La Neapolis della Sardegna
emporio punico oppure greco?

 

Già all’inizio del secolo XVIII d.C. lo scrittore sardo, quasi completamente ignorato dagli studiosi recenti, Gian Paolo Nurra aveva connesso alla sua tesi sui rapporti tra la Grecia e la Sardegna antiche il toponimo sardo Neapolis; e ciò in virtù della sua chiara origine greca e del suo trasparente significato di «Nuova Città» <1>. Lo aveva seguito nel secolo successivo Giovanni Spano, il quale con riferimento alla letteratura mitografica greca relativa alla colonizzazione dell’isola da parte di Iolao e di altri eroi ellenici, aveva pensato ad uno stanziamento coloniale greco sulla costa meridionale del golfo di Oristano, all’imboccatura del fiume Sitzerri, nel territorio comunale di Gúspini (CA) e precisamente nel sito dove ora si trova la chiesetta di Santa Maria de Nábui <2>. A questa tesi avevano in seguito aderito sia il Corpus Inscriptionum Latinarum (X 2 pag. 785), sia l’Enciclopedia Pauly Wissowa, per bocca di R. Hanslik <3>.

Lo storico Ettore Pais in un primo momento aveva scritto testualmente: «mi pare si possa asserire come cosa certa, che questa città fosse punica e che il nome di Neapolis non sia che una versione del fenicio, probabilmente della parola Macomades che appunto vuol significare città nuova», successivamente aveva accennato all’ipotesi dell’esistenza in quella località di un «emporio ellenico sotto la sorveglianza punica di quello stesso genere che fu Naucratis in Egitto» <4>.

La prima tesi prospettata dal Pais è stata accettata da tutti gli studiosi successivi e precisamente da St. Gsell, V. Bertoldi, C. Battisti, M. L. Wagner, J. Hubschmid, G. Pesce, E. De Felice, S. Moscati, M. G. Guzzo Amadasi, P. Cintas, F. Nicosia e infine da ultimo da R. Zucca, nella sua recente opera intitolata Neapolis e il suo territorio (Oristano, 1987).

Mi piace premettere che questa dello Zucca è un’opera assai importante e valida e veramente esemplare nel suo genere. In essa si fanno ammirare innanzi tutto il riferimento puntuale ed esatto a tutta la letteratura precedente, poi la prospettiva totalizzante mandata avanti sia nella direzione culturale sia in quella diacronica. L’Autore infatti non limita il suo studio al solo punto di vista archeologico della questione, che sarebbe quello della propria specializzazione, ma allarga la propria analisi a tutte le fonti letterarie relative alla Sardegna e alla località di Neapolis - procedimento, questo, comunemente disertato dagli archeologi sardi! - e non soltanto a quelle antiche ma anche a quelle medioevali e perfino a quelle moderne. Nel paragrafo poi dedicato al "toponimo" Neapolis, lo Zucca non solo si dimostra informato minutamente sulle posizioni assunte dai vari linguisti, ma mostra anche di sapersi muovere con notevole sicurezza fra le loro argomentazioni.

Anche lo Zucca dunque aderisce alla ipotesi formulata per primo dal Pais, secondo cui Neapolis sarebbe la traduzione od il calco greco del nome fenicio di uno stanziamento punico, nome che sarebbe quello di Qrthdsht = «Citta Nuova». Senonché proprio le numerose, importanti e chiare prove di carattere archeologico che lo stesso Zucca ha presentato per la prima volta nella sua opera, quasi sempre frutto dei suoi rinvenimenti personali, sono tante e tali che se ne deve trarre la conclusione che la tesi secondo cui Neapolis sarebbe la traduzione o il calco greco di un toponimo punico è da respingere, mentre si deve ritornare alla tesi del Nurra e dello Spano, secondo cui Neapolis è il nome di uno stanziamento greco fondato sulle rive del golfo di Oristano.

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E' da premettere che il problema che stiamo trattando è evidentemente linguistico ed archeologico insieme, tale cioè che per la sua soluzione sono da chiamare in causa sia prove ed argomentazioni linguistiche sia prove ed argomentazioni archeologiche. Ebbene cominciamo con le argomentazioni linguistiche.

