MASSIMO PITTAU

professore emerito
dell'Università di Sassari

 

DIZIONARIO
DELLA LINGUA SARDA

FRASEOLOGICO ED ETIMOLOGICO

 

 

 

 

 

 

dedicato
ai fratelli Sardi
della emigrazione



PREFAZIONE

La Sardegna ha avuto la grande fortuna di uno splendido dono fattole dal famoso linguista tedesco Max Leopold Wagner, il Dizionario Etimologico Sardo, in tre volumi (sigla DES). È, questo, uno dei migliori dizionari etimologici finora composti per tutte le lingue; importantissimo anche rispetto alle altre lingue neolatine o romanze, dato che l'Autore spazia spesso da vocaboli sardi ad altri corrispondenti neolatini. Ebbene, la prima ed ovvia domanda che il lettore si farà riguardo a questo mio Dizionario della Lingua Sarda - fraseologico ed etimologico (sigla DILS), sarà quella di sapere in quali rapporti esso si metta rispetto al DES del Wagner. E la mia risposta è questa: 1°) il DILS comprende l'intero materiale lessicale riportato e studiato dal DES; 2°) il DILS comprende anche altro materiale lessicale che costituisce il risultato di mie raccolte personali mandate avanti ormai da 60 anni; 3°) il DILS propone non poche correzioni di etimologie del DES, le quali costituiscono il risultato di 35 anni di studi ulteriori sulla lingua sarda (il DES è stato finito di pubblicare nel 1964), studi ulteriori effettuati dallo scrivente e anche da altri linguisti; 4°) il DILS risulta ordinato secondo una migliore funzionalità d'uso e di ricerca, e precisamente vocabolo per vocabolo e variante per variante (queste però anche oppure solamente aggruppate alla principale, quella più vicina alla base di origine), sia pure con continui rimandi dagli uni agli altri, mentre è abbastanza noto che la consultazione del DES risulta molto difficoltosa e talvolta perfino impossibile, dato che gli indici generali del III volume, che sono stati compilati da Raffaele G. Urciolo, sono molto lontani dall'essere completi ed esatti; 5°) mentre nel DES il materiale lessicale risulta in generale trascritto in grafia fonetica, nel DILS risulta trascritto secondo la grafia tradizionale della lingua sarda, la quale in questi ultimi decenni ha trovato una standardizzazione ormai quasi del tutto soddisfacente.
Per quest'ultimo riguardo si deve considerare che in realtà il DES costituisce una autentica anomalia, appunto per il fatto che riporta il materiale lessicale trascritto prevalentemente in grafia fonetica e soltanto in via secondaria in grafia tradizionale. Sta invece di fatto che tutti i dizionari etimologici delle lingue di cultura riportano il materiale lessicale trascritto in grafia ufficiale o almeno tradizionale, e soltanto in via sussidiaria, quando sia necessario od opportuno, lo trascrivono anche in grafia fonetica. Eppure il Wagner avrebbe dovuto considerare che i due vocabolari della lingua sarda esistenti fino ai suoi tempi, quello di Vincenzo Porru, Nou Dizionariu Universali Sardu-Italianu (Casteddu 1832) e quello di Giovanni Spano Vocabolario Sardo-Italiano e Italiano-Sardo (Cagliari 1851-1852), erano scritti con una grafia sufficientemente corretta e razionale, e precisamente sul modello della lingua italiana come risultava documentata dai migliori vocabolari italiani esistenti nella prima metà dell'Ottocento.
