/1). Il villaggio è citato anche nella Chorographia Sardiniae (138.13,30; 196.24) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come Mogoreda e Mogorella.

Mogoro (Mògoro) (villaggio della prov. di Oristano). L’abitante Mogoresu - Il toponimo corrisponde all'appellativo sardiano o protosardo mògoro, móguru, mògora, mògola, mógula «collina bassa, monticello, collina con sella»; toponimi Mogoro (Comune di M., Arbus, Baunei, Curcuris, Samugheo, Urzulei), Mogoros (Isili), Mogorella (Comune di M.), planu de Moguru (CV XXI 5), Mògoru o Mòguru (Elmas, Nureci, San Basilio, Sant'Antioco, Serri, Villaurbana), Mogurus (Escolca); Mògola o Mògula (Jerzu, Perdasdefogu, San Vito, Tertenia), Mogora (Ulassai), Mogoritzi (Siamanna), Mogumu (Settimo San Pietro, Sinnai). Considerato che nel Condaghe di Silki è citato più volte un centro abitato Mocor (CSPS 145, 372, 381, 416, 417), che quasi certamente corrisponde a Mogoro (villaggio mediev. nel Campu Giavesu; CSorr 108, 172, 226; Fara 174.29), è probabile che la forma originaria dell'appellativo fosse appunto *mocor; si noti infatti la Punta Mocorrái (Torpè). La connessione, fatta da M. L. Wagner (DES II 122) e J. Hubschmid (StS num. 28, ThPr II 53), dell'appellativo sardo con appellativi di altre lingue (basco e lingue balcaniche e caucasiche) mi trova molto perplesso. "Comunque sia, il carattere preromano della voce si può considerare come assodato", dice il Wagner (corrige DILS, LISPR).- Il villaggio è citato nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 2, 208), compare fra le parrocchie della diocesi di Terralba che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 448, 1404, 1913, 2441) e poi tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS 841/1). Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (136.19; 200.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Mogoris

Molentargius, is, (Molentárgius) (stagno fra Cagliari e Quartu) - Questo idronimo significa «gli asinai o conduttori di asini» e deriva dall'appellativo molènte/i «asino», letteralmente «che gira la mola», a sua volta dal lat. molere «macinare» (DILS). In passato in quella zona i conduttori di asini erano molto numerosi e indispensabili per il trasporto del sale che veniva estratto dalle saline vicine (CS 66).- Considerata la stretta connessione che si vede intercorrere fra Molentargius ed Assinarium (probabilmente *Asinarium), nome di un centro abitato che l'Anonimo Ravennate (26, 25) cita immediatamente ad oriente di Cagliari, è lecito supporre che questa fosse una seconda denominazione del villaggio di Quartu (vedi), oppure un suo sobborgo.

Monastir (Monastír, pronunzia locale Muristèni, Muristèĩ) (borgo della prov. di Cagliari). L’abitante Muristenesu - Il toponimo è la traduzione catalana dell'appellativo camp. muristèni, ant. muristeri (CV IX 2) «monastero», il quale deriva dal greco bizantino  monastéri(on) (LS 167) (cfr. Elmas).- Il monastero da cui il villaggio ha preso nome sarebbe stato dei Camaldolesi e le sue rovine si trovavano fino all'Ottocento nel sito detto su Fráigu «il Fabbricato», a circa tre chilometri dal villaggio odierno (V. Angius).- Le più antiche attestazioni che sono riuscito a rintracciare di questo villaggio si trovano negli elenchi delle rendite pisane nel Giudicato di Cagliari (RR 1316: 20, 30, 31f). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (134.1; 216.20) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Munisteris della diocesi di Dolia.

Monserrato (pronunzia locale Monserráu) (villaggio del Campidano di Cagliari) - Ha derivato il suo nome dalla catal. Madonna di Montserrat. Fino al sec. XIX il villaggio veniva chiamato Paúli o Paúli Pirri per essere distinto dagli altri chiamati ugualmente Pauli (vedi).- Il villaggio fece parte della curatoria del Campidano di Cagliari, detta anche di Civita. Esso è citato come oppidum Paulis nella Chorographia Sardiniae (212.4) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

Monteponi (frazione di Iglesias) - Il toponimo compare nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 392, 1040, 1041, 1042, 1058) nelle forme di Monte Paone, Monti de Pony, Monty de Pony, Montybony, rispettivamente per gli anni 1324, 1638, 1640, 1648. Queste forme offrono una buona certezza circa il suo significato: «Monte (del) Pavone». Il secondo componente corrisponde al log. paòne, camp. pòni «pavone», che deriva dal lat. pavo,-onis «pavone» oppure dal corrispondente ital. (DILS). Forse qualche vicina cima di monte veniva vista dagli abitanti della zona come la figura di un pavone.

Morgongiori (pronunzia locale Mragaxòri) (villaggio della prov. di Oristano). L’abitante Mragaxoresu - Il toponimo corrisponde all'appellativo camp. margangioni, mragangiòĩ «mucchio di pietre, sassaia», toponimo Margangioni (Uras); si tratta di un relitto sardiano o protosardo probabilmente da confrontare – non derivare – con l’ital. marga, margone «marna» (roccia calcarea schistosa di argilla e dolomite), voce già prospettata come “mediterranea” (DEI, AEI) e forse da connettere con maragoni «fessura di roccia» (M.P., DILS, LISPR).- La più antica attestazione che sono riuscito a rintracciare di questo centro abitato è quella dei villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 842/1). Inoltre esso è citato nella Chorographia Sardiniae (136.17,18; 200.19) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Morgongioris della diocesi di Terralba. (Day 78).

Morimenta (frazione di Mogoro, OR) – Il toponimo corrisponde all'appellativo monumentu, molimentu «tomba antica, tomba di gigante», «mucchio tombale di pietre innalzato dove qualche individuo è stato assassinato», che deriva dal lat. monumentum, monimentum (DILS), incrociato con muru «muro». In questo toponimo costituisce un fatto molto notevole la conservazione del plurale neutro latino monimenta

Mortorius, is, (pronunzia locale Mortróxus) (Quartu, CA) - Sito della costa meridionale dell'Isola, tra Capitana e Capo Boi. L'appellativo mortórju, mortórzu, mortróxu significa «strage, uccisione» ed anche «luogo dove è stato assassinato qualcuno». Forse nel toponimo quartese c'è il riferimento a uno scontro particolarmente sanguinoso fra i Sardi del sito e pirati saraceni sbarcati sulla costa.

Muravera (anche Muraèra, nell'Ottocento Murera, Morera) (villaggio del Sarrabus) – Probabilmente il toponimo corrisponde al nome di pianta o fitonimo muravera «senape» (Sinapis dissecta Lag.), letteralmente «mora selvatica» ("il colore bruno rossiccio del seme della senape nera ricorda il colore delle more"; NPS 235). Come toponimo esiste anche a Nùoro e a Sindia. Un toponimo Murabera è citato anche in una delle Carte Volgari campidanesi (CV II 2), ma di certo non si tratta del nostro villaggio. Inoltre, diversamente da quanto opina Pietro Sella, dico di nutrire parecchi dubbi sul fatto che una località Miraveto citata dalla scheda 1456 delle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia (RDS) corrisponda al nostro villaggio.- Pertanto la più antica attestazione sicura che sono riuscito a rintracciare di questo villaggio è quella che si trova nelle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 41) e dopo nella Chorographia Sardiniae (132.11; 212.25) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Muraverae.

Musei (Musèi) (villaggio dell'Iglesiente, nella valle del Cixerri).- È probabile che il toponimo derivi dal gentilizio lat. Museius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano ivi stanziato (UNS 163) - In epoca romana sarà diventato un centro abitato importante, come proverebbero – secondo la testimonianza dello Spano (VSG) - «i grandiosi ruderi o fondamenta che vi si trovano di pietre smisurate, dove si scuoprono oggetti di bronzo, spade e monete».- Il villaggio è citato come Musej negli elenchi delle rendite pisane nel Giudicato di Cagliari (RR 1323, 347) e come Musey in due documenti del Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 435, 593) rispettivamente degli anni 1355, 1436, e inoltre in uno del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 714/1,2) dell'anno 1340. Questa forma del toponimo con la finale -j oppure -y ci assicura che il toponimo si pronunziava con l'accento sulla vocale precedente (Musèi) (cfr. Allai, Gerrei, Gorofai, Ulassai, Ussassai).- Il villaggio, appartenente alla diocesi sulcitana, è citato, ma come disabitato, nella Chorographia Sardiniae (216.7) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

Nágula (Busachi) «nacchera»; náccara, niáccara, gnáccara, náqula «nacchera, crotalo, penna marina», «perlina di collana o del rosario», «persona piccoletta», che deriva dal corrispondente ital. (DILS, NVLS).  

Narba, Monte Narba (Muravera) (DES II 606/2) da marba «malva».

Narbolia (pronunzia effettiva e della zona: Narbolía, Narabulía, Marabulía) (villaggio della prov. di Oristano). L’abitante Narboliesu – Il toponimo corrisponde al fitonimo o nome di pianta camp. narbóina, narbaónia (f.) «malvavischio» (Althea officinalis L.; NPS 373), attraverso le forme *narboína, *narbonía. Esso letteralmente significa «malva bovina» e deriva dal lat. malva + bovina (DILS). Il villaggio dunque ha derivato il suo nome dalla particolare presenza, in origine, della citata pianta nel sito in cui è sorto.- Esso è citato nella Carta di donazione di Pietro d’Arborea del 18 gennaio 1228 (?) nella forma di Narbolia (CREST XVII 84) e nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 21, 25, 33, 99) nella forma di Nurabulia. Invece, tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388, compare nella forma di Nurapulie, Nurapulia (CDS I 840/1,2), la quale probabilmente deriva da una paretimologia o etimologia popolare che vi ha visto la presenza dell’aggettivo pulía «pulita».- Il villaggio è citato anche nella Chorographia Sardiniae (194.12) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Narboliae della diocesi di Arborea e della curatoria di Milis. 

Narcao (Narcáo, pronunzia locale Narcáu) (villaggio del Sulcis) - In virtù di alcune antiche citazioni di questo villaggio sono in grado di presentare la verosimile etimologia del suo nome: Noracato delle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia, del sec. XIV (RDS 588) e Nuracau del Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 1062, anno 1684). Però esistevano nel Medioevo altri due villaggi sardi chiamati nello stesso modo: uno, Nuracati, presso Porto Torres (CSPS 62), l'altro nella zona di Sestu e nella diocesi di Dolia, chiamato Noracato e Nurocato nelle Rationes (RDS 644, 2364) e Nuracadi nelle Carte Volgari campidanesi (CV XIV 7, anno 1215). Orbene, siccome tra Sestu e Serdiana esiste tuttora una Bia Nuracada, che si interpreta facilmente come «strada murata», ossia "lastricata" (lastricata dai Romani) (UNS 44; cfr. Nurache), siamo indotti a ritenere che ciascuno dei tre villaggi di Noracatu in origine si chiamasse caminu nuracadu = «cammino lastricato», con riferimento a un tratto di strada romana in cui erano situati. Il toponimo Nuracatu dunque probabilmente significava «lastricato» ed è un participio passivo di un verbo che esiste tuttora nel dialetto di Nùoro: annur(r)acare «ammucchiare pietre» (OPSE 220; DILS).- Il nostro villaggio, appartenente alla diocesi di Sulci, è citato, ma come distrutto, nella Chorographia Sardiniae (214.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

Neapolis (prov. di Oristano) - Antica città della Sardegna, posta nella parte meridionale del golfo di Oristano, nel sito ora chiamato di Santa Maria de Nábui (che deriva appunto da Neapolis). Come dice chiaramente il suo nome greco di Néa Pólis «Nuova Città» e come hanno confermato i ritrovamenti archeologici effettuati nel sito e nella zona, si trattava di una fondazione greca, probabilmente fatta dalla grande colonia focese di Marsiglia, come emporio o mercato in cui commerciare coi Sardi. Ed infatti nel golfo di Oristano e precisamente a Tarrhos sono state trovate due iscrizioni funerarie in lingua greca appartenenti a due cittadini di Marsiglia, molto probabilmente commercianti (Pais, Prerom. 309 nota 6).- La tesi comunemente ripetuta, secondo cui Neapolis non fosse altro che la traduzione di una locuzione fenicia o punica Qrthdšt «Città Nuova», va respinta con decisione, sia perché non se ne è mai neppure tentata una dimostrazione, sia perché anzi è contraddetta da numerose e consistenti considerazioni (UNS num. 9).- Il fatto che nel sito di Neapolis sia stato rinvenuto anche materiale fenicio-punico significa solamente che pure là erano arrivati anche i Punici o Cartaginesi.- Lo scrittore latino Palladio Rutilio (de Agr. IV 10, 16) celebra la fertilità del territorio di Neapolis, dove possedeva dei fondi (Pais, Rom. 517-518).- Probabilmente la più antica attestazione della città in epoca medioevale è quella del Condaghe di Bonarcado (CSMB 74), dove si parla di un Trogotori de Napoli.- G. F. Fara, Chorographia Sardiniae (anni 1580-1589) cita parecchie volte Neapolis, ma come città distrutta.- Presso l'antica Neapolis sono da localizzare le foci del riu de Pabillonis, chiamate dal geografo greco-alessandrino Tolomeo Hieroû Potamoû ekbolaí «foci del Fiume Sacro». Questo viene detto “Sacro”, probabilmente perché in esso confluivano le acque termali di Sardara, ossia le Aquae Neapolitanae, ora di Santa Maria de is Aquas

Nebida (Nébida) (frazione di Iglesias) - Il toponimo corrisponde al fitonimo o nome di pianta nébida «nepitella» (Satureja calamintha), il quale deriva dal lat. nepeta (CS 46; NPS 135; DILS). Il piccolo centro urbano dunque ha derivato il suo nome dalla particolare presenza, in origine, della citata pianta, che vi cresce tuttora in maniera spontanea.- Il centro abitato è ricordato come distrutto da G. F. Fara, Chorographia Sardiniae (214.15) per l'anni 1580-1589. Vedi però DILS, LIOE.

Neoneli (pronunzia locale anche Neuneli) (villaggio del Barigadu in prov. di Oristano). L’abitante Neunelesu – Il paese è citato come Neunelli fra le parrocchie della diocesi di Santa Giusta che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 418, 1374, 1634, 1837, 2462; forme errate in 965 Nomielli, 2813 Noneli); però nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 845/1) compare fra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 nella forma di Leunelli. Essendo quest’ultima citazione di poco posteriore a quelle precedenti, non si oppone alcuna difficoltà perché io privilegi questa forma Leunelli. E sostengo che questo è un toponimo sardiano o protosardo [come indizia il suo suff. -el(l)-], probabilmente da riportare all’altro Leune (Aidomaggiore), che letteralmente significa «leone» (esiste tale e quale anche nella lingua etrusca; DETR), il quale è un altro dei nomi tabuistici della «volpe», però al diminutivo. Pertanto Neoneli, Neuneli probabilmente significa «leoncino» (corrispondendo dunque al cognomen lat. Leonilla «leoncina»; RNG) e, per metafora, «volpicina, piccola volpe». Si vede facilmente che la forma del toponimo Neunelli è l’effetto di una dissimilazione fra le due consonanti liquide esistenti in Leunelli. Cfr. leori, liori «volpe», nome tabuistico che corrisponde al nome pers. Liori, Lioni, Leori, Leoni «Leone» (DILS). Vedi inoltre Lionisa (Sedilo), Launisa (Atzara).- Infine segnalo che un toponimo Neoneli, Neunele esiste anche fra Orani e Sarule ed anche a Loculi.- Il villaggio inoltre è citato nella Chorographia Sardiniae (138.8; 196.8; 198.16) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Neonelis della Parte di Barigadu (vedi). Probabilmente Santa Maria di Olisai di Neoneli ha dato origine al coronimo Mandrolisai (vedi).

Nercone, su, (Urzulei), Ercone, su, (Galtellì, Lula, Onanì), S’Ercone (Dorgali), s’Erqone (Mamoiada), su Serqone (Oliena), Suelqone (Orgosolo, dolina): toponimi che corrispondono all'appellativo ircone «becco, caprone», che deriva dal lat. hirco,-onis «becco, caprone» (nella catena carsica della Sardegna centro-orientale i pastori erano soliti tenere i caproni rinchiusi in doline, in attesa di liberarli per coprire le capre al momento opportuno). In subordine potrebbe corrispondere ad arcone «cervo o muflone di un anno» (che deriva da arcu «arco» a causa delle corna a forma di arco (M.P.; corrige TSSO 533). 

Neulacoro (Neulahòro, Baunei e Urzulei; Neulagòro, Talana) - Quasi certamente si tratta di un plurale del fitonimo o nome di pianta sardiano o protosardo neulache, neulaghe, neulaxi «oleandro», il quale è da confrontare - non derivare - col lat. lebrace, librace, biblace «oleandro» (di origine ignota e quindi probabilmente “fitonimo mediterraneo”) (UNS 49, DILS, LISPR, LICS II 22)

Nieddái (Arzana), Nieddesi (Perfugas), Nieddí (Bauladu, Narbolia), Nieddía (Escalaplano), Nieddíe (Dorgali), Nioddío (Abbasanta): toponimi sardiani o protosardi (suffissoidi, suffissi e ossitonia), da connettere col (neo)sardo nigheddu, nieddu-a «nero-a» e da confrontare – non derivare – col lat. niger, nigra,-um, nigellus, nigraster (suffissi -ell-, -st-), che è di origine ignota (DELL, DELI, Etim). I toponimi significherebbero «oscuro, ombroso-a» od «oscurità, ombra» (M.P.; corrige TSSO). Il vocabolo dunque sarebbe esistito in Sardegna, nella lingua sardiana o protosarda, prima che i Romani vi importassero il loro.

Nora (prov. di Cagliari) - Grande città della Sardegna antica, situata sulla costa occidentale del Golfo di Cagliari, nei pressi immediati di Capo Pula, nel quale restano tuttora numerosi ed imponenti resti di origine punica e romana. La nascita del centro abitato in questo sito andrà spiegata, oltre che per i soliti motivi di pesca, estrazione del sale e di commercio, per i giacimenti di minerali dei dintorni, quelli accennati da Vittorio Angius nella voce Pula.- Anche per questa città, proprio come per Bosa, Cagliari, Sulci e Tharros (vedi), gli archeologi affetti da feniciomania hanno sostenuto con grande superficialità la tesi che in origine Nora fosse una fondazione fenicia. Essi hanno sorvolato sul fatto che nella cerchia cittadina si trova tuttora un pozzo sacro nuragico, sono stati rinvenuti una navicella e uno stiletto nuragici, un sasso costruttivo di nuraghe inserito nel muro del tempio punico di Tanit, elemento che probabilmente apparteneva a quel nuraghe che era situato nell'istmo fino a circa 60 anni fa e che è stato distrutto completamente per la costruzione di una stazione militare (UNS 90; OPSE 116, 144, 153, 267).- Due scrittori antichi Pausania (X 17, 5) e Solino (IV 1) sostengono che Nora era stata fondata da Norake, che sarebbe arrivato in Sardegna dall'iberico Tartesso, ma si vede subito che questa non è altro che una favola eziologica, determinata dalla assonanza del nome della città con quello del monumento caratteristico della Sardegna, il nurache . Senonché in esatti termini linguistici è evidente che il nome personale Norake deriva da Nora e non viceversa, proprio come avviene per il nome personale Romolo rispetto a Roma. In questa favola eziologica l'unica cosa vera sarà stato il riferimento alla Iberia, terra con la quale la nostra isola ha avuto rapporti antropici e culturali probabilmente anche prima dell'arrivo dei Sardi dalla Lidia, nell'Asia Minore (cfr. Sardegna, Serdiana, Sardara).- Venendo alla questione dell’etimologia del toponimo, in termini di linguistica storica, se si privilegia la forma Nora, si deve segnalare che due città chiamate Nora esistevano anche nella Cappadocia e nella Frigia, cioè sempre nell'Asia Minore. Se invece si considera che nel romano «Itinerario di Antonino» (85.2,3) la nostra città è chiamata per due volte Nura e inoltre che in documenti medioevali il toponimo compare come Nur(r)as (RDS 492, 1470, 1537, 1806, 2140, 2397), si vede subito che il toponimo si connette col coronimo Nurra (vedi). Ciò premesso, si può con prudenza prospettare che Nur(r)a corrisponda all’appellativo sardiano o protosardo nurra «catasta o mucchio di pietre o di legna» (centr. e barb.) (DILS) e più precisamente abbia derivato la sua denominazione dall’”altura del Coltellazzo”, che si staglia isolata nella zona, sembrando appunto un “mucchio” o “cumulo”, e che fu la più antica acropoli della città (Meloni, Rom.² 268).- C’è infine da considerare che è molto probabile che i Nurritani, ricordati in epoca classica come componenti una cohors militare romana operante nella Mauritania Cesariense, fossero originari di Nora oppure della Nurra (UNS 27-28).- Quasi certamente Pula (vedi) è l'erede diretta di Nora, i cui abitanti dovettero abbandonare la loro città a causa delle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni, rifugiandosi verso l'interno. 

Nuge trotta, sa, (Arzana): «il noce storto».

Nughedu Santa Vittoria (villaggio della prov. di Oristano) - Anche questo toponimo è chiaramente ibrido, ossia mezzo sardo e mezzo italiano. L'etimologia del primo elemento è del tutto sicura: deriva dal lat. nucetum «noceto, sito di noci» (REW 5981). Dunque il villaggio ha derivato la sua denominazione dalla particolare presenza, in origine, di alberi di noci nel sito in cui è sorto; proprio come è avvenuto per Nuchis, Nuoro, Nughedu San Nicolò e Nuxis (vedi). La specificazione di Nughedu Santa Vittoria – derivata da quella che era la santa patrona del villaggio - si è resa necessaria per distinguerlo da Nughedu San Nicolò, nella prov. di Sassari (vedi).- Il villaggio di Nuchedu è citato nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 175), compare fra le parrocchie della diocesi di Santa Giusta che nella metà del sec. XIV versavano le decine alla curia romana (RDS 961, 2463). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (196.6) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Nuceti della curatoria del Barigadu (vedi).

Nuraceddèa (Gesturi): toponimo che potrebbe significare «nuraghe della Dea», con un riferimento alla destinazione religiosa di quel monumento. 

Nurachi (villaggetto del Campidano di Oristano). L’abitante Nurachesu - Il toponimo corrisponde al nome del monumento classico della civiltà nuragica: nurache (centr.), nuraghe, muraghe (log.), nuraxi (camp.), nuracu (gallur.). Questo risulta essere un aggettivo sostantivato dell'appellativo mur(r)a/nur(r)a «mucchio, mucchio di pietre, muriccia, muro» e anche «nuraghe», che è da confrontare - non derivare - col lat. murus, moiros, moerus «muro» (di origine ignota, ma già indiziato come di origine etrusca; DELL, DELI). Pertanto il significato originario del vocabolo nurache sarà stato quello di «(edificio) murario» oppure «(torre) in muratura» (OPSE 219-220; LISPR).- Siccome altri villaggi sardi hanno derivato il loro nome dal nuraghe (vedi Nuragus, Nuraxinieddu, Nureci), è piuttosto difficile individuare e distinguere in maniera esatta le loro attestazioni nei documenti antichi.

Nuragoga (Giba): toponimo che probabilmente è un incrocio degli appellativi nuraghe x sinigoga «strega». Cfr. nuraghe Siligogu (Silanus) (SN 123). 

Nuragus (villaggio della Parte di Valenza) - Il toponimo è di facile spiegazione etimologica: si tratta di un plurale campidanese, il quale fa riferimento ai numerosi nuraghi che si trovano nel territorio del villaggio: ben 14 .- Il villaggio, appartenente alla diocesi e al giudicato di Arborea, è citato nel testamento di Ugone III di Arborea dell'anno 1336 come Noragus e inoltre tra i villaggi che sottoscrissero l'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni di Aragona del 1388 (CDS I 705/1, 836/1) come Nuragus. Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (134.7) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Nuragus.- Esiste in Sardegna una «varietà d'uva» chiamata nuragus, probabilmente perché i suoi grappoli, a forma di tronco di cono e con gli acini strettamente uniti, somigliano a un nuraghe (CVS² 334). E per ciò questo appellativo non ha praticamente nulla da fare col nostro toponimo. (Day 81). 

Nurallao (Nuralláo, pronunzia locale Nurádda) (villaggio della Parte di Valenza). L’abitante Nuraddaésu - Il toponimo corrisponde agli appellativi sardiani muradda «rudere di muratura» (gallur.; VTI), muragadda o mugoradda «pietraia, mucchio di pietre, anche effetto dello spietramento dei terreni; casa diruta» (Bitti, Nùoro) (DILS), nonché ai toponimi sas Mugaraddas (Orune), Muradda (Bortigali), Nuragaddu (Porto Torres), Nuradda (Esterzili), Nuraddéi (Gonnosfanadiga, Samatzai), Nuraddèo (Suni) (suffisso e suffissoide) ed è da confrontare – non derivare - coi lat. murus, moiros, moerus «muro» (di origine ignota, ma già indiziato come di origine etrusca; DELL; DELI) (cfr. Nurachi). Il villaggio di Nurallao dunque probabilmente deriva la sua denominazione dal fatto che in un certo periodo della sua storia sarà entrato in crisi per spopolamento oppure per guerre con la vicina Valentia, divenendo in larga misura una «pietraia» (cfr. Nuraminis). Ed infatti esso non risulta citato nella Chorographia Sardiniae di G. F. Fara (anni 1580-1589). La più antica attestazione del villaggio che sono riuscito a rintracciare si trova nell'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni di Aragona del 1388 (CDS I 838/1) come Nuradau. Questa forma grafica, assieme con quella ufficiale odierna Nuralláo, ci persuadono che il toponimo in origine suonasse esattamente *Nurallá/*Nuraddá, cui in seguito si è aggiunta una vocale paragogica od epitetica per eliminare l'accento ossitono.

Nuraminis (Nuráminis) (villaggio del Medio Campidano). L’abitante Nuraminesu - Il toponimo è quasi certamente ibrido, composto dell'appellativo sardiano o protosardo mur(r)a/nur(r)a «mucchio, mucchio di pietre, muriccia, muro» e del suffisso neolatino e neosardo, anche di valore lievemente dispregiativo, -mini, -mene. Il suo significato pertanto sarà stato quello di «pietrame», lasciando intendere che in un certo periodo della sua storia il villaggio sarà entrato in crisi per spopolamento, divenendo in larga misura una «pietraia» (cfr. Nurallao).- Il villaggio è citato parecchie volte come Noramen, Noramine e Noraminis fra le parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 485, 1526, 1573, 2148, 2396, 2487) e come Nuramine, Noramine e Nuramini nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 197/1 anno 1119, 382/2 anno 1263). La -s finale è di certo quella del genitivo di una trascrizione in latino medievale: cfr. RDS 1526: Item a rectore ville Nuraminis ecc.- Il villaggio era capoluogo della omonima curatoria e anche come tale è citato nella Chorographia Sardiniae (134.9; 210.22,25) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

Nurampee - Antico villaggio della diocesi di Arborea, citato nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna (CDSS I 60), la cui individuazione è possibile in virtù del toponimo Nurampei, che esiste tuttora nel territorio di Ruinas (OR). Probabilmente il toponimo è da svolgere in Nura in pee/pei e da interpretare come «nuraghe (ancora) in piedi». Questo toponimo richiama l'altro Nurapè di Bonorva, il quale molto probabilmente è interpretare nello stesso modo.

Nuraxi Figus (frazione di Gonnesa, Iglesiente) - Questo toponimo significa chiaramente «Nuraghe (dei) Fichi» (alberi). Vedi Nurachi.

Nuraxinieddu (frazione di Oristano) Il toponimo è composito, per cui si sarebbe dovuto scrivere meglio Nuraxi Nieddu. Il suo significato è del tutto trasparente: «Nuraghe nero» (niéddu «nero» dal lat. nigellus), quasi certamente chiamato in questo modo perché costruito con massi di trachite nera. Non ci risulta che di questo nuraghe resti qualche traccia, ma questo fatto non deve recare stupore perché da lunga data i nuraghi sono stati usati come cave di pietre da adoperare per la costruzione delle abitazioni private, particolarm quelli vicini ai villaggi.- Il centro abitato è citato nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 92, 162, 132) come Nuraginiellu e Nurageniellu, e parecchie volte nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 164/2, 165/1, 165/2 [Nuracinigellu], 843/1) (CREST XII 15, 45: XIII 5, 10, 15, 19, 24; XIV 132, 24). Inoltre compare, in forme grafiche spesso errate, tra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 361, 919, 1335, 1597, 1882, 1968). Vedi Nurachi.

Nureci (villaggio della Parte di Valenza in prov. di Oristano). L’abitante Nurecesu - Anche questo toponimo corrisponde al nome del monumento classico della civiltà nuragica: il nuraci, nuraxi (variante camp.). La differente vocale tonica del toponimo rispetto a quella dell'appellativo si spiega col fatto che nell’antichità esisteva di certo anche la pronunzia sdrucciola núraxi (cfr. i toponimi Núrahi di Dorgali e Nurki della Nurra) (UNS 49), per cui la seconda vocale risultava atona e perciò piuttosto debole (cfr. Nurcar, Nurechi, Nurige). D'altrone si può individuare anche un suffisso sardiano o protosardo -ec-, -ek- anche nei toponimi: Cargeghe, Monteghe, Nuréchi, Murrecci, Pedrecche, Saurrecci.- Nureci è citato fra i villaggi che sottoscrissero la pace tra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 838/1). Ed è ricordato da G. F. Fara, Chorographia Sardiniae (196.25, anni 1580-1589) come oppidun Norecis della Parte di Valenza.

Nurri (villaggio della curatoria di Siurgus). L’abitante Nurresu - Propriamente questo toponimo costituisce la forma camp. dell'appellativo centr. e barb. nurra «catasta o mucchio di pietre o di legna»; nurre «stalluccio per il maiale» (Posada, Siniscola); nurrighile «recinto invernale per il bestiame». Pertanto a me sembra possibile che il villaggio abbia derivato la sua denominazione dal vocabolo nurre «recinto per bestiame», indicando un antico ovile come centro originario del villaggio.- In via largamente subordinata prospetto anche l'ipotesi che il villaggio abbia derivato il suo nome dall'importante vulcano spento di Mont’ ‘e Pranu Muru o Pitziogu (= «Punta di fuoco»; metri 764 sul mare), che si trova alle sue spalle e che dà l'impressione di un immenso «mucchio di rocce».- Il villaggio è citato nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Sardegna e la S. Sede (CDSS I 44); poi nelle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 71, 72), dove si parla di un certo Petrus de Nurri. Ancora il villaggio compare fra le parrocchie della diocesi di Dolia che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 622, 1508, 2197). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (132.7; 218.3) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come villaggio della curatoria di Siurgus.

Nuxis (villaggio del Sulcis). L’abitante Nuxesu - La derivazione del toponimo è del tutto certa e chiara: corrisponde all'appellativo camp. nuxis «noci» (al plur.), il quale deriva dal lat. nuce(m) (DILS). Il villaggio dunque ha derivato il suo nome dalla presenza, in origine, di alberi di noce nel sito in cui è sorto; proprio come è avvenuto per gli altri centri abitati Nuchis, Nughedu San Nicolò, Nughedu Santa Vittoria, Nuoro (vedi).- Le più antiche attestazioni che sono riuscito a rintracciare di questo piccolo villaggio si trovano nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis come Nugis e Nuxis, in documenti degli anni 1488, 1513, 1684 (CDE 770, 822, 1062). In quest'ultimo documento però risulta come villaggio distrutto, di certo distrutto dalle solite, continue e feroci, incusioni dei pirati saraceni. (Day 54).

Ogliastra (pronunzia effettiva Ozástra od Ollástra) - Questo coronimo indica la subregione della Sardegna situata fra il massiccio del Gennargentu e la costa orientale dell'Isola. Esso corrisponde all'appellativo ozastru, ollastru, ollastu «olivastro, olivo selvatico», che deriva dal lat. oleastru(m) (DILS), significando pertanto «zona di olivastri». E c'è da supporre che in origine il toponimo indicasse una zona assai ristretta, la quale però col passare del tempo ha allargato la sua valenza semantica, finendo con l'indicare una intera subregione.- È da respingersi con decisione la spiegazione, che risale ai cartografi medievali e anche al Fara (Chorographia Sardiniae 72.9) (V. Angius, s. v.), secondo cui Ogliastra deriverebbe dal nome dell'Isola di Agugliastra, posta al centro del Golfo di Arbatax (vedi).- Un toponimo Ozastra esiste anche nell’agro di Lodè, di Padria e di Sagama.

Oládiri, Boládiri (Monastir/Sestu) - Toponimo che ha lo stesso significato e la stessa origine di Baradili e Baratili (vedi). Il La Marmora (It. pg. 156) parla di un “Castello di Baratuli”.  

Olia Speciosa (frazione di Muravera)– Il toponimo significa «olivi splendidi» (sing. collettivo), in cui il primo componente camp. olía «olivo e oliva» (albero e frutto) deriva dal lat. oliva, il secondo speciòsa deriva dall'ital. specioso-a «appariscente, bello-a» (cfr. Villa Speciosa).

Olla, Parti (‘e) Olla (prov. di Cagliari) - Curatoria medioevale che comprendeva 6 comuni: Barrali, Dolianova, Donori, Serdiana, Soleminis, Ussana. Per la spiegazione etimologica del coronimo rimando a quanto ho scritto su Dolianova.- Probabilmente la sua più antica attestazione è quella che compare in un documento del 20 luglio 1219 riportato dal Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 336). 

Ollasta Usellus (villaggio della prov. di Oristano) – Il toponimo Ollasta corrisponde all'appellativo ollastru, ollastu, ozastru «olivastro, olivo selvatico», che deriva dal lat. oleastru(m) (DILS) e significa «zona di olivastri» (vedi Ogliastra). Usellus è il nome di un villaggio vicino, che era il capoluogo della curatoria e della diocesi di cui Ollasta faceva parte e che sino a qualche decennio fa serviva a distinguere questo villaggio dall'altro Ollastra Simaxis (vedi). Di recente al villaggio è stato imposto il nuovo nome di Albagiara (vedi).- La più antica attestazione che sono riuscito a rintracciare di questo villaggio è quella che si trova negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Usellus che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1386, 1646, 1852, 2302). Risulta poi citato fra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 841/2). Il villaggio appartenne al Giudicato di Arborea e alla Parte di Usellus e adesso appartiene alla diocesi di Ales.

Ollastra Simaxis (villaggio del Campidano di Oristano) – Il toponimo Ollastra corrisponde all'appellativo ollastru, ollastu, ozastru «olivastro, olivo selvatico», che deriva dal lat. oleastru(m) (DILS) e significa «zona di olivastri» (vedi Ogliastra). Simaxis è il nome di un villaggio vicino, che era il capoluogo della curatoria di cui Ollastra faceva parte e che sino a qualche decennio fa serviva a distinguere questo villaggio dall'altro Ollasta Usellus (vedi).- Nella forma di Oiastra il villaggio compare due volte nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 104, 170) e probabilmente anche nel Condaghe di Trullas (CSNT² 62). Risulta poi citato fra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 845/2) come Ugiastra. Nella Chorographia Sardiniae (136.34; 194.27) di G. F. Fara (anni 1580-1589) compare come Ollastrum e Oleaster della diocesi di Arborea.

Olossá(i) (Ula Tirso): toponimo da confrontare con l'altro Ulassái (vedi). 

Onnixeddu, s’, (località in agro di Pau) (errate le trascrizioni Sonnixeddu, Sennisceddu) - Il toponimo significa «il padroncino, il signorino», derivando da su (D)Onnicellu, Donnikellu, Donnigellu, a sua volta dal lat. dom(i)inicellu(m), che era la denominazione e il titolo dei figli o dei fratelli del Giudice (DILS). Evidentemente qualche figlio o fratello del Giudice di Arborea possedeva terreni nel sito. Vedi toponimi Donnicheddu (Onanì), Donnigheddu (Anela, Scano M.), Donniqeddu (Ollolai), Onnigheddu (Torpè).

Orga (Dorgali, fonte), Orgái (Orani, Oliena), Orghè (Urzulei), Orgúa (Villacidro), Orguè (Oliena), Orghe (Galtellì, Orgòsolo), Orghéi (Borore, Nùoro), Orgoái (Galtellì, Gavoi, Orgosolo), Orgói (Fonni, Oliena, Orgosolo, Orosei), Orgomonte (Orani; = orga ‘e monte), Urgái (Urzulei): toponimi sardiani o protosardi (ossitonia, suffissoidi) da riportare all'appellativo centr. orga, orghe «polla d'acqua, zampillo, sorgente» (anche temporanea, effetto di un acquazzone), relitto sardiano o protosardo forse da confrontare – non derivare – col greco orgá, orghé «umore, impulso» (M.P.). Vedi Orgula.

Orgula (Ula Tirso), Orgoli (Olzai), Orgolái (Gavoi, Orgosolo, Villagrande Strisaili), Orgoleddu (Riola), Orgolasi e Orgolosi (Orgosolo), Orgolesi (Torpè), Orgaliddái (Sarule), Orgolillái (Mandrolisai), Orgolo (Torralba, Urzulei), Orgolói (Villagrande Strisaili), Orgorillái (Tonara): tutti toponimi da connettere col diminutivo di orga, orghe «polla d'acqua, zampillo, sorgente» (M.P.). Vedi Orga.