Innanzi tutto è evidente che il toponimo Neapolis della Sardegna antica, citato per la prima volta da Tolomeo (III 3, 2 e 6) e dopo dall’Itinerario di Antonino (84), dalla Tabula Peutingeriana, dall’Anonimo Ravennate e da Guidone, sia che lo si consideri greco tanto nella veste fonetica quanto nel suo riferimento semantico, sia che lo si consideri il calco di un toponimo punico, è allotrio ossia forestiero in Sardegna, cioè certamente non appartiene allo strato linguistico sardo (cioè neolatino) e neppure a quello paleosardo (cioè prelatino), ragione per cui in linea di principio ed allo stato iniziale della ricerca non esiste alcuna ragione di privilegio per l’una oppure per l’altra delle due ipotesi citate.

Senonché, l’evidenza linguistica scaturiente dalla documentazione acquisita induce a ritenere che Neapolis sia un toponimo greco tanto nella sua veste fonetica quanto nel suo contenuto semantico, cioè nel suo riferimento ad uno stanziamento umano, perché in linguistica la norma generale e generalissima è che ad un vocabolo di una certa lingua corrisponda un individuo o un oggetto o una cosa o un idea appartenente al popolo che ha come propria quella lingua. E' ben vero che nella storia delle lingue si è verificato nel passato e si verifica tuttora nel presente il caso che un toponimo costituisca la "traduzione" od il"calco" di quello di una differente lingua, senonché questa è semplicemente una rarissima eccezione, la quale conta ben poco di fronte alla immensa generalità dei casi che si inquadrano nella norma generale su citata.

Può essere che quello della Neapolis della Sardegna costituisca per l’appunto una eccezione a quella norma generale? Certamente no, come è dimostrato da un’altra evidenza, quella archeologica. Spetta proprio allo Zucca il merito di avere trovato personalmente e segnalato che il sito della antica Neapolis è caratterizzato da una notevole abbondanza di materiale ceramico sia di matrice greca, in particolare attica, sia di matrice punica. Senonché, mentre lo Zucca ha riportato il più antico materiale ceramico punico all’intera seconda metà del secolo VI a. C. (pag. 183), ha riportato quello attico arcaico anche al terzo quarto di quel secolo, cioè al 550-525 a.C. (pagg. 192, 281). Ovviamente tutti sappiamo che le indicazioni fornite dagli archeologi su differenze cronologiche di qualche anno ed anche di qualche decennio non sono nella maggioranza dei casi strettamente cogenti, per cui la priorità cronologica del materiale ceramico greco rinvenuto nel sito dell’antica Neapolis rispetto a quello punico potrebbe anche essere rovesciata da ulteriori studi più approfonditi. Ma quand’anche ciò avvenisse, a favore della nostra tesi della piena grecità del toponimo Neapolis anche nel suo riferimento semantico, cioè storico-culturale, è del tutto sufficiente la importante circostanza che il sito si è dimostrato ricco anche di materiale ceramico greco, costituito precisamente «da ceramiche attiche figurate ed a vernice nera, peraltro in notevole quantità e con vasi di eccellente valore artistico» (pag. 52) <5>.

Non solo, ma lo Zucca ha anche raggiunto altri assai importanti risultati di carattere archeologico e storico col dimostrare che in effetti da una parte «non vi è dubbio che Neapolis riveli, allo stato attuale delle ricerche, una facies di importazioni attiche superiore, in genere, per livello qualitativo e quantitativo, agli altri centri dell’Isola», dall’altra «vi è da rilevare che la diffusione di ceramica attica nell’entroterra di Neapolis è di gran lunga più massiccia di quella riscontrabile nell’hinterland di Tharros e di Carales, i due porti più attivi sul fronte delle importazioni ateniesi» (pag. 191). Si veda a questo proposito la chiarissima carta dei ritrovamenti di ceramica greca od attica costruita e disegnata dallo Zucca nella tavola 49 della sua opera.

