IL SARDO DEI CONDAGHI E QUELLO CENTRALE
ODIERNO
Supponiamo il caso che un qualsiasi abitante della Sardegna centro-settentrionale, di lingua sardo-logudorese, che non sia fornito di una particolare cultura linguistica, ma solamente abbia una qualche esperienza di contatti umani e di linguaggio con suoi corregionali delle montagne, si metta a sfogliare e leggere qualche scheda dei nostri condaghi, soprattutto di quelli più antichi, il Condaghe di san Pietro di Silki e quello di san Nicola di Trullas. Ebbene, certamente egli non farà a meno di constatare che quei documenti medioevali presentano una forma di lingua che assomiglia sì all'odierno logudorese nella sua modalità più comune, ma assomiglia soprattutto al sardo che si parla nel Nuorese e nella Baronia di Orosei, cioè a quello che Max Leopold Wagner ha denominato "sardo centrale".
Se poi questo ipotetico Sardo logudorese-parlante abbia anche una certa cultura linguistica, che gli consenta di leggere e di comprendere qualche pagina del Dizionario Etimologico Sardo dello stesso Wagner, non potrà non constatare che nella presentazione delle diverse varianti di ciascun lessema il linguista tedesco inizia col citare, in stretta successione, sia quelle dei condaghi sia quelle "centrali".
Se infine questo ipotetico sardo-parlante ha una sufficiente preparazione linguistica e addirittura intende mandare avanti la analisi delle corrispondenze che si constatano fra le forme dei lessemi sardi come sono documentate dai condaghi con quelle odierne del Nuorese e della Baronia non potrà che registrare numerosissime e persino sorprendenti corrispondenze.
Tutto ciò premesso, intendo adesso mostrare le quasi sempre esatte corrispondenze che esistono fra il sardo medioevale dei condaghi e il sardo tuttora attestato nel Nuorese e nella Baronia e in maniera particolare nella città di Nùoro e nei villaggi di Orune, Bitti, Lula, Lodè, Siniscola, Orosei, Galtellì, Onifai, Irgoli e Loculi.
Però debbo innanzi tutto premettere e precisare che le differenze fra il sardo medioevale e quello logudorese odierno non riguardano affatto il lessico, che invece risulta essere sostanzialmente uguale, mentre riguardano soprattutto la fonetica, e in maniera particolare la rispettiva resa che i suoni della lingua latina hanno avuto nel sardo medioevale rispetto a quello logudorese odierno.
Preciso ancora che nella presentazione del materiale linguistico procedo a presentare nell'ordine prima la base latina e poi la forma medioevale sarda, quella centrale ed infine quella logudorese odierna.
areola - ariola - arjola - arzola "aia"
calabrice(m) - calabrike - calabrike - calarighe "biancospino"
cannabariu(m)* - cannavariu - cannaváriu - cannavarzu "canapaio"
cannetu(m) - cannetu - cannetu - cannedu "caneto"
capitalis-e capithale - capitthale - cabidale "guanciale"
capitia - capitha - capitha - cabitza "capo, testa"
caprius - caprione - crapione - crabione "caprofico"
carica - carica - cárica - cáriga "fico secco"
cauda, coda - coda - coda - coa "coda"
cognatu(m) connatu - connatu - connadu "cognato"
comparatus - conporatu - comporatu - comporadu "comprato"
complere - complere - cròmpere - giòmpere "giungere"
coniugare - coiuuare - cojuvare - cojare "sposare"
cooperc(u)lata - coperclata - copercata - cobercata "coperchiata"
cop(u)latu - clopatu - cropatu - crobadu "accoppiato"
cratic(u)la - catricla - cratica - cadrija "graticola"
cruce(m) - cruce, gruke - Grukes, ruke - rughe "croce"
domatus - domatu - domatu - domadu "domato"
ecc(um) huc - cuke - cuke - cue "costì"
ego - ego - ego - deo "io"
exibat - essiat - essíat(a) - issíad(a) "usciva"
fabrilis-e - fravile - fravile - fraile "fucina"
facere - faker - fáker(e) - fágher(e) "fare"
fratre(m) - frate - frate - frade "fratello"
guttur - guttur - gútturu - (b)útturu "viottolo"
i(n)s(u)la - iscla - iscra - isc(i)a "zona d'orti"
ipse - isse - isse, issu - issu "esso"
iurare - jurare - jurare - giurare "giurare"
