TABELLA DEFIXIONIS
DI SANTA MARINELLA
( TLE 878; ET, Cr 4.10; ThLE¹²; sec. VI-V)

Quella che presento con questo mio studio è una delle numerose tabellae defixionis,
che ci sono state conservate in tutte le lingue antiche e che
fondamentalmente consistevano in “maledizioni” effettuate a danno di
persone particolari. Queste venivano consacrate a divinità ctonie o
sotterranee e per questo motivo le tabellae venivano nascoste
in grotte che si riteneva che fossero in comunicazione col mondo
infernale, oppure nei muri dei cimiteri o dei luoghi sacri.
Io ho affrontato già lo studio e la interpretazione di alcune altre tabellae (vedi ad es. GTLE 8; LISNE,
Appendice), ma questa che presento oggi è senza alcun dubbio la più
difficile fra tutte quelle finora conservate. Ciò perché in primo luogo
il nastro di piombo in cui è incisa risulta fratturato e guasto, in
secondo luogo perché risulta del tutto privo di antroponimi, i quali
invece sono in genere molto utili nelle traduzioni perché fanno
individuare abbastanza facilmente i verbi di cui essi sono soggetto
oppure oggetto.
La presente defixio, rinvenuta nella zona del complesso
archeologico di Santa Marinella, nel Lazio, sembra rivolta ad una sola
persona, la quale però e per disprezzo e per scaramanzia non viene
citata mai, neppure una sola volta, dall’autore o dall’autrice della
tabella.
La persona maledetta è quasi sicuramente una donna, sia perché in linea generale le defixiones
venivano effettuate proprio dalle donne, sia perché un dimostrativo in
genitivo singolare risulta quasi certamente al femminile: IPAL «della
quale, di costei» (il maschile sarebbe stato IPAS «del quale, di
costui»). Siamo di fronte dunque al caso di una donna che ne maledice
un’altra, probabilmente per un motivo di rivalità in amore.
Con questo mio presente studio io tento di effettuare la traduzione
degli appellativi comuni trovati e studiati: I) connettendoli ad
appellativi etruschi già conosciuti e tradotti; II) confrontandoli con
appellativi latini nella supposizione che ne siano derivati oppure
costituiscano la loro base originaria; III) confrontandoli con
appellativi greci ancora nella supposizione che ne siano derivati
oppure costituiscano la loro base originaria (Greci, Latini ed Etruschi
hanno convissuto per secoli in un’epoca contemporanea e in siti
strettamente contigui); IV) tentando di tradurli in base al loro reale
contesto linguistico.
Ovviamente sono dell’avviso che questa mia operazione di
“traduzione” è soltanto probabile ed inoltre è senz’altro aleatoria e
pertanto toccherà ad altri miei colleghi linguisti confermarla oppure
presentarne una migliore. In via particolare faccio osservare che in
questa mia tentata “traduzione” talvolta non si colgono gli esatti
rapporti sintattici che legano i singoli vocaboli, per la difficoltà di
fondo che noi adesso non conosciamo quali fossero gli esatti fatti ed
atti delle defixiones.
Alla fine oso presentare la “traduzione globale” della defixio, lasciando ed evidenziando però anche i vuoti determinati dai guasti della lamina di piombo.
In ogni modo del presente mio studio io vado abbastanza orgoglioso
per la ragione che tutti gli altri etruscologi che hanno affrontato
questo testo etrusco si sono limitati a comprendere ed affermare che
esso costituisce una defixio e nient’altro e ciò hanno
sostenuto solamente in virtù del suo supporto, cioè una “lamina di
bronzo”. Io invece lo sostengo anche in base al suo contenuto
linguistico, del quale ho compreso che contiene ed indica numerosi
fatti negativi, quali esecrazioni, maledizioni e disgrazie.
Preciso che come trascrizione dell’iscrizione ho tenuto presente quelle complete di Massimo Pallottino (TLE) e di Helmut Rix (ET) e inoltre quella separata o distinta del Thesaurus Linguae Etruscae (I e II edizione).