Dunque sia l’evidenza linguistica sia l’evidenza archeologica depongono a favore della tesi che considera il toponimo greco Neapolis esattamente l’effetto di uno stanziamento stabilito dai Greci nel golfo di Oristano e contro la tesi che invece lo considera la traduzione od il calco di un precedente toponimo fenicio, effetto di un supposto stanziamento stabilito nel sito dai Cartaginesi.

 

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Vediamo adesso alcuni corollari che sono collegati con quella ipotesi che, a mio giudizio, risulta perdente. A proposito del toponimo in questione Emidio De Felice ha parlato di «un calco greco [....] di autori classici» e R. Zucca da parte sua ha dichiarato «probabile che il centro Sardo denominato Qrthdsht in relazione ad una palaiopolis (Othoca?) abbia ricevuto il calco greco Neapolis forse in ambito ateniese di V o VI secolo a. C., epoca in cui si verificano massiccie importazioni di ceramiche attiche a Neapolis, e con tale denominazione abbia avuto accesso nella letteratura geografica classica» (pag. 54). A parere dell’uno e dell’altro autore, dunque, il calco sarebbe avvenuto in ambito forestiero ed inoltre al livello letterario, cioè elevato e ristretto degli scrittori greci. Senonché questa ipotesi viene contraddetta e distrutta dalla effettiva documentazione linguistica. Il toponimo Neapolis, da allotrio o forestiero che era in origine, è presto diventato locale od indigeno ed inoltre si è stabilmente fissato ed imposto a livello popolare, come mostrano e dimostrano chiaramente le documentazioni medioevali e moderne del toponimo e come mostra e dimostra soprattutto l’attuale toponimo di Santa Maria de Nábui, nel quale il terzo membro (propriamente Nábhui) costituisce l’esito normale ed esatto, ai sensi della fonetica campidanese rustica, dell’originario toponimo greco. Dunque Neapolis della Sardegna antica non era affatto un calco effettuato a tavolino da storici o geografi forestieri e greci sui fogli dei loro scritti, bensì era una toponimo venuto, sì, dall’esterno in Sardegna, ma subito diventato indigeno ed inoltre di uso popolare e generale, come dimostra chiaramente il fatto che esso è stato tramandato di secolo in secolo fino al presente.

A questo proposito è molto significativa questa osservazione del Wagner, il quale pure aveva accettato la ipotesi del Pais: «L’esistenza di questo nome greco e ancora più la sua persistenza fanno, ad ogni modo, presupporre antiche influenze greche anche in questa zona» <6>.

E' ben vero che a questo proposito sia il Pais sia lo Zucca citano il caso di altre Neapolis, denominate alla greca, ma che in realtà sarebbero state città puniche. Io però obietto che si tratta di altri toponimi, che possono avere storie differenti da quella della sarda Neapolis e che pertanto vanno studiati a parte ed inoltre singolarmente (è cosa nota che in linguistica storica ogni vocabolo e quindi anche ogni toponimo ha una sua storia singolare, che come tale va ricostruita in maniera tutta particolare).

Alcuni autori, fra cui ancora lo Zucca (cap. V), favorevoli alla tesi secondo cui Neapolis sarebbe il calco greco del punico Qrthdsht, hanno ritenuto di avere una conferma a suo favore in due iscrizioni puniche rinvenute rispettivamente a Tarrhos e ad Olbia, in cui ricorre per l’appunto il nome punico Qrthdsht. A loro avviso, dunque, questo vocabolo indicherebbe per l’appunto il nome punico della Neapolis di Sardegna. Sta però di fatto, innanzi tutto, che uno stesso di questi autori, la Guzzo Amadasi, ha prospettato pure la possibilità che il toponimo Qrthdsht documentato nelle due iscrizioni sarde si riferisca non alla città del golfo di Oristano, bensì alla grande capitale del mondo punico Qrthdsht, cioè a Cartagine dell’Africa settentrionale <7>. In secondo luogo io dico che, se le due iscrizioni accennano effettivamente alla città sarda, si può del tutto facilmente invertire o rovesciare la direzione del calco linguistico ed affermare cioè: non Neapolis calco greco del punico Qrthdsht, ma al contrario Qrthdsht calco punico della greca Neapolis.