latus,-eris - latus - latus - ladus "lato, metà"
laurus - labru - labru - laru "alloro"
maiore(m) - maiore - majore - maore "maggiore"
mecu(m) - mecu - mecus - megus "meco"
mi-mi - mimi - mimi - mie "mi a me"
montic(u)lu(m) - monticlu - monticru - montiju "monticello"
narret - naret - naret(e) - nerzed(e) "dica"
parabola - paragula - parágula - paráula "parola"
petra - petra - petra - pedra "pietra"
praebyter - prebiteru - preíteru - príderu "prete"
primarius - primariu - primáriu - primarzu "primario"
quaeritis - cherites - cherites - cherides "volete"
sanguisuga - sambisuga - sambisuga - sambisúe "sanguisuga"
verveces - ueruekes - vervekes (b)erveghes
Dalla quasi perfetta corrispondenza del sardo dei nostri condaghi col sardo centrale del Nuorese e della Baronia mi sembra che sia lecito trarre alcune importanti conclusioni relative alla storia della latinizzazione linguistica della Sardegna.
Innanzi tutto si deve osservare e considerare che se il sardo dei condaghi e quello centrale mostrano di avere una stretta unità, non infirmata da variazioni particolarmente notevoli sul piano linguistico, una volta che questa varietà dialettale è stata denominata "logudorese", è evidente che il sardo centrale del Nuorese e della Baronia è da considerarsi non una varietà dialettale a se stante, differente da quella logudorese, bensì una varietà suddialettale di quella logudorese. In altre parole, il sardo centrale o nuorese-baroniese è pur sempre logudorese, sia pure nel modo di una sua sottovarietà arcaica.
In secondo luogo si deve considerare che il sardo medioevale dei condaghi ed il sardo centrale del Nuorese e della Baronia hanno di certo avuto in Sardegna una rispettiva porta di ingresso e un rispettivo centro di diffusione in tutta la zona circostante. E questi si possono individuare con buona certezza: per il sardo medioevale la colonia che i Romani dedussero a Turris Libisonis (odierno Porto Torres). Rispetto a questa colonia romana l'odierno toponimo Romangia, che attualmente è circoscritto alla sola ristretta zona di Sorso e di Sennori, mentre nel Medioevo aveva una estensione molto più vasta, deriva chiaramente dal lat. Romania, significando ed indicando evidentemente la "zona abitata dai Romani".
Per il sardo centrale invece la porta di ingresso ed il centro di diffusione fu certamente il porto fluviale di Fanum Carisi (presso Orosei) con la relativa vallata del fiume Cedrino, nella direzione della Barbagia.
Ovviamente, tra i punti geografici estremi di Turris Libisonis e del porto fluviale di Fanum Carisi, sono da inserire anche gli importanti porti che risultano intermedi a quei due: il porto di Olbia, quello di Tibula (odierno Castelsardo) e quello di Feronia (presso Posada).
Terza conclusione e di certo la più importante: gli storici moderni riportano la deduzione della colonia romana di Turris Libisonis all'epoca di Cesare o di Ottaviano. Ebbene questa data corrisponde perfettamente al dato storico che si deduce dalla fondazione di un centro militare che i Romani fecero ad Austis, ossia nella zona più alta del massiccio del Gennargentu, centro fortificato che da parecchio tempo io ho spiegato come originariamente denominato Forum Augusti "foro di Augusto", alla maniera dunque del successivo Forum Traiani "Foro di Traiano", che era ed è l'odierno Fordongianus. Il Forum Augusti ha di certo costituito la punta più avanzata che i Romani fecero nella zona resistenziale della Sardegna nel loro tentativo di debellare le continue ribellioni e le fastidiose scorrerie che gli Ilienses, cioè i Barbaricini, facevano contro il dominio romano e a danno delle zone romanizzate dei bassopiani e delle pianure. D'altra parte è evidente che le spedizioni militari che i Romani facevano contro la Barbagia partivano dalla Baronia di Orosei, lungo la contigua vallata del fiume Cedrino, nella direzione di Lula, Bitti, Orune, Oliena, Nùoro, Orgosolo, ecc.