M M M C C C LANXUMITE [----] PULUNZA IPAL ŚACNITALTE [T]INIA TEI AΘEMEIŚCAŚ ZUXUNA ZA[NŚL] ŚACNITALTE <ŚACNITALTE> ŚIXUT-[-?-] [-?-]A ICECIN ΘEZI IPE[RI]
UNU RAPA XUM[ENE ---]UMNLE MENATINA TEI UMN[---] [-?-]UTIPAS RINU[---]
CVER MULVENI[-?-] UN[E] HELUCU ACASA TEI LURUS [-?- -?-]-AV NUNA[R] NUNΘENA TE[I -?- ------] SICE LANXUMITE ICANA [------]ΘE HUN/P[-----]-L NUNΘENA [F]ASEI TESA NACxxCE MULVE[NI -?- -?-] SURT[I]NA VACIL C-[-?-]-A MLAKA[S --]AMA [LANXUM]ITE ICEC[IN] CIVEIS M[-?-] ---- IM[---]NUZA H[-?- -?-]N/RI UNUŚE HA[N]U EI ZURVA TA[N] -T RIN[--]V AΘEMEICAN SXUINIA IPA[L U]NXVA MLACIΘA HECIA IPERI APA-[-?-]TRAS N-[-]NIE NACAS SURVE CLESVARE [-?- -?-]N ΘESU NAMULΘ AME
TRADUZIONE
(CON I GUASTI DEL TESTO)
M M M C C C (abbreviata formula magica) - Il Lancinante (la scuoi
come una ?) pollastra in esorcismo di costei a quel Tinia, quello iniquo (Calus), in compagnia della genitrice in esorcismo seguente la stessa ad immolazione per queste ragioni (sarà) effettuato il (suo) rapimento minaccioso per lei con fune [
] (o Calus) offri(la) come vittima!, rendila mentecatta!, avendo adoperato su di lei lo scudiscio, le (sue) regalie respingi! per lei (sia) col coltello il Lancinante capace; respingi il (suo) pane!, comanda! [
] offri [
] un rito inascoltato --- offrendo [
] il Lancinante la stessa del compatriota (dell’inferno) [
] come pena il tempio non accolga costei! ---- (non accolga) l’iniqua giuncaia di costei, le (sue) offerte, la donatrice come feccia per queste ragioni [
] infila(la) nel chiuso di una pelle e immolata nel Fiume (Stige) sia!
COMMENTO FILOLOGICO
M M M C C C probabilmente abbreviata formula magica.
ACASA probabilmente «avendo fatto, agito, operato, adoperato» (in gerundio passato). ACASA TEI LURUS «avendo adoperato su di lei lo scudiscio».
AME «(io/essi) sono; (egli) è», copula sing. e plur. e probabilmente
congiuntivo esortativo III pers. sing. e plur. «sia!», «siano!». ΘESU
NAMULΘ AME «immolata nel fiume (Stige) sia!»
AΘEMEICAN (AΘEME-ICAN) probabilmente «l’iniqua», letteralmente «quella iniqua» (in accusativo articolato), da confrontare col greco áthemis «illecito, illegale, iniquo».
AΘEMEIŚCAŚ (AΘEMEIŚ-CAŚ) probabilmente «dell’/all’iniquo»,
letteralmente «di quello iniquo» (in genitivo articolato). [T]INIA TEI
AΘEMEIŚCAŚ «a quel Tinia, quello iniquo». Per gli Etruschi dunque
probabilmente esistevano due Tinia, uno buono e l’altro iniquo e questo era Calus, il dio degli inferi e dei morti. Anche se a questo nella presente defixio
sono rivolti inviti e richieste, con altrettanti imperativi, non viene
mai nominato esplicitamente per motivi di scaramanzia. [T]INIA TEI
AΘEMEIŚCAŚ «a quel Tinia, quello iniquo» (Calus).
{CALUS (sottinteso dio degli inferi o del mondo dei morti, corrispondente a quello greco Plutone o Ade AITA), al quale in questa defixio in maniera implicita sono rivolti inviti e richieste con altrettanti imperativi. CALUS (TCap 15) probabilmente è da confrontare col lat. *calus «oscuro», donde caligo,-inis «fumo, vapore, nebbia, caligine, tenebra, offuscamento, vertigine» (finora di origine incerta; DELL, DELI) e inoltre coi tosc. calena, calina «caligine, nebbia secca dei mesi estivi», toponimo Caléno (TTM) e inoltre coi (proto)sardi trígu calínu «grano afato, danneggiato e annerito dalla nebbia», gálinu «gracile, smilzo» (OPSE 205; LISPR 210; DICLE)}.
CIVEIS (CIVE-IS) probabilmente «del cittadino, concittadino, compatriota» (in genitivo), da confrontare col lat. civis (finora di origine incerta).