A questo proposito potrebbe forse essere significativo il fatto che Plinio il Vecchio (N. H. III 7, 85) conosce e riporta il nome punico dell’isola di San Pietro, cioè Enosim (= «Isola degli Sparvieri») e che inoltre parla dei Neapolitani come abitanti della Neapolis sarda, mentre, se fosse vera la tesi di Neapolis calco greco di un toponimo punico Qrthdsht, avrebbe dovuto o almeno potuto chiamarli Carthaginienses oppure Carthaginienses Sardiniae; cosa che invece non ha fatto.

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Quasi tutti gli autori che si sono interessati dell’antico toponimo sardo Neapolis, evidentemente spinti dal suo trasparente significato di «Città Nuova», hanno cercato di indicare quale fosse la città che le sarebbe corrisposta, in posizione di dialettica linguistica, come «Città Vecchia», cioè come Paleopoli. Ed alcuni di essi hanno indicato Tarrhos, il Taramelli ha indicato il nucleo abitato nuragico di Sárdara che aveva il suo centro religioso nel pozzo nuragico di Santa Anastasía <8>, lo Zucca prospetta «almeno in via di ipotesi, che la palaiapolis sia da ricercarsi in qualche sito della costa meridionale dell’insenatura di Marceddì prossimo a Neapolis» (pag. 53), la maggior parte degli altri studiosi invece ha indicato la vicina Othoca, situata nella attuale Santa Giusta di Oristano. Questi ultimi hanno pensato ad Othoca in virtù del fatto che comunemente questa viene accostata ed uguagliata alla africana Utica, la quale viene spiegata come .

Ovviamente questa contrapposizione dialettica fra Othoca = e Neapolis = «Città Nuova» è molto allettante, però purtroppo non è affatto sicura. In primo luogo infatti Neapolis avrebbe potuto significare non «Città Nuova» contrapposta ad una «Città Vecchia», bensì semplicemente «Città fondata ex novo». In secondo luogo Othoca potrebbe essere un toponimo non fenicio-punico - come tutti finora hanno ritenuto e detto - bensì paleosardo, come possono indiziare questi altri numerosi toponimi (paleo)sardi: Otháqe, Otaccè, Otazzè, Ottana (due; ant. Othan), Oteri, Otetto, Othei, Othèta, Othiáirva, Othias, Othicheor, Othila, Othóni, Otieri (due), Otieríe, Otinnèra, Otteu od Otzeu, Ottiani, Ottila, Ottilái, Ottile, Ottilia, Ottiolo, Ottoifai, Ottola, Ottula, 'Ottulu, Ottunele, Ottúnnoro, Otzerie, Otzi (due), 'Otzia, Otzíghiri, Otzilai, Otzili, Otzio, Otzitzo, Otzo od Otto, Oziere, Ozieri (ant. Otigeri, Otier, Ottiéri), Ozzana, Ozzei od Othei, Ozziddai, Ozzigale, Ozzilè, Ozzilo, Ozzolo, ecc. ecc. <9>. Alcuni di questi toponimi mettono perfino in dubbio la pronunzia corrente sdrucciola di 'Othoca ed inducono a ritenere che quella esatta fosse Othóca.

D’altronde è un fatto molto significativo che lo stesso Zucca abbia segnalato che ad Othoca è stata trovata la tomba di un defunto, nel cui corredo c’erano anche «due stiletti in ferro protosardi, che potrebbero costituire le insegne di rango di un personaggio sardo, incorporato nella struttura sociale urbana di Othoca nella seconda metà del VII sec. a. C.» (pag. 59).

Però, nonostante che una "dialettica linguistica" fra i toponimi Othoca e Neapolis sia - a mio avviso - molto dubbiosa, non si può negare che invece una "dialettica etnico-culturale" e quindi "storica" fra i due corrispondenti centri abitati sia esistita nel passato e sia adesso carica di importanti conseguenze di carattere storiografico.