Oridda (Domusnovas/Villacidro) – È una vallata, sulla quale Alberto La Marmora, parlando dei dintorni di Domusnovas, ebbe modo di scrivere: «Questa gran vallata ombreggiata da elci e da sugheri secolari, guarnita da robuste macchie di lentisco e di corbezzoli, conduce a quella di Oridda ai piedi di un gruppo di monti dei quali il Monte Linas è il punto culminante. Magnifica vallata, è rinomata nel paese per i suoi alberi, per la ricchezza in ferro e per la cacciagione, perché a più del cervo e del cinghiale vi si trova anche il muflone. Ma questa ridente contrada presto diventerà arida, perché ora in gran parte è assicurata ad uno speculatore straniero, vero Attila delle foreste della Sardegna, che dopo un anno o due ha portato la sua scure devastatrice sopra gli alberi della vallata d’Oridda e dell’altra vicina, detta salto di Gessa, senza che l’amministrazione superiore si dia carico dei gravi danni che cagiona al paese, perché il primo sarà quello del disseccamento delle sorgenti che formano il pregio della vallata d’Oridda».- Un giudizio così duro su una persona non lo si trova in alcun’altra delle numerose pagine che il La Marmora ha dedicato alla Sardegna: «vero Attila delle foreste della Sardegna». E per parte sua, e in nota, Giovanni Spano aggiunge: «Questo vastissimo salto ricco di alberi e di miniere venne ora acquistato dalla casa Modigliani. Vi si è scoperta recentemente una ricca miniera di calamina, ossia zinco; ma il proprietario sta seguitando a distruggere gli alberi per far carbonaje in iscala larga, con molto suo vantaggio. Vi si presentano dei vasti tratti disseminati di tronchi d’alberi nudi, quasi deplorando la loro vandalica devastazione» (Itinerario dell’isola di Sardegna, Cagliari 1868, vol. I, pg. 153). La famiglia Modigliani ricordata dai due studiosi era quella di Flaminio Modigliani, padre del famoso pittore livornese Amedeo Modigliani. E sono testimonianze e giudizi di due eminenti studiosi ed amanti della Sardegna, che non hanno bisogno di alcun commento.- Il toponimo Oridda, che esiste anche nel territorio di Sennori, è sardiano o protosardo (suffisso) e potrebbe significare «piccola contrada», potendo essere il diminutivo di oru «orlo, lembo, limite, margine, paraggio, luogo vicino, sito, posto» (DILS). Vedi Orái.

Oristano (pronunzia locale Aristanis, nei paesi vicini Aristaĩs (capoluogo di prov. e già capitale del Giudicato di Arborea). L’abitante Aristanesu, Aristaẽsu - La più antica attestazione di Oristano si trova nel geografo bizantino Giorgio Ciprio (Descriptio orbis Romani, dell'anno 604 circa, ediz. H. Gelzer, Lipsia, 1890, pgg. 35, 110-111, 683) come Aristianēs límnē «Stagno di Oristano». Per il vero il Gelzer e dopo di lui studiosi recenti hanno ritenuto di dover emendare la lezione límnē in limēn e interpretare dunque «Porto di Oristano». Ma anche io sono contrario a questo emendamento sia perché, come ha scritto il De Felice (CS 115) «Oristano poteva essere qualificata più facilmente dal vicino stagno che non da un porto che, in quell'epoca, o non esisteva o non doveva avere particolare importanza», sia perché la lezione límnē «stagno» è confermata da un autore del sec. IX, Leone il Sapiente, Graecorum Episcopatuum Notitiae (Patrologia Graeca, CVII c. 344) nella forma, errata nella prima lettera, di Xristianēs límnē.- C’è da premettere che la forma Aristianēs pronunziata alla maniera bizantina, cioè con la eta = [i], corrisponde quasi perfettamente alla pronunzia locale del nostro toponimo. Questo – a mio avviso – può derivare dal nome del mitico Aristeo, la presenza del cui mito in Sardegna è affermata da ben 7 autori antichi: Pseudo Aristotele, De mirab. ausc., § 100; Diodoro Siculo IV 82; Sallustio II, fr. 7; Silio Italico 365; Pausania X 17, 4; Solino IV 2; Servio, Georg. I, 14. Pertanto la su citata forma bizantina Aristianē presupporrà una locuzione lat. villa Aristaeiana «villa(ggio) di Aristeo». La più antica delle testimonianze, quella dello Pseudo Aristotele, riferisce due particolari significativi: parla di Aristeo come molto esperto in agricoltura (e ciò si adatta bene alla fertilità dell’Oristanese) e della presenza di molti e grandi uccelli (e questi saranno stati i fenicotteri degli stagni).- La più antica attestazione sarda del nostro toponimo si trova probabilmente in una carta arborense datata al 15 ottobre 1102, come Aristanis (F. C. Casula), che poi si ritrova anche come Arestanis, Aristanes nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 93, 167, 204, 205, 206), nel Condaghe di Silki (CSPS 242), nel Condaghe di Trullas (CSNT² 324) e nel Codice di Sorres (298). Oltre che in questi più antichi documenti medievali, ovviamente Oristano risulta citato in numerosi documenti successivi e ciò in virtù della sua qualifica di capitale del Giudicato di Arborea, della relativa diocesi e di una curatoria.- Pur derivando Oristano il suo nome probabilmente da un mito di epoca classica, risulta che il sito ha conosciuto lo stanziamento umano già dall'epoca del neolitico recente, dopo nell'epoca nuragica e infine in quella cartaginese. Probabilmente è da riportare alla fine del VII sec. a. C. una iscrizione etrusca VANA S, che vi è stata trovata e che io ho tradotto Vanius Sethre, con un gentilizio che è etrusco e pure latino e col noto prenome masch. etrusco (UNS 106).- Per la storia della città è molto importante precisare che essa è la erede diretta dell'antica Tharros, da cui nel 1070 - secondo l'attendibile notizia di Giovanni Francesco Fara (Chorographia Sardiniae, 190.20-30) - il Giudice di Arborea Orzoco Zori con quasi tutto il popolo, sicuramente per sfuggire alle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni, emigrò ad Oristano. Personalmente ritengo assai probabile che il nome del rione di Oristano Torángius, in plurale campidanese, derivi da un originario *Tharranios, indicando appunto gli abitanti di Tharros, che si era rifugiiati ad Oristano (CREST).

Oroè (Ardauli), Orái e Oroíne (Sedilo), Orídda (Domusnovas, Sennori, Villacidro), Oròe (Orosei), Orunaghe (Buddusò): toponimi da connettere - non derivare - con l'appellativo oru «orlo, lembo, limite, margine, paraggio, luogo vicino, sito, posto», órulu «orlo», oráines «vicino» (avverbio), il quale deriva dal lat. orum, ora, hora «limite, termine, margine, confine, lembo, orlo, contrada» (ThLL) e inoltre da confrontare col greco hórhos «confine, limite, termine» (di origine incerta), mentre la connessione vulgata dell'appellativo latino con l'altro os, oris «bocca» è da respingersi per la grave discrepanza semantica. L'esistenza dei citati toponimi, caratterizzati da ossitonia, suffissi e suffissoidi sardiani o protosardi, ci spinge a ritenere che il vocabolo esistesse già in Sardegna, nella lingua sardiana, prima che ve lo portassero i Romani (ONT 108, DILS, LISPR).

Orri, Villa d'Orri (presso Sarroch) - «Villa estesissima tra i villaggi di Capoterra e Sarocco, di proprietà del marchese di Villahermosa (...) Il suo territorio (...) estendesi lungo il mare per gran tratto e occupa non poche parti de' monti che sorgono prossimi», così nella metà dell'Ottocento scriveva Vittorio Angius, che prosegue dicendo che vi si trovava ogni genere di coltivazione, era un «luogo di pesca e di caccia. Carlo Felice, mentre era in Cagliari avealo scelto come luogo di sua villeggiatura, dove godesi nell'inverno d'una deliziosa temperatura, nella primavera d'una singolare amenità» (cfr. Vallermosa).- Il toponimo Orri si ripete in Sardegna almeno altre 12 volte (Monastir, Narcao, Nuraminis, Orani, Samassi, San Vito, Serramanna, Serrenti, Siliqua, Terralba, Villamassargia) (Orrì a Tortolì), inoltre trova riscontro nei seguenti altri toponimi: Orra (Burgos), Orrái (Fonni/Urzulei, Lula), Orre (Paulilatino, Sorradile, Zerfaliu), Orredda (Illorai, Nughedu S. Nicolò, Sassari), Orreddá (Aritzo), Orreddo (Silanus), Orreddu (Siliqua), Orriéri (Thiesi), Orrò (Ottana/Sedilo), ecc. Siccome questi toponimi sono quasi certamente sardiani o protosardi, caratterizzati come sono da alcuni particolari fenomeni strutturali (ossitonia e suffissi) e siccome la radice *orr- è frequente soprattutto nelle zone di prevalente coltivazione granaria, viene da pensare che esso sia da confrontare - non derivare - col lat. horreum «granaio». Questo vocabolo latino infatti è di origine ignota (DELL), ma in virtù del suo suff. -eu- potrebbe essere di origine etrusca. È dunque possibile che in Sardegna esistesse la radice *orr- «granaio» già prima che i Romani vi portassero il loro vocabolo horreum, il quale ha dato luogo al regolare sardo órriu «bùgnola», «granaio cilindrico fatto di canna intrecciata» (DILS) (cfr. Orria, Orrjos).

Orroli (pronunzia locale Arròlli ed Arròri) (villaggio della curatoria di Siurgus). L’abitante Orrolesu, Arrollesu, Arroresu - Il nome di questo villaggio è probabilmente da connettere coi toponimi seguenti: Orrolò (Osidda), Orrolotzi (Baunei), Orrilí (Lodè), Orrúle (Pattada), Orroale (Orgosolo), Oroèlle (Bitti), Arailo (Orani), Arráilo (Mamoiada), Arralái (Loculi), Arrèle (Laconi), Arrelia (Desulo), Arroléi (Senorbì), Arruiliè (Urzulei), Arraúle od Orroúle (Dorgali), Arrauli (Villagrande Strisaili), Araule (Ovodda), Oráule (Fonni), Riolè (Bottidda), su Dorròle (Galtellì) (accento, suffissi e suffissoidi sardiani) e da riportare al nome di pianta orròli, orròele, arròele, arròili, arròali, orròali «rovere», «roverella» (Quercus pubescens Willd.). Questo fitonimo è da confrontare - non derivare - col lat. robur,-oris «róvere» (indeur.; DELL, DELI) (OPSE 93, DILS II, LISPR). Sono troppo grandi le differenze fonetiche tra la forma del fitonimo sardo rispetto a quello latino per poter accettare la tesi di una derivazione del primo dal secondo. Dal fitonimo latino invece è regolarmente derivato il sardo róvulu «rovere». È dunque evidente che il fitonimo esisteva già in Sardegna, nella lingua sardiana o protosarda, prima che ve lo portassero i Romani. Dunque il villaggio ha derivato il suo nome dalla particolare presenza, in origine, di roveri nel sito in cui è sorto.- Probabilmente la più antica attestazione del villaggio si trova nel Condaghe di Bonarcado, dove si parla di individui nativi di Orroolo od Urroolo od Urrolo (CSMB 157a, 192, 194).- Il villaggio è citato nella Chorographia Sardiniae (132.32; 218.3) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Orroli della diocesi di Dolia e della curatoria di Siurgus.

Ortacesus (pronunzia locale Ottaccèsus) (villaggio della Trexenta in prov. di Cagliari). L’abitante Ortacesaju - Considerato che in Carte Volgari campidanesi dell'anno 1215 questo toponimo compare nelle forme di Ozrokesus, Ozzorkesus (CV XII 4; XIV 2; CREST X 14), ritengo assai verosimile e probabile questa sua spiegazione: significa «Orzochesi», cioè «Coloni di Orzoco». Questo era il nome di vari membri delle famiglie giudicali della Sardegna. Un Orzzocu de Lacon è citato nella Carta Volgare del 1130 (CV V 4), ma più spesso l'antroponimo ricorre nella forma di Arzzocu, Arçocu (CV III, IV, VI, VII, VIII, IX, X, XIII). Per questo antroponimo, che in altri documenti compare nelle forme di Orthocor ed Orzocor, io respingo l’ipotesi di una origine bizantina, perché non vi trova alcun fondamento, mentre lo riporto al fitonimo o nome di pianta sardiano o protosardo artiòccoro, icciòccoro, issòccoro, (i)stiòccoro, ittiòccoro, ciòccoro, thiòccoro «aspraggine» (Helminthia echioides; FPS, NPS 190) e «cardo dei lanaioli» (Dipsacus fullonum; FPS), che è da confrontare – non derivare - col greco kikhórion, kórkhoron «cicoria selvatica» (Cichorium intybus), «anagallide» (Anagallis arvensis L.; NPRA) di origine ignota (GEW, DELG) e quindi probabilmente “fitonimo mediterraneo” (OPSE 98, LISPR, NVLS). Vedi Ortiòccoro (Esporlatu).- Il nostro villaggio è citato nella Chorographia Sardiniae (216.26) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Ortagesis della diocesi di Dolia. 

Ortuabis (Meana) - Questo toponimo è da distinguere e da interpretare come ortu de abis «orto delle api». Probabilmente deriva la sua denominazione dall’esistenza nel sito di macigni che hanno la figura di altrettanti alveari ed esiste una leggenda locale che narra che si tratta appunto di alveari miracolosamente pietrificati a causa dell’avarizia del loro proprietario (vedi G. Spano a commento all’Itinerario dell’isola di Sardegna di A. La Marmora, I 231). Cfr. Bacu Abis.

Ortueri (villaggio del Mandolisai). L’abitante Ortueresu - Il toponimo è caratterizzato dal suffisso sardiano o protosardo -éri, che si constata negli appellativi eremeri «dafne gnidio», istieri «polline depositato nel miele», tonéri «rilievo tabulare dolomitico» e nei toponimi Liccheri (Ghilarza), Mattaleri (S. Lussurgiu), Oniferi (Comune di O.), Orgheri (Buddusò), Oroeri (Teti), Troccheri (Tonara), Tuveri (CSSO; DICS), Venathitheri (Mamoiada), ecc. Invece per la radice Ortueri si collega con altri toponimi, caratterizzati da suffissi o suffissoidi sardiani, in *ort-, il cui grande numero induce a ritenere che anche nella lingua sardiana esistesse una base *ort- «orto», già prima che i Romani portassero nell'Isola il loro appellativo (h)ortus (indeur.; DELL, DELI). La qual cosa viene confermata dal fatto che lo stesso appellativo esisteva anche nella lingua etrusca - imparentata con quella sardiana -, come dimostrano i seguenti vocaboli etruschi: hurtu, hurthu, urtu; Hurtina, Hurtate «nativo di Hurta» (= odierna Orte) (cfr. Olzai, Ortachis).- Siccome dei citati toponimi sembra che si possa interpretare Orgheri = «luogo di sorgenti» (da orga «polla d'acqua, sorgente»), Oroeri = «luogo di confine» (da oru «orlo, limite, margine, confine»), Troccheri = «luogo di rocce o di dirupi» (da troccu «rupe, dirupo»), Venathitheri (da venathu) = «luogo di polle d'acqua», si può con verosimiglianza dedurre che Ortueri in origine significasse «sito di orti».- Il villaggio di Ortueri è citato molto per tempo nei documenti medievali: compare già nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 112, 172, 205) e inoltre fra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 359, 930, 1333, 1596); risulta tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 846/2, però in forma palesemente errata Arcueri); e risulta nella Chorographia Sardiniae (138.18; 196.15) di G. F. Fara come oppidum Ortueris della Barbagia del Mandrolisai. 

Osini (pronunzia effettiva: Osíni ed Usíni) (villaggio dell'Ogliastra). L’abitante Osinesu, Usinesu – Anche per questo toponimo ritengo possibile che derivi dal gentilizio lat. Hosinius oppure dall’altro Usinius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano che vi aveva una villa «tenuta o fattoria» o terreni in genere. Però c'è da ritenere che i terreni di Osinio od Usinio fossero propriamente nella zona di Cardedu oppure nella vallata di Tertenia, mentre lui oppure, meglio, il suo liberto amministratore avesse la residenza in altura al fine di evitare i pericoli della malaria imperante a valle (cfr. Benetutti, Bono, Elini, Giave, Orani, Orotelli, Ottana). Questa spiegazione si adatta bene alla tesi di chi sostiene che alcuni villaggi ogliastrini in origine fossero nei bassopiani della costa orientale dell'Isola e che si siano trasferiti nelle pendici dei monti appunto per sfuggire alla infezione malarica e anche al pericolo delle continue e feroci incursione saracene.- Per la differenza sia dell'accento sia della terminazione, sembra doversi escludere che Osíni/Usíni sia da collegare con Úsini/Úsine (vedi).- Probabilmente la più antica attestazione del nostro villaggio compare nelle Carte Volgari campidanesi, in un documento dell'anno 1217, in cui esso sembra citato nella forma errata di Osono (CV XVI 3). In maniera certa è citato nelle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 98) nella forma di Uçini. Ed è ricordato nella Chorographia Sardiniae (220.12) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Ossini della diocesi di Suelli. Notevole è il fatto che il valico, molto difficoltoso, chiamato scala de santu Giorgiu di Osini sia ricordato nella «Leggenda di San Giorgio di Suelli», che è dell'anno 1117 («Archivio Storico Sardo», XV, 1924, pg. 80).

Othoca - Antica ed importante città della Sardegna, sostituita dalla odierna Santa Giusta, situata sulla riva dell'omonimo stagno. Finora tutti gli autori che si sono interessati di questo toponimo hanno accettato passivamente la tesi del Movers, secondo cui esso corrisponderebbe alla punica Utica dell'Africa settentrionale e pertanto significherebbe «(Città) Vecchia» (‘tq). Io non accetto questa spiegazione sia perché le si oppongono notevoli difficoltà fonetiche, sia perché Othoca risulta essere omoradicale con una lunga serie di toponimi sardi [es. Othaqe (Oliena)], che sono di sicura matrice sardiana o protosarda e che potrebbero corrispondere – non derivare - al fitonimo lat. odocos, odicus, odecus «ebbio» (Sambucus ebulus L.) (NPRA 176), che esiste anche in Sardegna (NPS 337). D'altronde è molto significativo il fatto che a Santa Giusta un cinquantennio fa è stata rinvenuta la tomba di un defunto, nel cui corredo c'erano pure «due stiletti in ferro nuragici, che potrebbero costituire le insegne di rango di un personaggio sardo» (UNS 115). Ma più importante è la circostanza che di recente, nel piccolo poggio della odierna cattedrale di Santa Giusta, è stata appurata l’esistenza di un nuraghe e di un villaggio circostante, assieme con numerosi reperti nuragici. È evidente che siamo di fronte a una nuova prova del fenomeno del sincretismo religioso nuragico-cristiano, dimostrato dalla costruzione di una chiesa cristiana nel posto e a sostituzione del tempio pagano costituito dal nuraghe. Inoltre non si può fare a meno di sottolineare, anche a proposito del nuraghe di Othoca, che i nuraghi li costruivano i Sardi Nuragici e non affatto i Fenici.- E infine propongo questa domanda: perché viene comunemente pronunziato Óthoca e non Othòca? Vedi Villaurbana

Ovolaccio (Desulo) - È uno dei tre rioni di cui consta il villaggio di Desulo (vedi). Siccome Giovanni Spano (VSG) presenta il toponimo nella sua antica pronunzia Aulácciu, è abbastanza facile e certo prospettarne l'etimologia: è il peggiorativo maschile dell'appellativo áulla, aúlla «arella, porcilaia», «stalluccio naturale od artificiale per scrofa figliata», probabilmente relitto sardiano o protosardo, da confrontare – non come derivato, bensì come imparentato geneticamente - col greco aulá, aulé «recinto per bestiame, corte, cortile», finora di origine incerta (DELI s. v. aula) [e dunque non è da connettere con árula «arella, porcilaia», che deriva dal lat. hara, *harula «stalla, porcile» (a Orgosolo esistono árula e aúlla, a Orosei árula e ulla)]; da confrontare inoltre col toponimo toscano Aúlla (Massa Carrara, Pontedera) (LELN 61).- Però per la forma odierna del toponimo sarà intervenuto, per etimologia popolare, l’ital. ovolaccio «ovolo malefico» (Amanita muscaria) (DEI, GDLI). 

Pabillonis (villaggio del Medio Campidano). L’abitante Pabillonesu – Il suo nome corrisponde all'appellativo lat. papilio,-onis «padiglione, tenda militare», in plurale campidanese. Queste “tende” saranno state sistemate da qualche reparto militare dei Romani stanziato nel sito. Però è ugualmente plausibile anche un'altra spiegazione e precisamente la derivazione del toponimo da una locuzione lat. (villa vel praedium) Papilionis «(tenuta o predio) di Papilione», nome di un proprietario romano corrispondente al cognomen lat. Papilio,-onis (in genitivo) realmente documentato, anche se non in Sardegna (RNG).- Il villaggio figura fra le parrocchie della diocesi di Terralba che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 433, 1096, 1400, 2435), è citato in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae dell'anno 1323 e figura tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (Codex Diplomaticus Sardiniae, I 664/1, 833/1). E compare nella Chorographia Sardiniae (200.31) di G. F. Fara (anni 1580-1589), il quale dice che il villaggio nell'anno 1584 fu distrutto dai pirati saraceni assieme con gli altri Fanadiga e Gonnos (vedi). (Day 74).

Palabanda (Cagliari); toponimo da intendersi come Pala 'e banda «costa di lato». È il costone di roccia che va dall'Orto Botanico all'Anfiteatro romano.

Palascái (Nurachi, zona di paludi) (suffissoide): è da confrontare - non come derivato, bensì come affine geneticamente - col tosc. falasca/o «denominazione collettiva di varie erbe palustri (giunchi, ciperacee, graminacee) utilizzabili in parte come foraggio finché molto giovani e in generale adibite a lettiera per il bestiame o usate come combustibile o per lavori di intreccio o impagliatura» (GDLI), "relitto mediterraneo" per il DEI 1585, per me “relitto tirrenico”.

Pallosu, su, (frazione di San Vero Milis, OR) - Località marina nel Capo Mannu, il cui nome significa letteralmente «pieno di paglia», cioè «pieno di alghe», derivando dal camp. palla «paglia, alga», a sua volta dal lat. palea (DILS).

Palma(s) - Il toponimo corrisponde all'appellativo palma, parma, pramma «palma», sia quella nana che quella dattifera e deriva chiaramente dal lat. palma. Della palma dattifera in Sardegna esistono esemplari ed una volta esistevano anche boschetti nelle vicinanze di Cagliari (DES II 208).- In passato esistevano in Sardegna ben 6 villaggi denominati Palma o Palmas (VSG; Day 159).

Palmas Arborea (villaggio del Campidano di Oristano) - Si trova a pochi chilometri ad est di Oristano ed è chiamato in questo modo per essere distinto dalle altre località o villaggi chiamati Palma o Palmas (vedi). Ai fini di questa distinzione nel Medioevo veniva chiamato Palma Maiori: vedi Rationes Decimarum Italiae, Sardinia, della metà del sec. XIV, fra le parrocchie della diocesi di Santa Giusta che versavano le decime alla curia romana (RDS 413, 963, 1371, 1631, 1840, 2458, 2510, 2812) e vedi anche Codice Diplomatico delle Relazioni fra la Sardegna e la Santa Sede (CDSS I 415). La più antica attestazione del villaggio però risulta nel Condaghe di Bonarcado, che lo cita come Palmas (CSMB 171). Vedi Arborea.

Palmas del Sulcis oppure Palmas Suergiu (frazione di San Giovanni Suergiu) - È chiamata in questo modo per essere distinta dalle altre località o villaggi chiamati Palma o Palmas (vedi). È quella da cui prende nome il Golfo di Palmas, tra la Sardegna propriamente detta e l'isola di Sant'Antioco. Il centro abitato viene chiamato Palma de Sulcio nelle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia, fra le parrocchie della diocesi di Sulci che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1038, 1492, 2125, 2216, 2325, 2418, 2831) e Palmas Suergiu nella scheda 2836. Ancora come Palma del Sulcis è citata numerose volte nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE pagg. 353, 374, 375, 377, 378, 572) e Palmas nelle pagg. 762, 1062. Risulta inoltre citata nel Codice Diplomatico delle Relazioni fra la Sardegna e la Santa Sede (CDSS I 46, 417). È pure ricordata nella Chorographia Sardiniae (214.16) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come castrum Palmae, però come villaggio ormai distrutto, distrutto dalle solite e feroci incursioni dei pirati saraceni.

Pardu Nou (frazione di Solarussa) – Il toponimo significa «Prato Nuovo» e deriva dal lat. pratu(m) novu(m) (DILS). Vedi Padru. 

Parendaddéi (Jerzu, Seui): = «regione situata sull'altro versante della montagna», (cfr. D. Ballicu, Miscellanea, Cagliari, 1972, pg. 151); parenda forse dal lat. pare(m) + inde (M.P.; manca nel DES); parenda a innòi «al di qua», parenda addéi «al di là» (Seui).

Paringianu (frazione di Portoscuso) - È molto probabile che il toponimo derivi da un aggettivo prediale romano, che potrebbe essere *Perenianu(m), tratto dal gentilizio lat. Peren(n)ius, realmente documentato, sia pure non in Sardegna (RNG).- Il centro abitato risulta citato in un documento del Codex Diplomaticus Ecclesiensis (762) del 1486. 

Pau (villaggio della prov. di Oristano), L’abitante Pauesu - È molto probabile che il toponimo derivi dal lat. pagus «villaggio, borgo».- Il villaggio è citato già nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 66, 79, 167, 207) e in vari documenti del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 196/2, 201/1, 235/1, 336/2, 841/2), tra cui nell'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388. Esso inoltre compare fra le parrocchie della diocesi di Usellus che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 338, 586, 981, 1388, 1648, 1854, 2304, 2803). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (202.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589). (Day 80).

Pauli (Paúli) - Corrisponde all'appellativo camp. paúli, log. paúle, padúle «palude», il quale deriva dal lat. padule(m) per palude(m) (DILS).- Parecchi villaggi e località della Sardegna si chiamano e si chiamavano in questo modo e in particolare Pauli Arbarèi, Pauli Gerrèi, Paulilatino, Pauli Pirri, Pauli Sizzanos, ecc. (CSSO, DICS s. v. Paulis). 

Pauli Arbarei (Paúli Arbarèi, nell'Ottocento Pauli Arbarè) (villaggio della Marmilla) - Il primo componente di questo toponimo corrisponde all'appellativo camp. paúli «palude», che deriva dal lat. padule(m) per palude(m) (DILS). Per il secondo componente c'è da considerare che a pochi chilometri da Pauli Arbarei esiste il villaggio di Villamar (vedi), che in passato veniva chiamato Mara Arbarei, per cui c'è da supporre che Arbarei fosse il nome di quella particolare porzione della Marmilla, che veniva così denominata per la grande quantità di alberi da frutto che vi si coltivava. Ed è anche possibile che da essa abbia derivato il suo nome l'intero Giudicato di Arborea (vedi).- Pauli Arbarei figura tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 844/1) come Pauli (erroneamente inteso da Pasquale Tola come Pauli Gerrei = San Nicolo Gerrei; vedi) ed è citato nella Chorographia Sardiniae (202.23) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Paulis Arbareae della diocesi di Usellus.

Pauli Pirri (Paúli) (prov. di Cagliari) - Fino al sec. XIX il villaggio veniva chiamato in questo modo per essere distinto dagli altri chiamati ugualmente Pauli. Adesso si chiama Monserrato (vedi) e ciò in onore della catalana Madona de Montserrat.

Perda 'e Sali (o Perd’ 'e Sali; errata la scrittura Perd' e' Sali) (frazione di Sarroch, CA) - Il toponimo letteralmente significa «pietra di sale», cioè «zolla di sale» e sicuramente fa riferimento a qualche sito della costa in cui era facile trovare del sale.- Il villaggio compare fra le parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 997, 1455, 1472, 1570, 1810, 2382). Ed anche la Chorographia Sardiniae (208.37) di G. F. Fara (anni 1580-1589) lo cita, ma come villaggio distrutto: oppidum Petrae Salis.

Perda Liana (Liána) (Gairo) - È certamente il più imponente picco di montagna della Sardegna: un torrione di roccia calcarea che si eleva per circa 100 metri su una base di forma conica, raggiungendo la considerevole altezza di 1293 metri sul livello del mare. Siccome risulta notevolmente isolato, esso si staglia nell'orizzonte di buona parte dell 'Ogliastra. In conseguenza di questa sua posizione a me sembra possibile che Perda Liana derivi da un originario *Perda Soliána, col significato di «pietra solatia o solare» (esiste realmente l'aggettivo soliánu-a «solatio-a», formatosi nell'ambito del neosardo; vedi Solanas). È probabile in somma che essa sia stata usata dai pastori e dai contadini come punto di riferimento temporale, cioè per conoscere le ore della giornata e i mesi dell'anno a seconda della posizione del sole rispetto a quel picco; insomma usata come “meridiana” od orologio solare. Il trapasso fonetico che postulo per il secondo componente del toponimo sarebbe: Soliána > *S'Oliána > *sa Liána > Liana. Questo aggettivo però non sarà stato molto antico, altrimenti avrebbe dato *Giana.- Ma c'è dell'altro e importante da dire: sulla cima della Perda Liana Alberto La Marmora (Itinerario, I 191) ha notato tracce di un nuraghe: ebbene, che senso avrebbe mai avuto l'esistenza di un nuraghe sulla cima di quel picco, che può essere raggiunto soltanto da provetti scalatori muniti di corde, nella ipotesi che i nuraghi fossero stati fortezze od abitazioni? Nella ipotesi invece della destinazione religiosa dei nuraghi – di cui io sono il più tenace sostenitore - il nuraghe sarà stato costruito sulla cima di quel picco in segno di omaggio alla divinità che spesso lo colpiva coi suoi fulmini, mostrando di rivendicarne il possesso (cfr. Gonare).

Perda Pera, sa, (Ogliastra) - Località sulla costa orientale della Sardegna, all'altezza di Jerzu. A mio avviso il toponimo va interpretato non «la pietra a forma di pera» come ha frainteso il De Felice (CS 33) (nessun sardo, parlando in sardo, dice pera invece di pira), bensì «la pietra (di) Pietro» (CSSO, DICS s. v. Pera), con riferimento al proprietario del predio oppure a qualche pescatore naufragato nelle vicinanze.

Perdasdefogu (Perdasdevógu) (villaggio dell'Ogliastra) - Per la coscienza linguistica dei sardofoni si tratta di un toponimo del tutto trasparente nel suo significato letterale: «pietre di fuoco» (per cui sarebbe stato meglio scriverlo Perdas de Fogu, come si faceva nell'Ottocento). I componenti pèrda «pietra» e fógu «fuoco» derivano rispettivamente dagli appellativi lat. petra e focus (DILS). Orbene, considerato che perda, pedra, preda de fogu significa in tutta la Sardegna «pietra focaia», si deve dedurre che il nostro villaggio ha preso nome dalla particolare abbondanza di rocce silicee, quelle che nel passato venivano usate, a schegge, come "pietre focaie". Infatti, come al solito, è stato puntuale Alberto La Marmora, che ha derivato il toponimo «dagli strati di selce nera che si trovano in una roccia calcarea della formazione carbonifera di questa località» (vedi Pedrasdefogu).- È molto probabile che risponda a verità la tradizione popolare secondo cui l’attuale villaggio sarebbe stato fondato dai sopravvissuti di un precedente villaggio situato sulla costa, distrutto dai soliti pirati saraceni o Barbareschi.- Ma il villaggio di Perdasdefogu veniva chiamato nell'Ottocento e lo è tuttora nella pronunzia locale, anche Foghesu. C'è da ritenere che questo aggettivo sottintenda un sostantivo, ad es. terrénu, terrinu, ed avesse pertanto il significato di «(terreno) siliceo».- La più antica attestazione che sono riuscito a rintracciare del villaggio di Perdasdefogu si trova nella Chorographia Sardiniae (132.10; 212.26; 218.22) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Petrae Foci della diocesi di Suelli.

Perdaxius (villaggio del Sulcis) - Il toponimo (che si scriverebbe meglio Perdaxus) corrisponde al plur. dell'appellativo camp. perdaxu «pietraia», il quale deriva dal lat. petra + ariu(m) (DILS).- Per gli anni 1580-1589 il villaggio è citato dal Fara, Chorographia Sardiniae (214.16) ma come distrutto: oppidum Petrargius. In un documento del 1684 del Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 1062) compare come Padrargiu.

Pesus (frazione di Perdaxius, CA) - Potrebbe forse significare i «pesi» del materiale minerario che si estraeve e si vendeva. Nel CDE 762 compare come Paesos.

Petra, Pedra, Perda, Preda Iscritta «pietra scritta», in parecchie località dell'Isola questo toponimo indica una pietra miliare di una strada romana oppure un cippo confinario fra una popolazione e l’altra o infine una lapide funeraria.

Pillonis, is, (frazione di Sant'Anna Arresi, Sulcis) - Si tratta del cognome della famiglia Pilloni, proprietaria di un cascinale (furriadroxu) al plurale. Questo cognome significa «gli uccelli» ed è il plurale dell'appellativo camp. pillòni «uccello», il quale deriva dal lat. *pullio,-onis (DILS). Cfr. iis Fonnesus, is Gannaus, is Loccis, is Pireddas, is Pittaus.

Pimentel (Pimentèl, pronunzia locale Plamantéllu, Pramantéllu; nell'Ottocento anche Pimentello, Pramentel) (villaggio della Trexenta). L’abitante Pramantellesu - Il villaggio trae il suo nome da una famiglia nobiliare spagnola Pimentel, la quale ebbe anche un Vicerè della Sardegna, don Girolamo Pimentel (CDS passim). Il villaggio sarà stato un feudo di questa famiglia.- Però io sono dell'avviso che il villaggio non sia di formazione recente, ma esistesse già da prima con un altro nome; e sarà stato uno di quei numerosi villaggi della curatoria della Trexenta, che il Fara, Chorographia Sardiniae, 216.28,29 (anni 1580-1589) cita come distrutti. E in effetti la presenza dell'uomo nel territorio di Pimentel risale almeno all'epoca prenuragica, come dimostrano le importanti domus de Gianas de s'Acua salida e di Corongiu ivi esistenti. 

Pireddas, is, (frazione di Santadi, Sulcis) - Si tratta del cognome della famiglia Piredda, proprietaria di un cascinale (furriadroxu) al plurale. Per il cognome Piredda si possono dare due differenti spiegazioni: 1ª) Può essere il diminutivo, indicante eventualmente la filiazione, del cognome Pira; 2ª) Può corrispondere all'appellativo femm. piredda «formaggio vaccino a forma di pera», che è il diminunito di pira «pera» (CSSO, DICS). È documentato in tutte le carte medioevale come Pirella. Cfr. is Fonnesus, is Gannaus, is Loccis, is Pillonis, is Pittaus.

Pirri (sobborgo di Cagliari). L’abitante Pirresu - È molto probabile che il toponimo derivi dall'antroponimo romano Pirrius o Pyrrh(i)us (RNG) (al vocativo) oppure dalla locuzione lat. (villa) Pirri «(tenuta) di Pirr(i)o» (in genitivo). Risulta accertato che in Sardegna numerosi Romani avevano il possesso di latifondi, che sfruttavano per mezzo di coloni e schiavi e che quasi sempre amministravano non direttamente, bensì con liberti, mentre essi continuavano a vivere a Roma o in Italia (UNS num. 11). L'antroponimo lat. Pyrr(h)us è documentato in una iscrizione rinvenuta a Cabras (OR) (ANRW B 59).- Il villaggio apparteneva alla curatoria e alla diocesi di Cagliari ed è citato in numerosi documenti medievali, ad es. nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 414/1, 420/1), nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Sardegna e la S. Sede (CDSS 461), in RR 1323, 428, in CREST VII 20, ed ovviamente nella Chorographia Sardiniae (212.4) di G. F. Fara per gli anni 1580-1589. (Day 15).

Piscinas (pronunzia effettiva Pixinas) (villaggio del Sulcis) - Il toponimo significa «piscine» (che deriva dal lat. piscina; DILS) e prende nome dalle «due copiosissime fonti termali» (V. Angius s. v. Villarius).- Il villaggio figura fra le parrocchie della diocesi di Sulci che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 597, 1031, 1495, 2129, 2220, 2321, 2414). Inoltre è citato nella Chorographia Sardiniae (214.17) di G. F. Fara (anni 1580-1589) ma come villaggio ormai distrutto o abbandonato, di certo a causa delle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni.

Piscu (Suelli, nuraghe): probabilmente «cestino», perché di questa forma; è da riportare all'appellativo pischeddu «cesto a forma sferoide», pischedda «scodella di legno per preparare il cacio o la ricotta, cascino», pischidda «pietra bucata su cui gira il perno di un cancello», da confrontare – non derivare - col lat. fiscus, fiscellus/a, fiscina «cesto, cestello, cestino» (di origine ignota; DELL, DELI) (f- iniziale, suffissi). [Alla derivazione dell'appellativo sardo da quello latino - sostenuta dal DES II 277, con la relativa spiegazione della differenza p- # f- -  si oppone il fatto che Piskella compare già nel CSPS 380].

Pittaus, is, (frazione di Nuxis, Sulcis) - Il toponimo indica il cognome dei proprietari di un cascinale (furriadroxu) al plurale. Come cognome corrisponde al diminutivo-vezzeggiativo Pitta(n)u del nome personale Sebastianu «Sebastiano» (CSSO, DICS). Cfr. is Fonnesus, is Gannaus, is Loccis, is Pillonis, is Pireddas, is Sabas, is Zuddas.