CLESVARE probabilmente «nel chiuso» (in ablativo), da confrontare col lat. claudere, cludere, clausus, clusus
«chiudere, chiuso». NACAS SURVE CLESVARE ΘESU NAMULΘ AME «infila(la)
nel chiuso di una pelle e immolata nel Fiume (Stige) sia!» (implicito
invito al dio Calus).
CVER «vittima» e «dono, offerta votiva, ex voto, voto». CVER MULVENI «offri(la) come vittima!»
[F]AŚEI probabilmente «al pane» (in dativo). [F]AŚEI TESA «opponiti al (suo) pane!» (implicitamente rivolto al dio Calus).
HECIA probabilmente «feccia» (anche Liber VII 11).
HELUCU probabilmente «mentecatto-a», da confrontare col lat. helucus, elucus «sonnolento, mezzo addormentato, allucinato-a, tardo di mente» (finora di origine ignota; DELL). UN[E] HELUCU «rendila mentecatta!»
ICANA probabilmente «capace, idoneo», da confrontare col greco hikanós, finora di origine incerta (DELG).
ICECIN, ICEC[IN] probabilmente «(lo-a) stesso-a», in accusativo.
IPAL, IPA[L] probabilmente «della quale, di costei, di lei», genitivo femm. di IPA (?); il masch. è IPAŚ (LEGL).
IPERI, IPE[RI] probabilmente IPE-R-I «a/per questi/ quali; a/per queste/quali cose», dativo plur. di IPA/E.
LANXUMITE probabilmente «il Lancinante», da confrontare col lat. lancinator «scorticatore» e col lat. lancea «lancia» e, attraverso l’etrusco per via della differenza a#o, col greco lónχē «punta di lancia» (Ernout 46; ESL 210) (uscita -EA/-IA; LLE, norma 14). «Lancinante» sarà stato il nome di qualcuno dei demonî infernali.
LURUS probabilmente «scudiscio», da confrontare col lat. lorum/s «cinghia, frusta, guinzaglio». ACASA TEI LURUS «avendo adoperato su di lei lo scudiscio».
MENATINA probabilmente «minaccioso-a», da confrontare col lat. minari «minacciare», finora di origine ignota (DELL, DELI).
MLACIΘA probabilmente «donatrice, offerente, colei che dona oppure scioglie un voto».
MLAKA[S] «donando, regalando, offrendo un dono, facendo un
regalo, facendo un omaggio», «sciogliendo un voto», «mantenendo una
promessa» (gerundio presente) (TCL capo VIII).
MULVENI probabilmente «da'!, dona!, offri!», all'imperativo
debole sing. CVER MULVENI «offri(la) come vittima!» (implicitamente
rivolto al dio Calus). (anche ET, AV 4.1; sul “cuore” plumbeo di Magliano).
NACAS (leggo così anche perché confortato da TLE 878) probabilmente «di pelle)» (in genitivo), da confrontare col greco nákē «pelle
di pecora o capra». NACAS SURVE CLESVARE ΘESU NAMULΘ AME «infila(la)
nel chiuso di una pelle e immolata nel Fiume (Stige) sia!» (implicito
invito al dio Calus).
NAMULΘ forse NAMUL-Θ «nel Fiume» infernale, lo Stige, da confrontare col greco nãma,-tos «fiume, corrente» (?). ΘESU NAMULΘ AME «immolata nel Fiume sia!».
NUNA[R] variante, probabilmente di forma plur., di NUNA «dono, dono votivo, offerta, regalo, regalie».
NUNΘENA probabilmente «rinunzia!, respingi!» (imperativo debole al sing., implicitamente rivolto al dio Calus). NUNA[R] NUNΘENA «le (sue) regalie respingi!»; NUNΘENA [F]ASEI «respingi il (suo) pane!»
PULUNZA probabilmente PULUN-ZA «pollastra» (in diminutivo), da confrontare col lat. pullus, pullitra «pulcino, pollastra». E se questa mia interpretazione è esatta, il vocabolo va pronunziato pullunza, proprio come APULU «Apollo» e CELA «cella mortuaria» vanno pronunziati Apullu e kella (LEGL).
RAPA forse «rapina, rapimento», da confrontare col lat. rapĕre (indeur.) (?).