Sempre secondo lo Zucca la fondazione di Othoca risalirebbe al secolo VII a. C. ed essa si sarebbe subito caratterizzata come una (pag. 51 e relativa nota 9). Abbiamo già visto che, secondo i dati riferiti dal medesimo Zucca, Neapolis sarebbe invece un insediamento successivo, dato che risalirebbe alla metà del seguente secolo VI a. C. Ebbene quest’ultima datazione prospettata dallo Zucca per quello che per me era un insediamento greco viene grandemente e luminosamente confermata da alcune considerazioni e deduzioni di carattere storico.

In termini generali, a quale stirpe o città del variegato popolo greco è da attribuirsi la fondazione di Neapolis in Sardegna? Personalmente ritengo che non possano esistere dubbi in proposito: quell’insediamento greco nella costa occidentale della Sardegna è da attribuirsi alla grande colonia fondata dai Greci di Focea nelle coste della Gallia Narbonese, Massalía (= Marsiglia). E’ cosa notissima che questa città non solamente diventò subito molto ricca e potente in virtù delle grandi risorse agricole e di quelle minerali che gravitavano sulla costa meridionale della Gallia, ma addirittura diventò ben presto promotrice di sue subcolonie, fondandole nelle coste galliche e liguri ed anche in quelle iberiche e perciò entrando in competizione con Cartagine per il predominio nel Mediterraneo occidentale. Premetto che, sempre a mio giudizio, proprio a Marsiglia sono da attribuirsi i due insediamenti greci di Olbia nella costa nord-orientale della Sardegna ed Ampurias (= gr. empórhia = «mercati») nella costa settentrionale, alla foce del fiume Coghinas <10>. E' molto probabile che questi due insediamenti siano stati fondati sia come empori commerciali sia come scali indispensabili per poter attraversare nel momento più opportuno le tempestose Bocche di Bonifacio, attraverso cui passava la linea diretta e cioè più breve che collegava la grande città di Massalía alla sua madrepatria Focea e più in generale all’intero mondo greco. Così infatti si spiega la denominazione di Fretum Gallicum, che, sia pure in epoca successiva, è stata data a quell’importante stretto di mare <11>. Ebbene, è molto verosimile, anzi quasi certo che la Neapolis della Sardegna sia stata fondata come emporio o mercato proprio dai Greci di Marsiglia, che potevano avere forti interessi commerciali nel retroterra gravitante sul golfo di Oristano, il quale era ed è tuttora la zona più ricca dell’isola sul piano agricolo, come indica anche un passo di Palladio Rutilio (de Agr. IV 10, 16), che proprio a Neapolis possedeva fondi. D’altronde a Neapolis i Marsigliesi potevano acquistare non soltanto i prodotti dell’agricoltura del Campidano di Oristano, ma anche quelli ittici essicati dei pescosissimi stagni della zona, quelli della pastorizia delle colline e degli altipiani circonvicini, il sale delle saline di Putzu Idu ed infine i minerali del bacino minerario di Guspini ed Arbus. In senso inverso essi potevano smerciare fra i Sardi i numerosi prodotti della ceramica greca, di cui sempre lo Zucca ha dimostrato essere ricchissimo non soltanto il sito dell’antica Neapolis, ma anche quello dell’intero ed ampio retroterra. A questo proposito è anche opportuno fare notare una circostanza geografica che la massima parte dei Sardi, anche quelli dediti agli studi, ignorano: Marsiglia è più vicina alla Sardegna, di quanto non lo sia Genova.

Che per la fondazione di Neapolis in Sardegna sia da chiamare in causa la grande città greca di Marsiglia è chiaramente confermato dal ritrovamento di due iscrizioni funerarie in lingua greca appartenenti a due cittadini di Marsiglia, molto probabilmente commercianti, nella città di Tarrhos, che era nel medesimo golfo di Oristano, proprio dirimpetto a Neapolis, appena a qualche miglio di distanza <12>.