Dunque la prima esatta ragione per la quale il sardo medioevale dei nostri condaghi ed il sardo centrale del Nuorese e della Baronia sono così strettamente simili tra loro sta nel fatto che le due rispettive ondate di latinità linguistica sono arrivate in Sardegna nel medesimo torno di tempo, cioè negli ultimi decenni della Repubblica e nei primi decenni dell'Impero (è appena il caso di ricordare che Augusto morì nel 14 dopo Cristo).
L'altra seconda ragione della forte concordanza che si constata fra il sardo dei nostri condaghi e il sardo centrale del Nuorese e della Baronia trova la sua motivazione nel fatto che il latino importato nelle due rispettive zone era quello dei militari romani e quindi, implicitamente era quello dell'elemento sociale contadino, quello che per l'appunto contribuiva in massima parte alla formazione dell'esercito romano. E l'ovvia conclusione è che il sardo dei nostri condaghi e quello centrale è essenzialmente il latino che già a Roma era conosciuto col nome di sermo rusticus o sermo militaris dell'età classica. Non solo, ma è un fatto che il sardo dei condaghi e centrale costituisce la più ricca ed insieme la più genuina documentazione di cui si trovino in possesso i moderni linguisti neolatini o romanzi relativamente a quel latino.
Possiamo dunque concludere dicendo in generale che, almeno rispetto alla Sardegna settentrionale, il cosiddetto Capo di Sopra, con buona certezza possiamo dichiarare che i centri di diffusione della latinità linguistica sono stati Turris Libisonis, Tibula, Olbia, Feronia e il porto fluviale di Fanum Carisi e che questa latinità è cominciata ad arrivare in forma massiccia nei decenni a cavallo tra la Repubblica e l'Impero.
Ma c'e da dire altro: la catena montuosa del Marghine, connessa ai due grandi massici del Gennargentu e del Montiferru, ha costituito sempre in Sardegna un grosso baluardo che ha ostacolato le comunicazioni fra il Capo di Sopra e il Capo di Sotto. Anzi la creazione di questi due Capi è stata l'effetto appunto di quel diaframma di monti. Ciò detto, si intravede che la latinità linguistica della Sardegna settentrionale, quella che è partita e si è diffusa dai su citati porti, in realtà non ha valicato la catena del Marghine e quindi non si è diffusa nella Sardegna meridionale. Si intravede invece che nel Capo di Sotto si è affermata una differente latinità linguistica, la quale a sua volta non si è diffusa, per il medesimo accennato motivo, nella Sardegna settentrionale.
Questa latinità linguistica della Sardegna meridionale ha avuto come porte di ingresso e di diffusione i porti di Karalis, di Nora, di Sulcis (= Sant'Antioco) e di Tharros e sicuramente è partita non soltanto da Roma, ma anche dall'Africa Proconsolare, la quale - come è abbastanza noto - nei primi secoli dell'Impero era diventata un centro di alta cultura romana e latina e quindi di diffusione anche della lingua latina.
La conclusione ultima del mio dire è la seguente: la Sardegna romana non ha mai avuto una stretta unità linguistica tra le sue porzioni settentrionale e meridionale, ciascuna delle quali invece ha avuto una sua latinità particolare, parzialmente differente dall'altra. E se ne deduce che la odierna differenziazione dialettale che esiste fra il logudorese del Capo di Sopra ed il campidanese del Capo di Sotto in effetti risale fino agli inizi della latinizzazione linguistica della Sardegna.
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