Si riescono a capire solamente in parte le ragioni che hanno determinato la opzione del Wagner per la grafia fonetica: oltre che un implicito omaggio a madame Phonétique, pur da lui talvolta criticata, c'era la circostanza che egli includeva nel suo DES anche componimenti di poeti popolari, spesso trascritti a mano in fogli volanti, i quali di certo non brillavano in fatto di correttezza grafica. Inoltre avveniva che ai tempi del Wagner in generale il sardo venisse trascritto secondo modalità alquanto imprecise e disformi, anche molto lontane da quelle che erano state adottate da Vincenzo Porru e Giovanni Spano. Infine non si deve tacere il fatto che, dopo la sua comparsa (anni 1960-1964) il DES ha determinato in Sardegna un certo disorientamento e scompiglio fra coloro che scrivevano il sardo (in genere i poeti), non pochi dei quali si prefissero, ciascuno per conto suo, di seguire - almeno in parte - le orme del Wagner in fatto di trascrizione della lingua sarda, con risultati però quasi sempre molto criticabili.
Per fortuna in questi ultimi decenni - come ho già accennato - la lingua sarda ha raggiunto un'abbastanza soddisfacente modalità di trascrizione standardizzata, che mostra di essere nella sostanza ritornata a quella seguita dal Porru e dallo Spano.
Tale standardizzazione grafica è stata anche il risultato di un accordo che era intercorso nel 1974 tra me ed il collega dell'Università di Cagliari Antonio Sanna per una grafia unificata della lingua sarda, grafia che abbiamo concordato e proposto e che ha finito con l'imporsi nei numerosi premi di poesia in lingua sarda e soprattutto in quelli molto autorevoli di Ozieri e di Romangia e che risulta esposta e motivata nel mio libro Grammatica della Lingua Sarda (Sassari 1991, Delfino Editore).
Rispetto a quell'accordo l'unica novità degna di rilievo è stata la mia successiva decisione di adoperare la lettera q - del tutto liberata dall'uso di qu + voc. sostituito con cu + voc. (cuartu e cuintu e non quartu e quintu) - per indicare il colpo di glottide del suddialetto barbaricino e di qualcuno del campidanese rustico: centr. e log. cáliche, carchina, carraschiare, cothichina, ghilighía, molare, mulineddu; barb. qáliqe, qarqina, qarrasqiare, qothiqina, qiliqía; camp. del Sarrabus moqari, muqiqeddu. Non è pensabile od accettabile infatti il ricorso ad un grafema di nuova invenzione nella scrittura normale, cosa che invece aveva fatto il Wagner nel DES e nelle altre sue opere relative al sardo.
Pure nella segnatura dell'accento tonico mi sono discostato dal DES del Wagner: qui è segnato l'accento tonico in tutti i vocaboli, ossitoni parossitoni e proparossitoni; nel DILS invece, secondo una tradizione largamente vigente nei vocabolari italiani, io segno l'accento solamente nei vocaboli proparossitoni o sdruccioli (che sono pochi; fémina, ómine, púliche) e in quelli ossitoni o tronchi (che sono pochissimi: ajó, armuè, arrú, bulè, cassí, cumò, Lusbè, orrú), mentre non segno l'accento nei vocaboli parossitoni o piani (che sono l'immensa maggioranza: funtana, pischina, taccone). In questi ultimi segno l'accento soltanto quando la presenza, reale od apparente, di semivocali nella penultima sillaba potrebbe ingenerare qualche dubbio sulla pronunzia effettiva del vocabolo (agguriáu, alloriái, gurtúriu, paúle, puntóriu, urrèi) oppure per distinguere vocaboli omografi (dispiáchere e dispiachère, lérina e lerína, léttiga e lettíga, lòria e loría).
Circa il notevole arricchimento del materiale lessicale che il DILS presenta rispetto al DES, o come nuovi vocaboli o come varianti di vocaboli già conosciuti e registrati dal DES, ho già accennato al fatto che esso è il risultato di mie raccolte personali mandate avanti ormai da 60 anni, ad iniziare da quando nel 1941 iniziai a preparare la mia tesi di laurea intitolata Il dialetto di Nuoro (ed è questo uno spazio di tempo ormai superiore a quello, già molto lungo, che il Wagner aveva dedicato allo studio della lingua sarda!).