E' possibile indicare con notevole sicurezza la data approssimativa della fondazione della Neapolis sarda ed anche degli altri due citati scali marittimi ed empori, Olbia ed Ampurias, da parte dei Marsigliesi. Siccome Marsiglia era stata fondata dai Focesi attorno all’anno 600 a. C., si può supporre con notevole verosimiglianza che la fondazione dei suoi tre insediamenti sardi risalga a qualche decennio successivo e cioè ai decenni 570-550 a. C.; ciò anche in accordo con la circostanza che gli stessi Focesi che avevano fondato Marsiglia nel 600 a. C., avevano pure fondato nell’anno 560 a. C. sulla costa orientale della Corsica la colonia di Alalia (= Aleria) (Erodoto I 165) nella medesima funzione di scalo marittimo e di emporio commerciale. Ebbene la data dei decenni 570-550 che si evince da considerazioni prettamente storiche per la fondazione di Neapolis nella Sardegna corrisponde esattamente alla datazione della più antica ceramica greca rinvenuta e segnalata sempre dallo Zucca per Neapolis: metà del secolo VI a. C.

La data poi della fine dello stanziamento massaliota nella Neapolis sarda può essere ricostruita con ancora maggiore sicurezza. Si tratta di ricordare da una parte la seconda fortunata spedizione, guidata dai fratelli Asdrubale ed Amilcare, che i Cartaginesi fecero attorno all’anno 510 a. C. per la conquista dell’isola <13>, dall’altra il famoso I trattato fra Cartagine e Roma dell’anno 510/509 a. C., il quale attribuiva l’intera Sardegna alla zona di influenza politica e coloniale dei Cartaginesi. Non c’è da nutrire dubbi reali in proposito: per effetto di quei due avvenimenti i Massalioti di Neapolis dovettero abbandonare immediatamente e forse anche precipitosamente la Sardegna.

La città però non andò distrutta ma certamente fu occupata da nuovi abitanti, sia propriamente Sardi, sia Punici. E' necessario supporre e presupporre la presenza di Sardi a Neapolis, anche prima della cacciata dei Massalioti, al fine di spiegare la persistenza e la conservazione del toponimo greco nelle età seguenti, di secolo in secolo fino al presente. Se invece la città abbandonata dai Greci fosse stata occupata ed abitata dai soli Punici, questi, per la nota profonda ostilità che esisteva fra loro ed i Greci, indubbiamento avrebbero mutato la denominazione della città greca e gliene avrebbero dato una nuova punica.

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Ma dalla contemporanea presenza di Sardi, Punici e Greci nel golfo di Oristano e nel suo ricco retroterra, è possibile e doveroso trarre una importantissima conseguenza di carattere storico. Proponiamoci questa domanda radicale: «Quale era in quella importante zona della Sardegna, nel citato torno di decenni che vanno dal 570 al 510 a. C., dei tre elementi etnici ricordati quello dominante?» Troppi studiosi sostengono o almeno sottintendono che in quei decenni l’elemento etnico già dominante in senso economico, politico ed anche militare, non solo in quella zona ma anche in tutta la Sardegna, fosse quello punico. Senonché questa tesi, sostenuta esplicitamente od implicitamente, viene contraddetta da due importanti circostanze storiche. La prima consiste nella grande vittoria che i Sardi avevano conseguito attorno agli anni 545-535 contro la prima spedizione effettuata in Sardegna dai Cartaginesi col loro esercito guidato da Malco, la seconda si può facilmente evincere da quella che ho chiamato "dialettica etnico-culturale" esistente fra l'elemento punico della città di Othoca e l’elemento greco della città di Neapolis. Ebbene, è del tutto certo che, se nel loro stanziamento di Othoca e nel suo retroterra avessero dominato e comandato i Punici, mai essi avrebbero permesso che gli odiatissimi Greci impiantassero a poca distanza più a meridione un loro nuovo emporio commerciale. E' dunque evidente che ai Greci di Marsiglia il permesso di effettuare il loro nuovo emporio fu dato dai Sardi, i quali, ancora del tutto padroni della situazione politica e militare della zona ed anche dell’intera isola, potevano essere molto interessati ad avere ad Othoca un emporio punico ed a Neapolis un emporio greco, anche perché si facessero fra loro una concorrenza commerciale utilissima ai padroni di casa. Ed è perfino ovvio supporre che i Sardi, ancora nel pieno possesso militare e politico della loro terra, si facessero pagare sia dai Punici sia dai Greci tasse, dazi ed affitti, per il terreno occupato e per l’attività commerciale esercitata in quei due empori.

