NORME DI ORTOGRAFIA SARDA
DISCUSSE E APPROVATE

 

1) Ogni vocabolo va scritto secondo una sola forma grafica (con opzione obbligata per quella etimologica), a prescindere dalle trasformazioni che esso subisce in fonia sintattica: ad esempio, la copula est va scritta soltanto in questo modo, nonostante che nel contesto del discorso si trasformi, nei singoli dialetti, in este, esti, es, er, el, em, en, ecc. Così pure si scriverà su cane, su pane, sa terra, su cani, su pani, nonostante che nella pronunzia effettiva si trasformino quasi sempre in su gane, su gani, su bane, su bani, sa derra, ecc.
2) La vocale paragogica od epitetica, quella che in pausa chiude un vocabolo terminante in consonante, non va mai scritta. La potrà adoperare il poeta per ragioni di metrica oppure di rima (es. este/esti per far rima con beste/besti).
3) La consonande invertita o cacuminale non deve essere indicata con alcun segno particolare: pedde, peddi "pelle"; andare, andai (e non peddhe,-i, andhare, andhai).
4) Le consonanti iniziali mobili b-, d-, f-, g- vanno scritte sempre, anche se nella pronunzia possono cadere: bida, sa bida, sa ida; domo, sa domo, sa omo; fizu, su fizu, su izu; gattu, sa/su gattu, su attu.
5) La semiconsonante prepalatale va scritta, secondo la tradizione grafica sarda ed italiana con la lettera j come in jubu "giogo", maju "maggio", massaju "contadino", ruju "rosso", saju "saio".
6) La sibilante mediopalatale sonora va indicata, secondo la tradizione campidanese, con la lettera x: cíxiri, paxi, Maxia, Puxeddu, ecc.
7) La lettera q va eliminata dal nesso qu + vocale, sostituito dall'altro cu + vocale: cuadru "quadro", cuartu "quarto", cuintu "quinto", cuarteri "caserma", iscuartare,-ai "squartare".
8) Per indicare la zeta sorda od aspra si deve adoperare il digramma tz, anche in posizione iniziale: matza "pancia", petza "carne", putzu "pozzo", tzeraccu "servo", tziu "zio". Ciò anche in accordo con la trascrizione tradizionale dei cognomi Atzeni, Atzori, Mannatzu, Putzu, ecc.
9) Contrariamente all'uso della lingua italiana, tutte le voci del verbo áere/áiri "avere" vanno scritte senza l'acca iniziale, anche perché non possono essere confuse con altre omografe, che non esistono affatto: appo "ho", as "hai", at "ha", an(t) "hanno".
10) L'accento grafico va indicato, oltre che nei vocaboli ossitoni (come si fa già da parte di tutti i Sardi: cumò, friccò, gattò, orrú), solamente in quelli proparossitoni o sdruccioli (chínniche, cíxiri, flúmini, púlighe, púlixi). Si esclude invece l'uso dell'accento per i vocaboli piani o parossitoni, che sono la immensa maggioranza: mudrecu, pischeddu, turrone.
11) La particella negativa quando è tonica in posizione finale assoluta è no e nono [andadu est? No(no).]; quando è atona e proclitica è non di fronte a consonante, no di fronte a vocale (non benit, no andat).
12) L'altra particella negativa ne, nen, derivata dal lat. nec, non va accentata, dato che non può essere confusa con nessun'altra omografa.
13) Per la terza persona singolare dei verbi di modo finito si adopera la grafia faghet issu, fait issu anche se in generale si pronunzia faghed issu, faid issu. Ed ancora in maniera analoga, in vista di una certa unificazione o parificazione del logudorese col campidanese, si decide di scrivere anche in logudorese andant, faghent, finint, anche se nella pronunzia la t finale non si fa mai sentire: andant issos, pronunziato andan issos (nel campidanese invece va pronunziata); nella maniera, dunque, di faghet bene (faghe bbene), faghet nudda (faghe nnudda), fait beni (fai bbeni), fait nudda (fai nnudda).
14) Le preposizioni articolate vanno preferibilmente scritte staccate: a su, a sa, a sos, a sas; de su, de sa, de sos, de sas, ecc.
15) Si deve privilegiare la scrittura cun unu, in unu invece dell'altra, pure comune, cundunu, indunu.
16) Si deve privilegiare la scrittura e su, che su, ne su, invece dell'altra ei su, chei su, nei su.
17) Va premesso che in nessuna lingua esistono le "consonanti doppie", mentre esistono solamente le "consonanti forti o lunghe" differenti da quelle deboli o brevi. Le consonanti forti o lunghe vanno scritte - secondo la lunga tradizione latina, sarda ed anche italiana - con la duplicazione della rispettiva lettera: istraccu, maccu, paccu; appo, tappu, toppu; itte, fattu, notte, otto, sette, tottu.
In quest'uso si tratta di rispettare non soltanto la pronunzia effettiva, ma anche l'origine etimologica dei vocaboli [maccu dal lat. maccus, paccu dall'ital. pacco, tappu dal tardo lat. tappo, itte(u) dal lat. (qu)id Deu(s), fattu dal lat. factum, notte dal lat. noctem, otto dal lat. octo, sette dal lat. septem, tottu dal lat. parlato tottus).
Nei dialetti centrali si determina perfino opposizione fonologica fra l'uso della consonante debole e di quella forte: fracu "puzza" e fraccu "fiacco", iscopiare "svelare" e iscoppiare "scoppiare", iscrocare "slombare" e iscroccare "scroccare", napu "rapa" e nappu "bicchiere di corno", pacu "poco" paccu "pacco", papa "papa" e pappa "pappa", pica "ghiandaia" e picca "vasca di pietra", ruca "bruco" e rucca "conocchia", ruta "ruta" (pianta) e rutta "caduta"; supra, supa "sopra" e suppa "zuppa".
Nella pratica, per individuare una consonante esplosiva forte o lunga in posizione intervocalica è sufficiente vedere se essa sonorizza oppure no in qualche dialetto sardo: se non sonorizza, significa che è forte, per cui va sempre scritta con la relativa lettera duplicata. Ad esempio, in nessun dialetto sardo istraccu, itte, maccu, fattu, notte, sette, otto, tottu, ecc. sonorizzano in *istragu, *ide, *magu, *fadu, *node, *sede, *odo, *todu, ecc.; questa circostanza assicura che le rispettive consonanti esplosive sono forti, per cui vanno sempre scritte con la duplicazione della lettera.
La proposta che è stata fatta di recente ed in parte anche seguita da qualche autore, di non duplicare mai le suddette consonanti esplosive sorde in posizione intervocalica è da attribuirsi a qualche studioso forestiero che finora ha dimostrato di non "sentire" esattamente i vari fonemi della lingua sarda oppure a sedicenti studiosi sardi che non hanno mai condotto seri studi linguistici e soprattutto etimologici.

Massimo Pittau


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