SCRITTE NUMERALI SUI NURAGHI


Per quanto mi risulta, è stato Ettore Pais - però su indicazione di Filippo Nissardi - il primo studioso a segnalare, nel suo saggio Sulla civiltà dei Nuraghi e lo sviluppo sociologico della Sardegna  (1909- 1911), l'esistenza di segni grafici nel nuraghe Losa di Abbasanta e precisamente in un masso orizzontale, sistemato all'inizio e a sinistra della scala circolare. Ed egli scrisse di ritenere che quei segni grafici fossero contemporanei alla costruzione proprio del grandioso nuraghe e che inoltre appartenessero a una scrittura primitiva degli antichi Sardi o Protosardi.
Di recente si sono fatti avanti alcuni dilettanti, i quali hanno ritenuto anch'essi che si tratti di segni grafici di una supposta “scrittura nuragica”. Essi hanno riempito numerosi siti internet con una serie enorne di considerazioni pseudolinguistiche e pseudoarcheologiche, le quali in realtà sono del tutto prive di valore scientifico. Si sono anche contraddetti vistosamente, dato che all'inizio avevano parlato di “scrittura nuragica” totalmente ed esclusivamente tale, dopo hanno finito col compararla e connetterla con quasi tutte le scritture degli antichi popoli del Vicino Oriente.
Io mi sono interessato a lungo del problema della conoscenza e dell'uso da parte dei Nuragici della scrittura, dato che ho sempre considerato una autentica sciocchezza la tesi messa in giro e spesso ripetuta della “civiltà illetterata” dei Nuragici. E in vista di questo mio interesse al problema ho fatto anche una ricca raccolta di segni che nei nuraghi, nelle tombe di gigante e nel vasellame nuragico potessero risalire proprio ai Nuragici. Alla fine però ho concluso la mia ricerca, quando mi sono sentito in grado di affermare che: I) Non è mai esistita una scrittura propriamente ed esclusivamente nuragica; II) I Nuragici hanno effettivamente conosciuto e adoperato la scrittura, ma facendo uso prima dell'alfabeto fenicio, poi di quello greco e infine quello latino (cfr. M. Pittau, Storia dei Sardi Nuragici, Selargius,  2007, § 24; M.Pittau, Il Sardus Pater e i Guerrieri di Monte Prama I appendice, I ediz. 2008, II ediz. 2009, Sassari, EDES).
Venendo ai segni incisi nel masso della scala interna del nuraghe Losa di Abbasanta, io escludo che si tratti di segni alfabetici, cioè di lettere di una scrittura,  e dico invece, oggi per  la prima volta, che si tratta di “segni numerali” incisi dai costruttori del nuraghe, a mano a mano che lo costruivano.
La costruzione del più semplice dei nuraghi richiedeva molto tempo, mesi, anni e perfino decenni. Sono pertanto dell'avviso che ciascuna delle aste verticali della scritta del nuraghe Losa indichi un anno intero, mentre i più corti segni diagonali, che si congiungono ai primi, indichino i mesi. La costruzione del nuraghe Losa dunque ha richiesto probabilmente 23 o 24 anni (tale sembra il numero delle aste, più alcune frazioni di mesi), che è una somma di anni che ben si adatta alla costruzione del grandioso edificio. È appena il caso di ricordare che anche numerose chiese cristiane, soprattutto in epoca medioevale, hanno richiesto anni, decenni e perfino secoli per essere portate a termine.

Ecco la foto del masso coi segni numerali e i loro verosimili disegni:

foto1

foto 2

foto 3


Si comprende abbastanza facilmente il motivo della incisione della “scritta numerale” nel masso di inizio della scala interna del nuraghe: la scritta fu iniziata all'atto della prima costruzione del nuraghe e fu di anno in anno accresciuta e aggiornata a mano a mano che la costruzione andava avanti.  I segni numerali sono abbastanza differenti l'uno dall'altro per il motivo che col passare degli anni cambiavano i costruttori dell'edificio e cambiavano i trascrittori dei segni. Si comprende pure la ragione per la quale i costruttori scelsero quel posto nascosto dell'edificio: si trattava di evitare che la scritta fosse guastata dai numerosi visitatori del grande edificio di culto.
Sempre nel nuraghe Losa, in un masso esterno del muraglione di settentrione, a livello di fondazione, il Pais ha segnalato anche l'esistenza di segni simili a quelli visti. In più egli ha visto il disegno di un fallo, che però io non ho mai riscontrato. Non mi sento di dire nulla su questa serie di segni: dico solamente che la prima scritta molto verosimilmente risale all'epoca della fondazione del grande nuraghe, mentre questa seconda potrebbe essere successiva anche di parecchio tempo.


Sempre su indicazione di Filippo Nissardi il Pais ha segnalato pure l'esistenza di una scritta similare in un masso di destra dell'ingresso del nuraghe Bara o Succoronis, fra Macomer e Sindia. Eccone la fotografia, non chiara sia per il muschio della roccia, sia per la sua posizione quasi orizzontale.  Ed accanto il probabile disegno:

foto 5


foto 6


A mio avviso anche questa è un “scritta numerale”, che segna gli anni occorsi per costruire il nuraghe.
Per concludere ricordo che fino a un cinquantennio fa, quando molti pastori non sapevano leggere né scrivere, erano soliti segnare la quantità di latte che versavano al caseificio facendo particolari tacche su un piccolo ramo d'albero fatto a bastone.

Massimo Pittau, 2014

 

Caro professore,

ho letto l'articolo e non ho alcuna difficoltà ad accogliere la sua proposta. Io stesso ne feci una analoga in quel mio libro del 1991 sui nuraghi dell'Anglona (p. 174, fig. 42) ipotizzando che i segni incisi su un inusuale manufatto di terracotta rappresentassero dei numeri.

Purtroppo il campo è invaso da invasati (scusi il bisticcio di parole) che non consentono un approccio sereno alla complessa materia. Quel mio studio poi è stato rivalutato e anche recensito molto positivamente da uno dei maggiori studiosi (il prof. Guido Magli, matematico e astronomo del prestigioso Politecnico di Milano) che lo definì “un bellissimo esempio di una vera e propria nuova disciplina scientifica che potremmo chiamare topografia predittiva” (G. Magli, I segreti delle antiche città megalitiche, Roma, Newton Compton Editori 2007, pp. 184-185). Tuttavia non mi sono più voluto interessare dell'argomento sebbene resti per me affascinante.

Un caro saluto.

Mauro Maxia



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