Pittinnuri, Pittinuri, Santa Caterina di Pittinuri (frazione di Cuglieri): verosimilmente toponimo sardiano o protosardo, come indizia il suo suff. –úri, che ritroviamo nei fitonimi sardiani biddúri «cicuta», carcúri «saracchio» (LISPR 75, DILS II). Probabilmente è da confrontare - non derivare - col lat. pisinnus, pitinnus «piccino, piccolo», il quale può essere di origine etrusca (suffisso): vedi etr. Pitna probabilmente Pitinnus, puznu probabilmente «piccolo» (DETR 322, 328: LLE 150). Il significato del toponimo potrebbe essere uno di questi; «insieme di ragazzi/e o di giovani» (cfr. pitzinnalla), «fanciullezza, adolescenza, gioventù» (cfr. pitzinnía).- La più antica attestazione che sono riuscito a rintracciare di questo toponimo è quella che si trova nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 770/2) in un documento del 1355 come Picinurj. Dopo è citato nella Chorographia Sardiniae (94.28; 190.7) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come S.ta Catherina iuxta Picinnuris ed oppidum Picinuris della diocesi di Bosa. (Day 114). Vedi Pittinnuri (Ozieri), Pitzinurri (Arbus).

Plaja, la, (Cagliari) - È la striscia di terra che separa la laguna di Santa Gilla dal mare. Il toponimo deriva dall'appellativo spagn. playa «spiaggia» (DILS)

Poetto, il, (pronunzia locale su Poéttu) (spiaggia di Cagliari) - Il toponimo deriva dal catal. pouet, diminutivo di pou «pozzo» (DILS). «Esso è già registrato nei disegni annessi alla Descrizione della Sardegna di Rocco Cappellino del 1577 nella forma originaria catalana Pouet» (CS 94).

Pompòngias (frazione di Arborea) - Si tratta di un toponimo prediale, che deriva dal gentilizio lat. Pomponius, al femm. plur., denominazione di donne proprietarie di fondi o predi nella zona. E probabilmente esse avevano fondi anche presso Paulilatino, dove pure esiste un toponimo Pomponzas. C'è da precisare che è accertata la presenza nella Sardegna antica di grandi latifondi posseduti da cittadini romani che, pur continuando a vivere a Roma o in Italia, li amministravano con liberti (UNS num. 11). Tra questi latifondisti sono documentate anche delle donne, ad es. le Numisiae presso Cuglieri, le Nomentanae presso Alghero, una Quarta h(onesta) f(emina) presso Sanluri e una Creschentina presso Orani e dunque anche le Pomponiae presso Arborea e Paulilatino. Queste donne saranno state le vedove o le figlie di latifondisti romani o italici (cfr. Mamuntanas, Villasor). Effettivamente sono attestate in iscrizioni latine rinvenute a Cagliari una Flavia Pomponia ed una (Pom)ponia C. F (Cres)centilla (CIL X 7654, 7693) (UNS 167).

Pompu (villaggetto della prov. di Oristano) - Il toponimo è probabilmente da connettere col fitonimo o nome di pianta sardiano o protosardo pumpía, pompía, spompía «cedro, pomo d'Adamo, pompelmo» (Citrus medica, paradisi; FPS 70, 71), toponimo Sa Pumpía (isola di Molara; NGAO 1698) e da confrontare - non derivare - col gentilizio etrusco Pumpu, col fitonimo tosc. pómpa (di Genova) «pompelmo» (Citrus decumana; FPI I 124) (di etimologia incerta; GDLI XIII 836), col toponimo campano Pompei e con l'appellativo lat. pomum «pomo» (di origine ignota; DELL, DELI²) (DILS II, LISPR). [Però la evidente connessione del fitonimo sardo anche con l'ital. pompelmo (pur’esso di etimologia incerta; DEI, PELI) resta tutta da spiegare (LISPR) (ed è da precisare che un antroponimo latino *Pompus non è documentato)].- Il villaggio dunque molto probabilmente ha derivato la sua denominazione dalla particolare presenza, in origine, della citata pianta nel sito in cui è sorto. Cfr. Villacidro.- Non sono riuscito a rintracciare attestazioni di questo villaggio anteriori a quella che ne dà la Chorographia Sardiniae (136.18; 200.19) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Pompi della diocesi di Terralba.

Portixeddu (frazione di Fluminimaggiore) - Il toponimo significa «Porticciolo» ed è il diminutivo di pórtu «porto», il quale deriva dal lat. portus (DILS)

Portoscuso (pronunzia locale Portuscusu) (villaggio dell'Iglesiente) - Il toponimo significa «Porto nascosto», cioè "riparato dai venti" (cfr. Poltu Cuadu). L'aggettivo (i)scusu-a «nascosto-a» deriva non dal catalano (come si dice in CS 99), bensì dal lat. absconsus-a (DILS).- Il villaggio è citato nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (987, 997, 1001) in documenti degli anni 1600 e 1603. 

Portovesme (frazione di Portoscuso, Iglesiente) - Lo si sarebbe dovuto scrivere meglio Porto Vesme. Questo piccolo porto è stato costruito nel 1870 come punto di imbarco dei minerali della miniera di Monteponi (vedi) ed è stato denominato in questo modo in onore di Carlo Baudi di Vesme, erudito ed amministratore piemontese, che fu presidente della Società Mineraria di Monteponi (CS 92) e inoltre compilatore del Codex Diplomaticus Ecclesiensis.

Pranixeddu (frazione di Siamanna, OR) - Il toponimo significa «piccolo pianoro» ed è il diminutivo di pranu «piano, pianoro», il quale deriva dal lat. planum (DILS).

Pula (villaggio della prov. di Cagliari) – Il toponimo molto probabilmente deriva dall’appellativo padule, padula, paúle, paúli (m. e f.) «palude, stagno», a sua volta dal lat. padule(m) per palude(m) (DILS). Infatti nelle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia, tra i villaggi che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana è citata ripetutamente una Pauli de Nur(r)as (RDS 492, 1470, 1537, 1806, 2140, 2397), che è da interpretarsi come «Palude di Nora». Pula infatti è l'erede diretta della vicina antica città di Nora (vedi), i cui abitanti avranno dovuto abbandonare la loro città a causa delle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni, rifugiandosi verso l'interno (cfr. Cornus, Olbia, Perdadefogu, Sant’Antioco, Tharros, ecc.).- Il nostro villaggio viene citato anche nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 642) in un documento datato al 19 luglio 1449. Ed è citato parecchie volte nella Chorographia Sardiniae di G. F. Fara (anni 1580-1589). (Day 42).

Putzu Idu (Cabras) = Putzu de (V)Idu «Pozzo di Vito», nome del proprietario del predio. 

Quartu Sant'Elena (grosso centro abitato del Campidano di Cagliari, ormai terzo in Sardegna per numero di abitanti, dopo Cagliari e Sassari) - Prende nome da una locuzione lat. ad quartum lapidem, cioè "al quarto miglio" in un tracciato di strada romana che partendo da Cagliari andava a Ferraria (San Gregorio; vedi) e alla costa orientale della Sardegna. Pertanto la sua denominazione è da confrontare, per analogia, con quella dei villaggi di Decimo, Sestu, Settimo (vedi). Però Vittorio Angius, computata la distanza, fa osservare che probabilmente il "quarto miglio" era non a Quartu, bensì a Quartucciu.- Il borgo, per essere distinto da Quartu susu, cioè da Quartucciu (vedi), veniva chiamato Quartu jossu (inferiore) perché era un po' più in basso di quello, oppure veniva chiamato Quartu Sant'Elena, dal nome della sua patrona.- Il nostro borgo è citato molto per tempo nelle Carte Volgari campidanesi come Quartu Josso e come Quartu (CV I 3, anni 1070-1080; XIII 2,8,15; XIV 5,11, anno 1215) e parecchie volte in documenti del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS passim; CREST III 22, VII 21, X 14) e poi negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS passim). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (88.22; 132.25,27; 212.4) di G. F. Fara (anni 1580-1589).(Day 15).

Quartucciu (Quartúcciu) (villaggio del Campidano di Cagliari) - In origine era una frazione di Quartu (vedi), rispetto al cui nome Quartucciu è chiaramente il diminutivo.- È probabile che Quartucciu sia citato in un documento del re Giacomo d'Aragona del 25 agosto 1327, che parla di Quartu come diviso in tre parti: Quarto suso (superiore), Quarto josso (inferiore) e Quarto Donnico (padronale o demaniale). Probabilmente Quarto suso è Quartucciu, così chiamato perché è leggermente più elevato di Quartu (V. Angius, s. v. Quarto).- Il nostro villaggio è citato nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Sardegna e la S. Sede (CDSS II 118) come Cartucho e poi in documento del Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE suppl. II, V 241) del 17 agosto 1576 come Quatruxo. Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (212.4) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

Quirra (trascrizione spagnola, pronunzia locale Chirra, Ghirra, Cirra; VSG) - Piccola subregione situata sulla costa centro-orientale della Sardegna e insieme frazione di Villaputzu (CA), in tempi antichi villaggio della diocesi di Suelli.- Il toponimo corrisponde all'appellativo chirra, cirra «recinto per ovini o per suini», relitto sardiano o protosardo da confrontare – non derivare – col lat. cirrus, cirra «cirro, ciocca di capelli, ricciolo» (di origine ignota; DELL, AEI, DELI) (la connessione semantica tra «ciocca di capelli» e «recinto» si trova nel significato intermedio di «groviglio, siepe»).- Un antico villaggio Kirra risulta citato nelle Carte Volgari campidanesi (CV XIII 2, XIV 13, XVI 3) per gli anni 1215, 1217, poi nelle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia (RDS 674, 2201) per gli anni 1341, 1346-1350 come Quirra e Quiria e parecchie volte nel Codex Diplomaticus Sardiniae come Chirra e Quirra. Il villaggio ed il suo castello sono citati anche nella Chorographia Sardiniae (228.20,23,28) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

Rieras (fiume di Pula) - L’idronimo è citato da G. F. Fara, Sardiniae Chorographia (90.8, 134.29) (anni 1580-1589) come Riera e deriva dall’ant. ital. riviera «fiume» (DELI).

Riola Sardo (pronunzia locale Arriora) (villaggio del Campidano di Oristano). L’abitante Riolesu, Arrioresu - La specificazione è stata fatta per distinguere questo villaggio da Riola in prov. di Bologna (ma perché non si è detto Riola Sarda al femm.?).- Il nostro villaggio viene citato molto per tempo nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 1 c5, 6, 17, 159, 182, 207, 212) nelle forme di Rivora, Rivole e Riora. In base a queste forme e a quella odierna locale Arriora a me sembra molto probabile che questo toponimo derivi dal lat. rivora, che è il plur. irregolare di rivus. Più precisamente ritengo probabile che Arriora = «rivi» faccia riferimento ai diversi piccoli corsi d’acqua che si versano nello stagno di Cabras. Si osservi che un analogo toponimo composto Interrivora è documentato nel Medioevo per la Sardegna settentrionale (CSPS 285, 323) (DES II 361).- Il nostro villaggio è citato anche nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Sardegna e la S. Sede (CDSS I 448) come Riola e dopo nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 843/2) tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388, come Erjorra (che Pasquale Tola non ha saputo riconoscere). Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (194.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

Riu Mannu – Idronimo che significa «rivo grande» e deriva dai lat. rivus + magnus (DILS). In tutta la Sardegna si chiama in questo modo un rivo che sia un po' più grande degli altri. Il mio amico on. prof. Michele Columbu aveva già segnalato che nel territorio della sua Ollolai esiste “il più piccolo Rio Grande del mondo”: un rigagnolo...

Riu Murtas (errata la scrittura Riomurtas) (frazione di Narcao, Sulcis) - Il toponimo significa «rivo dei Murtas», ossia dei proprietari dell'ovile o del furriadroxu (vedi) attraversato, denominati in questo modo. Invece è poco probabile che significhi «rivo del mirto», perché in tal caso sarebbe stato al singolare collettivo, cioè Riu Murta. Il cognome Murtas, in plurale di famiglia, deriva dall'appellativo murta «mirto», a sua volta dal lat. murta per myrta (CSSO, DICS, DILS).

Rosas (frazione di Narcao, Sulcis) - Probabilmente il toponimo non è altro che il cognome dei proprietari di un cascinale (furriadroxu) al plurale; cognome che corrisponde all'appellativo rosa «rosa», il quale deriva dal lat. rosa oppure dal nome personale femminile Rosa (CSSO, DICS). Cfr. is Fonnesus, is Gannaus, is Loccis, is Pillonis, is Pireddas, is Pittaus, is Sabas.

Ruinas (Ruínas, Orruínas) (villaggio della prov. di Oristano) - Il toponimo corrisponde al plur. dell'appellativo ruína «rovina», il quale deriva dal lat. ruina (REW 7431; DILS). Tale denominazione di «rovine» lascia intendere che per un certo periodo il villaggio sarà andato distrutto, probabilmente a causa di qualche peste. Ci sembra invece di doversi escludere che il villaggio sia andato distrutto per le ostilità dei villaggi vicini, poiché i suoi abitanti avevano fama di essere molto coraggiosi, dato che costringevano i Barbaricini a versare un pedaggio quando questi ritornavano dalle loro bardanas «razzie» effettuate nei Campidani. In seguito però fu abitato di nuovo e dunque rinacque a nuova vita.- D'altronde il villaggio avrà avuto nel passato una certa sua importanza demografica ed economica, come dimostra il fatto che è citato parecchie volte nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 1, 19, 63, 64, 74, 92, 135, 136, 162, 178, 207) come Orruinas e pure parecchie volte compare fra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS). Esso inoltre è citato in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 705/1) dell'anno 1336 e compare tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 838/1) come Oruinas. Il villaggio è citato come Ruina nella Chorographia Sardiniae (138.13; 196.24) di G. F. Fara (anni 1580-1589).- Per il vero in Sardegna esistono altre località chiamate Ruinas (VSG): nel Trattato di pace fra i Giudicati di Cagliari e d’Arborea del 1206 è citata una Orruina de Castula e una Giba de sa Ruina (CREST VIII 28, 32); una è citata nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 839/1) in un documento del 1388. Quasi sempre questa denominazione indica le rovine di antichi villaggi ormai distrutti. (Day 77, 81).

Sabas, is, (frazione di Santadi, Sulcis) - Il toponimo non è altro che il cognome dei proprietari di un cascinale (furriadroxu) col plurale di famiglia. Il cognome Saba può corrispondere o al nome personale masch. Saba, che deriva dal lat. eccl. Saba, oppure all'appellativo saba «sapa», cioè «mosto cotto», che deriva dal lat. sapa (CSSO, DICS, DILS). Cfr. is Fonnesus, is Gannaus, is Loccis, is Pillonis, is Pireddas, in Pittaus.

Sadali (Sádali, pronunzia locale e ant. Sádili) (villaggio della Barbagia di Seulo). L’abitante Sadalesu - Il toponimo potrebbe connettersi con Sadăla, Sadăles nome di alcuni principi della Tracia (Caes. civ. 3.4.3), terra con la quale i Lidi, antichi progenitori dei Sardiani o Protosardi, hanno avuto rapporti stretti. In via subordinata Sadali potrebbe derivare dal cognomen lat. Satŭlus (RNG) e precisamente da una locuzione latina come (villa vel praedium) Satuli «(tenuta o fondo) di Satulo»; questo sarebbe stato un proprietario romano, magari un veterano della guarnigione di Biora, presso Isili, che si era stanziato nel fondo assegnatogli all’atto del suo congedo (cfr. Osidda).- Non sono riuscito a rintracciare una attestazione di questo villaggio precedente a quella data da G. F. Fara nella sua Chorographia Sardiniae (220.3) (anni 1580-1589): oppidum Sadalis della diocesi di Suelli.

Samassi (villaggio del Campidano). L’abitante Samassesu - Siccome è certo che anche i Protosardi adoravano il dio Sole (vedi Tharros, Usellus), è possibile che il toponimo Samassi sia la traduzione del relativo vocabolo sardiano o protosardo nel fenicio Shamash «Dea del sole» (vedi Samatzai).- Il nostro villaggio è citato come Simassi in documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS 198/2) dell'anno 1119, nel quale si parla della chiesa di san Mamiliano, mentre nell'Ottocento risulta come san Gemiliano (V. Angius). Poi compare come Semassi in una delle Carte Volgari campidanesi dell'anno 1215 (CV XIV 17) e nella Carta di Benedetta di Lacon del 30 maggio 1225 (CREST XI 7). Compare ancora fra le parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 498, 1005, 1443, 1811, 2152). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (134.15; 210.26) di G. F. Fara (anni 1580-1589).- Un toponimo Samassi esiste anche nell’agro di Mandas (CA).

Samatzai (Samatzái) (villaggio del Campidano). L’abitante Samatzaesu - La spiegazione di questo toponimo è uguale a quella dell'altro Samassi (vedi): siccome è certo che anche i Protosardi adoravano il dio Sole (vedi Tharros, Usellus), è possibile che il toponimo Samatzai sia la traduzione del relativo vocabolo sardiano o protosardo nel fenicio Shamash «Dea del sole». La differenza dei due toponimi sardi rispetto alla finale sta nel fatto che quasi certamente Samatzai in origine si pronunziava ossitono, cioè *Samatzá, cui si è aggiunta una -i paragogica o epitetica al fine di evitare la ossitonia, non consentita dalla fonetica del latino e del sardo come lingua neolatina (GSN §§ 8-13) (cfr. Alà).- Il villaggio compare fra le parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 484, 567, 990, 1572, 1824, 2374, 2426, 2486). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (132.36; 134.10; 216.19) di G. F. Fara (anni 1580-1589). Inoltre compare come Semachay in un documento scritto in spagnolo del Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 1058) dell'anno 1651.- A carico del nostro toponimo è intervenuta nel passato una paretimologia o etimologia popolare, la quale lo ha spiegato come derivato da Sanctu Macarj e Sancti Mazarii «San Macario» (CDS I 336/2 anno 1219; 729/2 anno 1353); ma si tratta appunto di una paretimologia che va respinta con decisione. (Day 34).

Samugheo (Samughèo, pronunzia locale Samughéu) (villaggio del Mandrolisai in prov. di Oristano). L’abitante Samugheesu - Il toponimo è sardiano o protosardo, come denunzia già il suffissoide da cui è caratterizzato (le trascrizioni antiche del toponimo sono Sumugleo, Sumucley, Simagleo, Sumugleo, Summugleo). Esso è chiaramente da connettere col fitonimo samuccu, sammuccu, samuqu «sambuco» (Sambucus nigra L.), il quale è da confrontare – non derivare - col lat. sambucus, sabucus, che è di origine ignota (NPRA) e quindi probabilmente “fitonimo mediterraneo”. Questo dunque esisteva in Sardegna, prima che i Romani vi portassero il loro sabucus, *sabuccus, il quale in sardo ha dato regolarmente sabuccu, sauccu.- La più antica attestazione del villaggio si trova nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 108), poi risulta in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS 705/1, 2) dell'anno 1336. Risulta inoltre fra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 367, 1343, 1605, 1889, 1975, 2776, 2869) e inoltre fra i villaggi che sottoscrissero la pace tra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 846/2). Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (138.12,18; 196.15) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Samoguei

San Basilio (pronunzia locale Santu Asili) (villaggio della Trexenta). L’abitante Santuasilesu – Il toponimo costituisce la traduzione italiana della denominazione sarda. L'agionimo Basíle, (B)Asíli deriva dal greco bizantino Básilis, letteralmente «reggio, regale» (DICS).- Il villaggio è citato in una delle Carte Volgari campidanesi del 1226 come sanctu Basili de Montis (CV XXI 2, 4) e in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 335/2, 336/1) del 1219. Poi risulta fra le parrocchie della diocesi di Dolia che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 637, 1513, 1549, 2183, 2358). Inoltre è citato nella Chorographia Sardiniae (132.31; 216.27) di G. F. Fara (anni 1580-1589). (Day 61).

San Gavino Monreale (villaggio del Medio Campidano) - Si tratta della traduzione italiana della denominazione sarda Santu Baíngiu Morreali (pronunzia locale Santuíngiu). L’abitante Santuingesu.- San Gavino, in sardo Gabínzu e Baíngiu, è uno dei tre martiri cristiani di Porto Torres. Come antroponimo deriva dal gentilizio lat. Gabinius (CSSO, DICS). La specificazione di Monreale deriva dal fatto che il villaggio è situato nelle vicinanze del colle sulla cui cima c'era il castello di Monreale (VSG).- Il villaggio è citato nel Trattato di pace fra i Giudicati di Cagliari e d’Arboresa del 1206 (CREST VIII 23), nelle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari dell'anno 1323 (RR 1323, pag. 398); inoltre compare negli elenchi delle parrochie della diocesi di Terralba che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 436, 470, 1398, 1907, 2431). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (100.16; 200.32) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum S.ti Gavini. (Day 74).

San Giovanni Suergiu (villaggio del Sulcis) - Si tratta della traduzione italiana della denominazione sarda Santu Giuánni de Suérgiu. L'agionimo Giuánni deriva dal lat. eccl. Iohannes. La specificazione Suérgiu corrisponde all'appellativo camp. suérgiu «sughera» (sing. con valore collettivo), che deriva dal lat. subereus (DILS).- Il villaggio compare negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Sulci che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 585, 1022, 1491, 2124, 2211, 2328, 2340, 2421, 2825, 2845). Inoltre è citato in un documento del Codex Diplomaticus Ecclesiensis dell'anno 1486 come Suerjo e in un altro del 1684 come Suergiu (CDE 762, 1062). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (214.17) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Suergii, però come villaggio distrutto per le continue e feroci incursioni dei pirati saraceni.

San Gregorio (frazione di Sinnai, CA) - Si tratta della traduzione italiana della denominazione sarda Santu Gregori. Questo agionimo deriva dal greco bizantino Gregórhios.- Probabilmente in questo sito si trovava la stazione che il romano «Itinerario di Antonino» (80,6) chiama Ferraria, che quasi certamente derivava il suo nome da qualche vicina miniera di ferro.

San Nicolò d'Arcidano (borgo del Campidano di Oristano) - Fino a tutto l'Ottocento questo villaggio si chiamava Arcidanu. Letteralmente questa denominazione significa «abitante del monte Arci» e induce ad interpretare che il villaggio sia stato fondato da individui che in precedenza abitavano in qualche parte del monte Arci (vedi).- Il toponimo Arkitano, Architano è citato nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Sardegna e la S. Sede (CDSS I 59, 60) e nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 702/2, 705/1) in un documento dell'anno 1336. Però è probabile che la più antica attestazione di questo toponimo risalga addirittura al geografo greco-alessandrino Tolomeo (III 3, 6); sarebbe infatti sufficiente recuperare la lezione Alkitanói, che nei codici risulta alternativa dell'altra Salkitanói (vedi Sarcidanu), ritenendole valide e da accettare entrambe (SSls III).

San Nicolò Gerrei (villaggio del Gerrei in prov. di Cagliari) - Sino a tutto l'Ottocento questo villaggio si chiamava Pauli Gerrei (Paúli Gerrèi), in cui il primo componente camp. paúli «palude» deriva dal lat. padule(m) per palude(m) (DILS); per il secondo componente vedi Gerrei.- Il villaggio è citato come Padulis, Pahules, Paulis fra le parrocchie della diocesi di Dolia che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 656, 1516, 1553, 2177, 2361, 2499). [Il villaggio Pauli citato nel Codex Diplomaticus Sardiniae, I 844/1, è Pauli Arbarei, non Pauli Gerrei]. Nella Chorographia Sardiniae (218.9) di G. F. Fara (anni 1580-1589) il villaggio è citato come oppidum Pauli.- Nel 1861 a San Nicolò Gerrei, in località Santu Jaci dove esistevano resti di un antico tempio, è stata rinvenuta la base di una colonna in bronzo, la quale riporta una iscrizione trilingue, cioè in latino, in greco e in punico. L'iscrizione risulta fatta da un certo Cleone, socio di una società per l'estrazione del sale, per grazia ricevuta dalla divinità del tempio, che egli chiama Aescolapius Merre in lingua latina, Asklepiós Merre in lingua greca ed Eshmun Merre in lingua punica (CIL X 7856). L'iscrizione, che ha attirato l’attenzione di numerosi studiosi, è stata riportata alla prima metà del II sec. d. C. Siccome il vocabolo Merre compare in tutte e tre le versioni della iscrizione, si intravede che il vero nome del dio venerato in quel santuario era per l'appunto Merre, rispetto al quale gli altri tre nomi, latino greco e punico, non saranno stati altro che traduzioni assimilative. E c'è pertanto da concludere che Merre era il dio dei Sardiani o Protosardi titolare di quel santuario, dio che presiedeva alla salute dei fedeli, proprio come facevano i corrispondenti dèi latino, greco e punico. Che Merre fosse realmente una divinità dei Sardiani viene confermato anche dalla posizione geografica del suo tempio, il quale risultava essere nel cuore della zona montagnosa della Sardegna sud-orientale. E precisamente si trovava nel territorio del noto popolo dei Galillenses, quello che aveva conteso invano il possesso o l'uso di terre nella Trexenta ai Patulcenses, coloni che dai Romani erano stati trasferiti dalla Campania in Sardegna (vedi Esterzili, Sarrabus, Trexenta, Macomer).

San Pietro, Isola di San Pietro (nella Sardegna sud-occidentale) - Prende nome da una chiesa, del sec. XIII, che sarebbe stata edificata per volere del Papa in onore di San Pietro, a memoria dei fanciulli periti in un naufragio mentre erano in viaggio per la Terra Santa; chiesa che adesso risulta dedicata ai «Novelli Innocenti».- In epoca antica e precisamente durante il dominio di Cartagine sulla Sardegna, secondo quanto riferisce Plinio il Vecchio (N. H., III 7,85), l'isola si chiamava in lingua fenicio-punica Enosim, che significa «Isola degli sparvieri» (LS 140; UNS 82, 114). 

San Sperate (villaggio del Campidano di Cagliari). L’abitante Speradesu - Si tratta della traduzione italiana della denominazione sarda Santu Speráu, Sant'Isparáu; traduzione pasticciata però, perché in buon italiano sarebbe dovuta essere Santo Sperato. Questo agionimo deriva dal lat. eccl. Speratus, nella sua forma del vocativo Sperate. (Nel Condaghe di Silki 356, 358, 359, 376 compare un preuiteru Isperate). Sperato era il primo dei santi Scillitani, martirizzati a Cartagine nell'anno 180.- Sembra che in origine il nostro villaggio si chiamasse Ortixedru «Orto (dei) cedri» (V. Angius). Sia l'Angius che lo Spano (VSG) sottolineano l'abbondanza di materiale archeologico ritrovato nel sito.- Non è certo che un Santu Speradu citato nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS 328/1) in un documento dell'anno 1216 sia il nostro villaggio. Pertanto le più antiche attestazioni sicure che sono riuscito a rintracciare di questo villaggio si trovano nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Sardegna e la S. Sede (CDSS II 119, 120). È citato nella Chorographia Sardiniae (134.2) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum S.ti Sperati.

San Vero Congius (frazione di Simaxis, OR) - La prima parte del toponimo è la traduzione italiana del sardo Santu Veru, Santu Eru. San Vero era un vescovo di Salerno che dagli storici viene assegnato al V sec. d. C. La seconda parte Congius, che significa «cogni, vasi di argilla» (al plur.) e deriva dal lat. congius (DILS), fu aggiunta al fine di distinguere questo villaggio dall'altro, abbastanza vicino, che viene chiamato San Vero Milis (vedi); probabilmente faceva riferimento a fabbriche di stoviglie di argilla.- Il villaggetto è citato nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 219) come Sant'Eru de Simagis. Inoltre figura tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 846/1). Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (194.26) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum S.ti Veri. (Day 70).

San Vero Milis (villaggio del Campidano di Oristano). L’abitante Santeresu - Per questo toponimo rimando a quanto ho scritto su San Vero Congius. La sua seconda parte Milis indica la vicinanza a questo villaggio (vedi) e si è fatta necessaria per distinguere questo villaggio dall'altro.- Il villaggio di San Vero Milis è citato numerose volte nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 1, 71, 119, 131, 133, 172, 185, 207) come Sanctu Eru, Sancte Eru, Sant'Eru. Esso compare tra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1580, 1864, 1952, 2766, 2855) ed è citato nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 702/2) in documento dell'anno 1336. Inoltre è tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 840/2). Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (136.34; 194.12) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum S.ti Veri.

San Vito (villaggio del Sarrabus in prov. di Cagliari) - Si tratta della traduzione italiana della denominazione sarda Santu Idu. L’abitante Santuidesu - Come dico più ampiamente nella corrispondente voce, io sono dell'avviso che la subregione del Sarrabus (vedi) derivi il suo nome da un antico centro abitato che il romano «Itinerario di Antonino» (80,5) chiama Sarcapos o, molto meglio, secondo un codice, Sarrapos. Inoltre ritengo che il nome di Saípros, con cui il geografo greco-alessandrino Tolomeo (III 3, 4) chiama il Flumendosa (vedi), sia da emendare in Sárrapos. Ciò detto, siccome l'Anonimo Ravenate (V 26) chiama il citato centro abitato Sariapis, sono pure dell'avviso che il sardo Sárrapos in effetti non sia altro che la nota divinità egizio-greca Sárapis/Sérapis «Serapide», che il faraone Tolomeo I (305-283 a. C.) era riuscito a diffondere in tutti i paesi del Mediterraneo. Dunque, a mio giudizio, è possibile che sia il fiume Sárrapos (Flumendosa) sia il corrispondente centro abitato situato nelle vicinanze della sua foce fossero dedicati al dio Sárapis/Sérapis.- D'altra parte dico di ritenere che, dei tre villaggi che attualmente costituiscono il Sarrabus, San Vito, Muravera e Villaputzu, come erede dell'antico Sarrapos sia da individuare per l’appunto San Vito. A favore di questa scelta interviene una importante circostanza di carattere religioso: da un lato è da ricordare che Serapide era in primo luogo il dio del Sole, dall'altro è da considerare che San Vito, un martire giustiziato sotto Diocleziano, era molto venerato dai cristiani, per il motivo che, come ha scritto Carlo Tagliavini, «cadendo la sua festa, il 15 giugno, questa venne a coincidere colle feste del solstizio estivo in cui si facevano grandi balli all'aperto (... "balli di San Vito")». A me pertanto sembra verosimile che un centro abitato in precedenza consacrato al dio pagano Serapide/Sole, sia stato dai primi cristiani, con un procedimento di sostituzione sincretistica o assimilativa - allora molto frequente - dedicato a un santo cristiano in un certo modo pur’esso connesso col sole (SN 160).- Se questa ipotesi regge, si deve concludere che il tracciato romano di strada che andava da Cagliari ad Olbia lungo la costa orientale dell’Isola non facesse quell'ampia curva che fa la odierna strada nazionale, toccando San Priamo e raggiungendo la costa, bensì all'altezza del Monte Acutzu Sarrabesu puntasse direttamente a San Vito. In questo modo non soltanto si risparmiava molto cammino, ma si consentiva un più facile e sicuro guado del Flumendosa, più a monte dell'odierno grande ponte che c'è tra Muravera e Villaputzu.- Non sono riuscito a rintracciare attestazioni del nostro villaggio anteriori a quella che ne dà la Chorographia Sardiniae (132.11; 212.25) di G. F. Fara (anni 1580-1589): oppidum S.ti Viti della diocesi di Cagliari. (Day 50).

Sanáphar - Antica città della Sardegna, citata in questo modo dal geografo bizantino Giorgio Ciprio (Descriptio orbis Romani. ediz. Gelzer, pg. 25, num. 675) (anno 600 circa) e come Suffara/Soumárpha da Leone il Saggio (Graecorum Episcopatuum Notitiae, Patrologia Graeca, CVII c. 344) del IX sec.). Il vescovo di questa antica città partecipò, con altri vescovi sardi, all’incontro teologico di Cartagine del 484 d. C. Ormai quasi tutti gli storici recenti identificano questa città con quella chiamata Cornus (vedi). A mio avviso, dato che Cornus è sicuramente un toponimo latino e romano avente il significato di «Corno, Prominenza», è verosimile che Sanáphar fosse la denominazione originaria, cioè sardiana o protosarda, dell’antico centro abitato dei Nuragici, denominazione di cui Cornus sarebbe la “traduzione”. Sanáphar pertanto potrebbe aver avuto il medesimo significato di «corni, prominenze» (al plur.; LCS II cap. III), proprio come Campu ‘e Corra di Cornus (vedi). Non convince il Movers (Die Phönikier, II 2, 578) che presenta il nostro toponimo come “fenicio”. Meno ancora convince la recente spiegazione di Sanáphar come Sinus Afer «seno o golfo africano», perché l’antica notizia fa riferimento a una città e non a una insenatura. (Hist. pers. Vand. Victoris Vitensis. ediz. Halm, pg. 71; Pais Prerom. 338, Rom 205, 692; F. Lanzoni, Diocesi d'Italia, pg. 662; Meloni 294, 438; A. Mastino «Africa Romana» II 48 nota 112, 119, 121; O. Alberti, La Sardegna nella storia dei concili, pg. 24; Ciomei, Gli antichi martiri della Sardegna, Sassari, 1991, pg. 259). 

Sandaliotis o Sandal(i)ópe - Antico nome dato alla Sardegna per la sua forma lontanamente somigliante ad un «sandalo» (Timeo in Plinio, III 7, 13 e in Solino, IV 1; Esichio): la parte meridionale dell'isola sarà stata interpretata come la punta del piede destro, nella quale la laguna di Santa Gilla segnava lo stacco tra l'alluce e le altre dita, quello stacco in cui si infilava la correggiola del sandalo. Il coronimo, forse da connettere coi toponimi sardi Sindalái (Bolotana), Monte Tandalò (Buddusò), probabilmente è un relitto sardiano o protosardo, da confrontare – non come derivato, bensì come imparentato geneticamente - col greco sándalon, sandálion «sandalo» (probabile prestito orientale; Boisacq, GEW, DELG, DELI) [da cui è derivato il lat. sandalium], coi tre antichi toponimi Sandálion (isoletta di fronte alla Ionia, altra vicina a Lesbo, castello della Pisidia; PW), con l’antroponimo lidio Sandal e infine coi sandália tyrrheniká «sandali tirreni (od etruschi)» (di lusso) (Esichio, G. Polluce, Fozio) (per le scarpe dei Sardi simili ai sandali degli Etruschi cfr. OPSE §§ 9, 61) (LISPR). Cfr. Ichnusa

Sanluri (grosso borgo del Medio Campidano). L’abitante Seddoresu - Di questo toponimo sono state prospettate cinque o sei etimologie, tutte però prive di fondamento scientifico, ragion per cui non mi sento in obbligo di confutarle e nemmeno semplicemente citarle (cfr. F. Colli, Vignarelli, Sanluri terra 'e lori, Cagliari, 1965, pgg. 13-17).- La pronunzia locale del toponimo è Seddori, mentre le sue attestazioni più antiche sono Sellori per l'anno 1206 («Archivio Storico Sardo» 4, 1908, 193-212; CREST VIII 23) e Selluri per l'anno 1341 (RDS 548, 569). E anche nel Condaghe di S. Chiara (c.4v, 5r, anno 1511) compare come Sellori e Selluri. L'alternanza o/u della seconda vocale induce a ritenere che l'accento tonico in origine cadesse non su di essa, bensì sulla prima, che cioè il toponimo suonasse esattamente *Séllori oppure *Sélluri (cfr. Tèddaru, Martis). Ciò premesso, dico di ritenere possibile che il toponimo Seddori, Séllori/Sélluri sia da confrontare - non derivare - col tosc. séllero, sèllaro «sedano» e col pregreco sélinon «sedano», tutti risalenti in maniera indipendente a un “fitonimo mediterraneo".- Il toponimo Seddòri si ritrova tale e quale anche a Pattada e a Villacidro e pure a Sadali, ma con l'accento Séddori, e la sua antica forma Selluri trova riscontro negli odierni toponimi Sedduri di Bosa e di Musei e Sidduri di Tertenia. Che si tratti di un toponimo di origine sardiana o protosarda è dimostrato anche dall’accento del toponimo Seddurái di Orgosolo. Non costituisce una difficoltà il fatto che, con la mia spiegazione, io stia supponendo la contemporanea esistenza nella lingua sardiana o protosarda delle varianti Seddori e Sennori (vedi) indicanti il «sedano», per il fatto che questa contemporanea esistenza delle due varianti si constata tuttora anche in Toscana: séllero e sénnero «sedano».- In epoca più recente di quella su indicata, perduto ormai dalla coscienza dei parlanti il significato originario di Séddori/Seddòri, è intervenuta una etimologia popolare o paretimologia, per cui il toponimo è stato scritto e interpretato come Sanctluri, Sant Luri (CDS I 818/1, 821/2, 850/2, 859/1, 868/1; CDE 525, 706), cioè «San Lorenzo». E infatti a Sanluri esiste una chiesetta dedicata a San Lorenzo e addirittura la festa più grande del paese è per l'appunto quella di San Lorenzo. In seguito da questa forma paretimologica è derivata l’attuale forma ufficiale del toponimo: Sanluri.- Anche nella Chorographia Sardiniae (156.37; 210.26) di G. F. Fara (anni 1580-1589) il toponimo compare nella forma di Selluri. (Day 46).