ŚACNITALTE probabilmente (ŚACN-ITAL-TE) «in esorcismo»
(in locativo articolato). Il frequente ricorso del tema ŚACNI-, SACNI-
che quasi certamente significa «esorcismo» (da confrontare col lat. saga, sagăna «maga, strega, indovina») si inquadra perfettamente con la affermata “superstizione” degli Etruschi: Arnobio (adversus Gentes, VII 26) dice che l’Etruria era la genetrix et mater superstitionum. Essi effettuavano frequenti esorcismi sia a favore delle città (nel Liber linteus)
sia contro la morte e gli dèi e i demoni infernali (nelle iscrizioni
sepolcrali). È nota la figura di una donna defunta raffigurata sul
coperchio del suo sarcofago: con le dita della mano effettua le corna
con un intendimento apotropaico.
SICE probabilmente «col coltello» (in ablativo), da confrontare col lat. sica «pugnale, coltello», finora di origine sconosciuta (DELL, DELI, Etim).
ŚIXUT- forse «seguente» (?).
SURT[I]NA probabilmente «sordo, inascoltato, disatteso-a», da confrontare col lat. surdus «sordo», surdaster «sordastro» (finora di origine ignota; LEW, DELL, DEI, DELI); antroponimi lat. Surdillus, Surdinius, Surdinus (RNG) probabilmente da confrontare con quelli etr. SURTE, SURTENA, SURTLI, ZURTA, ZURTIU [suffissi -ill-, -in-/-en-, -st(r)-; LLE, norme 5] (DETR 184, 389; DICLE 166:; LIOE 64). SURT[I]NA VACIL C-[-?-]-A MLAKA[S – «un rito inascoltato --- offrendo».
SURVE probabilmente «conserva!, chiudi!» (imperativo debole al sing. (?), da confrontare col lat. serbare
(?). NACAS SURVE CLESVARE ΘESU NAMULΘ AME «infila(la) nel chiuso di una
pelle e immolata nel Fiume (Stige) sia!» (implicito invito al dio Calus). Vedi ZURVA.
SXUINIA «giuncaia» (probabilmente nel significato dispregiativo di «gentaglia»), da confrontare col greco sχoiniá «cespo di giunco», finora di origine ignota (DELG) e quindi “fitonimo mediterraneo”. AΘEMEICAN SXUINIA IPA[L «l’iniqua giuncaia di costei».
TEI probabilmente TE-I «a/per questo-a; a costui, a costei; a lui, a lei», dativo sing. del dimostrativo TA «questo-a; lui, lei».
TESA probabilmente «comanda!, ordina!, fissa!, stabilisci!» (imperativo debole al sing., implicitamente rivolto al dio Calus).
ΘESU probabilmente «immolato-a», participio passivo. ΘESU NAMULΘ AME «immolata nel fiume (Stige) sia!»
ΘEZI probabilmente «a/per immolazione» (in dativo asigmatico).
[T]INIA «Tin(i)a, Giove», variante di TINA, dio etrusco corrispondente al lat. Iupiter e al greco Zéus.
UN[E] «fai!, rendi!» UN[E] HELUCU «rendila mentecatta!»
UNU probabilmente «fatto, compiuto, adempiuto, reso-a», participio passivo (ET, Cr 4.10; TLE 878; defixio di Santa Marinella).
UNUŚE forse «per pena» (in ablativo), da confrontare col lat. onus
«carico, fardello, peso, pena» (?). UNUŚE HA[N]U EI ZURVA TA[N] «come
pena il tempio non accolga costei!» (implicito invito al dio Calus). Vedi SURVE.
[U]NXVA probabilmente «le cose da compiere, le offerte dovute», plur. articolato di UNU(-Θ) «cosa compiuta».
VACIL significato quasi certo «rito, officio sacro». SURT[I]NA
VACIL C-[-?-]-A MLAKA[S – «un rito inascoltato --- offrendo».
ΧUM[ENE] forse «con fune» (in ablativo), da confrontare con l’ital. «gomena», finora di origine molto incerta (DELI, Etim) (?).
ZA[NŚL] forse «della genitrice» (in genitivo) (?), variante di
SANŚL, SIANŚL «del/la padre, genitore, antenato-a, progenitore,-trice».
ZURVA forse imperativo debole negativo al sing. (?) UNUŚE HA[N]U EI
ZURVA TA[N] «come pena il tempio non accolga costei!» (implicito invito
al dio Calus). Vedi SURVE.
ZUXUNA forse «società, sodalizio, compagnia, comunità» (?). ZUXUNA ZA[NŚL] «in compagnia della genitrice».
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