Ma per l'arricchimento lessicale del DILS rispetto al DES ovviamente ho fatto ricorso anche a tutti i vocabolari sardi che sono stati pubblicati dopo quello del Wagner. A ciò va aggiunto il ricco materiale lessicale raccolto dai miei allievi negli anni del mio insegnamento nell'Università di Sassari; infatti ben una trentina di essi hanno sostenuto con me tesi di laurea relative alla lingua sarda. Io li richiamo opportunamente e doverosamente nella Bibliografia, almeno quelli da cui ho realmente tratto materiale lessicale.
In linea di fatto il materiale lessicale del DILS risulta arricchito rispetto a quello del DES prevalentemente riguardo ai suddialetti sardo-centrale e sardo-barbaricino, che appartengono alla grande varietà logudorese e che sono - come è abbastanza noto - quelli più caratteristici, anche perché sono i più conservativi. In maniera particolare ho proceduto ad includere molti nuovi vocaboli del suddialetto della mia città natale, Nùoro, suddialetto che pure risultava ampiamente documentato già nel DES. A questo fine mi sono servito anche dei Vocabolario Nuorese-Italiano e Bocabolariu Sardu Nugoresu-Italianu di Luigi Farina, ovviamente con la dovuta cautela per gli evidenti limiti perfino documentari delle due opere. Ho anche fatto ampio ricorso al lessico dei suddialetti di Dorgali e di Lodè (nella provincia di Nùoro), in virtù della loro grande conservatività, facendo largo uso delle belle tesi di laurea composte dalle dott.sse Maria Pia Loddo e Pasqualina Carta sul lessico dei rispettivi paesi di origine.
D'altra parte tengo a precisare che, siccome in generale nelle citate tesi di laurea degli altri miei allievi compaiono molto spesso semplici "varianti" di vocaboli già conosciuti e riportati nel DES, io non mi sono sentito in obbligo di includerle tutte, bensì ho riportato solamente quelle che mi sono sembrate più significative sia dal punto di vista fonetico che da quello semantico, praticamente quelle più distanti o differenti fra loro. Un dizionario che aspirasse a riportare tutte le varianti suddialettali della lingua sarda probabilmente dovrebbe essere grosso tre volte il DILS e quattro volte il DES. Per questo stesso motivo ho spesso tralasciato di citare varianti di vocaboli che nascono da una norma fonetica che il Wagner aveva appena intravisto ed accennato, mentre io ho esattamente teorizzato nel seguente modo: "Quando nei vocaboli le vocali e ed o sono pretoniche rispetto alle vocali i od u toniche (...), allora possono trasformarsi appunto in queste ultime vocali rispettivamente, caratterizzandosi pertanto come "vocali mobili"" (Grammatica della Lingua Sarda cit., § 21); es. condire e cundire, erithu ed irithu, essire ed issire, molinu e mulinu, ecc.
Il lessico dell'altra grande varietà della lingua sarda, il campidanese, è stato da me arricchito in virtù delle opere di Antonio Lepori, Vocabolario moderno sardo-italiano, 8400 vocaboli (Cagliari 1980) e Dizionario Italiano Sardo Campidanese (Cagliari 1988), ed inoltre dei recenti dizionari dialettali di Paolo Amat di San Filippo, Glossario di Castello (Quartu S. Elena 1995), di Faustino Onnis, Glossariu sardu-campidanesu (Dolianova 1996) e di Lucio Artizzu, Il dizionario di Cagliari (Cagliari 1997). Ovviamente anche di questi dizionari campidanesi ho tralasciato di citare quelle che mi sono sembrate varianti poco significative.
In virtù dell'apporto del nuovo materiale lessicale, sia logudorese che campidanese, il DILS presenta rispetto al DES un arricchimento di circa 5.000 vocaboli (con le varianti circa 7.000), raggiungendo la somma globale di circa 55.000 vocaboli (varianti comprese).
Ovviamente non posso escludere che, per effetto di disattenzione, io abbia tralasciato di citare vocaboli che compaiono nei su citati vocabolari e tesi di laurea, mentre non figurano nel DES: per un lessigrafo che ha lavorato tutto da solo e su una massa così grande di vocaboli, momenti di disattenzione erano del tutto possibili e saranno pure avvenuti.