Sant'Andrea Frius (Sant'Andría Vríus) (villaggio del Gerrei). L’abitante Sant’Andriesu - Sono dell’avviso che sia possibile e anche abbastanza facile effettuare l’etimologia di questo toponimo, purché si faccia riferimento all’altro sant’Andría Priu. Quest’ultima è la denominazione di un importante complesso di domos de Jana nei pressi di Bonorva, diventato già in epoca nuragica un luogo di culto, il quale in seguito, in epoca bizantina e col fenomeno abbastanza frequente del “sincretismo religioso”, fu consacrato al santo cristiano Andrea. In effetti la dizione Sant’Andría Priu va spiegata come «Sant’Andrea tardivo», derivando l’ultimo vocabolo dall’aggettivo prigu, priu, briu-a «pigro, lento, tardo, tardivo-a», il quale deriva dal lat. pigru(m) (DILS). Sant’Andrea Apostolo, fratello di Pietro, viene commemorato dalla Chiesa sia il 9 maggio sia il 30 novembre, ragion per cui il clero sardo che ha optato per la seconda data, lo ha chiamato Sant’Andrea Prigu «Sant’Andrea tardivo», tardivo rispetto a quello commemorato in primavera.- Nell’altra dizione Sant’Andrea Frius la trasformazione dell’originario priu in friu si può spiegare considerando che l’esatta pronunzia di quello bonorvese è Sant’Andrea Briu. Del resto è un fatto che nel Condaghe di Silki viene citata una funtana priga de su cannisone (CSPS 4), nell’area molto conservativa del Nuorese si dice funtana pria «fontana lenta, poco abbondante», che invece a Macomer suona Funtana Fria (toponimo; la forma frida è supercorretta). Nel Gerrei dunque il nome del santo si è trasformato prima in Sant’Andría Friu e dopo, probabilmente per una paretimologia o etimologia popolare che faceva riferimento al camp. frius «freddo» (dal lat. frigus), in Sant’Andría Fríus. D’altronde è un fatto che la data del 30 novembre rispetto a quella del 9 maggio risulta non solo più “tardiva”, ma anche più “fredda”.- La più antica attestazione che sono riuscito a rintracciare del nostro villaggio si trova in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 335/1, 336/1) dell'anno 1219, come Frius. È poi citato nelle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari dell'inizio del sec. XIV (RR 1323, 349). Stranamente questo villaggio non è citato dal Fara, ma probabilmente aveva un altro nome, per cui andrà ricercato fra quei villaggi che il geografo e storico sassarese presenta come distrutti nella diocesi di Dolia ed in particolare nella curatoria del Gerrei (pgg. 216-218). (Day 61).

Sant'Anna Arresi (villaggio dell'estremo Sulcis) - Risultando del tutto chiara la prima parte del toponimo, si tratta di spiegare la seconda Arresi, per il quale si possono prospettare due differenti spiegazioni: 1ª) Arresi può derivare dal gentilizio lat. Arnesius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano che vi possedeva una villa «tenuta o fattoria». In questa prima ipotesi c'è da ritenere che il centro abitato sia molto antico, ma sia stato abbandonato dai suoi abitanti per sfuggire alle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni, proprio come è avvenuto per quasi tutti gli altri centri abitati del Sulcis. 2ª) Il camp. masch. arrèsi significa «volpe», come nome tabuistico di questo animale, il quale deriva dal lat. res «la cosa, il coso». Siccome la volpe era un animale molto temuto dai Sardi, perché faceva strage di agnelli e di galline, essi, per non attirarlo nominandolo col suo vero nome, ricorrevano a nomi tabuistici, come Liori, Mariane, Zoseppe, su Matzone o Maccioni, ecc. (DILS) (vedi Unele). In questa seconda ipotesi c’è da ritenere che il toponimo esistesse prima che vi sorgesse il nucleo abitato e inoltre quando il vocabolo aveva ormai perduto nella coscienza dei parlanti il suo significato originario. E d'altronde questo villaggio sembra di formazione molto recente, come dimostrerebbe anche il fatto che non sono riuscito a rintracciare alcuna sua attestazione precedente a quella che ne dà l'Angius (s. v. Villarius) per i primi decenni dell'Ottocento. Comunque lo stanziamento umano nel sito è di molto precedente all'epoca romana, come dimostra il fatto che c'è un nuraghe a pianta complessa, che ormai risulta inglobato nell'abitato.

Sant'Antioco (isola della Sardegna sud-occidentale e cittadina ivi esistente). L’abitante Antioghesu - Sant'Antioco è la traduzione italiana della denominazione sarda Santu Antiógu. La cittadina è l'erede dell'antica Sulci (vedi) ed ha visto mutato il suo nome col trionfo del cristianesimo in Sardegna, evidentemente dopo che, alla fine del IV sec., l’Impero romano si trasformò da pagano in cristiano, con l’imperatore Teodosio il Grande. Secondo la tradizione qui ebbe rifugio e trovò la morte il martire africano Antioco.- In epoca precedente il geografo greco-alessandrino Tolomeo (III 3, 8) chiamava l'isola Molibódes nésos «Isola plumbea», di certo per i suoi giacimenti di piombo.- Sant'Antioco fu capoluogo di una diocesi, fino a che questo, per sfuggire alle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni, fu trasferito prima a Tratalias (vedi) e dopo ad Iglesias (vedi). 

Sant'Antonio di Santadi (frazione di Arbus) - Per la seconda parte del toponimo si veda Santadi

Sant'Antonio Ruinas vedi Villa Sant'Antonio.

Sant'Arennera (Arènnera) altro nome del rione di Sant'Avendrace di Cagliari (vedi) - In origine si trattava del nome di Sancta Venera, martire, secondo una tradizione leggendaria, in Sicilia, dove è venerata in parecchie località (DNI 350). Ma a Cagliari il nome di Santa Vènera si è trasformato prima in Santa Tènnera e dopo in Sant'Arènnera. Evidentemente esisteva nel rione una chiesa dedicata a questa ipotetica santa, di cui però non resta né si ricorda nulla.

Sant'Avendrace (rione di Cagliari) - Sarebbe questo il nome di un molto ipotetico vescovo di Cagliari, neppure riconosciuto come santo dalla Chiesa, ma che comunque ha una sua chiesa e dà il nome a un intero rione della capitale della Sardegna. L'etimologia di questo agionimo o nome di santo è stata prospettata da G. Paulis, «Africa Romana» VII, 1989, 625-627): deriva dal nome personale greco-bizantino Euandráki(on), diminutivo di Éuandros «Evandro» (da éu «bene, buono» e anér, andrós «uomo», quindi "uomo di alte doti"). Questo in età bizantina veniva pronunziato Evandráki, donde per metatesi vocalica Avendráki, da cui infine l'odierno Avendráce. (Day 17; F. Alziator, Giorni sulla Laguna, passim. Vedi Sant'Arennera.

Santa Caterina di Pittinuri (Cuglieri) vedi Pittinuri.

Santa Giusta (villaggio del Campidano di Oristano) - Questa è la nuova denominazione che l’antica città di Othoca ha assunto quando, nei primi tempi dell'Impero, vi è arrivato e ha prevalso il cristianesimo. In quel periodo la città doveva essere ancora potente in termini politici ed economici, come dimostra il fatto che divenne il capoluogo di una diocesi, quella di Santa Giusta appunto. Questa diocesi, che secondo l'Angius (s. v. Sorradile) in origine era quella che divenne di Forum Traiani (Fordongianus), rimase in vita per parecchi secoli, fino a che nell'anno 1502 fu dal papa Alessandro VI accorpata alla diocesi di Arborea (cfr. G. F. Fara, Chorographia Sardiniae, 198.2).- Nella forma di Santa Iusta la città risulta citata in numerosi documenti medievali: Condaghe di Bonarcado, Rationes Decimarum Italiae - Sardinia, Codice Diplomatico delle relazioni fra la Sardegna e la S. Sede, Codex Diplomaticus Sardiniae, Codex Diplomaticus Ecclesiensis, ecc.

Santa Maria Navarrese (frazione di Baunei, Ogliastra) – Prende nome da una chiesetta situata in una insenatura della costa orientale della Sardegna, a sud di Baunei, della quale si dice che sia stata fondata verso l'anno 1050 da una figlia del re Garzia IV di Navarra a ricordo di uno scampato naufragio (V. Angius, s. v. Baunei). Il sito però era frequentato da epoca molto antica, come è dimostrato da una grande tavola di pietra che si conserva ancora nel sagrato, su cui sono scavate numerose coppelle offertorie. La chiesa è citata nella Chorographia Sardiniae (220.10) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

Santa Suina (Suína) - Chiesetta campestre nel territorio di Morgongiori/Uras (OR), la cui denominazione ha messo in notevole imbarazzo molti ecclesiastici, sembrando loro gravemente profanatoria per il suo evidente - ma anche apparente - richiamo alla "specie suina". Si deve invece precisare che questo agionimo o nome di santo è stato ricostruito male in italiano, dato che la sua esatta pronunzia locale è Suíã. Ebbene questo che sembra uno strano nome di santa corrisponde al nome della bizantina Santa Sophía. Ed infatti esistono chiese dedicate a Santa Suía ad Escolca, San Sperate, Terralba e Laconi. Quest’ultima viene citata come Santa Sofia de Sarcidano dal Codice Dipomatico delle relazioni fra la Sardegna e la S. Sede (CDSS) per l’anno 1224 (Day 81). E proprio a Laconi il «serpillo» è chiamato menta de Santa Suía (NPS 135).- In via subordinata prospetto pure l’ipotesi che Santa Suina o Suía corrisponda a Santa Sabina.

Santadi (pronunzia locale Santádi e Santári) (villaggio del Sulcis). L’abitante Santadesu - Se ignorassimo le antiche attestazioni di questo toponimo, molto difficilmente saremmo in grado di scoprirne l'etimologia (cfr. Solarussa). Esso è citato nel Codex Diplomaticus Sardiniae (I 155) e in una delle Carte Volgari campidanesi, dell'anno 1075 circa, come sancta Agatha de Zulkes (CV I 3; CREST III 23) e in questo stesso modo compare negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Sulcis che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 532, 1469, 1567, 2168). Dunque Santadi deriva il suo nome da Santa Agata, la quale era una vergine martire di Catania, vissuta nel terzo secolo dopo Cristo.- Il nostro villaggio è citato in documenti del Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 537, 538, 1035, 1036, 1062, 1108) come Santa Ada, Santa Adi e Santadi. La Chorographia Sardiniae di G. F. Fara (anni 1580-1589) non lo cita, evidentemente perché era stato abbandonato dai suoi abitanti fuggiti di fronte alla continue e feroci incursioni dei pirati saraceni.- Esistono altri toponimi Santadi nel Capo Frasca (Arbus), Monastir, Samatzai, Villaputzu ed un Portu Santadi è il nome di un approdo sulla riva occidentale della laguna di Santa Gilla di Assemini.  

Sarcidanu/o - Subregione della Sardegna, di cui il centro abitato più importante è Isili (vedi). Il toponimo deriva dal nome di una antica popolazione dell'Isola citata dal geografo greco-alessandrino Tolomeo (III 3, 6): i Salkitánoi o Salketánoi. Questa è la forma che viene riportata dalla maggioranza dei codici della Geographia di Tolomeo, ma finora gli storici della Sardegna antica avevano optato per la forma, meno citata dai codici, Solkitánoi. Di certo anche quest'ultima popolazione esisteva nella Sardegna antica, ma si trattava dei Sulcitani, cioè degli abitanti di Sulci (vedi), la città ora chiamata Sant'Antioco (SSls 43-47).- Il Sarcidanu è citato nella Chorographia Sardiniae (100.31; 134.6; 138.12) di G. F. Fara (anni 1580-1589).- Notevole è anche il toponimo dell'agro di Isili Sarcidaneddu, il quale nelle carte dell'I.G.M. è scritto erroneamente S'Arcidaneddu.

Sardara (Sárdara) (villaggio del Medio Campidano). L’abitante Sardaresu - Questo villaggio quasi certamente costituisce uno dei primi insediamenti che i Sardi fecero nell'Isola al loro arrivo dalla Lidia (nell'Asia Minore), come dimostra chiaramente il fatto che il toponimo si collega col nome dei Sardi e della Sardegna. Attorno alla metà del sec. XIII avanti Cristo i Lidi o Sardiani sbarcarono in primo luogo nel golfo di Cagliari e si insediarono ad Assemini ed a Serdiana (vedi); poco più tardi si insediarono appunto a Sardara, probabilmente raggiungendola dopo aver circumnavigato la Sardegna sud-occidentale ed essere poi sbarcati nel golfo di Oristano. La denominazione sia di Serdiana che di Sardara serviva ad indicare la diversità dei nuovi arrivati rispetto ai gruppi umani precedenti che vivevano ancora in quelle zone (OPSE § 24). L'antichità di Sardara è pure dimostrata dal fatto che nel suo abitato si trova un pozzo sacro nuragico, sul quale in seguito si è inserito sincretisticamente il culto di santa Anastasía (SN 136).- È molto probabile che il toponimo Sardara sia da distinguere in Sard-ar(a) con la vocale finale paragogica e sia un plurale sardiano o protosardo, per cui propriamente significherebbe «(i) Sardi» (UNS num. 3).- Il nostro villaggio compare tra le parrocchie della diocesi di Terralba che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 435, 986, 1396, 2432). Inoltre è tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 832/2, 833/2). Ed è pure citato nella Chorographia Sardiniae (122.14; 200.34) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Sardarae. (Day 74).

Sardasái (Esterzili): probabilmente indicava uno degli stanziamenti dei Sardi o Sardiani nelle montagne dell'Isola, molto più tardi della loro emigrazione dalla Lidia, in Asia Minore (OPSE).

Sardigna - Denominazione sarda che deriva, attraverso una forma toscana antica, da quella lat. Sardinia. In greco si diceva Sardó, forse con l’accento ossitono sardiano o protosardo, che ritroviamo in Aramamò, Biralò, Buddusò, Tiriddò, ecc.- In un anonimo commento del «Timeo» di Platone viene riportata la notizia secondo cui, attraverso il nome di una leggendaria donna Sardō, l'isola di Sardegna avrebbe derivato la propria denominazione da Sárdeis, Sárdis, capitale della Lidia. Questa regione era situata nella riva occidentale ed egea dell'Asia Minore e da essa erano emigrati non soltanto gli Etruschi nell'Italia centrale (secondo il famoso racconto di Erodoto, I 94), ma anche e prima i Sardi in Sardegna. Ed infatti i Greci chiamavano Sardianói sia gli abitanti di Sárd(e)is, capitale della Lidia, sia quelli della Sardegna; esattamente come in seguito fecero i Romani con l'etnico Sardi (OPSE §§ 12, 13, 55). Cfr. Sardara, Serdiana.- Giovanni Lorenzo Lidio (sec. VI d. C.) riporta la notizia, appresa da Xanthos Lidio (sec. VI-V a. C.), secondo cui il toponimo Sárd(e)is significava «anno» o «solstizio», e ciò in onore del dio Sole adorato dai Lidi. La notizia, riferita da autori nati entrambi nella Lidia, sia pure a notevole distanza l'uno dall'altro, è degna della massima considerazione. Io infatti ritengo di avere ampiamente dimostrato, nella mia opera La Sardegna Nuragica, che la divinità principale dei Sardiani o Protosardi era per l'appunto il Sole, il quale veniva identificato e simboleggiato col Toro, come mostrano anche monete sarde del periodo punico, che portano nel verso la rosella solare ed il toro (vedi Samassi, Tharros, Usellus) (OPSE § 30)

Sarrabus (Sárrabbus) - Subregione della Sardegna sud-orientale in prov. di Cagliari. L’abitante Sarrabbesu.- Numerosi storici moderni hanno riportato questo coronimo Sarrabus alla mansione Sarcapos che il romano «Itinerario di Antonino» (80,5) indica nel tracciato di strada che andava da Olbia a Cagliari, lungo la costa orientale della Sardegna e nelle vicinanze della foce del Flumendosa (vedi San Vito). Sono d'accordo con questa connessione, ma in più aggiungo che, proprio per effetto di essa, tra le varie lezioni che i codici dell'«Itinerario» riportano, dobbiamo privilegiare quella riportata da uno di essi, Sarrapos.- Considerato poi che il geografo greco-alessandrino Tolomeo (III 3, 4) chiama il Flumendosa Saípros, io ritengo che questa lezione sia da emendare in Sárrapos. Questo pertanto era l'unico nome sia del grande fiume sardo sia del centro abitato posto presso la sua foce (OPSE 250). Oltre a ciò, sono anche del parere che il sardo Sárrapos in effetti non sia altro che la divinità egizio-greca Sárapis/Sérapis «Serapide», che il faraone Tolomeo I (305-283 a. C.) era riuscito a diffondere in tutti i paesi del Mediterraneo (SN 160). La qual cosa viene confermata appieno dal nome della suddetta mansione come lo riporta l'Anonimo Ravenate (V 26): Sariapis. Ed è possibile, come ha intravisto il Pais (Rom. 684), che Serapide non sia altro che il nome greco del dio protosardo Merre, quello che veniva venerato in un tempio di San Nicolò Gerrei, cioè a poca distanza da Sárrapos. Non si oppone a questa ipotesi il fatto che nella famosa iscrizione trilingue di San Nicolò Gerrei (vedi) il dio protosardo Merre in realtà è identificato col greco Asklepiós e col latino Aescolapius; infatti sappiamo da Tacito (Hist. IV 84) che Esculapio era a sua volta identificato con Serapide. Dunque, a mio avviso, è probabile che tanto il fiume Sárrapos (Flumendosa) quanto la mansione situata vicino alla sua foce (odierno San Vito; vedi) fossero dedicati al dio Merre/Serapide.- Il culto di Serapide è sicuramente documentato in Sardegna in epoca classica (Meloni, Rom. 276, 279, 390, 391, 393, 403). Nel Museo Archeologico di Cagliari si trova una statuetta in bronzo che sia il La Marmora che il Pais hanno riconosciuto come raffigurante Serapide; e un amuleto trovato a Sorgono presenta la figura e la scritta in greco Zéus Sérhapis (SN 161).- Pure un altro toponimo sardo porta sicuramente il ricordo di questa importante divinità antica: Genna 'e Serápis (Arbus) e probabilmente anche l'altro toponimo Sorábile (vedi).- C’è infine da ritenere che anche il nome degli abitanti di Sárrapos, che sempre Tolomeo (III 3, 6) cita come Skapitanói, vada emendato in Sar(r)apitanói.

Sarradellu (Sorradile): toponimo da intendersi come s'Arradellu, che corrisponde al fitonimo alaterru, aladerru, alaverru, aliterru, aliderru, laderru, alerru, aradellu, arradellu «lillatro, fillirea» (Phyllirea angustifolia, Ph. latifolia L.) e deriva dal lat. alaternu(m).

Sarroch (pronunzia odierna Sarròch, dell'Ottocento Sarrocco, Sarróccu) (villaggio della prov. di Cagliari, prospiciente al suo golfo). L’abitante Sarrocchesu - Il toponimo deriva dal nesso s'arróccu «il recinto di grossi massi o pali per il bestiame», che è un deverbale di arroccare «bloccare, arrestare» (da a + rocca «rocca, roccia»; DILS I 136). Siccome l'appellativo arróccu è piuttosto raro nell'area campidanese (però esiste ancora a San Vito), dai parlanti il toponimo non è stato più compreso, per cui esso ha subìto la concrezione dell'articolo determinativo e la sua vocale finale è stata interpretata male come paragogica od epitetica. La spiegazione del toponimo come uguale a San Rocco va respinta con decisione, sia perché non esiste nel villaggio e neppure nella zona una chiesa dedicata a questo santo, sia perché in sardo avremmo avuto Santu Roccu e non San Roccu.- La più antica attestazione che sono riuscito a rintracciare di questo villaggio è quella che si trova nelle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia (RDS 546) dell'anno 1341 come Saroch, della diocesi di Cagliari. Dopo di che il villaggio sparì o perché distrutto dai soliti pirati saraceni o perché abbandonato dai suoi abitanti (V. Angius). Tanto è vero che il Fara, Chorographia Sardiniae (90.1; anni 1580-1589) lo cita soltanto come statio o «approdo».

Satzaròi (Arbus): corrisponde a satzaròi, sotzoroju, tzotzorói(u), tattaroju, tattarógiu, thothóriu, thothoroju, tottoroju «aro, gigaro» (Arum italicum Mill.), fitonimo sardiano o protosardo da confrontare con la glossa greco-etrusca gígarhoum «gigaro» (ThLE 417, DETR, LIOE). Vedi Sassari

Saurrecci (Guspini): toponimo sardiano e protosardo, da riportare all'appellativo áurra, aurra «arella, porcilaia», oppure, in subordine, al fitonimo áurri, aúrri «càrpino bianco e nero», con l’articolo agglutinato. Per il suffisso sardiano -ec-, -ek- vedi i toponimi: Cargeghe, Monteghe, Murrecci, Nuréchi, Nureci, Pedrecche.- Vedi Aurracci, Aurreddus, Urracci.

Scaffa, la, (Cagliari, sito dell'istmo che separa la laguna di Santa Gilla dal mare) - Il toponimo significa «barca» e deriva dall’ant. ital. scafa (DILS). Prima che le bocche o i varchi di quell'istmo venissero scavalcati dagli odierni ponti, venivano attraversati dai viandanti con altrettante barche condotte da "passatori", che facevano il servizio di spola a pagamento.

Scandariu (Scandáriu) (Armungia, CA) – Il toponimo è da confrontare con Skandárhia, nome dell'isola di Coos, nel Mar Egeo, vicinissima alla Lidia, nell'Asia Minore, patria di origine dei Sardi e degli Etruschi (cfr. Ardali, Arzachena, Bargasola, Bolotana, Libisonis, Caralis, Sardegna, Siniscola, Tiana) (LISNE 84).

Sclamoris (Escalaplano) vedi Iscramoris.

Scopulavè (Triei, punta): toponimo sardiano o protosardo (suffisso e ossitonia) da confrontare – non derivare – col lat. scopulus «roccia, rupe, scoglio» (corrige SSls 174). 

Segariu (Segaríu) (villaggio della Trexenta). L’abitante Segariesu - Siccome questo villaggio è attraversato da un ruscello chiamato Riu Pau (= «Rivo del Paese», dai lat. rivus e pagus), la tradizione popolare spiega questo toponimo come segáu de ríu «segato dal rivo». Senonché questa spiegazione trova difficoltà sul piano strutturale, per cui è molto meglio interpretare il toponimo in quest'altro modo: sega-ríu «sega-rivo, taglia-rivo», col verbo in forma imperativale. Con questa interpretazione praticamente faccio riferimento ad un «guado» sul ruscello, guado che esisteva sulla importante strada che univa ed unisce tuttora la ricca zona agricola di Sanluri a quella altrettanto ricca della Trexenta.- La più antica attestazione del villaggio si trova in una delle Carte Volgari campidanesi del 6 novembre 1215 (CV XIII 10). Poi compare nel Codex Diplomaticus Sardiniae in un documento del 1219 e in uno del 1335 (CDS I 337/1; 694/1). Ancora compare fra le parrocchie della diocesi di Dolia che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1521, 1559, 2187, 2351, 2502). La Chorographia Sardiniae (216.27) di G. F. Fara (anni 1580-1589) lo cita, ma come villaggio distrutto. (Day 62).

Segolai, Segolay – Era un centro abitato medievale, citato già nelle Carte Volgari campidanesi (CV XIII 10; XIV 6; XVII 7; pgg. 299, 301, 309) e probabilmente corrispondente al toponimo Sogolai di Santa Gilla di Cagliari.- Come toponimo, per la sua terminazione (suffissoide), accenna di essere di origine prelatina e protosarda e probabilmente va confrontato – non derivato – col lat. secăle «segale», fitonimo che risulta di origine ignota (NPRA 233) e pertanto probabilmente è di “matrice mediterranea”. 

Selargius (Selárgius, pronunzia locale Ceráxus) (borgo del Campidano di Cagliari). L’abitante Selarginu, Ceraxinu - Considerata la pronunzia locale Ceraxus, siamo indotti a collegarla a quella di Kerarius documentata due volte dalla Carta di compromesso del priore Raimondo di San Saturno del 1190-1206 circa (CREST VII 20, 21) e a tradurla come «produttori e venditori di cera», dal lat. cerarius,-i (DELL; manca nel REW). E a tal proposito è appena il caso di ricordare l’importanza enorme che avevano nei tempi antichi le candele di cera per l’illuminazione delle case. Però quasi certamente il toponimo ha ben presto subito una paretimologia o etimologia popolare: siccome il paese si trova in una zona che in antichità era uno dei centri isolani più importanti per la produzione del sale, il toponimo è stato accostato al lat. salarios ed interpretato come «salinieri» od "operai addetti alle saline" (SSls IV). Se invece si privilegia la forma Salargia citata parecchie volte negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS), si deve interpretare che il toponimo è stato inteso come «località del sale».- A questo proposito c’è da ricordare che, siccome i Selargini hanno sempre fatto traffico di sale nei paesi vicini, si sono guadagnati il blasone o lo stemma di Fura-sali «Ruba-sale» (G. Spano), dato che lo smerciavano contravvenendo alle solite leggi di monopolio statale.- Il villaggio è pure citato nel Codex Diplomaticus Sardiniae in un documento del 1327 (CDS I 687/1). Ed ovviamente è citato nella Chorographia Sardiniae (210.32) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Selargii della curatoria del Campidano.

Selegas (Sèlegas, Séligas) (villaggio della Trexenta). L’abitante Seleghesu - Premesso che la Trexenta (vedi) era una zona totalmente occupata da latifondisti e coloni romani, è molto probabile che il toponimo Selegas sia da riportare al famoso cognomen lat. Seneca (RNG), indicando il nome, al plur., di probabili proprietari romani di una villa o tenuta ivi esistente. È possibile che questi avessero terreni anche a Seneghe (vedi) e pure a Ploaghe, nel cui agro anche esiste il toponimo Senega.- Il villaggio compare nel Codex Diplomaticus Sardiniae in un documento del 1219 e in uno del 1335 (CDS I 335/1; 694/1). Ancora compare parecchie volte fra le parrocchie della diocesi di Dolia che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1550, 2185, 2341, 2349, 2494, 2542). G. F. Fara, Chorographia Sardiniae, 216.27 (anni 1580-1589) cita l'oppidum Selegue come distrutto, ma nella riga precedente ha citato come ancora in vita un oppidum Seneguae, non accorgendosi dunque che si trattava del medesimo villaggio. Però quest’errore del geografo e storico sassarese ci dice che ai suoi tempi il villaggio si chiamava sia Selegas sia Senegas e ciò costituisce una buona conferma alla etimologia che sto proponendo.

Selene/i (Lanusei) - Toponimo da confrontare - non derivare - col greco selēnē «luna», anche divinità (di origine incerta; GEW, DELG). Siccome a Selene esiste un nuraghe, è molto probabile che questo, nella sua caratteritica di edificio sacrale, fosse dedicato appunto alla dea Luna. Anche l'antica città etrusca di Luna in greco veniva chiamata Selēnē (SN 143, OPSE 107). Vedi Sèlene (Bitti); cfr. Lunamatrona.  

Seneghe (Sèneghe) (villaggio del Montiferru in prov. di Oristano). L’abitante Seneghesu - Il toponimo corrisponde all'aggettivo log. sèneghe «vecchio», il quale deriva dal lat. senex, senece (REW 7819). Esso però implicherà una locuzione lat. (villam) senece(m) «(tenuta) vecchia». Il toponimo esiste tale e quale a Pattada (SS), dove però potrebbe essere il cognome del proprietario del terreno (CSSO, DICS), ed a Suni esiste il nuraghe Seneghe. A Ploaghe (SS) il toponimo è di forma femm. Senega ed a Seui Sa Senega, forma che sottintenderà il vocabolo binza, bíngia «vigna» oppure dòmo, dómu «casa», e dunque «vigna o casa vecchia» (DILS).- Però è anche possibile un'altra spiegazione alquanto differente del toponimo: esso potrebbe derivare da una locuzione lat. (villa) Senecae «(tenuta) di Seneca», famoso cognomen latino di un probabile proprietario romano (UNS 170). Vedi Selegas.- Il nostro villaggio è citato nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 37, 38); compare fra le parrocchie della diocesi di Arborea che versavano le decime alla curia romana nella metà del sec. XIV, nelle forme errate di Semichi e Senochi [Rationes Decimarum Italiae, Sardinia, RDS 1957, 2853) (però Pietro Sella confonde Sehenes 1863, 1951 con Seneghe, mentre si tratta dell’altro villaggio di Senis (vedi)]. Poi il villaggio di Seneghe risulta fra quelli che sottoscrissero la pace tra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 840/2) ed è citato nella Chorographia Sardiniae (194.12) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Senegae. (Day 69).

Senis (villaggio della prov. di Oristano) - Questo villaggio è citato come Sevenes nella Carta di donazione di Barisone d’Arborea del giugno 1184 (CREST XVI 4), come Sehenes e Senes fra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana [Rationes Decimarum Italiae, Sardinia, RDS 1316, 1579, 1863, 1951, 2849 (però Pietro Sella confonde Sehenes con Seneghe; vedi)]. In base a queste antiche forme del toponimo è possibile che esso sia un toponimo prediale derivato dal cognomen lat. Senex (RNG) col plur. di famiglia (Seneces) e con la metatesi di due consonanti (*Secenes) (cfr. il cogn. sardo Sèghene probabilmente metatesi dell’altro Sèneghe; DICS). La presenza di Romani nella zona dell’odierno Senis è documentata sul piano archeologico: resti di un probabile edificio termale e due iscrizioni latine rivenute nei pressi della vicina chiesa campestre di Santa Lucia.- Dal nome originario del nostro villaggio è derivato il cognome sardo Senes per indicare la nascita o l'origine di un individuo in quella località (CSSO, DICS).- Si intravede bene che la forma successiva del toponimo Senis, già documentata nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 831/2, anno 1388), sarà l'effetto di un adattamento campidanese dell'originale plur. latino.- Il villaggio è citato anche nella Chorographia Sardiniae (196.24) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Senis della Parte di Valenza. 

Sennisceddu vedi Onnixeddu.

Senorbì (anche Sinorbì, Sinobrì) (villaggio della Trexenta). L’abitante Senorbiesu - In virtù del suo accento sull'ultima sillaba (ossitonia) il toponimo è quasi certamente sardiano o protosardo; proprio come Barì, Belvì, Bidonì, Soddì, Tortolì, ecc. (vedi).- Ciò premesso, dico che è probabile che esso sia da connettere - non come derivato, bensì come imparentato geneticamente – col fitonimo o nome di pianta ital. Dial. senapra, senavra, senavro «senape» (GDLI), col lat. sinapis e col greco sínapi, che sono di origine ignota (NPRA) e probabilmente derivano da un “fitonimo mediterraneo”. La seconda vocale del nostro toponimo è differente da quella del fitonimo citato, perché, per effetto della accento, è finita col trovarsi in posizione pretonica. È dunque probabile che il villaggio di Senorbì abbia derivato il suo nome dalla particolare abbondanza, in origine, della citata pianta, anche coltivata, nel sito in cui esso è sorto.- In Sardegna è conosciuta sia la «senape nera» (Sinapis dissecta), adoperata per condimento, sia la «senape bianca» (Sinapis alba L.), adoperata nella medicina popolare (FPS 222, NPS 235) e inoltre esiste il toponimo omoradicale Sinipé(i) (Nureci).- La più antica attestazione del villaggio si trova in una delle Carte Volgari campidanesi del 30 settembre 1215: Sinorbi (CV, XII, 2, 5) (CREST X 6, 17); poi si trova in documenti del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 325/2, 326/1, 335/1) dell'inizio del sec. XIII. Ed è citato fra i villaggi che versavano le decime alla curia romana nella metà del sec. XIV (RDS 635, 1044, 1515, 2192). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (126.3) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Senorbis della diocesi di Dolia. (Day 62).

Serbariu (Serbaríu) (frazione di Carbonia) - È molto probabile che il toponimo derivi da Zefirinu e precisamente da Santu Zefirinu, che secondo Giovanni Spano era il nome di un villaggio distrutto del Sulcis (VSG 98). Si tratterà dunque di uno dei numerosi centri abitati del Sulcis, che furono abbandonati in epoca medievale a causa delle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni e che furono ripopolati soltanto in epoca molto recente.- San Zefirino era un papa che morì martire nell'anno 217 o 218 e la cui festa cade il 26 agosto o il 20 dicembre.

Serdiana (villaggio del Campidano di Cagliari). L’abitante Serdianesu - Il nome di questo villaggio è carico di importanti notazioni storiche relative alla Sardegna antica, anzi antichissima. Intanto è evidente che esso è corradicale con gli altri toponimi Sardara, Sardegna, Sardòri (2: Teulada, Villacidro); la prima vocale di Serdiana è differente da quella degli altri toponimi citati, perché è finita col trovarsi in posizione pretonica.- Ciò premesso dico che il nostro toponimo corrisponde in maniera sorprendente al nome della Sardianē, regione che traeva la sua denominazione dalla città di Sárdeis, capitale della Lidia, nell'Asia Minore, terra di origine dei Sardi, oltreché degli Etruschi (cfr. Sardigna). Come abbiamo già detto per Sardara (vedi), anche la denominazione di Serdiana serviva a indicare la diversità dei nuovi arrivati rispetto ai gruppi umani precedenti che vivevano ancora in quelle zone.- Ma c'è di più: premesso che la grande dea Artemide, conosciuta in epoca antica in tutto il mondo mediterraneo, era quasi certamente originaria della Lidia, come dimostra anche il fatto che essa era venerata sia ad Efeso (Artemide Efesia) sia a Sárdeis (Artemide Sardiana), è molto probabile che i Sardiani o Protosardi, subito dopo il loro arrivo dalla Lidia in Sardegna, abbiano fondato un centro denominato Arsemine/Assémini (vedi) in onore di Artemide Efesia e un centro denominato Serdiana in onore di Artemide Sardiana (OPSE §§ 24, 28).- È dunque evidente e certo che Serdiana è uno dei primi centri fondati dai Sardi dopo il loro arrivo in Sardegna ed è probabile che essi lo abbiano chiamato in tale modo in onore della grande dea Artemide Sardiana.- Non sono riuscito a rintracciare una attestazione del nostro villaggio precedente a quella che ne dà G. F. Fara, Chorographia Sardiniae, 216.20 (anni 1580-1589) come oppidum Serdianae. Ma questo silenzio sul nostro villaggio si spiega non col fatto che esso fosse andato distrutto, bensì col fatto che, vicinissimo al capoluogo della diocesi di Dolia, la sua storia religiosa ed amministrativa era confusa con quella di Dolianova appunto (vedi). In un documento del 1655 il toponimo viene citato come Sardiana («Archivio Sardo del Movimento Operaio», 14/16, 1981, pag. 299). (Day 34).

Serpeddì, Monte Serpeddì (Sinnai) - È possibile che questo oronimo derivi dalla locuzione lat. mons serpylli «monte del serpillo» (in genitivo) oppure da una analoga. Lo spostamento in avanti dell'accento sarebbe avvenuto per imitazione di altri toponimi sardiani che hanno l'accento sull'ultima sillaba, come Barì, Belvì, Bidonì, Senorbì, Soddì, Tortolì, ecc

Serra, sa, (in numerosi altri comuni) - Questo toponimo corrisponde all'appellativo serra «costa boscosa, catena o crinale di monti» e agli altri serracu «valico», serreíne «passaggio stretto», serragu «colle», serradina «costa di monte, crinale», serríghine «rocciaio con sterpame», serrine «piccolo dosso montano, collina», che sono da connettere coi toponimi Serrái (Escolca/Gergei, Sulcis, VSG), Iserrái (Orgosolo), Serralèi (Ortacesus), Serralò (Illorai), Serrese (Sindia), Serrestes (Galtellì), Serretzi e Serretzói (Sardara), Serriniái (Sarule) (ossitonia, suffissi e suffissoidi) e che probabilmente sono altrettanti relitti sardiani o protosardi da confrontare - non derivare - col lat. serra «montagna» ("forse prelatino" per il DELL) (LISPR). Vedi Serramanna.

Serramanna (villaggio del Medio Campidano). L’abitante Serramannesu -  «I sardi - ha scritto Vittorio Angius - chiamano serra la linea angolosa della schiena d'una montagna, o d'una catena di monti e di colline, per analogia co' denti della sega. E siccome quella linea angolosa, o dentata, è nella sommità, usano però dire serra anche le sommità non dentate. Quindi si spiega la cagione del nome di questo paese, perchè diceasi Serra il sito, dove si cominciò a fabbricare: il qual sito era nella sommità della ripa che si va elevando dalla sponda sinistra del fiume. La ragione poi perché questa serra fu detta manna (magna) è nella sua maggior estensione in confronto del rialto meridionale in cui trovasi Sorris, o Villa-Sorris». Ciò premesso, è evidente che il toponimo si sarebbe dovuto scrivere meglio Serra Manna.- Il nostro villaggio è citato per la prima volta nella Carta di Benedetta de Lacon del 30 maggio 1225 (CREST XI 7), poi compare negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 479, 1827, 2373) ed è citato nella Chorographia Sardiniae (134.15; 210.16) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Serraemagnae della Parte di Gippi. (Day 40).