Da questo punto di vista è notevole ed anche molto significativa l’osservazione fatta sempre dallo Zucca: «la posizione geografica di Neapolis non risponde esattamente alle caratteristiche topografiche dei più antichi insediamenti costieri fenici» (pag. 52) in terre straniere, cioè in isolette poco distanti dalle coste od in promontori, facilmente difendibili, le une e gli altri, contro le insorgenze e le aggressioni delle popolazioni indigene <14>. Io accetto appieno questa sensata considerazione dello Zucca, ma insieme dico che essa va trasferita e riferita tale e quale anche all’insediamento fenicio-punico di Othoca.

E l’ovvia importante conclusione di carattere storico è, a mio avviso, questa: Othoca e Neapolis hanno accolto due insediamenti forestieri nel golfo di Oristano, ma questi sono stati insediamenti non imposti con la forza rispettivamente dai Fenici o dai Punici e dai Greci, bensì sono stati consentiti ed autorizzati dai Sardi, del tutto ancora indipendenti e padroni della loro terra. Per Othoca, poi, come ho detto prima, esistono perfino forti indizi che in origine fosse un insediamento non fenicio-punico, bensì propriamente e prettamente sardo.

Massimo Pittau

 



N O T E

1. J. P. Nurra, De varia lectione adagii bamma sardiniakon tinctura sardiniaca dissertatio, Florentiae, 1708, pag. 5.

2. G. Spano, Descrizione dell’antica Neapolis, in «Bullettino Archeologico Sardo», V, 1859, pag. 133; id. id., Vocabolario Sardo geografico, patronimico ed etimologico, Cagliari, 1875, pagg. 77-78.

3. Vol. XVI 2, colonna 2123 s. v. Neapolis.

4. E. Pais, La Sardegna prima del dominio romano, in «Atti della R. Accademia dei Lincei», CCLXXVIII, 1880-1881, vol. VII, pag. 335; id. id. Due iscrizioni greche trovate in Sardegna, in Ricerche storiche e geografiche sull’Italia antica, Torino, 1908, pagg. 573 segg.; id. id., Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, Roma, 1923, pag. 367.

5. Cfr. anche F. Nicosia in Ichnussa, a cura di G. Pugliese Carratelli, Milano, 1981, pag. 435.

6. M. L. Wagner, La lingua sarda - storia spirito e forma, Berna 1951, pag. 17.

7. M. G. Guzzo Amadasi, Le iscrizioni fenicie e puniche delle colonie dell’Occidente, Roma, 1967, nn. 32 e 34; id. id., Neapolis = Qrthdsht in Sardegna, in «Rivista degli Studi Orientali», Roma XLIII, 1, 1968, pagg. 19-21.

8. A. Taramelli, Il pozzo nuragico di S.Anastasia ecc., M.A.L., XXV, 1918, colonna 96.

9. Ho tratto quasi tutti questi toponimi dall’opera di G. Paulis, I nomi di luogo della Sardegna, Sassari, 1987, vol. I, pagg. 443, 455; ne ho aggiunti alcuni altri, indicando anche l’accento quando lo conoscevo.

10. Per Olbia cfr. A. Momigliano, La lotta per la Sardegna tra Punici, Greci e Romani, in «Studia et documenta historiae et iuris», 2, 1936, pag. 19 dell’estratto.

11. La connessione, prospettata dal Pais, Storia della Sardegna e della Corsica ecc. cit, pag. 694, fra la espressione Fretum Gallicum e il nome dei Galluresi e, peggio, quello degli antichi Galillenses della famosa Tavola di Esterzili è da respingersi con decisione.

12. Cfr. E. Pais, La Sardegna prima del dominio romano cit., pag. 309 ed anche id. id., Due iscrizioni greche ecc., cit.

13. Cfr. M. Pittau, La lingua dei Sardi Nuragici e degli Etruschi, Sassari, 1981, pag. 98.

14. Cfr. Tucidide, VI 2.


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