L'articolo determinativo

della lingua Sardiana o Protosarda


Nell'ultimo numero della bella rivista olianese "Sardegna Mediterranea" (num. 9 dell'aprile 2001, pagg. 58-61), Eduardo Blasco Ferrer ha pubblicato un articolo intitolato "Zoonimi parentali e totemismo nella cultura paleosarda", nel quale egli presenta la sintesi essenziale di un ampio studio di circa 70 pagine che comparirà in una rivista internazionale di linguistica. In questa sua sintesi il Blasco Ferrer sostiene la tesi secondo cui ben 11 zoonimi sardi implicherebbero una notazione parentale espressa in funzione totemica, nel senso che sarebbero preceduti dall'appellativo thiu, tiu, tziu-a "zio-a" o a titolo di denominazione tabuistica o con accattivante prospettiva di cattura nella caccia.
I zoonimi parentali in questione sarebbero i seguenti: thilingròne "lombrico", tzarántzula "geco", tzurrundéddu "pipistrello", thilipírche "cavalletta", tzalacúca "gongilo", tzintzimurréddu "pipistrello", sitzigórru "lumaca", thulúrthis "biscia d'acqua", thurulía "poiana", thilibríu "gheppio", tzorrómpis "lucertola".
Ovviamente io attendo di leggere lo studio preannunziato dal Blasco, ma mi sento già in grado di intervenire sull'argomento dicendo di respingere con decisione quella tesi in quanto viene contraddetta da quattro grosse difficoltà di carattere linguistico.

1ª) Se la tesi del Blasco fosse esatta, riuscirebbe del tutto incomprensibile la circostanza che tra le numerosissime varianti di quegli zoonimi che esistono in Sardegna non compare mai una variante che porti intatto il primo componente thiu, tiu, tziu-a "zio-a". E tanto più risulterebbe inverosimile questa circostanza, in quanto il detto appellativo è di pieno ed amplissimo uso in tutta la Sardegna. Perché dunque non compaiono mai le varianti *thiu lingròne, *thiu lipirche, *tzia rántzula, ecc.?
2ª) L'usatissimo appellativo thiu, tiu, tziu-a "zio-a" è bisillabico e non diventa mai monosillabico, cioè non avviene che mai che perda la sua seconda sillaba. Pertanto in Sardegna non si dice mai *thi Predu "zio Pietro", né *tza Frantzisca, ecc., ma si dice solamente thiu Predu, tzia Frantzisca, ecc.
In un solo caso la vocale finale del nostro vocabolo può scomparire: quando viene eliminata per elisione di fronte ad una vocale seguente: thi' Antoni, tzi' Elías, ti' Onaníu "zio Antonio, zio Elia, zio Anania"; d'altra parte si dice solamente thia Elena, tzia Innássia, tia Usanna "zia Elena, zia Ignazia, zia Susanna", ecc.
3ª) Rispetto alla maggior parte degli zoonimi studiati dal Blasco non è affatto vero che i Sardi abbiano avuto ed abbiano un atteggiamento di timore né una aspirazione di caccia, e precisamente rispetto a thilingròne "lombrico", tzurrundéddu e tzintzimurréddu "pipistrello", sitzigórru "lumaca", thulúrthis "biscia d'acqua", thurulía "poiana", thilibríu "gheppio", tzorrómpis "lucertola".
4ª) E meno che mai si può ipotizzare un atteggiamento di timore oppure una aspirazione di cattura rispetto a questi altri appellativi che sono, anch'essi, caratterizzati dal prefisso ta-, te-, ti-, tu-; tha-, the-, thi-, thu-; tza-, tze-, tzi-, tzu-: nichele, taniqele "(il) coso"; tanda (< *t'anda) "papavero"; trocco (< *t'ocro) "argilla speciale"; t(h)únniu, tuntúnnu "fungo"; t(h)urru, tuttúrrihe "rivolo d'acqua".

Come ho già scritto nel mio libro Ulisse e Nausica in Sardegna (Nùoro, 1994, num. IV) e nel mio Dizionario della Lingua Sarda - fraseologico ed etimologico (Cagliari, 2000, Editore E. Gasperini, sigla DILS, passim) e come dirò meglio e più ampiamente nel mio libro di imminente pubblicazione La Lingua Sardiana o dei Protosardi (Cagliari, 2001, Editore E. Gasperini), il prefisso ta-, te-, ti-, tu-; tha-, the-, thi-, thu-; tza-, tze-, tzi-, tzu- non è altra cosa che un originario articolo determinativo protosardo agglutinato ad un certo numero di appellativi sardi, quasi tutti di matrice prelatina e protosarda o, come a me ormai piace precisare, di matrice "sardiana".
E finisco anche dicendo che alcune spiegazioni etimologiche che il Blasco Ferrer ha prospettato per il secondo componente dei su citati zoonimi lasciano parecchio da desiderare. Ad esempio, tidóri "colombaccio", deriva, come la variante tidone,-i, dal lat. *titone(m) (REW, DES e DILS) e non dal greco bizant. Theódorhos, il quale invece in sardo ha dato Diadóru. Ma anche su questo specifico argomento intendo ritornare quando leggerò l'ampio studio che il Blasco ha preannunziato.

Massimo Pittau


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