Serrenti (villaggio del Medio Campidano). L’abitante Serrentesu - Il toponimo deriva quasi certamente dal gentilizio lat. Serrentius (RNG) in caso vocativo. Risulta accertato che in Sardegna numerosi Romani avevano il possesso di latifondi, che avevano acquistato a basso prezzo dallo Stato e che sfruttavano con coloni e schiavi e che amministravano non direttamente, bensì con liberti, mentre essi continuavano a vivere a Roma o in Italia (UNS num. 11). E molto probabilmente questo Serrentio era veramente un grosso latifondista, per il fatto che, risultando il toponimo Serrenti anche nei territori di Barumini, Bottidda e Sindia, probabilmente aveva terreni anche lì; a meno che in qualcuno di quei siti non indichi il cognome di un certo proprietario Serrenti, cognome appunto che compare già nel Condaghe di Trullas (CNST² 17; CSSO; DICS).- Il nostro villaggio è citato nelle Carte Volgari campidanesi in documenti rispettivamente degli anni 1121-1129 circa e del 1215 (CV IV 1, 2; XIV 4), nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 204/1, 336/2), nelle Rendite pisane nel giudicato di Cagliari (RR 1323, 364, 381, 394), per l'anno 1323, e negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 543, 1444, 1532, 1822, 2147, 2379). Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (134.15; 210.26) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Serrenti della curatoria di Nuraminis. (Day 47).

Serri (villaggio della omonima Giara; vedi). L’abitante Serresu - Il villaggio è citato come Seerri nelle Carte Volgari campidanesi per l'anno 1215 (CV XI 2) e come Seherri nel registro delle Rendite Pisane nel Giudicato di Cagliari (RR 1316, 68) per l'anno 1316. In virtù di queste forme è possibile che il nostro toponimo sia da connettere coi vocaboli sicherru, secherru-a «secco, scarso-a», sihirronare «seccare, avvizzire» (Dorgali), camp. assicorrái, (at)tzicorrái «risecchire, diventare riarso» (suffissi), i quali tutti sono da connettere - non derivare - col lat. siccus «secco» (indeur.; DELL, DELI) (LISPR). È pertanto possibile che il villaggio abbia in origine derivato la sua denominazione dal carattere particolarmente siccitoso del sito in cui è sorto (cfr. Cixerri, Sitzerri) [nella Carta di compromesso del priore Raimondo di San Saturno, circa 1190-1206, al rigo 19, quasi certamente va letto Serra e non Serri (CREST VII 19)].- Il villaggio apparteneva al Giudicato di Cagliari, alla diocesi di Dolia e alla curatoria di Siurgus. Esso compare fra i villaggi che versavano le decime alla curia romana nella metà del sec. XIV (RDS 657, 1543, 2191, 2363, 2497) e inoltre nella Chorographia Sardiniae (218.3) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Serri.

Sestu (villaggio del Campidano di Cagliari) - Prende nome da una locuzione lat. ad sextum lapidem, cioè "al sesto miglio" sulla strada romana che partendo da Cagliari andava a Turris Libisonis e ad Olbia (cfr. Decimomannu, Quartu, Settimo). Però è molto probabile che Vittorio Angius avesse ragione quando scriveva che in origine il centro abitato fosse presso la Cantoniera di Sestu e che in seguito si sia spostato alquanto verso oriente.- Il villaggio è citato molto per tempo nelle Carte Volgari campidanesi (CV IX 2, 5, 9; XIII 13, 14; XIV 7, 8; XXI 6) (CREST V 6, 10, 23, 39, 44) e poi nelle Rendite Pisane nel Giudicato di Cagliari (RR 1323, 373, 381). Risulta poi fra i villaggi della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 480, 1828, 2482, 2904) ed è citato nella Chorographia Sardiniae (210.31) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Sexti della curatoria del Campidano. (Day 19).

Séttile, su, (Galtellì, Orosei), Séttiles (Orgosolo, Tiana), Éttile (Siniscola, con l'articolo deglutinato) Questi toponimi corrispondono all’appellativo séttile (Fonni) «poggio», (Nùoro, Villanova Strisaili) «terreno piano da semina, pianura» (VCI, BNI 295), (Orgosolo) «superficie pianeggiante e ondulata nelle zone montane», (Berchidda) «piccolo avvallamento su un altipiano», (Dorgali) «piccola pianura in zona scoscesa», (Gallura) «pianoro sul dosso di una collina», (Baunei) «valle», (Sedilo) séttile 'e linna «distesa di legna»; forse base preromana per i DES II 413, NLS 536, per me invece deriva dal lat. sectĭlis,-e, a sua volta da secare (DELL). Si intravede pertanto che il significato effettivo del vocabolo sardo è «settore o sezione di terreno». 

Settimo San Pietro (pronunzia locale Séttimu) (villaggio del Campidano di Cagliari). L’abitante Settimesu - Il toponimo è stato italianizzato nella vocale finale e per conseguenza gli si è dovuta aggiungere la specificazione San Pietro al fine di distinguerlo dagli altri quattro paesi che in Italia portano il nome di Settimo (Milanese, Rottaro, Torinese, Vittone). Esso deriva da una locuzione lat. ad septimum lapidem, cioè "al settimo miglio" di distanza da Cagliari. Come dice per Sestu (vedi) Vittorio Angius ritiene che anche il villaggio di Settimo si sia alquanto spostato dal sito originario verso oriente. A suo giudizio infatti esso in origine era sulla strada romana che andava da Cagliari ad Olbia passando attraverso le montagne del centro.- Il nostro villaggio è citato in una delle Carte Volgari campidanesi del 1217 (CV XVI 2); compare in documenti del Codex Diplomaticus Sardiniae dell'anno 1292 come Septimo (CDS I 442/2, 445/1); risulta fra i villaggi della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 490, 1430, 1528, 1814, 2142, 2370, 2484). Inoltre è citato nella Chorographia Sardiniae (210.31) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Septimi della curatoria del Campidano. 

Setzu (villaggetto della Marmilla) - È possibile che il toponimo derivi dal nome di un possidente romano Setius (RNG; NLS XXXVII), proprietario della relativa villa o tenuta (UNS num. 11).- L'unica attestazione antica che sono riuscito a rintracciare di questo villaggio è quella che ne dà la Chorographia Sardiniae (202.22) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Sezus della diocesi di Usellus.

Seui (Seúi) (villaggio della Barbagia di Seulo). L’abitante Seuesu – È possibile che l’area della “nasalizzazione” della Sardegna centro-meridionale anticamente fosse più vasta di quella indicata dalla Tavola II della Historische Lautlehre des Sardischen di M. L. Wagner (HLS, pag. 292). Pertanto è possibile che il toponimo Seui sia da connettere con questi altri toponimi: Seuni (Comune, Guasila, Muravera), bixináu de Siúnis (Pimentel, San Sperate), Seúnis (Oschiri, Thiesi, CSPS 96). E tutti potrebbero derivare dal gentilizio lat. Seunius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano di una villa «fattoria o tenuta». Considerato poi che costui avrebbe avuto tenute e terreni in tante parti della Sardegna, sarà stato veramente un grande latifondista (cfr. Siddi, Silanus) (UNS 170).- La più antica attestazione che sono riuscito a rintracciare del toponimo Seui, si trova negli elenchi dei villaggi della diocesi di Suelli che versavano le decime alla curia romana nella metà del sec. XIV, in due forme chiaramente errate: Servii e Seni (RDS 672, 2207). Inoltre il villaggio figura tra quelli che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 838/1). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (220.3) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Seui della Barbagia di Seulo. (Day 13). Vedi Seuni.

Seulo (pronunzia locale Seúlu, Siúlu) (villaggio situato nel versante meridionale del massiccio del Gennargentu). L’abitante Seulesu, Siulesu - Il toponimo trova riscontro negli altri Seulu (Ardauli), Seule (Bultei), Siules (Villagrande Strisaili), Siulis (Mandas) e tutti sono quasi certamente sardiani (come indizia il loro suff. –úl-; LISPR 74).- Dalla circostanza che è esistita nel passato ed esiste tuttora la «Barbagia di Seulo» si deve trarre la conclusione che evidentemente gli antichi Seulesi costituivano una potente tribù della Sardegna montana. La qual cosa è quasi certamente confermata da una citazione del geografo greco-alessandrino Tolomeo (III 3, 6), il quale per la Sardegna centro-meridionale cita un popolo che chiama Sikoulénsioi o Sikylénsioi. Fino ad ora questo etnico è stato dagli storici moderni interpretato come «Siciliani» e questi sono stati da loro localizzati nella estrema parte sud-orientale della Sardegna – proprio dirimpetto alla Sicilia, dunque -. Senonché, considerato che da una parte non esiste né in greco né in latino la forma Sikoulénsioi per indicare i «Siciliani», dall’altra le indicazioni geo-astronomiche fornite da Tolomeo mettono questo popolo nella Sardegna centro-meridionale e non in quella sud-orientale, io prospetto che l’etnico indicato dall’antico geografo corrisponda esattamente a quello odierno Siulesus/Seulesus.- L’etnico Sikoulénsioi richiama immediatamente l’appellativo lat. sicŭla «pugnaletto», diminutivo di sica «pugnale». Orbene, considerato che la sica era ritenuta “l’arma nazionale dei Traci” (DELL) e probabilmente anche dei Sicani della Sicilia, si può legittimamente interpretare che la sicŭla fosse “l’arma tribale dei Sikoulénsioi/Siulesus, il cui nome pertanto praticamente poteva significare «armati di pugnaletto». E si intravede pure che il “pugnaletto” in questione fosse quello che è stato rinvenuto fra i bronzi nuragici e di cui risultano armati i personaggi maschili rappresentati da alcuni bronzetti e quello che è chiamato xiphídion da Strabone (V 225 C). D’altronde si deve anche considerare che ancora adesso non è possibile trovare un uomo di campagna sardo, pastore o contadino, che non abbia in tasca il tradizionale coltello a serramanico, sa leppa o pattadesa.- Il lat. sica, sicula è di origine ignota (DELL), ma a mio avviso potrebbe derivare dall’etrusco, proprio come altri nomi di armi romane, e come parrebbe dimostrare il gentilizio etrusco Sicle (DETR 375).- Il nostro villaggio compare fra quelli della diocesi di Suelli che versavano le decime alla curia romana nella metà del sec. XIV (RDS 670). Esso poi risulta fra i villaggi che sottoscrissero la pace tra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388, per la curatoria di «Parte di Valenza» (però nella forma Stolo, sicuramente errata, tanto che Pasquale Tola non lo ha saputo riconoscere) (CDS I 838/1). In questo stesso documento compare come cognome: Ioannes Siulu (834/1).- Il villaggio di Seulo e la Barbagia di cui era capoluogo vengono citati dalla Chorographia Sardiniae (132.18; 220.2) di G. F. Fara per gli anni 1580-1589; la Barbagia di Seulo poi è pure citata nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 1003) in un documento del 1603.

Seuni (pronunzia locale Seúni, Siúni) (frazione di Selegas). L’abitante Seunesu - Il nome di questo villaggetto della Trexenta, chiamato anche Seuneddu perché veramente piccolo (VSG), trova riscontro in questi altri toponimi: Seuni (Guasila, Muravera), bixinau de Siunis (Pimentel, San Sperate), Seunis (Oschiri, Thiesi, CSPS 96). Considerato che questi toponimi sono attestati in zone di alta produzione granaria, è probabile che tutti derivino dal gentilizio lat. Seunius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano (UNS 170). E, ancora considerato che avrebbe avuto tenute e terreni in tante parti della Sardegna, sarà stato veramente un grande latifondista (cfr. Siddi, Silanus).- Il villaggio è citato nelle Carte Volgari campidanesi come Siuni (CV IX 2, anno 1200 circa; XI 2, anno 1215; XV 5, anno 1216; XVI 3, anno 1217), inoltre compare fra i villaggi della diocesi di Suelli, che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 625, 652, 1048, 1554, 1558, 2174, 2178, 2346, 2354). Nella Chorographia Sardiniae (216.26) di G. F. Fara (anni 1580-1589) compare nella forma errata di Sinni. (Day 63). Vedi Seui.

Siamaggiore (Siamajore/i) (villaggio del Campidano di Oristano). L’abitante Siamajoresu - In virtù del fatto che questo toponimo compare numerose volte nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 2, 6, 29, 74, 75, 88, 93, 95, 96, 107, 108, 130, 132, 148, 178, 186, 208, 212) come Sivi (Sii nella scheda 25), si può prospettare, con molta prudenza, che esso derivi dal gentilizio lat. Sifius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano, che vi aveva una villa «fattoria o tenuta».- Nelle Carte Volgari campidanesi (CV XIII 10,14; XIV 14; XV 5; XIX 6; XXI 6) compare un centro abitato chiamato Sii, il quale non è stato finora identificato, ma sarà stato o nella Trexenta o nella zona che gravitava attorno a Dolia (CREST XI 24). Ma esisteva un altro villaggio Sii, nelle vicinanze di Oristano, il quale per essere distinto dal primo veniva chiamato Sii Maiore (cfr. CSMB 25; RDS 363, 1338, 1600, 1885, 1971; CDS I 705/1, 843/1) ed è appunto il villaggio di cui stiamo parlando. La forma recente Siamaggiore (col secondo componente agglutinato e italianizzato) si è conformata ai nomi dei villaggi abbastanza vicini Siamanna e Siapiccia (vedi), però probabilmente non ha nulla da fare con essi. È notevole la seguente osservazione di Vittorio Angius: «Sia-majore meritò di esser capoluogo del Campidano che fu nominato Majori, e che in principio dicevasi più probabilmente di Sia-majore».- Anche da questo nostro villaggio è di certo derivato il cognome sardo Dessì, Dessy, il quale in origine significava «nativo od originario di Sii» (vedi Sini).- Il villaggio di Siamaggiore compare fra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 363, 1047, 1338, 1600, 1885, 1971, 2773, 2865); risulta fra i villaggi che sottoscrissero l'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 843/1). Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (194.20) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Siae Maioris.

Siamanna (villaggio del Campidano di Oristano). L’abitante Siamannesu - Nel toponimo, da distinguere in Sia manna, quasi certamente Sia è da interpretare come S’ ‘Ia, Sa Via «la via» e il toponimo intero è da interpretare come «la Via Grande» (LCS I cap. VI). Si deve premettere e precisare che questa interpretazione appartiene anche alla coscienza linguistica degli abitanti del villaggio.- Contrariamente a quanto ci era stato obiettato in passato, nel sardo dei condaghi compare già qualche esempio di caduta della consonante bilabiale -b/v- in posizione intervocalica: arrobatia, arrobadia (CV I 5; XXI 2) dal lat. rogativa; dave, dae; iugale, iuvale, iuale «giogo»; iverru, hierru «inverno»; laoriu «frumento, seminato» (moderno laorzu, dal lat. laborare); tottube, totuve, totue, tottue, toctue «dappertutto» (da tottu «tutto» + ube «dove»; boe «bue», nois «noi», vois «voi» (da lat. nobis, vobis), ulpinu-a «volpino-a» (CSMB², CSNT², CSPS, CSLB, Glossari).- «La Via Grande» che il toponimo Siamanna ricorda è certamente la principale strada che i Romani avevano tracciato in Sardegna, quella che andava da Calaris a Turris e a Olbia (vedi), nel suo tratto che andava da Usellus a Forum Traiani (Fordongianus) (vedi). Questo tratto era alternativo a quello quasi parallelo, separato dal Monte Grighini, che passava per Allai e che risultava più esposto alle razzie degli Ilienses o Barbaricini (vedi Barbaxana).- Probabilmente la più antica attestazione di questo villaggio si trova nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 171) come Sia semplicemente e in questo modo compare fra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1318, 1581, 1865, 1953, 2760, 2850). Inoltre esso risulta fra i villaggi che sottoscrissero l'atto di pace tra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 845/2, 846/1). In questo documento il nostro villaggio viene citato come Sia Sancte Lucie (perché questa è la sua patrona; V. Angius), di certo per essere distinta da Sia Sancti Nicholay, che invece era Siapiccia (vedi).- Il villaggio è citato anche nella Chorographia Sardiniae (138.31) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Siae Magnae (però a pg. 194.26 per errore è chiamata oppidum Siae Maioris).- Dai villaggi di Siamanna e di Siapiccia trae origine il cognome sardo Sias, marcato però dalla desinenza del plurale di famiglia (CSSO, DICS)

Siapiccia (Sipiccía, anche Sia pitticca, DSI) (villaggio del Campidano di Oristano) Il toponimo va distinto in Sia piccia e letteralmente significa «Sia piccola». Questa denominazione del villaggio deriva dalla necessità di essere distinto dall’altro vicinissimo di Siamanna «Sia grande». Per la spiegazione di questo toponimo rimando a quanto ho scritto appunto su Siamanna. C’è però da precisare che Siapiccia è in posizione antitetica con Siamanna come “villaggio più piccolo” e non come una supposta “via più piccola”.- In un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 706/1) dell'anno 1336 risulta denominata come Sia Sancti Nicholay (perché questo è il suo patrono; V. Angius), di certo per essere distinta da Sia Sancte Lucie, che invece era Siamanna (vedi). E in questo stesso modo risulta citata fra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 845/2). Ed il villaggio è citato nella Chorographia Sardiniae (194.26) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Siae Parvae.

Sibiri (Síbiri) (frazione di Gonnosfanadiga) - Il toponimo, che esiste anche a Tuili, molto probabilmente corrisponde al fitonimo o nome di pianta tzíppiri «rosmarino», che lo Pseudo Apuleio (80,31) attribuisce ai Punici (LS 148; NPS 133) e che è uno dei soli sette appellativi che i Cartaginesi hanno lasciato in Sardegna (UNS 81, LISPR 53). Vedi Sippirárgiu (Tertenia).

Sicci San Biagio (sobborgo di Dolianova) – Probabilmente anche questo toponimo deriva dal gentilizio lat. Siccius, realmente documentato (RNG), sia pure non in Sardegna, di un proprietario romano di una villa o «tenuta». Il gentilizio sarà stato al vocativo, dato che con gli antroponimi questo è il caso morfologico più frequente: un individuo infatti viene più spesso “vocato” o “chiamato” che non “nominato” o “citato”.- Il toponimo compare nelle Carte Volgari campidanesi come Siiki (CV XII 4; XIII 5,9; XIV 10) (probabilmente Sikiu della carta IX 5,10 va letto Siiki).- Il villaggio risulta negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Dolia che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1503, 1504, 1556, 2173, 2353). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (216.20) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Sicci.- Però esisteva un altro centro abitato Sicci, «situato a mezz’ora da Settimo ed a 15 minuti da Maracalagonis, vicino al rialto di Settimo e la chiesa diroccata di San Sesulo» (V. Angius, XX 39 seg.). (Day 19). 

Siddi (villaggio della Marmilla) - Il toponimo, che esiste anche presso Bitti ed Ortacesus ed esisteva come nome di un villaggio nell'Otzier Superiore (DSI 633), probabilmente deriva dal gentilizio lat. Sillius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano che vi possedeva una villa o «tenuta». Il gentilizio era al vocativo, dato che con gli antroponimi questo è il caso morfologico più frequente: un individuo infatti viene più spesso “vocato” o “chiamato” che non “nominato” o “citato”. Inoltre il proprietario poteva essere un grande latifondista, che aveva fondi in varie parti dell'Isola (cfr. Seuni, Silanus).- Il nostro villaggio compare come Silli fra le parrocchie della diocesi di Usellus che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1385, 1645, 2299, 2795); e in questo stesso modo risulta citato fra i villaggi che sottoscrissero l'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (Silli in CDS I 844/1; invece Siddi in 855/2). Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae, 202.23 (codice D) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Siddi.- Si deve precisare che da questo toponimo deriva il cognome sardo, poco frequente, Siddi (CSSO, DICS)

Silì (anche Sillì, ossitono) (frazione di Oristano) - È possibile che questo toponimo derivi da una locuzione lat. (villa) Silini «(tenuta) di Silino» (in genitivo) di un proprietario romano Silinus, il cui cognomen è realmente documentato, sia pure non in Sardegna (RNG). Siccome siamo in una zona campidanese che talvolta rafforza la liquida l e lascia cadere la -n- intervocalica nasalizzando la vocale vicina (HLS Tafel II), è evidente che Silì può presupporre una forma precedente Silini (cfr. Marceddì). Ed infatti lo Spano (VSG 106) cita Silinu come «villaggio distrutto della diocesi di Tharros» (cfr. Silius; UNS 171).- Sono piuttosto dubbie le più antiche citazioni di questo villaggetto, soprattutto perché si possono confondere con quelle del villaggio di Siddi/Silli (vedi). Sicure invece sono, per il riscontro con altri villaggi vicini, le due citazioni che ne fa G. F. Fara, Chorographia Sardiniae, 136.35; 194.27 (anni 1580-1589), che però lo cita come Silla, fondata - nientemeno! - dal dittatore Silla (tesi ovviamente da respingersi con la massima decisione).

Siliqua (villaggio della prov. di Cagliari). L’abitante Sliquárgiu - Il toponimo corrisponde al fitonimo o nome di pianta camp. silícua «carrubo e carruba» (pianta e frutto) (Ceratonia siliqua L.), il quale deriva dal lat. siliqua (NPS 292; DILS). Anche questo villaggio dunque ha derivato la sua denominazione dalla particolare presenza, in origine, della citata pianta nel sito in cui è sorto.- Il villaggio è citato in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 390/2) del 1272, però nella forma errata di Seillaqua. Poi compare fra le parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 531) e inoltre in documenti degli anni 1561, 1615, 1684 del Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 904, 1020, 1062). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (134.19,23; 210.3) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Siliquae. (Day 26-27).

Silius (Silíus) (villaggio del Gerrei in prov. di Cagliari). L’abitante Siliesu – C’è da premettere che il toponimo appare caratterizzato da un plur. di forma campidanese. Ciò detto, è possibile che l’area della “nasalizzazione” della Sardegna centro-meridionale anticamente fosse più vasta di quella indicata dalla Tavola II della Historische Lautlehre des Sardischen di M. L. Wagner (HLS, pg. 292), per cui Silius potrebbe presupporre una originaria forma *Silinos. Questo sarebbe un plurale del cognomen lat. Silinus (RNG) di proprietari romani di una villa o tenuta o anche di una miniera (cfr. Silì; Silanus). La presenza dei Romani nel Gerrei è effettivamente documentata sul piano archeologico (cfr. San Nicolò Gerrei), soprattutto in vista dello sfruttamento dei giacimenti di minerali ivi esistenti.- Non sono riuscito a rintracciare una attestazione di questo villaggio più antica di quella che ne dà la Chorographia Sardiniae (218.9) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Silii della diocesi di Dolia.

Simala (Símala, pronunzia locale Símabha) (villaggio della Marmilla in prov. di Oristano). L’abitante Simalesu, Simabhesu - Considerato che il toponimo compare come Simula nella scheda 438 delle Rationes Decimarum Italiae - Sardinia e nella Chorographia Sardiniae (200.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589), si può ovviamente pensare che corrisponda all'appellativo sardo símula «semola», «farina di prima o di seconda qualità», che deriva dal lat. simĭla, simŭla (DILS 855). Inoltre, ai fini di una più precisa spiegazione del toponimo, si può pensare a una locuzione come domu 'e símula, analoga all'altra domu 'e farra «locale della macina del grano fatta girare da su molenti» (DILS 385). Con la quale considerazione si può con verosimiglianza ritenere che praticamente Simula/Simala significasse «Molino».- Il villaggio è citato fra le parrocchie della diocesi di Terralba che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 438 Simula, 1401 Sicmala, 1908 Simala, 2434 Simala); poi risulta fra i villaggi che sottoscrissero l'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 841/2). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (200.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Simulae.

Simaxis (villaggio del Campidano di Oristano) - La tradizione locale fa derivare il nome del villaggio da quello di San Simmaco (lat. Symmachus), che vi sarebbe nato e che è stato papa negli anni 498-514 (LS 34). E di fatto la chiesa parrocchiale è dedicata proprio a questo santo. Nonostante che l'Angius la respinge, mentre il Fara (194.27) l'accetta, a me questa tradizione sembra molto verosimile, anche perché nella vicina Tharros è stata rinvenuta una iscrizione col nome di un individuo chiamato Symmacus (ANRW B 104h). La esatta origine del toponimo pertanto sarebbe villa Sancti Symmachi «villaggio di San Simmaco» oppure ecclesia Sancti Symmachi «chiesa di San Simmaco». Lo spostamento in avanti dell'accento che si constata in Simáxis non è un fatto raro nei toponimi trisillabi (cfr. dúrgalu «canale» e Durgále/Dorgali; tóneri e tonéri); la -s finale poi sarebbe l'effetto di trascrizioni medievali del toponimo in latino.- Il nostro villaggio è citato molto per tempo nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 21, 24, 102, 168, 209, 219) come Sim(m)akis, Simagis, Simaguis. Poi compare fra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 378, 938, 1355). In un documento del 1336 del Codex Diplomaticus Sardiniae risultano due rioni di Simachis (CDS I 705/1, 706/1). Compare poi fra i villaggi che sottoscrissero l'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388, ancora con due rioni (CDS I 845/2, 846/1). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (100.31; 136.34; 194.22,27) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Simaxis, capoluogo della curatoria detta Campidano di Simaxis. (Day 70).

Simbiritzi (Quartu S. Elena) - Antico villaggio ormai scomparso (VSG) e odierno nome di uno stagno. È possibile che il toponimo – diventato ormai un idronimo - derivi dal gentilizio e cognomen lat. Simplicius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano che aveva una villa o «tenuta» oppure possedimenti nella zona (UNS num. 11). La trasformazione dell’antroponimo romano sarà avvenuta con la anaptissi di una vocale e secondo questa trafila fonetica: Simplici > *Simprici > *Simbrici > Simbiritzi. Vedi Sanctus Simplicius di Olbia e Santu Simpriche di Lodè. 

Sini (pronunzia locale Síĩ) (villaggio della prov. di Oristano, sotto la Giara di Gesturi) - Considerato che questo villaggetto è citato in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 335/2) dell'anno 1219 come Sinnj, Sinni, si può per esso ipotizzare la derivazione dal gentilizio lat. Sinnius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano che vi aveva una villa p «tenuta» oppure terreni.- Il piccolo centro compare anche tra i villaggi che sottoscrissero l'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 844/2). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (202.22) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Sinis della diocesi di Usellus.- Il seguente coronimo Sinis (vedi) nel Medioevo suonava Sinnis ed un Monte Sinni esiste presso Gonnesa: il possidente romano avrà avuto terreni anche in quelle zone. 

Sinipé(i) (Nureci): toponimo sardiano o protosardo (ossitonia o suffissoide) da confrontare col greco sínapis «senape» (di origine ignota; NPRA). Cfr. Senorbì

Sinis - Penisola che chiude a occidente il golfo di Oristano. Sarà stata molto più lunga in epoca antica, quando di certo il mare si infilava in quello che adesso è lo stagno di Cabras.- Un centro abitato Sínēs è citato per la Sardegna antica dal geografo bizantino, del 600 d. C. circa, Giorgio Ciprio, Descriptio orbis Romani (ediz. Gelzer, pg. 25, num. 679) e pure dallo storico, del sec. IX, Leone il Saggio, Graecorum Episcopatuum Notitiae (Patrologia Graeca, CVII c. 344): siccome quasi certamente si deve leggere Sínis, secondo la pronunzia bizantina, sarà stato il centro abitato che esisteva attorno alla chiesa di San Giovanni di Sinis oppure attorno all'odierno santuario di San Salvatore di Cabras. Però il centro abitato, che sarà stato particolarmente importante per la pesca negli stagni e per l'agricoltura, fu abbandonato dagli abitanti per sfuggire alle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni: proprio come è avvenuto per Nora, Sulci, Neapolis, Tharros, Cornus, Carbia, Porto Torres, Tibula (= Castelsardo), Olbia,  ecc. (UNS 121).- Invece le attestazioni medievali del toponimo, quelle del Condaghe di Bonarcado (CSMB 3, 33, 99, 209), della Carta di renovatio donationis di Orzoco de Zori (circa 1112-1120) e della Carta di donazione di Pietro d’Arborea del 18 gennaio 1228 (?) (CREST XIII 22, XVII 89), lo presentano come Sinnis. Se questa era la esatta forma fonetica del coronimo possiamo pensare a una etimologia uguale a quella che ho prospettato per Sini (vedi) (UNS 172). La consonante finale di Sinis si può interpretare come l’effetto di antiche trascrizioni in lingua latina (cfr. Soleminis). 

Sinnai (Sínnai) (grosso borgo del Campidano di Cagliari). L’abitante Sinniesu - Un approccio alla etimologia di questo toponimo è piuttosto diffile per il fatto che la sua tradizione scritta è quanto mai varia. A parte la citata forma ufficiale, la pronunzia locale del toponimo è attualmente Sínnia e nell'Ottocento era Sínia. Nella Carta Sarda di Marsiglia il toponimo figura come Sínnaē; nella Carta di compromesso del priore Raimondo di San Saturno (circa 1190-1206) figura come Sinnai (CREST IV 21, VII 15); negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana figura come Sinay, Synay (RDS 487, 1010, 1446, 1464, 1474, 1790, 2392, 2483); nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 829/1), in un documento del 1388, come Sinnai; nella Chorographia Sardiniae (210.32) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come Sinai.- Ciò premesso, dico che è possibile che il questo toponimo sia da riportare al fitonimo o nome di pianta t(h)innía, thinníga, tinníga, tzinní(g)a, sinníga «alfa, sparto, giunco marino», «giunco spinoso», «carice» (Lygeum spartum, Iuncus acutus, articulatus, bufonius, maritimus; Carex distachia, diversicolor, divisa) (tutte piante in antico adoperate per fare stuoie, materassi, ceste e corde), relitto sardiano o protosardo, da confrontare - non derivare - col berbero tsennît «alfa, sparto» (LISPR 209; DILS II), entrambi probabilmente facenti capo a un “fitonimo mediterraneo”. È pertanto possibile che il borgo abbia derivato la sua denominazione dalla particolare abbondanza, in origine, di una delle citate piante nel sito in cui esso è sorto (vedi Zinnigas). (Day 19). 

Sippirárgiu, su, (Tertenia): = «il sito del rosmarino», il quale deriva da tzíppiri «rosmarino», che lo Pseudo Apuleio (80,31) attribuisce ai Punici (LS 148; NPS 133) e che è uno dei soli sette appellativi che i Cartaginesi hanno lasciato in Sardegna (UNS 81, LISPR 53). Vedi Sibiri

Siris (villaggetto della prov. di Oristano). L’abitante Siresu – Il toponimo potrebbe derivare dal gentilizio lat. Sirius (RNG) di un proprietario romano che vi aveva una villa o «tenuta»; la consonante finale sarebbe da intendersi come la desinenza di un plurale di famiglia.- Siris compare tra i villaggi che sottoscrissero l'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 841/2). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (200.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Siris della diocesi di Terralba. 

Sirri (frazione di Carbonia) – Il toponimo potrebbe avere una spiegazione etimologica analoga a quella di numerosi altri toponimi prediali della Sardegna: esso potrebbe derivare dal gentilizio lat. Sirnius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano che vi aveva una villa o «tenuta». Il nesso lat. –rn- si trasforma nel sardo –rr-: sardo carre dal lat. carne(m), sardo perra dal lat. perna(m), sardo Sadurru dal lat. Saturnu(m).

Siserbi (Baunei): è il fitonimo siserbi, sisérbiu «laurotino o lentaggine» (Viburnum tinus L.), relitto sardiano o protosardo, probabilmente da confrontare – non derivare – col greco sisýmbrion «nasturzio» e «menta selvatica», di origine ignota (NPRA) e quindi probabilmente “fitonimo mediterraneo” (M.P., NVLS).  

Sisini (Sísini) (frazione di Senorbì). L’abitante Sisinesu – Il toponimo potrebbe derivare dal gentilizio lat. Sisinius (RNG 172, 404) (al vocativo) di un proprietario romano che vi aveva una villa o «tenuta» oppure terreni; sarà intervenuta la ritrazione dell’accento tonico, fenomeno non raro nella lingua sarda e soprattutto nei toponimi trisillabici (cfr. Bottidda, Gesturi, Sedini, Tonéri e Tóneri) e forse anche per imitazione dell'appellativo sísini, císini «cigno» (UNS 172; DILS I 297).- Il villaggio, appartenente alla diocesi di Dolia, è citato nelle Carte Volgari campidanesi (CV XIV 4,5; XIX 2) e pure in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 335/2, 336/1, 337/2) dell'anno 1219. Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (132.29) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Sisini. 

Sitzerri - Fiume che sfocia nel golfo di Oristano. È probabilmente un idronimo sardiano o protosardo, che si collega con gli altri Sitzerra (Ruinas), Tzitzerra (Bitti), Tzitzéri (Sorgono), Çizzerra (mediev., CV XIII 4), tutti caratterizzati dal suffisso sardiano -rr- probabilmente derivato da un originario -rn- (LISPR 72). La connessione con l'altro idronimo Cixerri (vedi) è ovvia, per cui anch’esso probabilmente è da connettere coi vocaboli sicherru, secherru-a «secco, scarso-a», sihirronare «seccare, avvizzire» (Dorgali), camp. assicorrái, (at)tzicorrái «risecchire, diventare riarso» (suffissi), i quali tutti sono da connettere - non derivare - col lat. siccus «secco» (indeur.; DELL, DELI²) (DILS II). È pertanto probabile che anche il fiume Sitzerri abbia derivato la sua denominazione dal suo carattere torrentizio, ossia dal suo frequente disseccarsi a causa della siccità (vedi Cixerri, Serri).- Il geografo greco-alessandrino Tolomeo (III 2, 4) chiama questo fiume Hierós Potamós «Fiume sacro», probabilmente perché in esso confluivano le acque termali di Sardara, ossia le Aquae Neapolitanae, ora di Santa Maria de is Aquas (cfr. Bangiargia).- Il fiume probabilmente è citato nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 1, 207) come Zezerni ed è citato nella Chorographia Sardiniae (200.14) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come Sacer fluvius a Ptolomaeo memoratus.

Siurgus Donigala (Siúrgus, Seúrgus) (villaggio già capoluogo della omonima curatoria). L’abitante Siurghesu, Seurghesu - Considerato che il patrono di questo villaggio è san Teodoro, assai importante nella chiesa greco-bizantina, a me sembra possibile che il toponimo Siurgus, Seurgus derivi dall'appellativo greco-bizantino theourgós «sacerdote, prete», riferito al santo patrono. Più precisamente c’è da pensare che, siccome sono esistiti parecchi santi che avevano questo nome, con l’apposizione di theourgós si volesse indicare un “San Teodoro prete”, differente da qualche altro che invece era “San Teodoro vescovo” (epíscopos) oppure “abate”, “monaco”, ecc.- La più antica attestazione del nostro toponimo si trova in un documento del Codice Diplomaticus Sardiniae dell'anno 1219, poi in altri due rispettivamente del 1391 e del 1392 (CDS I 335/2, 867/2, 870/1) come Siurgos, in cui è da notare la parte finale uguale a quella del vocabolo bizantino. In seguito la vocale finale si sarà adeguata a quella del plurale campidanese.- Il villaggio compare fra le parrocchie della diocesi di Dolia che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 618, 1040, 1519, 1541, 2196) e nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 626) in un documento del 1446. Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (132.7,35; 216.29; 218.3,22) di G. F. Fara (anni 1580-1589) anche come capoluogo di curatoria.- Si veda a parte Donigala.

Soddì (pronunzia locale Soddío, con vocale paragogica) (villaggetto della prov. di Oristano, nella media valle del Tirso) - Siamo spinti a ritenere che questo toponimo sia sardiano o protosardo in virtù della caduta dell'accento sull'ultima vocale (ossitonia), proprio come in Barì, Belvì, Bidoní, Senorbì, Tortolì, ecc. (vedi). Esso sembra potersi collegare ai seguenti altri toponimi: Soddaggi (Ulassai), Sodde (Fonni), Soddi (Tramatza), Solí (Bolotana), Solle (Bitti, Osidda), Solloái (Villagrande Strisaili), Solluli (Baunei), Toddeitto e Toddoschi (Dorgali), Toddòttana (Nùoro), Toddule (Bultei), Toddunele (Bitti), Zoddis (Narbolia), cognomi Sodde e Todde (DICS) (ossitonia, suffissi e suffissoidi): forse tutti sono da riportare all'appellativo sardiano o protosardo tzodda (Nùoro), ciodda (Desulo) «avanzo dell'aia» (VNI 292, BNI 345; DILS II), «materiale frollo», «cuoio fermentato», «pasta frolla», (Dorgali) «materiale inzuppato». Il toponimo Soddì dunque forse porta in sé il riferimento a un'aia in cui restavano i rimasugli della trebbiatura oppure a un «sito inzuppato d'acqua».- Il villaggio compare nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 33t, 72, 76, 80, 152, 153, 158) come Sollie (si noti ancora la vocale paragogica); è citato in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae dell'anno 1187 come Sollii (CDS I 260/2, 161/1, non riconosciuto da Pasquale Tola); compare tra le parrocchie della diocesi di Santa Giusta che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 411, 1372, 1632, 1846, 2460) e inoltre tra i villaggi che sottoscrissero l'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 come Solli (confuso dal Tola con Silli = Siddi) (CDS I 840/2). Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (198.14) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Soddi. (Day 77).