Per quanto riguarda il materiale fraseologico da me riportato, tengo a precisare che mi sono ispirato al criterio di riportare quasi solamente frasi idiomatiche della lingua sarda, cioè frasi che si presentano come tipiche e differenti rispetto a quelle corrispondenti della lingua di riferimento, l'italiano. Ovviamente sono io il primo a lamentare la relativa scarsità di questo materiale fraseologico, la quale è conseguente alla pochissima attenzione che tutti abbiamo finora dimostrato per questo settore della lingua sarda.
Circa le correzioni che mi lusingo di avere apportato al DES in ordine a soluzioni etimologiche, segnalo che alla fine del DILS risulta come Appendice II un elenco di circa 2.500 mie proposte etimologiche differenti da quelle del DES (più di 900) oppure relative a vocaboli nuovi che non sono registrati nel DES. Invece le nuove proposte etimologiche fatte da altri linguisti risultano opportunamente indicate nei rispettivi lemmi.
Per effetto della mia scelta di ordinare il materiale linguistico vocabolo per vocabolo e (quasi) variante per variante, avviene che nel DILS i lemmi in massima parte si presentano secondo una trattazione essenziale ed espositiva, mentre ovviamente si presentano secondo una trattazione più ampia e soprattutto critica quei lemmi nei quali io presento una mia proposta etimologica differente da quella del Wagner oppure del tutto nuova per vocaboli che egli non conosceva. Ed a questo proposito tengo anche a precisare che, siccome io cito sempre il DES per ogni vocabolo che vi risulta incluso e trattato, con la relativa sigla, ad es. DES II 534 = Dizionario Etimologico Sardo vol. II pag. 534, ne consegue che il mio DILS, col suo ordinamento vocabolo per vocabolo e variante per variante, costituisce anche il migliore strumento per consultare il DES, dato che questo - come ho già detto - per se stesso risulta di assai difficile consultazione. Da questo punto di vista si consideri che il mio DILS si trova quasi in una posizione di simbiosi scientifica col DES del Wagner.
L'arricchimento da me apportato al DES viene di volta in volta indicato sotto la forma negativa di "mancanza", con le formule "manca nel DES" oppure "DES lacunoso" od infine con la totale assenza di riferimento al DES. Invece le proposte etimologiche differenti da quelle del DES vengono indicate con la formula "diversamente dal DES". Infine le correzioni vengono indicate con la aggiunta delle formule "erra il DES" oppure "DES errato".
Correggere il DES di Max Leopold Wagner! Ovviamente non credo che esista alcun linguista che, conoscendo sia l'opera che l'Autore, non si senta tremare le vene e i polsi di fronte a questa prospettiva. Ed a maggior ragione mi sento tremare le vene e i polsi io che lo ritengo il mio vero Maestro e che con stupore e piacere mi son visto citato nel DES numerose volte e con tutta deferenza e addirittura definito da Lui "l'amico Pittau". D'altronde mi permetto di fare osservare che il Wagner, nella Appendice del II vol. del DES (pagg. 604-612), in cui ha risposto alle numerose recensioni che erano state fatte della sua opera, le uniche "correzioni od aggiunte" che ha mostrato di accettare sono le mie... Inoltre è del tutto ovvio che anche rispetto a questo grande Maestro della linguistica romanza non può non valere la nota frase che Aristotele aveva espresso nei confronti del suo maestro Platone: Amicus Plato sed magis amica veritas!
Nella mia ormai lunga vita ho conosciuto e trattato con numerosi linguisti, anche di valore, ma dichiaro che da nessuno ho imparato tanto quanto ho imparato dal Wagner, soprattutto in termini di metodologia. Ad es., soprattutto da lui ho imparato a respingere quelle etimologie complicate e contorte che egli condanna e respinge come frutto di "alchimie o lambiccature fonetiche e semantiche". E tanto più ho imparato bene da Lui ed accettato questo criterio metodologico e lo ribadisco qui, in quanto purtroppo etimologie di questo tipo stanno di nuovo comparendo proprio nel campo della linguistica sarda...