Solanas (frazioni di Cabras e di Sinnai e toponimo di Ulassai, mediev. CSPS 277). L’abitante Solanesu - Quasi certamente il toponimo sottintende una locuzione terras solanas «terre solatie», cioè "esposte al sole", in cui il secondo componente deriva dal lat. solanus-a-um «solatio-a» (DILS) (cfr. Terresoli).- In subordine il toponimo protrebbe derivare dal cognomen lat. Solanus (RNG) (al plur. femm.) di proprietarie romane di villae o «tenute». Anche il villaggetto vicino a Cabras sottoscrisse l'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 843/1, non riconosciuto da Pasquale Tola), nel quale documento compare pure un individuo chiamato Arsocus de Solanas, sicuramente nativo di Solanas di Cabras (CDS I 834/2). Questo centro abitato è citato da G. F. Fara, Chorographia Sardiniae (194.19) (anni 1580-1589), mentre Solanas di Sinnai è ricordato come distrutto (212.17). In precedenza quest’ultimo è citato nella Carta di compromesso del priore Raimondo di San Saturno (circa 1190-1206) (CREST VII 20). (Day 20, 68).

Solarussa (pronunzia locale Sabharússa) (villaggio del Campidano di Oristano) - Anche per questo toponimo c'è da dire che, se non si conoscessero le sue antiche attestazioni, neppure il più preparato e più geniale dei linguisti sarebbe in grado di scoprirne l'etimologia (cfr. Santadi). Nel Condaghe di Bonarcado questo toponimo compare nelle forme di Solarussa, Solagrussa, Solarusa e infine di Cebera grussa (CSMB 25, 28, 32, 68, 172). Considerato che le schede di questo condaghe hanno subìto notevoli rimescolamenti, non è illegittimo considerare come forma più antica quella di Cebera grussa. Il primo componente del nostro toponimo è da connettere con l'appellativo sèbera, sèpera, cèbera, tzèpera, tzèpara, tèpera (anche -pp-) «ghiaia, ciottolame, pietrame, pietraia», relitto sardiano o protosardo, probabilmente da confrontare – non derivare - col lat. saburra «zavorra di imbarcazione» (costituita da ciottolame) (già prospettato come di origine etrusca; DELL, DELI, DICLE), antroponimo (suffisso -rr-) (cfr. Zeppara). Il secondo componente corrisponde all'aggettivo grussu, russu-a «grosso-a», che deriva dal lat. grussus per grossus (DILS). Pertanto Cebera grussa o Solarussa significa «ghiaia grossa», con un significato che trova riscontro esatto nelle caratteristiche geomorfiche della zona in cui è situato il villaggio: pianura alluvionale del basso Tirso, caratterizzata da abbondante materiale ghiaioso, il quale, inoltre, assume spesso la forma di "cumuli o mammelloni di ghiaia" (LCS I 123).- Il nostro villaggio compare in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae dell'anno 1187 e in un altro del 1336 (CDS I 261/1, 705/2). Poi compare parecchie volte tra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS) e inoltre figura tra i villaggi che sottoscrissero l'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 842/2, 843/2). Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (136.35; 194.20) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Solarussae.

Soleminis (Soléminis) (villaggio del Campidano di Cagliari). L’abitante Soleminesu - È probabile che il toponimo derivi dal cognomen lat. Solemnius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano che vi aveva una villa o «tenuta». La -s finale del toponimo sarebbe da interpretare come l’effetto di antiche trascrizioni medievali in lingua latina (UNS 172) (cfr. Sinis).- Le più antiche attestazioni del villaggio si trovano negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Dolia che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1045, 1506, 1557, 2195, 2355). Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (212.17) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Soleminis, ma come distrutto. (Day 35).

Sonnixeddu vedi Onnixeddu.

Sorradile (nell'Ottocento anche Serradíle) (villaggio della prov. di Oristano, nella media valle del Tirso). L’abitante Sorradilesu - Il nome di questo villaggio è da connettere col fitonimo o nome di pianta arridili, arredili, arredeli, arradel(l)u, arridebi, arridequ «lillatro, fillirea» (Phillyrea angustifolia, latifolia; FPS 172). Questo è un relitto sardiano o protosardo imparentato geneticamente col lat. alater, alaternus, alternus «alaterno, linterno» (Rhamnus alaternus L.), all'antico toponimo laziale Alatr(i)um, Aletrium (alternanza á/é), ai tosc. ìlatro, còrso igliatru «lillatro, fillirea», all'antroponimo etrusco Althrnas = lat. Aletrinas,-atis «nativo di Alatri» (DETR) e infine al greco moderno eláitrinos «linterno» (Creta), tutti privi di etimologia, ma quasi certamente facenti capo a un unico “fitonimo mediterraneo” (DELL, DEI, NPRA). Per numerose differenze fonetiche e soprattutto per la diversità della vocale tonica il fitonimo sardo non può derivare da quello latino, invece le varianti alatérru, aladérru, alidérru sì. Il nostro fitonimo dunque esisteva in Sardegna, nella lingua sardiana o protosarda, prima che ve lo portassero i Romani come  alaternus (OPSE 199; DILS II, LISPR). È pertanto molto probabile che il villaggio di Sorradile abbia derivato il suo nome dalla particolare presenza, in origine, della pianta di «lillatro o fillirea» nel sito in cui esso è sorto. Inoltre è probabile che Sorradile presenti agglutinato l'articolo determinativo della lingua sarda su, sa, per cui andrebbe distinto e interpretato come S'Orradile, cioè «il lillatro».- Il villaggio è citato alcune volte nel Condaghe di Bonarcado come Sorratile (CSMB 16, 31, 175) e Sorradile (180) e risulta tra le parrocchie della diocesi di Santa Giusta che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 406, 951, 1368, 1628, 1836, 2457, 2810). Risulta pure fra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 845/1). Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (196.8; 198.16) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Soradilis della parte del Barigadu. (Day 76).

Spéndula, sa, (Villacidro) – È il nome di quattro cascatelle d'acqua che si trovano nei dintorni di Villacidro (vedi), Spendula de Figus, Spendula de Murus Mannus, Spendula de Piscina Irgas (= Verghe), Spendula de Seddanus (V. Angius s. v. Cidru). Esso corrisponde all'appellativo (i)spéndula «burrone», che deriva dal lat. ex + pendere (DILS 535).

Stampace (Stampaxi) (rione di Cagliari, ai piedi del colle del Castello). L’abitante Stampaxinu - Il toponimo deriva probabilmente dalla locuzione sta in pace «riposa in pace» (Pais, Rom. 357), perché nella zona esistevano numerose tombe rupestri, anche di epoca molto antica. Però c’è l'incertezza se il toponimo sia una formazione locale oppure sia derivato dall'omonimo rione Stampace di Pisa (VSG).- Il centro abitato compare parecchie volte nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS 381/2, 382/1, 414/1, 420/1, 678/1, 679/1); poi negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 994, 1457, 1463, 1477, 1535, 1802, 2371) ed anche nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 556, 557, 570, 627, 1029). Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (206.20,21) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

Strisaili (Strisáili) (villaggio distrutto dell'Alta Ogliastra) - Il toponimo adesso costituisce un elemento specificativo dei villaggi di Villanova Strisaili e Villagrande Strisaili (vedi). In origine era un villaggio a sé, di certo vicino e precedente a questi due, ma rispetto ai quali non si è riesciti a ricostruire l'esatta posizione, sia geografica sia storica. Il toponimo probabilmente significa «(sito) sdrucciolevole, scivoloso», derivando dal verbo (i)strissiare (Dorgali), (i)strissinare (Orosei) «strisciare, scivolare», che probabilmente è di origine onomatopeica come il corrispondente italiano (M.P.). Cfr. Strisái (Escalaplano, Lanusei).- La Villa Strisaili de montibus è citata per l'anno 1316 negli elenchi dei villaggi che pagavano tasse alla repubblica di Pisa (Artizzu, 96). E compare anche fra le parrocchie della diocesi di Suelli che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 668, 2162, 2206). Risulta come centro abitato ancora in vita nella Chorographia Sardiniae (220.13) di G. F. Fara (anni 1580-1589): oppidum Strisailae in Ogliastra. Lo stesso Fara (220.3) ci dice che esisteva un altro oppidum Strizailis nella Barbagia di Seulo. (Day 48). 

Sturrúi (Gésico, Sèlegas, Sínnai), Sturrulíu (Santadi), Sturrusè (Arzana): toponimi sardiani o protosardi (suffissoide, accento, osssitonia) da connettere con l'appellativo sturru, isturru, istúrulu, istullu, istrullu, istrúlliu «storno, stornello» (uccello) (camp. e log.), che deriva dal lat. sturnu(m) (indeur.) (DILS, NVLS). Ma l'appellativo esistenva già in Sardegna prima che i Romani vi importassero il loro. 

Suelli (pronunzia locale Suéddi) (villaggio della Trexenta). L’abitante Suellesu, Sueddesu - Il toponimo deriva dal gentilizio lat. Suellius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano che vi aveva una villa o «tenuta». Risulta accertato che in Sardegna cittadini romani avevano il possesso di fondi, che sfruttavano con coloni e schiavi e che amministravano non direttamente, bensì con liberti, mentre essi continuavano a vivere a Roma o in Italia (UNS num. 11). La forma Suelli va intepretata come una ricostruzione di origine semidotta effettuata da amanuensi, come è avvenuto per altri nomi di villaggi sardi (cfr. Ballao).- Il villaggio faceva parte del Giudicato di Cagliari, della curatoria della Trexenta ed era capoluogo di una diocesi. In virtù di quest'ultima circostanza il villaggio è citato molto per tempo e numerose volte nei documenti medievali: nelle Carte Volgari campidanesi (CV carte IV, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV, XVI, XVII, XVIII, XIX), nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE pag. 990), nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 204/1, 324/1, 335/2, 337/1) e nella Chorographia Sardiniae di G. F. Fara (anni 1580-1589). (Day 63). 

Sulcis - Attualmente indica tutta la parte sud-occidentale dell'Isola, mentre nel Medioevo e in età moderna ha indicato una diocesi, che ebbe come capoluogo prima Sant'Antioco, dopo Tratalias e infine Iglesias (vedi). In virtù di quest'ultima circostanza il coronimo è citato molto per tempo e numerose volte nei documenti medioevali. Esso deriva dal nome originario di Sant'Antioco, che è citato come Sulci da Claudiano (V, 518), dall'«Itinerario di Antonino» (84), dalla Tavola Peutingheriana e dall'Anonimo Ravennate; come Sulcis (da interpretarsi come un locativo plur.) è citato da Mela (II, 19); come Sólkoi da Tolomeo (III 3, 3); Soũlchoi da Strabone (V 2, 7); Sylkoi da Pausania (X 17, 9) e da Stefano di Bisanzio; Solkói da Artemidoro, in Stefano di Bisanzio (581,7-8; 591 M s. vv.); Soúlkes da Leone il Saggio (Patrologia Graeca, CVII c. 344). Io sono dell’avviso che il toponimo sia sardiano o protosardo e sia da connettere con l’appellativo etrusco SULΧVA «solchi» (Liber X 17) (plur.) (da cui dopo è derivato il lat. sulcus) (LEGL 69; DICLE 166). A mio avviso l’antico insediamento traeva molta della sua importanza dal “solco o canale” o anche dai “solchi o canali” che tagliavano l’istmo che unisce l’isola di Sant’Antioco alla Sardegna propriamente detta, canali che costituivano altrettanti "passaggi" per le navi che costeggiavano la Sardegna, anche per evitare il lungo e pericoloso periplo delle isole di Sant'Antioco e di San Pietro. I «canali» dell'istmo dunque saranno stati più d'uno, in quanto saranno stati usati variamente a seconda del frequente interramento provocato dallo spirare dei venti e dal movimento delle correnti marine. Sul principale di questi canali in età romana è stato costruito quel ponte che rimane tuttora (OPSE 159, 269). Hanno quasi certamente errato alcuni archeologi recenti che, senza darne alcuna prova, hanno parlato di "istmo artificiale" di Sulci: al contrario l'istmo sembra costituitosi in epoca geologica antica, come dimostra anche il fatto che nella sua parte centrale si trovano ancora in posizione eretta due pedras longas o pedras fittas (menhirs) di epoca prenuragica. A differenza della città di Sulci, nell’antichità l'isola veniva chiamata, come risulta dal geografo greco-alesandrino Tolomeo (III 3, 8), Molibódes nésos «Isola plumbea», evidentemente per i suoi giacimenti di piombo. Ma questa sarà stata la traduzione greca di una precedente locuzione sardiana o protosarda, che ormai a noi risulta sconosciuta. 

Surrádili, Zurrádili (Marrubiu): è da interpretarsi come s’Urrádili, uguale a Urrádili (vedi). 

Taccu, tacca «altipiano calcareo definito da ripidi pendii», «ammasso di pietre isolate o più di questi ammassi aggruppati insieme», diminutivo tacchinu, tacchixeddu; (Ogliastra) táccinu «forra, fessura di montagna» e «rigagnolo»; toponimi (alcuni dei quali idronimi) Taccori (Loceri, Macomer, Selargius, Uta), Tac(c)uri (Sestu, Seulo) (alternanze á/é, ó/ú e suffissi); probabilmente relitto sardiano o protosardo da confrontare – non derivare - con l’ital. tacco «rialzo di cuoio nella scarpa», che è di origine non sicura (DELI) [effettivamente alcuni dei taccus hanno la forma di un tacco di scarpa (LCS I cap. X), il quale in sardo si dice taccone, tacconi]. Il passaggio semantico da «rialzo di terreno» ad «avvallamento» trova esatto riscontro, ad es., nel lat. sinus «seno prominente» e «seno concavo» e nell'ital. colle «rialzo di terreno» e «valico»; ed anche il passaggio da «avvallamento» a «rigagnolo» è facile a spiegarsi, dato che nel fondo di ogni avvallamento scorre quasi sempre almeno un rigagnolo (corrige DILS, LISPR; OPSE 229-230).

Tadasuni (pronunzia locale Tadasúne) (villaggio della prov. di Oristano, nella media valle del Tirso). L’abitante Tadasunesu - Di questo toponimo si può dire con buona probabilità che è di origine sardiana o protosarda, come indizia già il suo suff. -ún-, che ritroviamo in questi altri toponimi: Aruni (Genoni), Biduni (Sarule, Tonara), Burune (Ittiri), Carasunis (Lodè), Carasuni (Mamoiada), Vaúne (Orgosolo), cala Ilune (Dorgali), Leisune (Bolotana), Loddune (Nùoro) Lothune (Ollolai), Lotzuruni (Sarule), Orroviduni (Fonni), Orune (Comune di O.; Alghero), Oruni (Neoneli), Orrunis (Bosa), Susune, Susuni (Atzara, Oliena/Orgosolo), Sussuni (Genoni) e inoltre nell'appellativo sardiano malune «secchio di sughero» (LISPR 75). Esso trova riscontro nell'altro toponimo Tadasuniái o Talasuniái (Orgosolo), il cui suffissoide -ái ci assicura anch’esso che si tratta di un toponimo sardiano.- Con una certa verosimiglianza si può affermare che Tadasuni significhi «cavallaro, buttero», derivando da un originario appellativo sardiano o protosardo *agasuni, che sarebbe imparentato - non derivato - col lat. agaso,-onis «cavallaro, servo di stalla, palafreniere». Quest'ultimo è di origine ignota (LEW, DELL) ed è stato già prospettato come di origine etrusca. Ed infatti in etrusco sono attestati gli antroponimi Aczun, Aχsun (corrispondenza lat./etr. g/χ; suff. -on-/-un-), che richiamano quello lat. Agaso,-onis (DETR 28, 74). Si potrebbe dunque interpretare che in Sardegna esistesse l'appellativo sardiano o protosardo *agasuni «cavallaro, buttero» già prima che ve lo portassero i Romani nella forma di agasone [diventato in seguito gasone, (b)asone]. In tale modo si spiegherebbe anche il fatto che questo appellativo latino si sia conservato solamente in Sardegna: esso infatti si sarebbe fuso col sardiano *agasuni (LELN 36).- Propriamente Tadasuni presenterebbe l'articolo determinativo sardiano agglutinato, derivando da ta *agasuni, per cui significherebbe propriamente «il cavallaro» (UNS num. 4; LISPR 186, 187). Di fatto il nostro villaggio si trova in una zona - quella di Ghilarza e di Abbasanta - che da epoca molto antica risulta essersi specializzata nell'allevamento dei cavalli.- Le più antiche citazioni del villaggio si trovano nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 11, 91), come Tatasune e Tadasune. È pure citato fra le parrocchie della diocesi di Santa Giusta che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 416, 957, 1369, 1629, 1835, 2459), sia pure in forme chiaramente errate. Mentre ricompare come Tadasuni tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 839/1). Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (136.32;198.14) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Tadasunis.

Talana (Talána, ad Orgosolo Telána) (villaggio dell'alta Ogliastra) - Il nome di questo villaggio trova riscontro in numerosi toponimi sardiani o protosardi, caratterizzati dalla ossitonia e da particolari suffissi o suffissoidi: Talachè (Irgoli), Talacóri (Ottana); Talaè, Taluschéi (Ardauli), Talagolái (Orani), Talái (Lula), Talaiqè (Gavoi/Ollolai), Talalú (Sorgono), Talaòrra (Benetutti); Talarè, Talaristini (Tonara), Talascasái (Tiana), Talastorrái (Mamoiada), Talavá (Pattada, Torpè); Talavái, Talusqa (Orgosolo); Talavè, Teleaine (Triei), Talavòe (Nule), Talè (Sorgono), Tal(l)è (Talana), Taleide (Ula Tirso), Talene (Esterzili), Televái (Urzulei). Per tutti questi toponimi si può prospettare la loro connessione con l’appellativo sardiano o protosardo thálau, thaláu, taláu, teláu «crusca» (DILS II, LISPR); nei toponimi ci sarà stato un riferimento alla «crusca» come residuo della trebbiatura e quindi come sinonimo di «aia».- In subordine il toponimo sardo Talana potrebbe essere connesso con quello ital. Talana (Faenza) e col teonimo etrusco Thalana, Thalna, Talna, divinità di incerto carattere e sesso (OPSE 236; DETR 207).- Le più antiche attestazioni del villaggio si trovano nel ruolo delle imposte, del 1316, che Pisa imponeva ai villaggi del Giudicato di Cagliari (Artizzu, 96), negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Suelli che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 664, 2161, 2205) e nel ruolo delle imposte che si dovevano pagare ai re d'Aragona: Thelana (ACA 1358, 682-686). Il villaggio poi è citato da G. F. Fara nella Chorographia Sardiniae (220.14) (anni 1580-1589) come oppidum Talanae. Vedi Talavà

Talassa (Esterzili), Talasa (mediev.; Anglona), Talasái (Sedilo), Talasácciu (Desulo), Talasséi (Ussassai), Talasatzía(s) (Tonara), Talasidda (Ussana), Telasutta (Gadoni): tutti toponimi sardiani o protosardi da confrontare – non derivare – col greco thálassa «acqua salata, lago salato, mare» (di origine ignota; DELG, GEW); essi potrebbero fare riferimento ad altrettante sorgenti di acque salmastre o acidulo-minerali, che sono molto frequenti in Sardegna (cfr. salamáttu) (OPSE 108, 117).

Taleri (Neoneli, Noragugume, Orani, Tiana), Taleris (Bortigali, Esterzili), Talere (Ozieri/Nughedu S. Nicolò): toponimo che corrisponde all'appellativo taleri «scala rustica costituita da un lungo tronco d'albero munito di intagli o tacche per le mani e i piedi» (usato particolarmente nelle grotte e nelle pareti delle montagne della Barbagia), probabilmente relitto sardiano o protosardo (suffisso), da connettere con tallái, tazare «tagliare» e da confrontare - non derivare - col tardo lat. taliare «tagliare» (di origine ignota; DELL, DELI). Cfr. Taloro.

Tanca Marchesa (propriamente Tanca ‘e Marchesa; frazione di Terralba) - Il primo componente di questo toponimo tanca «proprietà terriera chiusa da muro o da siepe», deriva dal catal. tanca «barriera che chiude un orto od un campo» (DILS 900) e, come effetto dell’ampio uso che ne ha fatto Grazia deledda, fa ormai parte dell’ital. regionale; il secondo componente è l'ital. marchesa, con cui è indicata la proprietaria, appartenente alla famiglia giudicale di Arborea.

Taquisara - Varco montano nell'Ogliastra fra Ussassai e Gairo. Il toponimo è composito ed è da distinguere in Taccu (‘e) Isara. Per il primo componente vedi taccu «altipiano calcareo definito da ripidi pendii», táccinu «forra, fessura di montagna». Il secondo componente Isara è da connettere con gli altri toponimi Isaráe, Isarvène (Lodè), Isarái (Siniscola), Isaritta (Buddusò), Isarli (Lula), Isarolái (Sarule), Isorói (Onifai), che in virtù dei loro suffissi e suffissoidi mostrano di essere sardiani o protosardi. Ma nulla si può per adesso dire sul loro significato originario.

Terralba (pronunzia locale Terrábha) (villaggio del Campidano di Oristano). L’abitante Terralbesu, Terrabhesu - Il toponimo significa «Terra bianca», prende nome dal colore dell'argilla là esistente e deriva dai lat. terra + alba. Su questo toponimo ha malinconicamente scritto Giovanni Spano (VSG): «Questo villaggio sarebbe stato più ragionevole di accoppiarsi qualche distintivo per non confondersi con Torralba, mentre ad altri villaggi è saltato il ticchio di farlo senza il bisogno» (cfr. Alà, Barì, Scano).- Terralba fu capoluogo di diocesi, succedendo in questa funzione a Neapolis, la quale fu abbandonata dai suoi abitanti a causa delle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni. D'altronde anche Terralba dovette subire a lungo questa piaga.- Il villaggio compare molto per tempo nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 33, 93, 110, 122, 125, 172, 173, 176, 178); il suo vescovo è citato in documenti del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS 232/2, 252/2) degli anni 1165 e 1182 (CREST passim). Come capoluogo di diocesi è ovviamente citato parecchie volte negli elenchi delle decime che venivano versate alla curia romana nella metà del sec. XIV (RDS) e così pure nella Chorographia Sardiniae di G. F. Fara (anni 1580-1589).- Una località chiamata Terralva esiste anche presso Valledoria (NLAC).

Terramaini, Canale di Terramáini (Cagliari) - Il toponimo è da scomporre in Terr' ('e) máini, che in dialetto campidanese significa «terra argillosa», il cui secondo componente (privo di etimologia nel DES I 56), deriva dal lat. imagine(m) «immagine, figura». Pertanto terramáini significa letteralmente «terra da figurare, argilla fittile» (DILS 603).

Terramanna - Significa «Terra Grande» (dai lat. terra + magna) ed era il nome che i Sardi nel passato davano alla penisola italiana, e Terramannesu-a era il relativo abitante. In altri termini Terramanna e Terramannesu erano quelli che attualmente noi Sardi chiamiamo Continente e Continentale.

Terraseo (nell'Ottocento Terraseu) (frazione di Narcao) - Il toponimo va distinto in Terra ('e) séu e può avere due differenti significati: 1°) «Terra di sego», cioè «Terra grassa», derivando il secondo componente dal lat. sebum (DILS); 2°) «Terra di Seu», cioè «terreno di un individuo che aveva il cognome Seu (di identica derivazione; CSSO, DICS).

Terresoli (frazione di Santadi) - Il toponimo va distinto in Terra ('e) soli e significa «Terra di sole», cioè «Terra solatia, terra esposta al sole». Cfr. Solanas.

Terrubia (frazione di Narcao) - Molto probabilmente il toponimo in origine era Terra rúbia «Terra rossa» (dai lat. terra + rubea), che è una delle numerose denominazioni sarde dell'argilla o creta.

Tertenia [Tertenía, Tertení(e)] (villaggio dell'Ogliastra merid.). L’abitante Terteniesu - L’appellativo týrsis, týrris, turris «torre» ci è arrivato scritto in veste greca e in quella latina, ma sia Dionigi di Alicarnasso (I, XXVI, 2) sia lo scrittore bizantino Tzetzes (Lycophr., Alex. 717) ci dicono che era un vocabolo etrusco. D’altronde l’etnico che ne è derivato Tyrsenói, Tyrrhenói «Tirseni, Tirreni» era il vocabolo con cui unanimemente gli antichi Greci chiamavano gli Etruschi. E lo stesso etnico lat. Tusci ed Etrusci in realtà non è altro che lo svolgimento di Tyrsenói, Tyrrhenói, ma con un differente suffisso, secondo la trafila Turs-ci, E-Trus-ci (DETR 419).- D’altra parte è un fatto che l’autorevole geografo e storico greco Strabone (V, 2, 7), parlando degli abitanti indigeni della Sardegna, dice esplicitamente che «erano Tirreni». Questa notizia trova una forte e chiara conferma nel significato dell’etnico Tyrsenói, Tyrrhenói, che gli antichi e anche quasi tutti i linguisti moderni interpretano come «costruttori di torri». E questa era una denominazione che, in tutto il bacino del Mediterraneo antico, non si adattava a nessun altro popolo meglio che ai Nuragici, quelli che hanno costruito più di 6 mila “torri nuragiche”, moltissime delle quali ancora nel presente contribuiscono a caratterizzare il paesaggio della Sardegna. Anzi in origine i veri e propri Tyrsenói, Tyrrhenói erano appunto i Nuragici e solamente in seguito la denominazione passò anche agli Etruschi della Toscana e del Lazio settentrionale, in virtù della comune origine dei (Proto)Sardi e degli Etruschi dalla Lidia, in Asia Minore, e della loro stretta parentela.- Gli antichi autori greci chiamavano l’Etruria Tyrsenía, Tyrrhenía (Erodoto, Platone, Aristotele e altri); però è un fatto che Stefano da Bisanzio chiama anche la Sardegna Tyrsenía quando, parlando delle Baleari o Gimnesie, le definisce «isole tirreniche» e «isole attorno alla Tirsenia» (perì ten Tyrsenían). In questo passo è evidente che la parola Tyrsenía adoperata da Stefano da Bisanzio si riferiva alla vicina Sardegna e nient’affatto alla lontana Toscana (cfr. M. Pittau, Storia dei Sardi Nuragici, Selargius, 2005, pg. 90).- Tutto ciò premesso, dico che questa antica denominazione greca della Sardegna viene confermata in maniera stringente, chiara e perfino stupefacente dal nome del paese dell’Ogliastra meridionale Tertenía, che io interpreto essere nient’altro che lo svolgimento dell’antico toponimo Tyrsenía, da intendersi come «città dei Tirseni o Tirreni», cioè «città dei costruttori dei nuraghi». Sul piano fonetico faccio osservare che è del tutto noto nella lingua sarda lo scambio delle vocali /i/ ed /e/ quando sono in posizione protonica e anteprotonica e inoltre che la consonante /t/ tende a spirantizzarsi quando ha vicina una /r/, per cui è facilmente ipotizzabile una forma *Terthenía.- Io ritengo pure che sia fondata la tradizione popolare secondo cui il paese di Tertenia in origine era sulla costa del Mar Tirreno, nella zona di San Giovanni di Sarrala e che sia stato spostato verso l’interno nell’Alto Medioevo, allo scopo di sfuggire alle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni. Tyrsenía/Tertenía sarà stata sulla costa di quello che già in antico si chiamava «Mare Tirreno» (Tyrrhenikòn pélagos), il quale, per le considerazioni su espresse, in effetti significava «Mare Nuragico», cioè mare percorso e dominato dai “costruttori delle torri nuragiche”.- La più antica attestazione del paese di Tertenia che sono riuscito a rintracciare, si trova negli elenchi delle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 71): Villa Tertenie. Il paese poi è citato nella Chorographia Sardiniae (220.11) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Tertaniae della diocesi di Suelli. 

Teulada (villaggio del Sulcis) - Il toponimo compare come Taulada in due documenti rispettivamente del 1335 e del 1358 (R. Di Tucci, Il Libro Verde della Città di Cagliari 1925; ACA 1358, 659-861) e in uno del Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDS 1006) del 1614. Inoltre il suo promontorio in carte marittime antiche risulta come Capo Taolato, Cap de taulat, Taolato, Cabo de Tablada (CS 114). Premesso che dunque la forma più antica e genuina del nostro toponimo era Taulada, a mio avviso esso significa «Tavolata» (derivando dal lat. tabula), col significato effettivo di «Tettoia», tettoia di pastori e/o di pescatori (DILS 904).- Teulada attualmente risulta distante dal mare circa 6 chilometri, ma si sa che per numerosi secoli tutta la punta sud-occidentale della Sardegna e cioè il Sulcis rimase disabitato, perché abbandonato dalla popolazione a causa delle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni. Si sa pure che Teulada fu rifondata, ma col suo antico nome, soltanto nei primi decenni del sec. XVII, in un sito distante dal mare e relativamente protetto dalle incursioni saracene (V. Angius).- Con questa spiegazione etimologica del nostro toponimo viene tolta di mezzo la opinione corrente, secondo cui, nel tracciato di strada romana che andava da Sulci a Nora, una mansione chiamata Tegula dall'«Itinerario di Antonino» (85,1) corrisponderebbe alla odierna Teulada. Una tale identificazione andava incontro a forti dubbi già dal punto di vista strettamente linguistico (come si poteva spiegare il suff. -áda?).- Ma allora sorge il problema della effettiva ubicazione della antica mansione di Tegula. A tal fine si potrebbe ipotizzare che il suddetto tracciato di strada romana non passasse affatto lungo la costa, nella zona accidentatissima di Teulada, bensì passasse all'interno, lungo la riva meridionale del Cixerri. In questa ipotesi forse Tegula era in quel sito del territorio di Villamassargia che Vittorio Angius (Appendice) chiama Bronco di Tegola e che io ricostruisco come Bruncu 'e Téula. (Day 56).

Texili [Aritzo (propriamente Meseddu de Texíli o Tixíli «sgabello di T.»), un altro presso Belvì] - Cocuzzolo di natura calcarea a forma di torrione isolato (fotografia in LCS I 71). Il geografo Osvaldo Baldacci lo presenta come appellativo comune texíle «cocuzzolo isolato» ed il Wagner (DES II 481) lo giudica come "voce certamente preromana". A mio avviso invece probabilmente aveva ragione Alberto La Marmora (It, I 230, con disegno), che invece spiegava il toponimo come derivato da setzili «sedile»; spiegazione accettata dallo Spano (VSG 104). Cfr. il toponimo su Sitzili di Isili. E in questa soluzione Meseddu de Texili «sgabello di sedile» sarebbe un toponimo tautologico.- Dal popolo viene chiamato anche sa trona de sant’Efis «il pulpito di sant’Efisio», dal quale il santo martire di Nora avrebbe predicato il Vangelo agli Aritzesi

Tharros - Antica e grande città posta nel golfo di Oristano e precisamente nella penisoletta di San Marco. Fu molto potente e ricca per tutta l'antichità classica, sino a che fu messa in grave crisi, nei secoli VIII-XI, dalle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni, dopo che gli Arabi ebbero conquistato la penisola iberica e le Baleari. Tanto che, sicuramente per sfuggire a quelle incursioni, nel 1070 - secondo l'attendibile notizia di G. F. Fara, Chorographia Sardiniae, 190.20-30 - il Giudice di Arborea Orzoco Zori con quasi tutta la popolazione si trasferì ad Oristano.- La città veniva chiamata anche Tárrhai (Tolomeo, III 3, 2) e in questa forma richiama il toponimo Tarrái di Galtellì (NU) e, fatto più importante, le città di Tárra nella Lidia, patria di origine sia dei Sardi che degli Etruschi, e nell'isola di Creta. In questa isola dalla città di Tárra traeva origine il culto di Apollo Tarraio (Apóllōn Tarrhaĩos), culto che trova riscontro nella Sardegna nuragica con quello del dio Sole (OPSE 116, 128, 129, 144) (cfr. Samassi, Sardigna, Usellus). Non ha alcun fondamento la tesi corrente, secondo cui la città sarebbe stata fondata dai Fenici o dai Cartaginesi: il retroterra di Tharros infatti, ossia tutta la zona del Sinis è punteggiata da numerosi nuraghi, due nuraghi si trovano nella penisola in cui era situata la città ed uno si trova addirittura nella zona del suo antico tophet. Ma i nuraghi li costruivano i Sardi Nuragici e non i Fenici né i Cartaginesi... Con la quale considerazione non voglio affatto negare che, con l'arrivo dei Cartaginesi in Sardegna, la città sia stata profondamente punicizzata, finendo col diventare una città sardo-punica (UNS 95). Come del resto diventò una città sardo-punico-romana, dopo la conquista della Sardegna da parte dei Romani (vedi Torangius).- È importante osservare che la erede diretta di Tharros è la città di Oristano (vedi).

Tiria (frazione di Palmas Arborea, OR) - Il toponimo corrisponde al fitonimo o nome di pianta sardiano o protosardo t(h)iría, t(h)ería «ginestra spinosa, sparzio spinoso» (Calycotome villosa; FPS 49, RED 156). Questo probabilmente è da confrontare - non derivare - col greco atheréis «appuntito, acuto, spinoso», da athér «punta» (di origine ignota; GEW, DELG) (OPSE 109; DILS II, LISPR).- Un toponimo Tēría è citato nella Carta di donazione in caratteri greci del 1089 (CREST IV 20).- Vedi Issiria; cfr. Tiresi, Tirialzu, Tiriddò.

Tirreno, Mare Tirreno - Il nome di questo mare, che bagna la costa orientale della Sardegna, deriva dalla lingua dei primitivi Sardi o Protosardi o Nuragici e narra la gloria, anche marittima, di quei nostri antichi progenitori.- I Greci chiamavano gli Etruschi, cugini dei Nuragici, col vocabolo Tyrrhenói, Tyrsenói, al quale davano il significato di «Costruttori di torri», facendolo derivare dall'appellativo týrrhis, týrsis «torre». Ma l'autorevole geografo greco Strabone (V 2, 7) chiama Tyrrhenói anche i Sardi; ed io aggiungo che anzi in origine i veri Tyrrhenói «Costruttori di torri» erano i Sardi Nuragici, quelli che, in maniera unica fra tutti i popoli del Mediterraneo, avevano costruito nell'Isola circa 6 mila nuraghi o «torri nuragiche». Solamente più tardi l'etnico Tyrrhenói fu attribuito anche agli Etruschi per effetto della loro stretta parentela coi Nuragici; ed anzi lo stesso nome degli Etruschi, cioè lat. Etrusci e Tusci, in effetti è derivato dal medesimo appellativo týrris, týrsis «torre» attraverso le forme Tyrs-ci, E-tyrs-ci. Ragion per cui sia gli antichi Etruschi sia i loro odierni discendenti Toscani (vocabolo derivato evidentemente da Tusci, Tuscia) portavano e portano nel loro nome un lontano ricordo delle «torri nuragiche» della Sardegna.- E soprattutto il nome del Mar Tirreno porta ancora in sé il ricordo delle «torri nuragiche» della Sardegna ed inoltre della talassocrazia o predominio che i Protosardi o Nuragici hanno esercitato a lungo in quel mare; tanto che si può affermare cpm verità che «Mare Tirreno» significa propriamente «Mare Nuragico».

Tirso – È il nome del principale fiume della Sardegna, il quale è stato ritrovato nella Geographia del greco-alessandrino Claudio Tolomeo (III 3, 5) in epoca moderna da uomini di cultura sardi, con in testa G. F. Fara (Chorographia Sardiniae, passim, anni 1580-1589), mentre prima comunemente era chiamato riu de Aristanis «fiume di Oristano» e in quasi tutti i paesi rivieraschi è chiamato Riu Mannu «rivo grande». Il nome del fiume è detto Thýrsos da Tolomeo (Týrsou potamoũ ekbolái «bocche del fiume Tirso») e Tyrsus (Caput Tyrsi «sorgente del Tirso») dall’Itinerarium Provinciarum Antonimi (81.1) ed è da connettere con l'appellativo greco thýrsos. Siccome questo appellativo è una variante di týrsis «torre», è lecito dedurne che il fiume sardo traesse il suo nome da uno dei numerosi nuraghi che esistono tuttora nel Sinis, presso qualcuna delle sue foci. Ed è da precisare che in epoca antica i fiumi erano presi in considerazione soprattutto per le loro foci, dato che costituivano altrettanti porti di approdo.- L'idronimo Tirso non è affatto popolare in Sardegna, dato che - come ho detto – esso è semplicemente un raccatto moderno effettuato dagli uomini di cultura sardi. È invece popolare e originario a Bidonì e a Sorradile il nome con cui viene chiamato il fiume, Colocò, Cologò, il quale è quasi certamente sardiano o protosardo, come dimostra anche la caduta dell'accento sulla sua ultima vocale (LISPR 61); esso è probabilmente da connettere con l’idronimo su Gologone (Oliena) e quindi da connettere - non derivare - col lat. colare «passare, colare, filtrare» (di origine incerta; DELL, DELI²). E se questa connessione è esatta, Colocò, Cologò significa «colatoio», «canale». Vedi Caput Thyrsi. 

Tisiddu (Ulassai, lungo costone di roccia calcarea): probabilmente corrisponde all'appellativo teseddu, tesiddu, tiseddu, tisiddu «stenditore, tenditore», il quale deriva da tesu, participio di tèndere «tendere» (NVLS)

Tollínnoro (Nughedu S. Vittoria): toponimo sardiano o protosardo da confrontare – non derivare - col lat.-etr. tolenno, tollenno,-onis «mazzacavallo» (attingitoio d'acqua a bilanciere), «altaleno/a» (già prospettato come di origine etrusca; LEW, AEI, DELL, ESL 400) (suffissi -nn-, -on-) ed è da confrontare coi gentilizi lat. Talamonius, Tolumnius e con quelli etr. TELMU. TULUMNE (LIOE 16, 67).

Tonara (villaggio sulle pendici del Gennargentu in prov. di Nùoro) - Il nome di questo villaggio trova riscontro nei seguenti altri toponimi: Baccu 'e Tonara (Tortolí), Toni (Urzulei), Toní (Ilbono), Tonitzò (Tonara); Tonái, Tonnái (Belvì, Gadoni, Neoneli, Talana, Tonara, Villagrande Strisaili), Tonnáis (Samugheo), Tonnale (Lodè), Tonneri (Arzana, Seui), Tonnolu (Seulo), Tonnori (Nughedu S. Vittoria), Tònnoro (Bolotana, Nughedu S. Nicolò), Tonoítzo (Ottana), Donnái (Villanova Monteleone), Donníle (Sedilo), Donnoluttu (Gairo); Dònnoro, Donnoveqoro (Ovodda), Donnúri (Orosei), Tunnuri (Lanusei) (ossitonia e suffissi) ed è da riportare all'appellativo sardiano o protosardo toni, tonni, tón(n)eri, tón(n)iri «isolato rilievo tabulare calcareo», «profondo e scosceso dirupo calcareo» (Tonara, Urzuléi, Arzana, Seui), (Villagrande Strisaili) «parete a picco», tipico dell'Ogliastra e della Barbagia, ma non solo. La radice ton(n)- indicante cime di monti o di colline trova riscontro in altre regioni d'Italia, come hanno segnalato da tempo G. Bottiglioni, G. Alessio e J. Hubschmid (DILS, LISPR). Pertanto Tonara in origine probabilmente significava «situata sui toni o tóneri»; ed infatti esiste nel paese un sito chiamato su Toni (= su Doni) e un rione chiamato Tonéri.- A questo proposito è interessante citare questi altri rioni di Tonara, che di certo hanno anch’essi un nome sardiano o protosardo: Arasulè, Ilalá, Teliseri.- Il villaggio di Tonara apparteneva alla diocesi di Arborea e alla curatoria del Mandrolisai ed è citato molto per tempo nei documenti medievali sardi e precisamente una volta nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 98) e una volta tra le parrocchie che versavano le decime alla curia romana (RDS 364, anno 1341) per la chiesa di S. Anastacie de villa de Tunare. Risulta poi tra i villaggi che sottoscrissero l'atto di pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 846/2) ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (100.20; 196.14) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Tonarae. (Day 72).

Torangius (rione di Oristano) - Ritengo assai probabile che questo toponimo, in plurale campidanese, derivi da un originario *Tharranios, indicando gli abitanti di Tharros, che nel 1070 si rifugiarono ad Oristano (vedi) per sfuggire alle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni e si sarebbero stanziati prevalentemente in quel rione.

Tortolì [pronunzia locale e nella zona Tortoil(l)í, Tortollíe, Tortoelíe, Tortuelí(e), Turtulía] (capoluogo dell'Ogliastra). L’abitante Tortoliesu – Per questo toponimo sono possibili due spiegazioni etimologiche: 1ª) Il borgo è posto sulla riva di un fiumiciattolo e precisamente di una sua ampia curva; per questo motivo è probabile che il toponimo derivi dall’aggettivo lat. tortĭlis-e «ritorto, ricurvo» (REW 8805), col significato di «curva, curvatura, insenatura» (del fiume). 2ª) In virtù della sua vocale ossitona, con l'altra paragogica mobile, si può asserire con verosimiglianza che il toponimo sia sardiano o protosardo (cfr. Alá, Azzanì, Barì, Belvì, Bidonì, Buddusò, Gonnosnò, Lodè, Oviddè, Senorbì, Soddì, Tiriddò, Torpè, ecc.) (CS 132). Cfr.Tortolis (Torpè). Ciò premesso, siccome in tutti i domini linguistici si ha l’interesse a privilegiare il riferimento ai fitonimi o nomi di piante, dato che queste sono fortemente attaccate al territorio e non si spostano affatto come gli animali, è probabile che Tortolí sia da confrontare – non derivare - col fitonimo greco tórdylon «tordil(i)o» (Tordylium officinale et apulum L.) (pianta esistente in Sardegna, NPS 168), fitonimo di origine ignota (NPRA 262) e quindi quasi certamente di “matrice mediterranea”. Tortolì pertanto potrebbe aver derivato il suo nome dalla particolare presenza, in origine, della detta pianta nel sito in cui è sorto. La vasta gamma di varianti del toponimo si può spiegare col fatto che nella coscienza dei parlanti sarà caduto ben presto il suo significato originario.- Le più antiche attestazioni del villaggio si trovano in una delle Carte Volgari campidanesi dell'anno 1130 circa, sotto forma di Tortoili, e in un'altra del 1217, sotto la forma di Tortoeli (CV VI, 2; XVI, 6); e inoltre nelle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 75, 78). Il villaggio poi è citato nella Chorographia Sardiniae (220.12) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Tortoli della diocesi di Suelli.  

Tramatza (villaggio del Campidano di Oristano). L’abitante Tramatzesu – Il toponimo trova riscontro in questi altri: Gonnostramatza (Comune di G.), Tramassunele (Fonni), Tramasuri (Samugheo), Tamarispa (Budoni) e corrisponde al fitonimo o nome di pianta tramatza/u «tamerice» (Tamarix Gallica, Tamarix Africana; FPS 233-234), il quale è da confrontare - non derivare - col lat. tamarice/a,-(i)um,-scus «tamerice, tamarisco» (dato come forestiero o "mediterraneo"; DELL, DEI, NPRA, AEI, DELI²). Per motivi fonetici è improbabile che il fitonimo sardo e soprattuto i toponimi citati derivino da quello latino; invece le varianti tamaríche, tamaríscu possono derivarne. È dunque probabile che il fitonimo esistesse già in Sardegna, nella lingua sardiana o protosarda, prima che ve lo portassero i Romani (DILS, LISPR).- Il villaggio è ampiamente citato nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 1, 25, 32, 124, 129, 157, 162, 168, 189, 192, 198, 207) come Tramaza e Tremaza; compare fra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1321, 1585, 1868, 1954, 2763, 2852) come Tramassa e Tramaza; tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 840/1, 840/2) come Tramaça. Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (140.10,13; 194.6,12) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Tramazae. 

Tratalias (Tratalías) (villaggio del Sulcis) – Il toponimo è da connettere con l'appellativo trattalía, trattabía, tartalía, trottoía, t(r)attalíu «frattaglie, interiora» (collettivo), che, come il corrispondente ital. frattaglie, deriva dal lat. fractus «fratto, rotto, spezzato», con probabile riferimento a rocce frantumate o a scarti di miniera.- Nell'alto Medioevo Tratalias diventò capoluogo della diocesi sulcitana, dopo che questo fu trasferito da Sant'Antioco (Sulci) per tentare di sfuggire alle continue e feroci incursioni dei pirati saraceni, fino a che, per questo stesso motivo, il capoluogo della diocesi fu trasferito definitivamente ad Iglesias nel 1503.- Il villaggio è citato parecchie volte nel Codex di Villa di Chiesa (CDE pagg. 762, 763, 1062) e inoltre nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna (CDSS I 46, 379, 380, 381). Per gli anni 1580-1589 la Chorographia Sardiniae (214.17) di G. F. Fara cita l'oppidum Tarsalii fra i villaggi scomparsi: sarà stato abbandonato dagli abitanti sempre a causa delle incursioni dei pirati saraceni, le quali sono state particolarmente insistenti e feroci nel Sulcis per la sua vicinanza alle coste dell'Africa mussulmana. 

Trebina Lada, Trebina Longa (Trébhina; due cime del monte Arci) (prov. di Oristano) - Letteralmente questi due oronimi significano «Treppiede Largo» e «Treppiede Lungo» e derivano dai lat. tripede(m) + lata, + longa (DILS). Assieme con un cocuzzolo chiamato Trebina de Luxía Rabbiosa «Treppiede di Lucia Rabbiosa» formano un triangolo che a distanza, soprattutto dalla parte del Campidano, sembra appunto un treppiede (A. La Marmora, Itin., I 261-262). 

Trexenta - Subregione della Sardegna sud-centrale, molto adatta alla coltivazione dei cereali e comprendente un numero straordinario - almeno per l'Isola - di centri abitati, l'uno vicino all'altro: Arixi, Barrali, Guamaggiore, Guasila, Ortacesus, Pimentel, San Basilio, Sant'Andrea Frius, Segariu, Selegas, Senorbì, Seuni, Sisini, Suelli. Quasi certamente in questa subregione erano stanziati i coloni romani Patulcenses, quelli che avevano vinto la causa per il possesso e l'uso di terreni coi montanari Galillenses del Gerrei (vedi anche Esterzili). Il toponimo deriva chiaramente dal numerale lat. trecenta, al neutro. Probabilmente esso sottintende il vocabolo iugera. Considerato che uno iugero romano misurava circa 2.500 metri quadrati, facilmeente si deduce che 300 iugeri indicavano circa 75.000 metri quadrati, cioè circa 75 ettari. Altro non mi sento di dire sull'argomento, in attesa che specialisti di agrimensura romana appurino che cosa esattamente si possa intendere con la locuzione lat. trecenta iugera riferita alla zona della Trexenta (UNS num. 10).- Siccome la Trexenta era una curatoria, che comprendeva i su citati villaggi, essa risulta citata numerose volte nei documenti medievali sardi (CV, CDS, RDS, CDE, CREST VI 13). Di questi è particolarmente interessante un documento dell'anno 1219, col quale Torgodorio giudice di Cagliari dona la Trexenta al figlio Salusio di Laccon in occasione del suo matrimonio con Adelasia (CDS I XLIII).

Triei (Triéi) (villaggio dell'Alta Ogliastra). L’abitante Trieddinu - Già una spia di carattere strutturale induce a ritenere che si tratti di un toponimo sardiano o protosardo: il suffissoide -éi, che abbiamo visto caratterizzare altri toponimi sardi di matrice sardiana, come Arboréi, Baunéi, Lanuséi, Oroséi, Urzuléi, ecc.- Ciò premesso, dico con la massima cautela che forse il toponimo, attraverso una forma supposta *Tiriéi, è da riportare al fitonimo o nome di pianta sardiano tiría, thiría, t(h)ería «ginestra spinosa, sparzio spinoso» (Calycotome villosa; FPS 49, RED 156). Se invece facciamo riferimento all’etnico Trieddinu, si potrebbe richiamare l’appellativo lat. truella «cucchiaione, mestolo», adoperato come cognomen o soprannome del proprietario della villa o «tenuta» (cfr. Trudda, Trullas).- Probabilmente la più antica attestazione che si conosce del villaggio di Triei risale all'anno 1316 e compare nel ruolo delle imposte che Pisa imponeva ai paesi del Giudicato di Cagliari (Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV; Artizzu, 97). Il villaggio inoltre è citato nella Chorographia Sardiniae (220.14) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Triei della diocesi di Suelli. 

Trobeddái (Usellus), Truvuddái (Ilbono) : toponimi sardiani o protosardi (suffissoide) da connettere col fitonimo trobodda, trovodda, trivodda «verbasco, tasso barbasso» (Verbascum thapsus L.;  pianta adoperata per "turbare" od avvelenare l'acqua delle pozze dei fiumi e "stordire" i pesci per catturarli), probabilmente relitto prelatino da confrontare col greco týrbē e col lat. turba «turbamento, disordine, confusione» (privi di etimologia; GEW, DELG, DELL, AEI, DELI²) (OPSE 110, ONT 141, DILS, LISPR). 

Trocaccis (Suelli), Trocutzai (Talana; accento): toponimi sardiani o protosardi da connettere con 'appellativo troccatzi/u «prugna rinsecchita perché bacata», «pesca immatura» (Dorgali) (NVLS). 

Trolèi (Talana), Trollòi (Baressa): toponimi sardiani o protosardi (suffissoidi) da riportare all'appellativo trógliu, trólliu, drógliu «trògolo, vasca», «fosso attiguo a una fonte per raccoglierne l'acqua da annacquare», «sorgente, polla d'acqua»; vedi thúrgalu (M.P., DILS, LISPR, NVLS)

Trottoil(l)e (Busachi), Tròttari (Orgosolo), Trottiché (Austis), Trottodde (Sedilo) Trottomitzi (Tonara): toponimi sardiani o protosardi da riportare all'appellativo trotta «trota», trottiscu, trottischedda/u, trottiscone «avannotto di trota, trota piccola» (ossitonia, suffissi –sk-, -on-, suffissoidi) probabilmente relitto sardiano o protosardo, da confrontare – non derivare - col lat. tructa (di origine incerta; DELI). La diversità delle vocali toniche, la mancanza di un variante sarda *troda e infine i toponimi citati si oppongono alla derivazione dell'appellativo sardo da quello latino. La trota fino a circa un secolo fa era l'unico pesce dei corsi d'acqua della Sardegna, pescato con particolare cura dai Sardi (M.P., TSSO, NVLS). 

Tuddái (Arzana), Mònti Túddari (Tergu), Túdderi (Osilo), Túddighe (Sedini),  Tuddunele (Bitti): toponimi sardiani o protosardi (accento, suffissi e suffissoide) da riportare all'appellativo athudda, (at)tudda, tzudda «sétola», «pipita delle unghie», «pelle d'oca»; (log.) tudda anche «germoglio, pollone», relitto prelatino da confrontare col lat. s(a)eta, s(a)etula «sétola, pelo duro ruvido, irsuto», «crine di cavallo» (di origine incerta; DELL, AEI, DELI), gentilizio lat. Setinius (RNG), etr. ŚETINA. L'appellativo sardo presuppone una base *s(a)etulla (cfr. gentilizio lat. Setulius, Setullius), con la caduta della consonante iniziale perché confusa con quella dell'articolo su, sa (LISPR, DILS, LISPR, NVLS). Vedi Sedini, Zuddas.

Tuerra (frazione di San Vito, CA) - Il toponimo corrisponde all’appellativo tuèrra «terra piana, fresca, nera, molto adatta per impiantarvi orti» (DitzLcs), «terreno acquitrinoso» (Campidano di Cagliari, Sarrabus, Sulcis); "probabilmente preromano" per il DES II 531, per me relitto sardiano o protosardo da confrontare – non derivare - col lat. tabula «tavola», «riquadro di terreno, di vigna» (prestito forestiero; DELL, DEI, AEI). Lo sviluppo semantico di tuerra sarà stato questo: «tavola > terreno piano come una tavola > terreno acquitrinoso e adatto per orti». L'appellativo tuerra pertanto corrisponde agli altri táula, tula «riquadro di terreno lavorato, semenzaio», che però derivano dal lat. tabula. Dal punto di vista formale invece tuerra corrisponde al lat. taberna «baracca fatta con tavole» (suff. -erra < -erna), il quale molto probabilmente deriva dall'etrusco (DELL, LET 404), lingua imparentata col sardiano o protosardo. [E se questa connessione è esatta, se ne deve dedurre che i lat. tabula e taberna sono corradicali] (NPC s.v., DILS, LISPR).

Tuili (Tuíli) (villaggio della Marmilla). L’abitante Tuilesu - Il toponimo deriva quasi certamente dal gentilizio lat. Tuilius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano che vi possedeva una villa o «tenuta». Risulta accertato che in Sardegna numerosi Romani o Italici avevano il possesso di fondi o di latifondi, che sfruttavano personalmente oppure con coloni e schiavi e amministravano con liberti, mentre essi continuavano a vivere a Roma o in Italia (UNS num. 11).- A questo proposito è interessante riportare una notizia data da Vittorio Angius: «Il grano di Tuìli ha sempre goduto la reputazione del migliore dell'Isola, e per la sua purezza, senza mescolanza di altre specie di sementi o grani inferiori, e per la sua compita maturità e lucidezza, e forse meglio pel suo maggior peso e più abbondante prodotto nella panizzazione e nelle paste».- Il villaggio, che apparteneva al Giudicato di Arborea e alla curatoria della Marmilla, è citato negli elenchi delle parrocchie della diocesi di Usellus che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1383, 1644, 1949, 2301, 2794). Ed è citato anche tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona nel 1388 (CDS I 844/1).- In qualcuno dei documenti antichi il villaggio è citato come Tuyli, con la lettera y che indicava la caduta dell'accento su di essa (cfr. Barì, Galtellì, Isili).

Turri (villaggio della Marmilla). L’abitante Turresu - Il toponimo può trovare il corrispondente nell'appellativo camp. turri «torre», con riferimento a un nuraghe presso cui il villaggio sarà sorto. È irrilevante il fatto che attualmente di questo nuraghe possa non esistere alcuna traccia, dato che purtroppo in tutta l'Isola molti nuraghi sono stati distrutti da privati cittadini per usarne il materiale litico per la costruzione delle loro abitazioni (vedi Torralba, Turris Libisonis).- Però il toponimo potrebbe avere anche un'altra origine, derivare cioè dal gentilizio lat. Turrius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano od italico che vi possedeva una villa o «tenuta». E sarà stato un latifondista, dato che esistevano altri due centri abitati chiamati Turri, uno presso Dolianova e l’altro nella Trexenta. Risulta accertato infatti che in Sardegna non pochi cittadini Romani o Italici avevano il possesso di latifondi, che sfruttavano con coloni e schiavi e che amministravano non direttamente, bensì con liberti, mentre essi continuavano a vivere a Roma o in Italia (UNS num. 11).- Il villaggio, che apparteneva al Giudicato di Arborea, alla diocesi di Usellus e alla curatoria della Marmilla, è citato nel Trattato di pace tra i Giudicati di Cagliari e d’Arborea del 1206 (CREST VIII 16), in una delle Carte Volgari campidanesi dell'anno 1217 (CV XVII 7), in una scheda del Condaghe di Bonarcado (CSMB 95) ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (202.23) di G. F. Fara (anni 1580-1589).

Tuvixeddu, Tuvu Mannu (rione di Cagliari) – I due toponimi sono rispettivamente il diminutivo e l’accrescitivo di tuvu «buco, cavo o cavità sul terreno o su alberi», il quale deriva dal lat. *tufus, forma osca di tubus (DILS 953). Siccome questo sito di Cagliari è caratterizzato da numerose tombe di epoca punica (non fenicia!) ed anche romana, evidentemente coi vocaboli Tuvixeddu e Tuvu Mannu ci si riferiva, al singolare con valore collettivo, a «tombe rupestri piccole oppure grandi». 

Ualla, Monte Ualla (Asuni/Samugheo) (La Marmora, Itin., III 97): toponimo sardiano o protosardo (uá-, -ll- conservati), probabilmente è da confrontare – non derivare - col lat. vallis «valle» (di etimologia incerta; DELL, DELI). Il lat. vallis è entrato nella lingua sarda dando luogo al regolare vadde, (b)adde, (b)addi «valle, pianura, bosco», ma probabilmente fondendosi con un precedente appellativo sardiano, il quale significava appunto anche «pianura» e «bosco». Cfr. Ballacca (Arzana), Ballacò (Girasole), Baddighe (Luras), Vallái (Lodè). 

Ula Tirso (villaggio del Barigadu in prov. di Oristano). L’abitante Ulesu - Di questo toponimo sono possibili due differenti etimologie, a seconda che si opti per una delle due pronunzie che risultano effettivamente attestate: Ula (parossitono) oppure Ulà (ossitono). Nella prima ipotesi il toponimo corrisponde all'appellativo (g)ula «gola» (dal lat. gula; DILS) con riferimento alla lunga "gola o strettoia" tra costoni rocciosi, attraverso cui il Tirso scorre nella zona, quella strettoia che ha favorito la costruzione del grande sbarramento del fiume nella diga di Santa Chiara. [La più antica attestazione del villaggio si trova nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 190) come (Busakesu) d’Ula e in questo condaghe si trovano questi altri esempi della caduta della velare sonora in posizione intervocalica: domestiga, domestia; iugale, iuale; sigillu, siillu].- Nella seconda ipotesi l’accento di Ulà ci spinge a ritenere che si tratti di un toponimo sardiano o protosardo, proprio come gli altri Alà, Azzanì, Barì, Belvì, Bidonì, Lodè, Oviddè, Senorbì, Soddì, Tiriddò, Torpè, Tortolí, ecc. (la lingua latina infatti non sopportava l'accento sull'ultima vocale). Il toponimo troverebbe riscontro in questi altri: Ulei (Esterzili/Seui, Gadoni, Gairo/Lanusei), Uli (Silanus, Sindia), Ullá (Sedilo), Ulli (Nureci). Ma su tutti non possiamo dire altro, anche per il fatto che hanno una struttura fonetica estremamente ridotta. E proprio per questa sua struttura fonetica ridotta si è sentita la necessità, per la denominazione ufficiale del villaggio, di aggiungere il richiamo al fiume Tirso, che scorre vicino ad Ulà.- Oltre che nel Condaghe di Bonarcado il villaggio viene citato fra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 355) e inoltre tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona nel 1388 (CDS I 844/2, Uta, da leggersi però Ula). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (138.8; 196.6) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come Ulla, con una pronunzia che è attestata anche adesso in qualche villaggio vicino

Ulassai (Ulassái, pronunzia errata Ulássai, odierna pronunzia locale Ulássa) (villaggio dell'Ogliastra). L’abitante Ulassaesu - Per il nome di questo villaggio, che trova riscontro nei toponimo Olossá(i) (Ula Tirso) e nel coronimo Mandrolisái (vedi), abbiamo la fortuna di conoscere il corrispondente appellativo: si tratta del fitonimo o nome di pianta sardiano o protosardo alase, alásiu, alasu, olasi, ollasu «agrifoglio» oppure «pungitopo» od infine «gramigna», quasi certamente "fitonimo mediterraneo" (DILS, LISPR). Il toponimo Ulassái pertanto fa riferimento a una pianta spinosa particolarmente abbondante, in origine, nel sito dove il villaggio è sorto, o l'agrifoglio o il pungitopo od infine la gramigna.- Il villaggio risulta documentato molto per tempo nelle Carte Volgari campidanesi per l'anno 1217 come Ulaççai (CV XVI,4), nelle Rendite pisane nel Giudicato di Cagliari agli inizi del sec. XIV (Artizzu, 97) come Ulassai, e negli elenchi dei villaggi della diocesi di Suelli che versavano le decime alla curia romana per gli anni 1341 e 1346-1350 come Ulissay ed Ulusay (RDS 673, 2157). Ed è pure citato nella Chorographia Sardiniae (220.12) di G. F. Fara (anni 1580-1589).- C'è infine da osservare che l’antica trascrizione del toponimo con la finale -ay ci dà la quasi certezza che esso in origine si pronunziasse Ulassái, per il fatto che nelle usanze scrittorie della Sardegna medievale si ricorreva spesso a questo accorgimento grafico per indicare la caduta dell'accento su una certa vocale oppure su una immeditamente precedente. A ciò si aggiunga la lunga serie di toponimi sardi, di origine sardiana o protosarda, che hanno il suffissoide -ái: Alá(i), Allai, Gorofai, Olzai, Onifai, Ussassai (vedi), ecc.

Uras (villaggio della prov. di Oristano). L’abitante Uresu - Il nome di questo villaggio trova riscontro in almeno altri 6 toponimi Uras, esistenti rispettivamente ad Aidomaggiore, Bolotana, Suni, Thiesi o documentati nel Condaghe di Silki (CSPS 293, 294) e nel Condaghe di Trullas (CSNT² 17, 118, 230, 269, 271). Ciò premesso dico che quasi certamente Uras è da riportare all’appellativo aúra, ura «augurio, vaticinio, fortuna, sorte» (al plur.), che deriva da un verbo *aurare, a sua volta dal lat. a(u)gurare (CVS² 25, DitzLcs, VOSLI, DES I 152). Più esattamente la spiegazione di questo toponimo si trova nel nome dei seguenti nuraghi: Nuragh’ ‘e uras (Aidomaggiore), Nuragh’ ‘e auras (Bonorva, Cuglieri), Mura ‘e uras (Macomer): «nuraghe dei vaticini»; denominazione che induce a pensare al rito dell’oracolo o vaticinio che veniva esercitato in molti nuraghi (M.P., SN² §§ 45-47). Questo rito sarà stato esercitato pure nel grande nuraghe di Uras ora chiamato Domu Bèccia, che era trilobato ed era circondato da un grande recinto. L’area interessata a questo grande nuraghe risulta tuttora molto vasta, ma purtroppo è servita a lungo come “cava di pietre” adoperate per costruire le case del villaggio. È appena il caso di ricordare che dappertutto esistono città e villaggi che hanno derivato il loro nome da quello di un santuario particolarmente frequentato dai fedeli e perciò famoso. In Sardegna è da ricordare il caso della denominazione della città di Tempio (vedi).- Il nostro villaggio è citato parecchie volte nel Condaghe di Bonarcado (CSMB) e due volte fra le parrocchie della diocesi di Terralba che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 443, 1402); e così pure in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 705/1) dell'anno 1336. Viene citato anche nella Chorographia Sardiniae (136.11,21; 200.15) di G. F. Fara (anni 1580-1589).- Giovanni Spano (VSG s. v. Serzala) riporta la seguente iscrizione: A. V. ABRILE MDXV FUIT ISFATTA SA VILLA DE VRAS DE MANVS DE TVRCVS ET DE MORVS ET FVIT CAPITANV DE MORVS BARBAROSSA, che traduco «Al dì 5 aprile 1515 fu distrutto il villaggio di Uras per mano dei Turchi e dei Mori e fu (loro) capitano Barbarossa». (Day 65).

Urigus, is, (frazione di San Giovanni Suergiu) - Il toponimo indica il cognome dei proprietari di un cascinale (furriadroxu) al plurale. Come cognome molto probabilmente corrisponde al nome personale Furigu, Forigu, che è il diminutivo-vezzeggiativo di Serbadore,-i «Salvatore» (CSSO, DICS). Cfr. is Fonnesus, is Gannaus, is Loccis, is Pillonis, is Pireddas, is Pittaus.

Urpinu, Mont'Urpínu (colle di Cagliari) - L'aggettivo sardo (g)urpínu, (g)úrpinu-a «del colore della volpe, rossastro-a», «malizioso-a», deriva da (g)urpe «volpe», il quale a sua volta deriva regolarmente dal lat. vulpes (DILS). Ebbene è probabile che Mont'Urpinu significhi «Monte Volpino», con un riferimento o alla particolare presenza di volpi oppure al colore del terreno o della vegetazione prevalente od infine ad una particolare pianta. Nel Condaghe di Bonarcado infatti è citato un fitonimo/toponimo Cinniga Ulpina «giunco volpino» (CSMB 1 c4t) (vedi Zinnigas).

Urracci (Guspini): toponimo probabilmente da riportare all’appellativo aurra «arella, porcilaia». Vedi Aurracci (Ussassai), Saurrecci (Guspini).

Urrádili, Urrálidi (Guspini), Urratile (CDSS I 46, 47), Urradoli (CV XV 3, 305): toponimi prelatini e protosardi, che probabilmente sono da connettere con gli altri Barádili, Barátili col significato di «alzàvola» (varietà di anatra) (vedi). Vedi pure Surrádili o Zurrádili (Marrubiu). 

Urzulei [pronunziato dagli abitanti della zona Ursul(l)è(i), Urthul(l)è(i), Urtzul(l)è(i) e anche Or-] (villaggio dell'Alta Ogliastra) - La forma originaria del toponimo è senza dubbio quella ossitona, quella cioè che termina in -è, mentre l'altra in -éi è secondaria e successiva ed implica l'aggiunta di una vocale paragogica od epitetica (cfr. Alá, Lodè, Torpè). Già questa terminazione in -é(i) ci indica che il toponimo è di origine sardiana o protosarda. A ciò si aggiunge il suffisso -ínu dell'etnico Urzuleínu, proprio come in Alaínu, Buddusoínu, Lanuseínu, Oroseínu, Torpeínu, ecc. (UNS 215).- Il toponimo in quanto tale corrisponde agli altri Urtzúla (Loiri), Costa ‘e s'Urtzula (Aritzo), Bruncu Urzulei (Sarrabus) e tutti corrispondono al nome di pianta úrtzula, urtzúla «fiammola o vitalba» e «salsapariglia o smilace spinosa» (Clematis flammula L., Smilax aspera L.; FPS 72, 223; GFS 436; PAS 56) (Sardegna centro-orientale), relitto sardiano o protosardo, per il quale non ho trovato riscontri in altre lingue da me conosciute (DILS, LISPR).- La più antica attestazione del villaggio si trova nella Legenda sanctissimi praesulis Georgii Suellensis, lectio IV), dell'anno 1117, la quale narra di un cieco di Ursule risanato miracolosamente dal santo («Archivio Storico Sardo», 1924, XV, 77-78). Notevole è il fatto che il villaggio facesse parte della diocesi di Suelli, la cui capitale era lontanissima, al di là del massiccio del Gennargentu, con quale e quanto profitto di assistenza religiosa e anche civile da parte del clero è facile immaginare (cfr. Orgosolo). Del resto proprio per questo motivo si spiega il fatto che il villaggio non risulti citato fra quelli che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS). È invece citato nella Chorographia Sardiniae (220.14) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Orzolei.

Usellus (pronunzia locale Useddus) (villaggio della prov. di Oristano). L’abitante Useddesu - Il nome di questo villaggio è da connettere con gli altri toponimi Uséli od Oséli (Orgosolo/Urzulei), Usuléi (Orgosolo), Uselligis (Ussassai), Usiligi (Osini), Useddu(s) (Selegas), Usedda (Osilo); Usolò od Usulò (Alà), Ussela (Torpè), Úsula (Olbia), Úsule od Ósule (Fonni), Usulada (Lanusei), Usullái od Osullái (Lotzorai), Usuluvè (Buddusò), Utzele (Benetutti) (ossitonia, suffissi e suffissoidi), tutti da confrontare con gli etruschi Usil, Usli «Sole» (divinità), antroponimi Usele, Uselna, Usile [= lat. Usulen(i)us, Usilla], ausēlōs «aurora» (DETR 71, 72; glossa di Esichio aukēlōs, emendata dal Kretschmer), col sabino ausel- «sole» (P.-Festus 22 L = 23 M) e coi lat. aurora «aurora, sorgere del sole» (da *ausosa; AEI) e infine sol, solis «sole» (UNS 125, 126; OPSE 233). Sono poi da richiamare i toponimi Usella (Firenze) e Uselle (Umbria), quasi certamente di origine etrusca. Ed a questo proposito è da ricordare che anche i Nuragici adoravano il Sole come divinità molto importante (cfr. Samassi, Sardigna, Tharros).- Il toponimo Usellus dunque è quasi certamente sardiano o protosardo (nella zona si trovano i resti di numerosi nuraghi) ed esso si conservò anche quando nel centro abitato i Romani impiantarono una colonia, chiamata colonia Iulia Augusta Uselis (CIL X 7845), certamente come campo trincerato in funzione di contenimento delle incursioni dei vicini Iliesi o Barbaricini.- Il villaggio fu a lungo la capitale di una diocesi, la quale però col tempo fu trasferita ad Ales, mantenendo però la sua antica denominazione. Probabilmente questo trasferimento fu determinato dal fatto che Usellus risultava troppo molestato dalle razzie dei Barbaricini e distrutto forse da loro. Il centro abitato di Usellus fu in seguito ricostruito, ma non nel sito originario, che era presso la chiesa di santa Reparata, bensì in uno distante un chilometro (V. Angius).- Nella sua qualifica di capoluogo di diocesi Usellus è citato parecchie volte nel Condaghe di Bonarcado, nelle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia e nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CSMB, RDS, CDS). E parecchie volte è citato anche nella Chorographia Sardiniae di G. F. Fara (anni 1580-1589).- Un toponimo di Usellus, Baddau, va probabilmente interpretato come derivato dal lat. vallatu(m) e col significato di «fortificato con un vallo», cioè con uno steccato ed una fossa. Esso probabilmente indicava la funzione di campo trincerato che Usellus aveva rispetto agli assalti dei Barbaricini (cfr. Ales, Ballao, Crastu, Fordongianus, Mamoiada, Siamanna, Valenza). (Day 89). 

Ussana (Ússana) (villaggio del Campidano di Cagliari). L’abitante Ussanesu - Il toponimo è sardiano o protosardo, come indizia la sua forma fonetica, trisillabica e proparossitona, e il suo suffisso (LISPR 63-64). Esso è chiaramente da connettere con gli altri toponimi Ússana (Orgosolo), Usanis (Osidda) e forse è una variante dell’altro toponimo Ussara (vedi).- Il villaggio risulta citato fra le parrocchie della diocesi di Dolia che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 642, 1548). Compare inoltre nella Chorographia Sardiniae (132.34; 134.1; 216.20) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Ussenae. (Day 35-36).

Ussaramanna (che si dovrebbe scrivere, molto meglio, Ussara Manna; Ússara, pronunzia locale Soramanna) (villaggio della Marmilla). L’abitante Soramannesu - Il villaggio ha avuto la specificazione di Ussara Manna «Ussara Grande» per essere distinto da Ussaraminore «Ussara piccola» o Ussaredda «Ussarella» (VSG) (vedi). Il nome di questo villaggio trova riscontro nei toponimi Ussara (Mandas) e Ussarèi (Seui) e tutti probabilmente corrispondono al fitonimo o nome di pianta sardiano o protosardo aússara, aussára, autzára, aucciáda, atzára, tzara «clematide cirrosa», «vitalba» (Clematis cirrosa, flammula, vitalba; FPS 72; PAS 54, 59) (DILS) (cfr. Atzara, Lotzorai). Nei toponimi la a- iniziale sarà caduta perché erroneamente interpretata come quella della preposizione locativa a «a, ad». Anche questo villaggio dunque ha derivato la sua denominazione dalla pianta che in origine avrà caratterizzato il sito in cui esso è sorto.- Ussara Manna, appartenente al Giudicato di Arborea, è citata parecchie volte fra le parrocchie della diocesi di Usellus che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 980, 1389, 1650, 1856, 2307, 2799) e inoltre tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona nel 1388 (CDS I 844/1). Ed è pure citata nella Chorographia Sardiniae (202.23) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Ussarae Magnae. 

Ussaredda (nell’agro di Ussaramanna) - Centro abitato ormai scomparso, il cui nome significava «Piccola Ussara», per essere distinta dalla vicina Ussaramanna «Ussara Grande» (vedi).- È citata una volta fra le parrocchie della diocesi di Usellus che nel 1341 versavano le decime alla curia romana (RDS 394) come Ursare Piccina, ed è citata pure nella Chorographia Sardiniae (202.23) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Ussarellae. (Day 73).

Ussassai (pronunzia locale Ussássa) (villaggio dell'Ogliastra) – Si deve premettere che è molto probabile che la pronunzia originaria del toponimo fosse Ussassá(i) e ciò in virtù della lunga serie di toponimi di origine sardiana, che presentano la pronunzia -á(i): Alá(i), Allai, Gorofai, Olzai, Onifai, Ulassai (vedi). Più di preciso esso è da connettere col fitonimo o nome di pianta ossassi «betonica glutinosa, stachide» (Stachys glutinosa), il quale è un relitto sardiano o protosardo probabilmente da confrontare – non derivare - col greco stáchys «spiga» e «stachide» (indeur.; GEW, DELG, NPRA). Per il fitonimo sardo sarebbe da supporre un passaggio fonetico *istáchi > *ustácsi > *ussássi > ossássi (M.P., OPSE 106, LISPR 169).- Non sono riuscito a rintracciare alcuna attestazione di questo villaggio più antica di quella che si trova nell'opera di G. F. Fara, Chorographia Sardiniae (132.14; 220.2) (anni 1580-1589) fra i villaggi della Barbagia di Seulo: Ussassai o, forse, Ossassai. Questo autore però molto probabilmente ha commesso l'errore di presentare un altro Usassa come "villaggio distrutto" della curatoria di Siurgus (ibidem 218.5), non avvedendosi che si trattava del medesimo villaggio, nient'affatto scomparso. (Day 13).

Uta (nell'Ottocento anche Uda; DSI, VSG) (villaggio del Campidano di Cagliari) - Come ho detto nella voce corrispondente, nel lontano passato il villaggio di Assemini risultava situato alla fine della laguna di Santa Gilla e di certo sulla riva di questa, prima che venisse interrata dai detriti dei fiumi Mannu e Cixerri, e costituiva l'approdo più avanzato verso la pianura del Campidano e la vallata del Cixerri. La grande antichità e l'importanza di Assemini nella Sardegna antica è dimostrata dal ritrovamento nel suo territorio di numerosi e importanti reperti archeologici, fra cui uno dei 17 talenti di rame a forma di pelle bovina distesa, di matrice egiziana o cipriota o cretese, e inoltre una iscrizione in geroglifici egizi (OPSE 137). Questi reperti di matrice egiziana trovano la loro motivazione nel fatto della presenza dei Nuragici fra i "Popoli del Mare", quelli che fra il 1230 e il 1170 a. C. attaccarono a più riprese l'Egitto (OPSE §§ 42-45). D'altra parte in Sardegna reperti di matrice egiziana, detti Aegyptiaca, sono stati rinvenuti un po' dappertutto, almeno nelle zone costiere, e soprattutto a Tharros. Fra questi Aegyptiaca sono stati rinvenuti numerosi amuleti, fra cui i cosiddetti «occhi di Utah od Iside».- Tutto ciò premesso dico di ritenere probabile che il villaggio di Uta, situato a brevissima distanza da Assemini, abbia derivato la sua denominazione appunto da Utah od Iside, la grande dea degli antichi Egiziani, il cui culto in effetti si era diffuso in tutti i paesi del Mediterraneo, compresa la Sardegna. In questa è sicuramente continuato in epoca romana, come dimostrano i templi che le erano dedicati a Sulci, Turris Libisonis, Tibula (Castelsardo) e Caralis (Meloni, Rom. 391).- Il toponimo Uta, Uda è citato molto per tempo in due documenti del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS 154/1, 196/2) rispettivamente del 1066 e del 1119; inoltre nel Condaghe di Bonarcado, sia pure ormai trasformato in cognome (CSSO, DICS). Il villaggio poi risulta fra le parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 529, 1433, 2146, 2491). Inoltre Uta è citata da G. F. Fara, Chorographia Sardiniae (134.4,20,25; 210.3,4,32) (anni 1580-1589), il quale ci informa che ne esisteva un'altra vicina, però ormai distrutta. Vittorio Angius ci informa che questa era chiamata Uta-jossu (Uta inferiore), mentre quella odierna si chiamava Uta-susu (Uta superiore) (Day 30). E sembra che in passato esistesse una terza Uta presso Villamassargia (VSG).