Dal grande Wagner ritengo di avere imparato pure il criterio della "prudenza" nel prospettare nuove soluzioni etimologiche, prudenza che trova riscontro nel continuo uso che io faccio dell'avverbio "probabilmente" e anche dell'altro "forse" (proprio come fa lui nel DES). Ciò è anche una conseguenza del fatto che io sono dell'avviso che negli studi di glottologia o linguistica storica le tesi del tutto certe o sicure sono molto poche, mentre l'immensa maggioranza delle nostre tesi od ipotesi sono semplicemente probabili, più o meno probabili; e ciò come effetto della loro sostanziale e insuperabile non verificabilità.
Infine mi sento in dovere di precisare che una buona parte delle "correzioni" che io propongo delle etimologie presentate dal Wagner, sono conseguenti al fatto che egli ha, a mio giudizio, sbagliato spesso per effetto di una "errata oppure incompleta informazione". E non c'è nulla di strano in questo fatto: uno studioso sardo e sardofono e residente in Sardegna - come il sottoscritto - non può non essere informato su fatti della sua lingua materna molto più e molto meglio di uno studioso forestiero, non sardofono e residente all'estero... Inoltre non si deve trascurare il fatto che il DES del Wagner ha costituito il primo esempio di un dizionario etimologico della lingua sarda, primo esempio dei cui rischi egli aveva piena consapevolezza, come dimostra ciò che egli ebbe modo di scrivermi in una lettera del 28 giugno 1958: "Ho tentato di sgombrare la stalla di Augia, che è stata finora l'indagine etimologica sarda, dai tanti errori evidenti, dalle false interpretazioni dovute in gran parte alla non sufficiente conoscenza delle condizioni geografiche ed ambientali...".
Per finire dico che ovviamente sono molto contento di avere portato a termine il DILS nel suo I vol. Sardo-Italiano, sia perché esso corona 60 anni di mio interesse scientifico per la mia lingua nativa, sia perché esso ha la fortuna di comparire immediatamente dopo la promulgazione della legge regionale 15 ottobre 1997 n. 26 relativa alla "Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna", la quale nell'art. 18, prevede "lo studio e la diffusione della cultura e della lingua della Sardegna nelle scuole di ogni ordine e grado". Sono sicuro che questo mio DILS costituirà un importante strumento per quella grande ed importante operazione di politica culturale prevista e promossa dalla citata legge, la quale ha indubbiamente un autentico valore storico, dato che prima di essa la lingua sarda era l'unica lingua neolatina che non avesse a suo vantaggio alcun supporto giuridico.
Pubblicato questo I vol. Sardo-Italiano dell'opera, spero di portare a termine il II vol. Italiano-Sardo entro due anni; in esso compariranno anche gli indici dei vocaboli latini, catalani, spagnoli, ecc. Ovviamente questo avverrà se continuerò ad avere vita e salute...
Ma non posso chiudere questo mio discorso senza avere ringraziato pubblicamente l'intelligente editore Ettore Gasperini per il fatto di essersi assunto il pesante impegno della stampa e pubblicazione della presente opera, poi tutti i valenti tecnici della sua tipografia, con in testa il bravissimo proto signor Paolo D'Agostino, ed infine mia sorella Maria Briasco Pittau, che ancora una volta mi ha aiutato nel fastidiosissimo lavoro di correzione delle bozze.

Massimo Pittau

Nùoro-Sassari, ottobre 1999


Home Page di Massimo Pittau

Linguistica Sarda
Etruscologia
Italianistica

massimopittau@tiscali.it