Valenza – È il nome dell'antica Valentia, stazione di militari ed anche di coloni fondata dai Romani nel II sec. d. C., fra Nuragus e Nurallao, nel sito dove adesso si trova la chiesetta di Santa Maria 'e Alenza. Era stata fondata in funzione di contrasto rispetto agli indigeni della zona, gli Ilienses o Barbaricini, ribelli e predoni, e con un evidente intento di affermazione di potenza da parte dei dominatori. Valentia infatti era un altro nome di Roma, quasi certamente traduzione latina di quella ipotesi paretimologica che faceva derivare Roma dal greco rómē «forza, potenza» (LEGL, 169). Però molto probabilmente finì con l’essere distrutta proprio dai Barbaricini, come si evince anche dal fatto che i villaggi circostanti, tuttora in vita, hanno un nome sardiano o protosardo: Laconi, Nurallao e Nuragus (vedi) (cfr. Ales, Austis, Crastu, Usellus).- Comunque quel centro romano ebbe una vita abbastanza lunga, come si deduce dal fatto che diede il nome alla curatoria di Parte de Valenza o Balenza o Alenza, del Giudicato di Arborea, la quale comprendeva i seguenti 12 villaggi: Assolo, Asuni, Genoni, Isili, Laconi, Mogorella, Nuragus, Nurallao, Nureci, Ruinas, S. Antonio Ruinas e Senis. Questa curatoria è citata molte volte nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 166/1, 232/2, 252/2, 254/2, 268/2, 705/1, 837/1, 838/1, 850/2) (CREST passim). Ed è citata tre volte anche nella Chorographia Sardiniae (134.7; 138.12,30; 196.19) di G. F. Fara (anni 1580-1589). Cfr. Genoni.

Vallermosa (villaggio della prov. di Cagliari) L’abitante Biddermosinu.- Questo centro abitato è di formazione recente, tanto che Vittorio Angius nell'Ottocento non riusciva a indicare alcuna data relativa alla sua nascita e storia. Alberto Boscolo, Dizionario di Sardegna, Cagliari 1955, ha scritto: «Il paese è di origine recente. Fu incorporato nel 1745 nel marchesato di Villahermosa e Santa Croce, che venne dato in feudo ai Genoves prima e ai Manca poi. Ai Manca fu riscattato nel 1839».- Da questa notizia risulta chiaro che il villaggio ha preso nome dalla famiglia nobiliare, di origine spagnola, Villahermosa, per cui la odierna forma del toponimo Vallermosa è errata, frutto di una paretimologia od etimologia popolare. Infatti nell'Ottocento Vincenzo Porru (DSI 632) e Giovanni Spano (VSG 30) hanno presentato il toponimo come Bidda Ermosa e Biddermosa, che significa chiaramente «Villa bella», «Villaggio bello» e non «Valle Bella»... (Day 41).

Vega, la, (sito e via, Cagliari) – Il toponimo corrisponde all'appellativo vega, (b)ega «valle acquitrinosa» (Sant’Antioco, Fluminimaggiore, Villacidro); vega de arángius «aranceto», che deriva dallo spagn. vega «pianura umida e fertile». Il Wagner (LS 274, DES I 192, II 607) ha giudicato questo appellativo un "relitto iberico da ascrivere alla lingua dei Balari iberici", perché si è ingannato nel ritenerlo precedente all'influsso spagnolo sulla lingua sarda. In realtà l’appellativo bega ricorre due volte, ma in un solo passo, nelle Carte Volgari campidanesi (CV II 2), che sono dei secoli XI-XIII, però è ormai certo che esse hanno subìto interpolazioni anche due secoli dopo (SSM XIV). D'altronde sarebbe veramente strano che un vocabolo ritenuto di lontana matrice "iberica" fosse attestato a Sant'Antioco e a Cagliari e non nella Sardegna interna. Pertanto cadono del tutto le lunghe discussioni che sono state condotte su questo vocabolo da alcuni linguisti (DILS 963).

Villa San Pietro (villaggio della prov. di Cagliari) - Questo villaggio, che è di fondazione recente, ha mutato da poco il suo nome: prima si chiamava Santu Pérdu de Pula. Ed infatti esso è stato a lungo considerato nient'altro che un sobborgo di Pula (vedi). 

Villa Sant'Antonio (villaggio della prov. di Oristano) - Il villaggio prende origine e nome da un oratorio dedicato a sant'Antonio Abbate, la cui statua sarebbe stata trovata nel sito dove adesso c'è la chiesa parrocchiale. Il ritrovamento e l'inizio della costruzione dell'oratorio risalirebbero, secondo Vittorio Angius, all'anno 1702. Ma il primo documento che lo cita, l'atto di infeudazione, porta la data del 9 giugno 1720. Il villaggio cambiò nome alcune volte: Villa S. Antonio de Funtana Coberta (1720), Villanova S. Antonio (1800), S. Antonio Ruinas (per la sua vicinanza all'altro villaggio Ruinas) (1863) e Villa S. Antonio (1985). E speriamo che il cambio della denominazione si fermi qui.

Villacidro (pronunzia locale Biddaxírdu, Biddexídru = Bidd' 'e Xídru) (grosso borgo del Medio Campidano). L’abitante Biddaxirdesu, Cirdesu, Cidresu - Nonostante che fosse la lingua della cultura, la lingua italiana ancora nell'Ottocento era scarsamente conosciuta in tutta Italia ed era scarsissimamente conosciuta in Sardegna. In proposito sia sufficiente ricordare che sia Vincenzo Porru sia Giovanni Spano scrissero le loro grammatiche e i loro vocabolari di lingua sarda con l'intento precipuo di insegnare ai Sardi a parlare la lingua italiana... E per effetto di questa scarsissima conoscenza che gli intellettuali sardi e pure gli amministratori piemontesi avevano della lingua italiana, sono numerosi gli errori da loro effettuati nel trascrivere e nel tradurre i toponimi sardi. Un esempio di questi errori si ha nel toponimo Villacidro, il quale costituisce la traduzione parzialmente errata della forma sarda Biddaxirdu = «Villa dei cedri» (chídru, cídru «cedro» deriva dal lat. citrus; è al singolare, ma con valore collettivo) (cfr. Pompu). Ma il toponimo si sarebbe dovuto tradurre Villacedro, dato che in italiano cidro o sidro non è un albero né un frutto, bensì una bevanda....- Probabilmente il nucleo demografico iniziale di Villacidro era il villaggio di Leni, vicino alla chiesetta di San Pietro, che è citato una volta fra le parrocchie della diocesi di Cagliari che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1450), ma ormai risulta scomparso. Villacidro è citato dalla Chorographia Sardiniae (134.14; 210.16) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Villaexirdi, ricco di cedri, di aranci e d'ogni altro genere di alberi da frutta. Nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS II 400/2) l'unica attestazione del nostro villaggio si trova negli atti delle Corti Generali dell'anno 1699. (Day 41). Vedi Spendula.

Villagrande Strisaili (villaggio dell'Ogliastra). Villagrande è la traduzione italiana della dizione sarda (B)Idda Manna. L’abitante (B)Iddamannesu - Il villaggio è sorto come una dipendenza più riparata di Villanova Strisaili (vedi), ma finendo col diventare più grande di questa; da ciò è derivata la sua denominazione di “grande”.- È molto interessante il nome del Monte Suana (metri 1165 sul mare), vicino a Villagrande: da tempo esso è stato accostato al nome di una ant. città etrusca Suana, che oggi si richiama Sovana, in prov. di Grosseto.- Per Strisaili vedi la relativa voce. (Day 48).

Villagreca (Biddarega) (frazione di Nuraminis, CA). L’abitante Biddareghesu - Sia una ecclesia de S. Greca della diocesi di Cagliari, citata dalle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia (RDS 2376, anni 1346-1350), sia un notissimo stornello cagliaritano, che dice A sant'Arrega andéus tottu sa cambarada... «A santa Greca andiamo tutta la camerata...» ci convincono che il nome di questo villaggio derivi appunto da Santa Greca. Questa santa era conosciuta in Sardegna, come dimostra pure il fatto che a lei era dedicato anche un monastero, sempre nella diocesi di Cagliari, e come ci informano le medesime Rationes (RDS 518, 1015, 1561). È irrilevante la circostanza che attualmente la chiesa di Villagreca sia dedicata a San Vito e non a Santa Greca: in passato non era raro il caso di un santo patrono che cedesse il posto a uno nuovo, più fortunato...- L'oppidum Villae Graecae, appartenente alla curatoria di Nuraminis, è citato dalla Chorographia Sardiniae (210.25) di G. F. Fara (anni 1580-1589). (Day 47).

Villamar (Villamár, pronunzia locale Biddamara, Bidda 'e Mara) (villaggio della Marmilla) - La denominazione del villaggio è piuttosto recente e si presenta con la traduzione italiana del primo componente. Villamar in effetti è probabilmente un toponimo tautologico o bilingue, nel quale il primo elemento bidda «villaggio» deriva dal lat. villa «fattoria, tenuta», il secondo mara derivebbe dal punico magar «fattoria» (cfr. Mara, Massama). Dunque il medesimo ed unico concetto di «fattoria» verrebbe presentato sia con un vocabolo latino sia con uno punico.- La più antica attestazione del villaggio di Mara si trova nella Carta di donazione di Pietro d’Arborea del 18 gennaio 1228 (?) (CREST XVII 88); ma che Mara derivi da magar e non abbia nulla da fare con mara «palude» (DILS) è dimostrato dal fatto che nelle Rationes Decimarum Italiae, Sardinia (RDS), della metà del sec. XIV, il toponimo risulta citato come Maare nella scheda 1653 e come Mahara nella scheda 1850. E figura ancora come Mahara nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 843/2, 844/2), tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388, e come Maara nel Brogliaccio del Convento di San Martino di Oristano, dei secoli XV-XVI (a cura di M. T. Atzori, Parma 1956, pgg. 42, 53).- Però in precedenza il nostro villaggio era chiamato Mara Arbarè(i), Arbarey od Arborè(i) (ad es. in un documento del 1219 del CDS I 336/2, 337/1), denominazione nella quale il secondo componente con molta probabilità era il nome del cantone della Marmilla situato tra Pauli Arbarei (vedi) e Villamar.- Per un errore di supercorrezione il nostro villaggio compare nella forma di Mahara Barbaraghesa o Barbaraquesa, al posto di Arbaraghesa od Arbaraquesa, nei luoghi citati del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 843/2, 844/2). Nella Chorographia Sardiniae (134.8; 202.24) di G. F. Fara (anni 1580-1589) è citato come oppidum Marae Arboreae o Arbareae della diocesi di Usellus.- Nella sua forma attuale il toponimo Villamar è effetto di una errata interpretazione che ha visto nella finale di Bidda 'e Mara una vocale paragogica mobile (GSN § 8), mentre non lo è affatto; proprio come è avvenuto per Macomer, Monastir e Villasor (vedi).

Villamassargia (Biddamassárgia, Bidda Massárgia) (villaggio nell'Iglesiente). L’abitante Biddamassargesu, Biddamassarginu - Anche questo toponimo presenta la bizzarria della traduzione italiana del solo primo componente. Ad ogni modo la derivazione del toponimo è del tutto sicura: deriva da una locuzione lat. villa massaria, col probabile significato di «tenuta massarizia», cioè amministrata da un massaro o fattore di qualche latifondista romano (UNS 179).- Questo villaggio è citato numerose volte nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis e nel Codex Diplomaticus Sardiniae. Compare fra le parrocchie della diocesi di Sulci che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 592, 1487, 2119, 2311, 2338). Ed è citato nella Chorographia Sardiniae (134.23; 216.5) di G. F. Fara (anni 1580-1589). (Day 27).

Villanova - È la traduzione italiana della locuzione sarda Bidda Nova o Nòa. Con questa denominazione in Sardegna si indicavano nel passato villaggi di nuova fondazione, che ne avevano sostituito altri precedenti, i quali erano stati abbandonati dagli abitanti per motivi vari: una pestilenza, la infezione malarica, le incursioni saracene ed anche l'ostilità di villaggi vicini. Ne esisteva uno anche presso Pula (Day 44).

Villanova (Bidda Nòa) (rione di Cagliari). L’abitante Biddanoesu – Sembra che il rione abbia preso questo nome dal fatto che, quando i Pisani si stanziarono nel Castello, i Cagliaritani furono costretti a sloggiare e quindi si trasferirono a Villanova (VSG).

Villanova Strisaili (villaggio dell'Alta Ogliastra) - È molto probabile che questo villaggio abbia sostituito quello precedente e vicino di Strisaili (vedi), che gli abitanti avranno dovuto abbandonare per le ostilità e le violenze dei Fonnesi, i quali da sempre hanno rivendicato terreni al di là del passo di Correboe (vedi); di qui la denominazione di Bidda Nòa per il nuovo centro abitato. Siccome poi questo risultava sulla strada che i Barbaricini facevano per le loro razzie in Ogliastra, nacque una sua dipendenza defilata e più riparata, Bidda Manna, cioè Villagrande Strisaili (vedi). Questa finì col prendere tale denominazione perché ben presto era divenuta più grande di Bidda Nòa. (Day 48).

Villanova Truschedu (Bidda Nòa Truschedu) (villaggio della prov. di Oristano) - Il secondo componente del toponimo corrisponde al fitonimo o nome di pianta trubiscu, truiscu «timelea o pepe montano» (Daphne Gnidium L.) ed anche «verbasco» (Verbascum Thapsus L.), il quale deriva dal lat. turbiscus + suff. -etu(m), per cui significa «Luogo di timelea oppure di verbasco». Anche questo villagio dunque deriva la sua denominazione dalla pianta che in origine caratterizzava in modo particolare il sito in cui è sorto.- Il toponimo compare nella forma certamente errata di Truischero nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna (CDSS I 59) dell'anno 1224, come Truisguedu nella Carta di donazione di Pietro d’Arborea del 18 gennaio 1228 (?) (CREST XVII 47) e come ville de Truschedo fra i villaggi che sottoscrissero la pace tra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 845/1). Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (136.33; 194.31) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Villae Novae Truisqueddu (codici BC dell'opera) della diocesi di Arborea e del Campidano di Simaxis.

Villanova Tulo (pronunzia locale Bidda Noa Dulu, Bidda Noa 'e Dulu) (villaggio della curatoria di Siurgus) - Villanova è chiaramente la traduzione italiana della locuzione sarda Bidda Nòa «Villaggio Nuovo». Invece la spiegazione del secondo componente Tulu è fortemente aleatoria per effetto della sua ridotta struttura fonetica, composta come è di due sole sillabe e di quattro soli fonemi. Comunque oso prospettare l'ipotesi che Tulu - anche Tullu nella pronunzia locale - corrisponda all'appellativo baroniese e lodeino tulu, túulu, túvulu, (Nùoro) túbulu, túgulu «canale» ed anche «bugno, alveare» (gli alveari rustici sardi sono fatti da un pezzo di corteccia di sughero a forma di tubo), (Lodè) gardu 'e tulu «varietà di cardo» avente il gambo a forma di tubo (DILS), il quale deriva dal lat. tubulus «tubo, piccolo tubo». Pertanto il villaggio di Bidda Noa 'e Tulu ha forse derivato la sua denominazione dall’essere stato fondato in un "canale" posto tra le coste delle colline circostanti (in una simile situazione infatti il villaggio appare a chi lo guardi dall'altipiano che lo sovrasta), oppure dalla particolare presenza nel sito della citata pianta di cardo.- La più antica attestazione del villaggio che sono riuscito a rintracciare si trova, per gli anni 1580-1589, nella Chorographia Sardiniae (218.3) di G. F. Fara come oppidum Villaenovae Tullo della diocesi di Dolia.

Villanovaforru (Bidda Nòa Fórru; VSG 30) (villaggio della Marmilla) - Premesso che l'unione grafica dei tre componenti del toponimo è francamente ridevole (cfr. Santu Lussurgiu, Villanovafranca), c'è da ritenere che questo villaggio abbia preso la specificazione di Forru per essere distinto dagli altri villaggi sardi chiamati ugualmente Villanova o Bidda Nòa (vedi). Tale specificazione era conseguente al fatto che il villaggio era vicino all'altro chiamato Forru, quello che nell'Ottocento ha mutato il suo nome in Collinas (vedi). Il toponimo Forru corrisponde all'appellativo fórru «forno o fornace di calce oppure di manufatti di terracotta».- Il nostro villaggio compare fra la parrocchie della diocesi di Usellus che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 982, 1394, 1654, 1859, 2303, 2798) e inoltre tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 844/1). Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (202.24) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Villae Novae Forru della curatoria della Marmilla.

Villanovafranca (Bidda Nòa Franca) (villaggio della Marmilla in prov. di Cagliari) - Premesso anche in questo caso che l'unione grafica dei tre componenti del toponimo è ridevole (cfr. Santu Lussurgiu, Villanovaforru), c'è da ritenere che questo villaggio abbia preso la specificazione di Franca «dalla franchigia che avrà accordato il Feudatario per un dato tempo a quelli che sarebbero andati a stabilirvisi» (VSG 29). E infatti la denominazione di Villanova/Bidda Nòa dice chiaramente che il centro abitato era di nuova e recente fondazione. D'altra parte è del tutto certo che esso fu preceduto da uno stanziamento umano molto più antico, come dimostrano i resti di un importante nuraghe ivi esistente.- Il villaggio è citato in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 335/1, 335/2) dell'anno 1219 e in altro del Codice Diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna (CDSS II 206) dell'anno 1477. Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (196.25) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Villae Novae Francae. (Day 73).

Villaperuccio (Villa Perúcciu) (villaggio del Sulcis) – Nella pronunzia locale è chiamato sa Baronía, a ricordo dell’antico possesso feudale dei baroni di Otger. Come comune a sé, distaccatosi da quello di Santadi, risale appena all'anno 1979, ma anche il centro abitato sembra piuttosto recente, essendo stato in origine nient'altro che un furriadroxu o «cascinale». Molto probabilmente questo prendeva la sua denominazione dal nome del proprietario Perúcciu «Pieruccio», che deriva dal corrispondente nome personale toscano, diminutivo di Piero. Ed è ovvio che anche in questo caso l'unione grafica dei due componenti del toponimo è ridevole: lo si sarebbe dovuto scrivere Villa Perucciu, come appunto si faceva nell'Ottocento (DSI, VSG).- La più antica attestazione storica che sono riuscito a trovare di questo villaggetto è quella della Chorographia Sardiniae (216.7) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come Oppidum Peruci della regione del Sulcis e della diocesi di Villa di Chiesa o Iglesias.

Villaputzu (Biddabhútzu) (villaggio del Sarrabus in prov. di Cagliari) - Anche questo è un toponimo pasticciato, per il fatto che è stato tradotto in lingua italiana il primo componente ma non il secondo e inoltre i due componenti risultano graficamente uniti. Si sarebbe dovuto tradurre Villa Pozzo o, molto meglio, lasciare la forma sarda: Bidda Putzu o Biddabutzu.- Si tratta dunque di un villaggio che deriva il suo nome da un pozzo, evidentemente di acqua abbondante e perenne. In una terra sitibonda come è sempre stata la Sardegna, anche altri villaggi hanno derivato il loro nome da un pozzo: Decimoputzu, Pozzomaggiore e Putifigari (vedi), Puthu Passaris e Puthu Puione (scomparsi).- Non sono riuscito a rintracciare un’attestazione di questo villaggio più antica di quella che compare nella Chorographia Sardiniae (218.22) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come Villa Puzi della regione del Sarrabus e della diocesi di Suelli.

Villarios (Villaríos, nell'Ottocento Villarius) (frazione di Giba) - È il solito toponimo pasticciato, in cui risulta tradotto in lingua italiana il primo componente, ma non il secondo ed inoltre i due componenti risultano graficamente uniti. Lo si sarebbe dovuto tradurre Villa Rivi o, molto meglio, lasciare la forma sarda: Bidda Rius. La quale deriva da bidda «villaggio» e rius «rivi, ruscelli», a loro volta dai lat. villa e rivos (DILS).- Le più antiche attestazioni che sono riuscito a rintracciare di questo centro abitato si trovano nel Codex Diplomaticus Ecclesiensis (CDE 762, 1062) in un documento del 1486 come Villa Erriu e in un altro del 1684 come Bidda Erriu.

Villasalto (pronunzia locale Bidda Sartu, Sattu) (villaggio del Gerrei in prov. di Cagliari) - Il toponimo è la traduzione integrale in lingua italiana della forma sarda. Esso significa «Villaggio del terreno incolto e boscoso». Il secondo componente del toponimo sartu «terreno incolto e boscoso» deriva dal lat. saltus (DILS).- Il centro abitato è di fondazione recente (VSG), tanto è vero che non viene citato da G. F. Fara. Alberto Boscolo, Dizionario della Sardegna (Cagliari 1955), ha scritto: «Nel 1681 fu incorporato nella contea di Villasalto, feudo degli Zatrillas, e venti anni dopo nel marchesato di Villaclara, feudo degli stessi Zatrillas prima e dei Vivaldi Pasqua poi. Ai Vivaldi Pasqua venne riscattato nel 1839».

Villasimius (Villasimíus, ovviamente da distinguere in Villa Simius) (villaggio della prov. di Cagliari) - Nuova denominazione assunta nell'anno 1862 dal villaggio prima chiamato Carbonara (vedi) e prima ancora Simius (VSG).- Quest’ultimo toponimo è quasi di certo un participio medio-passivo plur. di forma campidanese ed è da riportare al lat. semus «dimezzato, sminuito, scemato». Il rispettivo aggettivo era conosciuto in Sardegna in epoca medievale e lo è tuttora a Lodè come semu «scemo» (DILS 844). La trasformazione della vocale tonica /e/ in /i/ è avvenuta secondo una normale regola del sardo, quando per lo spostamento in avanti dell'accento la vocale tonica diventa protonica (GLSL § 21). È dunque probabile che Simius significhi propriamente «(Villaggi) scomparsi», scomparsi a seguito delle incursioni dei pirati saraceni, che nelle estreme parti meridionali della Sardegna sono state particolarmente frequenti e feroci [da confrontare col toponimo Bidda Scema di Villacidro (Day 41) da intendersi come «Villaggio scemato, scomparso»]. Oppure Simíus potrebbe significare «(Rivi) secchi», dato che la caratteristica di tutti i rivi della zona è questa: letti fluviali completamente secchi per tutto l'anno, che si riempiono di poca acqua soltanto in inverno in occasione dei rari acquazzoni [da confrontare con gli idronimi Riu Simiu (Villamassargia) e Rius Simius (Maracalagonis)].

Villasor (Villasór, pronunzia locale Bidda Sorris, Bidda 'e Sorris; DSI, VSG) (villaggio del Campidano di Cagliari) - C'è da premettere che è accertata la presenza nella Sardegna antica di grandi latifondi posseduti da cittadini romani od italici, i quali, pur continuando a vivere a Roma o in Italia, li amministravano con liberti (UNS num. 11). Tra questi latifondisti romani sono documentate anche delle donne, ad es. le Numisiae presso Cuglieri, una Quarta h(onesta) f(emina) presso Sanluri, le Pomponiae presso Arborea e Paulilatino, una Creschentina presso Orani e probabilmente le Nomentanae presso Alghero. Queste donne saranno state le vedove o le figlie di qualche grosso latifondista. Anche a Villasor è accertata l'esistenza di terreni posseduti da latifondisti romani, come dimostra un cippo che ricordava i limiti di un fondo: limit(es) fundi Moddol(?) (Meloni, Rom. 174, 315). Ciò premesso dico che è possibile che Bidda Sorris, già interpretata dalla tradizione popolare come «Villaggio delle sorelle», porti in sé il ricordo di sorelle romane, proprietarie di terreni nella zona (cfr. Mamuntanas, Pompongias). Il sardo sorre/i «sorella» deriva regolarmente dal lat. soror (DILS).- Di questo villaggio ha scritto Vittorio Angius: «Vi sorge un castello che venne fabbricato nell'anno 1415; di esso si fa menzione in una pergamena esistente nell'archivio arcivescovile di Cagliari, nella quale leggesi, che Pietro, arcivescovo di questa città, col suo capitolo concedeva a Giovanni Sinelleris, signore della spopolata villa di Sorres, la facoltà di fabbricare sui ruderi dell'ant. chiesa parrocchiale un castello in difesa dei nuovi abitanti che questi voleva stabilirvi. Da un tale documento si riconosce, che il luogo di Sorres, sulle cui rovine sorse dappoi Villasor, era stato ridotto a deserto per l'accanita guerra che da oltre 50 anni ardea tra gli arboresi e gli aragonesi».- Io però ho l'impressione che nella precedente epoca medievale Bidda Sorris risulti citata numerose volte nella forma di Sori, Çori, Zori, Thori, Tori, da cui poi è probabilmente derivato il cogn. sardo Dettori (CSSO, DICS). (Day 41).

Villaspeciosa (pronunzia locale Bidda Spetziòsa; si dovrebbe scrivere molto meglio Villa Speciosa) (villaggio del Campidano di Cagliari) - Questo toponimo compare in un documento spagnolo dell'anno 1475 come Vila Spaciosa (CDS II 87/2), che evidentemente significa «Villa spaziosa», con l'aggettivo spaciosus-a che è chiaramente un cultismo medievale. Però già un secolo dopo il toponimo compare nella Chorographia Sardiniae (134.4; 210.4) di G. F. Fara (anni 1580-1589) nella forma di Villa Speciosa, reinterpretato dunque come «Villa splendida»; e come tale risulta anche negli atti delle Corti Generali dell'anno 1699 (CDS II 399/2). Evidentemente questo errore di reinterpretazione è piaciuto ed ormai si è affermato anche dal punto di vista ufficiale... (Day 30).

Villaurbana (pronunzia locale Bidda Obrà; si dovrebbe scrivere molto meglio Villa Urbana) (villaggio della prov. di Oristano) - Il toponimo deriva da una locuzione lat. villa urbana, la quale probabilmente va spiegata come «tenuta della città» di Othoca, che era la città, ormai romanizzata, più vicina. Probabilmente Villa urbana era una tenuta o fattoria che forniva i prodotti della agricoltura e della pastorizia alla importante città degli stagni, che era appunto Othoca (vedi). È da confrontare con la toscana Villa Orbana (Moriano, LU).- Il villaggio compare in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 705/2) dell'anno 1336 come villa Orbana, poi fra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 925, 1331, 1594, 1621, 1878, 1965) e inoltre tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 845/2) come villa Olbana. Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (138.31; 194.6) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Villae Urbanae del Campidano di Simaxis.

Villaverde (villaggio della prov. di Oristano) - Nuova denominazione del villaggio che in precedenza si chiamava Bannari, Bannari de Usellus (vedi), denominazione introdotta soltanto di recente al fine di evitare le continue confusioni che si facevano rispetto all'altro villaggio di Banari, in prov. di Sassari (vedi). Ovviamente questa nuova denominazione si fa criticare non poco, sia perché non sembra che trovi alcun riscontro nella realtà effettiva del villaggio, sia perché è stata fatta con una versione che è esclusivamente italiana: la potevano almeno chiamare Bidda Birdi!- Nella forma di Banari e Vanari il villaggio compare fra le parrocchie della diocesi di Usellus che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 388, 1388, 1648, 1854) e inoltre tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 841/2) come Bannari. Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (202.18) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Bannaris.

Zaurrai (TZ) (Isili): toponimo sardiano o protosardo (suffissoide) da riportare all'appellativo aulla (Dorgali, Urzulei, Triei, Baunei), áulla (Talana), áurra (Desulo, Norbello, Usellus, Gesturi, Siurgus, Sarrabus), aurra, urra (camp.), saurra (Siniscola, Posada, Gallura, con l’articolo sa agglutinato) «arella, porcilaia», «stalluccio naturale o artificiale per scrofa figliata»: probabilmemte relitto sardiano o protosardo (suffissi -ll-, –urr-), da confrontare – non derivare – col lat. hara, *harula «stalla, porcile», di origine ignota (DELL). Il vocabolo dunque esisteva già in Sardegna, nella lingua sardiana, prima che i Romani vi portassero il loro hara, *harula, il quale ha dato regolarmente árula. (A Orgosolo coesistono árula e aulla, a Orosei árula e ulla, a Siniscola árula e saurra), a Desulo Árulas e Áurras) (M.P.). Cfr. feulla, meulla, tzéurra.

Zeddiani (Tzeddiáni, nell'Ottocento anche TZeddiána) (villaggio del Campidano di Oristano). L’abitante Zeddianesu - Il nome di questo villaggio, ant. Cellevane, è da confrontare con gli altri toponimi Chilivani (Ozieri) e Theddevane (Oliena) e tutti e tre forse sono da confrontare – non derivare - col lat. caelebs «libero, celibe, vedovo», finora di origine ignota (DELL, DELI), ma da qualcuno prospettato come di origine etrusca (ESL 137). I tre toponimi, sardiani o protosardi, potrebbero pertanto significare «sito libero di alberi, sito aperto».- Nel Condaghe di Bonarcado il nostro villaggio risulta citato come Cellevane (CSMB 70, 77, 114, 158/159) (Celleani 32). Poi è citato come Zellavano, Celianis, Selianis, Silianis, Selanis fra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 942, 1323, 1586, 1870, 1895, 1958, 1981); compare fra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 843/2); ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (194.17) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Cerdiani. (Day 68).

Zeppara (TZèppara) - Villaggetto presso Ales (prov. di Oristano) - Il toponimo trova riscontro in altri 7 toponimi uguali di Baressa, Barumini, Genoni, Gonnosfanadiga, Guspini, Narbolia, Villaverde, e negli altri Sebera (Ortacesus), Zepparedda (Tuili), TZèppere (Ittiri), Zaparárgiu (Villagrande Strisaili), Tèppera (Scano M.), Teppero (Villanova Monteleone), Tèpparo (Tresnuraghes), Tèppore (Montresta); forse al plur. come indizia il mediev. Theppar (CSMB 173) (PLS 121-128). Esso è da riportare all'appellativo sèbera, sèpera, cèbera, tzèpera, tzèpara, tèpera (anche -pp-) «ghiaia, ciottolame, pietrame, pietraia, collina pietrosa», che è un relitto sardiano o protosardo, probabilmente da confrontare – non derivare - col lat. saburra «zavorra di imbarcazione» (costituita da ciottolame) (già prospettato come di origine etrusca; DELL, DELI, DICLE), antroponimo Saburra, Sabbura (LEN) (suffisso -rr-) (cfr. Solarussa).- Il villaggio compare fra le parrocchie della diocesi di Usellus che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1384, 1647, 1853, 2300, 2802) e inoltre tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 841/2) come Cepera. Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (202.17) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Zepparae.- Anche le altre Zeppara sono citate in documenti medioevali, ma la loro esatta identificazione non è sempre facile ed è da farsi di volta in volta.

Zerfaliu (TZerfalíu, pronunzia locale TZroffollíu) (villaggio del Campidano di Oristano) - Il nome di questo villaggio richiama gli altri toponimi Zarpaliu (Isili), Zarpadèi (Barì) e Zirivoddi (Arbus) e corrisponde al fitonimo o nome di pianta tzarfalíu, tzarpalíu «cerfoglio» (Anthriscus silvestris, cerefolium L.), il quale deriva dal lat. chaerephyllum, chaerepolum, c(a)erepollum, cerefolium (NPRA 44, 58) (manca nel DES e nel NPS 169). Lo spostamento in avanti dell'accento sarà da spiegare con una originaria forma diminutiva del fitonimo *cerefolinum, nella quale la /-n-/ intervocalica sarà caduta secondo la fonetica del campidanese rustico. Questo villaggio dunque ha derivato la sua denominazione dalla particolare presenza, in origine, della citata pianta nel sito in cui è sorto.- Il villaggio, della diocesi di Arborea, è citato nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 25) come Ziorfaliu e compare tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d'Arborea e Giovanni d'Aragona del 1388 (CDS I 843/1) come Cerfallio. Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (194.20) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Cerfulini del Campidano Maggiore (da osservare la corrispondenza con la forma *cerefolinum da me supposta). (Day 68).

Zinnéberu (TZ) (Tertenia): ghiníperu, chiníberu, cinnéberu, thinnéberu, tzinnébiri, sinnéburu, sinébiri, thrubénneru, giníporo, ghinnípere, thiníperu, tinnípheru, tzinníberu, tzinníbiri, sinníbiri, níb(b)eru, níbbari, níb(b)aru, níb(b)anu «ginepro»: relitto probabilmente presardiano, da confrontare – non derivare - col lat. iuniperus, di origine incerta (NPRA 134) e quindi quasi certamente “fitonimo mediterraneo”. Però qualche variante del fitonimo sardo potrebbe derivare da quello latino.

Zinnigas (TZ) (frazione di Siliqua) (La Marmora, Itin., 156-157) – Il toponimo corrisponde al fitonimo o nome di pianta tzonni, tzònnia, sònnia, t(h)innía, thinníga, tinníga, tzinní(g)a, sinníga «alfa, sparto, giunco marino», «carice» (Lygeum spartum, Iuncus acutus, articulatus, bufonius, maritimus; Carex distachia, diversicolor, divisa; Holoschoenus romanus (L.) Fritsch) (tutte piante già adoperate per fare stuoie, materassi, ceste e corde). Si tratta di un relitto sardiano o protosardo da confrontare - non derivare - col berbero tsennît «sparto, alfa» (DILS II, LISPR) ed entrambi posono far capo ad un “fitonimo mediterraneo”.- Nel Condaghe di Bonarcado è citato un fitonimo/toponimo Cinniga Ulpina «giunco volpino» (CSMB 1 c4t).- Il piccolo centro abitato dunque ha derivato la sua denominazione dalla particolare presenza, in origine, di una delle citate piante nel sito in cui esso è sorto (vedi Sinnai, Urpinu). 

Zirivoddi (TZ) (Arbus) vedi Zerfaliu

Zuddas (TZ), is, (Santadi, Sulcis) - Famosa grotta di formazione calcarea, il cui nome deriva dal cognome della famiglia Zuddas proprietaria del cascinale (furriadroxu) vicino o del predio. L'appellativo sardiano o protosardo attudda, tudda/u, thudda, tzudda «sétola» e «pipita delle unghie, pelle d'oca, germoglio, pollone, ecc.» è un relitto sardiano o protosardo da confrontare - a titolo non di derivazione, bensì di affinità genetica - col lat. s(a)eta, s(a)etula «sétola, pelo duro, ruvido, irsuto», «crine di cavallo» (di origine ignota; DELL, AEI, DELI). L'appellativo sardo, che per motivi fonetici non può derivare dal corrispondente latino, presuppone una base *s(a)etulla (suff. -ull-), con la successiva caduta della s- iniziale, perché confusa con quella dell'articolo sa «la» (ONT 142; DILS; LISPR 87). La famiglia Zuddas pertanto probabilmente deriva il suo cognome dal fatto che qualche antenato aveva peli della barba che sembravano "setole" (CSSO, DICS). Vedi Tuddái.

Zuri (TZ, anche con l'accento Zurí) (frazione di Ghilarza, OR) – Il toponimo è citato già nel Condaghe di Bonarcado (CSMB 12, 21, 26) come Zuri. Ed è pure citato nella Chorographia Sardiniae (136.32; 198.14) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Zuris della diocesi di Santa Giusta. (Day 77). Però, considerato che in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 320/2) dell'anno 1211 esso compare come Suri e nel Condaghe di Trullas (CSNT² 272, 273, 289; forse) come Thuri, si può ipotizzare che sia da riportare al gentilizio lat. Surius oppure all'altro Thurius (RNG) (al vocativo) di un proprietario romano, che vi aveva una villa o «tenuta» oppure terreni. 

Zurradili (TZ) o Surrádili.– Antico villaggio del Campidano di Oristano, situato presso l’odierna chiesetta di Santa Maria ‘e Zurradili, a 6 chilometri a nord-est di Marrubiu (vedi). Popolato da 50 famiglie nel 1644, fu abbandonato dalla popolazione, che si trasferì a Marrubiu nel 1659 per sfuggire alle continue incursioni dei pirati saraceni (Day 66). [La versione Santa Maria Zuarbara, data da un solo documento antico, non è conosciuta a livello popolare ed è molto sospetta; in proposito  io penserei che ci sia stata una confusione con una *Scta Arvara «Santa Barbara»]. I toponimi Zurradili (Marrubiu), Urrádili, Urrálidi (Guspini), Urratile (CDSS I 46, 47), Urradoli (CV XV 3, 305) sono prelatini e protosardi e probabilmente sono da connettere con gli altri Barádili, Barátili col significato di «alzàvola» (varietà di anatra) (vedi).

Zurruigus (TZ) (Serrenti) = «lombrichi»; thorroígu (Baunei), tzorroígu, tzerrigu/a, tzirriga, tzarriga (camp.) «lombrico», «verme intestinale del cavallo», «verme della carne putrida», retroformazione di tzirringò(n)i, tziringone, tilingrone «lombrico» (vedi).

Massimo Pittau, 2013



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